CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XVILegislatura
Mozione n. 53
MANCA Desiré Alma – CIUSA – LI GIOI – FANCELLO – CUCCU – SOLINAS Alessandro sulla mancanza, negli istituti penitenziari presenti nel territorio regionale, di ambienti idonei specificamente dedicati alla tutela della salute mentale delle donne.
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IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
– dagli organi di stampa si apprende che qualche giorno fa una detenuta è stata trasferita dalla Casa circondariale di Cagliari-Uta alla Casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, per essere sottoposta all’osservazione psichiatrica di cui all’articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà) disposta dal Tribunale di Cagliari per la durata di trenta giorni ai fini di un eventuale pronunciamento di incompatibilità delle condizioni psichiche della reclusa con la detenzione;
– presso la Casa circondariale Barcellona Pozzo di Gotto è stata, infatti, istituita dal dicembre 2016 la Sezione “Articolazione per la tutela della salute mentale in carcere”, destinata ad accogliere i detenuti e le detenute con infermità psichica sopravvenuta nel corso della detenzione ex articolo 148 del codice penale o condannati a pena diminuita per vizio parziale di mente ai sensi dell’articolo 111, commi 5 e 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 o nei cui confronti, come nel caso della detenuta sarda, sia stata disposta l’osservazione psichiatrica;
– negli istituti penitenziari presenti nel territorio regionale, invece, mancano ambienti appositamente dedicati, organizzati e attrezzati per la tutela della salute mentale delle donne;
CONSIDERATO che:
– siffatta grave carenza della sanità penitenziaria sarda era già stata evidenziata dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale a conclusione della sua visita nelle carceri della Regione effettuata tra il 3 e il 10 novembre 2017;
– il Garante, in quell’occasione, aveva, innanzitutto, rilevato e segnalato l’inesistenza in tutta l’Isola di un SAI (Sezione sanitaria specializzata di assistenza intensiva) in grado di prendere in carico le detenute, dato che l’unico SAI regionale si trovava nell’Istituto di Cagliari-Uta, ma contava solo venti posti riservati agli uomini;
– inoltre, il Garante aveva denunciato la sostanziale indistinguibilità del Reparto SAI dalla “Articolazione per la tutela della salute mentale”, collocata, in realtà, all’interno dei medesimi ambienti, tanto da rendere impossibile individuare le stanze destinate all’Articolazione rispetto a quelle del SAI, con la conseguenza che la stessa esistenza di un’Articolazione per la tutela della salute mentale risultava fittizia;
– nel rapporto del Garante la questione della salute mentale veniva chiaramente presentata come l’aspetto più problematico dell’Istituto penitenziario cagliaritano, non solo dal punto di vista strutturale, ma anche a causa della carenza di organico, della relazione non definita e organizzata con i servizi sanitari esterni e con il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura: il Garante segnalava il fatto che, qualora una donna detenuta avesse avuto la necessità di essere inserita nell’Articolazione per la tutela della salute mentale, sarebbe stato necessario ricorrere “a luoghi esterni” (nel caso trattato nel Rapporto, il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’Ospedale civile di Cagliari);
RILEVATO che:
– come ben riepilogato nel XV Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione (maggio 2019), all’inizio degli anni Duemila, a partire dalla Casa circondariale di Torino, si è iniziato a sperimentare la nascita di “repartini” o comunque sezioni speciali dell’istituto penitenziario con lo specifico compito di occuparsi della salute mentale;
– tuttavia, la creazione dei predetti reparti o sezioni ad hoc, in un primo momento variamente denominati, non è stata regolamentata in maniera univoca sul territorio nazionale, bensì rimessa ad accordi locali tra l’amministrazione penitenziaria e quella sanitaria;
– l’Accordo sancito in Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-Città ed autonomie locali il 13 ottobre 2011 sul documento recante “Integrazione agli indirizzi di carattere prioritario sugli interventi negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) e nelle Case di cura e custodia (CCC) di cui all’Allegato C al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008” ha precisato che la dismissione degli ex Ospedali psichiatrici giudiziari, conformemente a quanto prescritto nell’Allegato C al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, richiedeva che ogni regione e provincia Autonoma programmasse, in accordo con l’Amministrazione penitenziaria, e attivasse in almeno uno degli istituti penitenziari del proprio territorio, o, preferibilmente, in quello di ognuna delle Aziende sanitarie, in una specifica sezione, ai fini dell’implementazione della tutela intramuraria della salute mentale delle persone ristrette negli istituti del territorio di competenza, un’idonea articolazione del servizio sanitario dedicata specificamente alla tutela della salute mentale delle persone detenute;
– attualmente, si contano 35 “Articolazioni per la tutela della salute mentale” sul territorio nazionale, riservate alle persone detenute per l’accertamento delle infermità psichiche di cui all’articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, alle persone condannate con infermità psichica sopravvenuta nel corso della misura detentiva (articolo 148 Codice penale) e alle persone condannate a pena diminuita per vizio parziale di mente (articolo 111, commi 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000);
– le Articolazioni sono formalmente istituite con decreti del Ministro della giustizia, ma gestite sotto il profilo sanitario dal Servizio sanitario regionale attraverso il Dipartimento di salute mentale competente per territorio;
– infatti, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 sono state definite le “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria” e, per quanto concerne la Sardegna, come previsto nel suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con il successivo decreto legislativo n. 140 del 18 luglio 2011 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna in materia di sanità penitenziaria) è stato disposto, a decorrere dal 4 settembre 2011, il trasferimento al Servizio sanitario regionale di tutte le funzioni sanitarie svolte nell’ambito del territorio isolano dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia;
– la Regione assicura l’espletamento delle funzioni trasferite attraverso le aziende sanitarie nel cui ambito di competenza sono ubicati gli istituti e i servizi penitenziari;
– le attrezzature, gli arredi e i beni strumentali, afferenti alle funzioni sanitarie trasferite e di proprietà del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile, sono stati trasferiti alle aziende sanitarie locali e i locali adibiti all’esercizio delle funzioni medesime sono stati concessi in uso a titolo gratuito alle aziende sanitarie locali sulla base di apposite convenzioni;
EVIDENZIATO che:
– con la deliberazione n. 13/5 del 14 marzo 2017 la Giunta regionale ha definito la rete regionale della sanità penitenziaria e approvato le nuove linee guida per l’organizzazione del servizio e il trasferimento dei rapporti di lavoro;
– nell’ambito della rete regionale della sanità penitenziaria, si prevede, con riferimento alla ASSL 8 Cagliari, la presenza, nell’ambito della SAI, di due stanze destinate all’osservazione psichiatrica di cui all’articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000;
– il Piano annuale e triennale della Sanità penitenziaria dell’ATS 2018/2019/2020 conferma l’alta prevalenza negli istituti penitenziari della Sardegna delle problematiche concernenti la salute mentale, spesso sin dal momento dell’ingresso in carcere, tanto che già nelle prime ore seguenti l’arresto e nei primi giorni di detenzione si manifesta fortemente il rischio suicidario; la reazione di adattamento alla carcerazione entra poi fortemente in crisi in funzione della durata della detenzione e in occasione di tutta una serie di situazioni ed eventi capaci di destabilizzare l’equilibrio fino a quel momento raggiunto;
– nel Piano predetto si poneva l’obiettivo per il 2018 “fatta salva la competenza di ciascun Istituto di Pena ad effettuare presso la propria sede l’osservazione psichiatrica ai sensi dell’articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000” di programmare l’apertura di un’apposita sezione di osservazione psichiatrica e di Articolazione per la tutela della salute mentale presso l’Istituto di pena di Uta quale centro di alta specializzazione diagnostica con disponibilità iniziale di almeno due posti per la presa in carico dei casi complessi;
CONSIDERATO che:
– tuttavia, come già evidenziato, all’interno della Casa circondariale di Cagliari-Uta, gli ambienti destinati all’Articolazione per la tutela della salute mentale (anche per l’attività di osservazione psichiatrica) sono tuttora riservati ai detenuti di sesso maschile e, dalla visita del Garante nazionale, nessun passo avanti risulta essere stato fatto per la tutela della salute mentale delle detenute in Sardegna;
– il trasferimento delle detenute dalla Sardegna per un mese ai fini della valutazione psichiatrica si pone in palese contrasto con il principio di territorialità della pena e finisce per determinare una condizione di profondo disagio per le recluse con problemi di salute mentale, persone fragili e ad elevato rischio suicidario, che risentono particolarmente della lontananza dai luoghi familiari e dai propri cari;
– il principio di territorialità della pena, in forza del quale le persone ristrette devono espiare la pena detentiva nel luogo più vicino al centro dei propri interessi personali e familiari, è, infatti, volto ad attenuare le conseguenze deteriori della restrizione carceraria sul piano dei rapporti familiari e affettivi, secondo un modello costituzionalmente orientato di esecuzione della pena coerente con l’articolo 27, comma 3, della Costituzione;
– il rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali dei detenuti riveste rilevanza non solo costituzionale ma anche internazionale e sovranazionale;
– in particolare, con la ben nota sentenza del 16 luglio 2009 Sulejmanovic c. Italia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che l’articolo 3 CEDU sancisce uno dei valori fondamentali della società democratica e come tale impone agli stati firmatari di garantire che le condizioni detentive di ogni recluso siano compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della pena non sottopongano l’interessato a un disagio o a una prova d’intensità superiore all’inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione e che la salute e il benessere del detenuto siano adeguatamente assicurate;
– le Regole penitenziarie europee del 2006 precisano che le condizioni detentive che violano i diritti umani della persona reclusa non possono essere giustificate dalla mancanza di risorse;
– per costante indirizzo della giurisprudenza costituzionale, il diritto fondamentale alla salute ex articolo 32 della Costituzione deve intendersi come comprensivo non solo della salute fisica ma anche della salute psichica, alla quale l’ordinamento è tenuto ad apprestare un identico grado di tutela (tra le molte: sent. Corte Cost. nn. 169 del 2017 e 99 del 2019);
– anzi, con la citata sentenza n. 99/2019 la Consulta ha sottolineato come le patologie psichiche possano aggravarsi e acutizzarsi proprio per effetto della reclusione, giacché la sofferenza che la condizione carceraria inevitabilmente impone di per sé a tutti i detenuti si acuisce e si amplifica nei confronti delle persone affette dalle suddette patologie;
– in Italia, lo studio del 2015 condotto dall’Agenzia regionale di sanità (ARS) della Toscana in collaborazione con il Ministero della salute ha confermato che il disturbo mentale è la patologia più frequente negli Istituti penitenziari;
– dal succitato studio, osservando le tipologie di disturbo prevalenti sul totale dei detenuti e delle detenute arruolati, è emerso che per le donne prevalgono i disturbi nevrotici e reazioni di adattamento (36,6 per cento delle diagnosi femminili) e, a seguire, i disturbi affettivi psicotici e i disturbi depressivi non psicotici, per i quali stress da incarcerazione e condizioni detentive privative dei legami affettivi svolgono un ruolo rilevante nello sviluppo e nell’emersione del disturbo;
– il Comitato nazionale per la bioetica nel documento “Salute mentale e assistenza psichiatrica in carcere” datato 22 marzo 2019 ha espresso perplessità con riferimento alle Articolazioni di Reggio Emilia e di Barcellona Pozzo di Gotto (quest’ultima ospitante la detenuta di cui in premessa) sia per l’alto numero di pazienti ospitati sia perché concentrano detenuti che provengono da tutte le parti d’Italia, con palese violazione del principio di territorialità;
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale
1) a programmare e avviare immediatamente, in accordo con l’Amministrazione penitenziaria, la riorganizzazione dell’Articolazione per la Tutela della salute mentale presso la Casa circondariale di Cagliari-Uta in modo tale da assicurare la presenza di specifici e idonei spazi per le detenute sottoposte all’accertamento delle infermità psichiche di cui all’articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, condannate con infermità psichica sopravvenuta nel corso della misura detentiva (articolo 148 Codice penale) e condannate a pena diminuita per vizio parziale di mente (articolo 111, commi 5 e 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000);
2) in seconda battuta, a valutare la programmazione e la realizzazione, in conformità alle previsioni dell’Accordo sancito in Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-Città ed autonomie locali il 13 ottobre 2011, di ulteriori Articolazioni per la tutela della salute mentale, idonee ad ospitare tanto detenuti che detenute, presso gli istituti penitenziari presenti nell’ambito di competenza delle altre ASSL.
Cagliari, 6 agosto 2019