CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XVILegislatura
Mozione n. 314
CAREDDA – FANCELLO – DE GIORGI – MULA – SATTA Giovanni – TUNIS – MUNDULA – COCCIU – GIAGONI sull’applicazione dell’articolo 1, commi 682 e seguenti della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che determina l’estensione della durata delle concessioni demaniali a fini di pesca e acquacoltura in Sardegna sino al 31 dicembre 2033.
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IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che la norma sull’estensione della durata delle concessioni demaniali a fini di pesca e acquacoltura, fa riferimento all’articolo 1, commi 682 e seguenti della legge 30 dicembre 2018, n. 145, in vigore dal 1 gennaio 2019, che prevede “le concessioni disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici. Al termine del predetto periodo, le disposizioni adottate con il decreto di cui al comma 677, rappresentano lo strumento per individuare le migliori procedure da adottare per ogni singola gestione del bene demaniale”;
PRESO ATTO che:
– il parere dell’Avvocatura di Stato (CS 28701/2019 Sez. II del 28 giugno 2019 – Risposta a nota ministeriale del 5 giugno 2019 prot. n. 0001932), chiarisce senza dubbio alcuno che le concessioni demaniali marittime per acquacoltura e pesca possano essere fatte rientrare nella vigente disciplina nazionale contemplata dall’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145;
– a tale soluzione positiva, sostiene l’Avvocatura di Stato, “concorre, innanzitutto, il tenore letterale della disposizione, la quale individua il proprio ambito di applicazione attraverso il rinvio all’art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 citato. Tale disposizione riguarda, espressamente, sia le concessioni a carattere turistico-balneare che quelle di produzione”;
– “l’esclusione delle concessioni per acquacoltura e pesca dalla nuova disciplina di proroga – sempre secondo il parere dell’Avvocatura di Stato – costituirebbe una ingiustificata differenziazione fra situazioni che l’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 400 del 1993 citato ha, invece, posto sul medesimo piano”;
RILEVATO che:
– le produzioni estensive in Sardegna derivano dall’utilizzo delle aree umide costiere da parte di chi ne detiene la concessione demaniale e che tali produzioni sono decisamente importanti, non solo per le quantità prodotte, valutabili in oltre 2.000 tonnellate annue, ma anche per la qualità riconosciuta dal mercato alle produzioni ittiche lagunari;
– l’estensione complessiva degli stagni sardi gestiti per la produzione ittica è pari a quasi 9.000 ettari suddivisi in circa 35 ambienti, nei quali lavorano circa 800 persone la cui attività, in generale, si svolge con tecniche tradizionali di pesca vaganti va attuata con attrezzi da pesca quali i bertovelli, le reti da posta, le nasse ecc., e di pesca agli impianti fissi di cattura che consistono essenzialmente nella gestione della montata del novellarne dal mare e la cattura delle forme adulte che cercano di riguadagnare il mare nei periodi di riproduzione;
TENUTO CONTO che:
– oggi sono molte le lagune che diversificano la propria attività rendendo fruibile l’ambiente alla popolazione e in particolare al turismo, attraverso forme di ittiturismo e di educazione ambientale che ne rappresentano solo degli esempi;
– la totalità delle lagune sono Siti di Interesse Comunitario, in quanto l’attività di pesca ha svolto e svolge tuttora un ruolo rilevante nella conservazione e tutela degli ambienti essenziali per la biodiversità;
EVIDENZIATO che:
– sono numerosi i progetti e gli investimenti effettuati dai concessionari (anche grazie ai fondi strutturali, non solo il FEAMP) per il miglioramento delle condizioni di lavoro e della produttività delle lagune della Sardegna. Sebbene le imprese di pesca detengano le concessioni da molto tempo, tuttavia, sono in corso numerosi progetti e investimenti che se interrotti, rappresenterebbero un duplice fallimento, sia delle imprese di pesca che della Programmazione regionale, che quei progetti supporta con risorse economiche, spesso con l’apporto del lavoro dei propri Enti di ricerca (a loro volta sovvenzionati da fondi regionali);
– il patrimonio conoscitivo prodotto dal BIC Sardegna, per quanto riguarda la consistenza dei beni, rappresenta una buona base di partenza su cui fondare i ragionamenti relativi alle concessioni, ma è anche vero che questi vanno necessariamente aggiornati, come, non ultimo, il monitoraggio approfondito svolto dall’Assessorato regionale dell’agricoltura e riforma agro-pastorale nella scorsa legislatura, con il coinvolgi mento di alcuni enti pubblici;
CONSIDERATO che:
– la Regione è tenuta ad osservare le disposizioni di principio contenute nell’articolo 1, comma 682, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 – che vanno ascritte, per il loro stesso contenuto d’ordine generale, all’area delle norme fondamentali di riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, che costituiscono limite alla potestà legislativa primaria della Regione e che la disciplina di interesse regionale non può essere difforme da quella nazionale di cui all’articolo 1, comma 682, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, perché si porrebbe in contrasto con i limiti generali posti all’esercizio della competenza legislativa primaria in materia di caccia e pesca e di esercizio dei diritti demaniali della Regione sulle acque pubbliche, di interesse regionale attribuita alla Regione dall’articolo 3, lettere i) ed f) dello Statuto;
– il sopracitato parere dell’Avvocatura di Stato ritiene che le concessioni demaniali marittime per acquacultura e pesca possano rientrare nella vigente disciplina nazionale contemplata dall’articolo 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n.145;
– così come già attuato in altre regioni d’Italia (Liguria, Emilia Romagna, Toscana), non risulta che la Regione abbia provveduto ad uniformarsi alla normativa nazionale in tema di proroga delle concessioni ai fini di pesca e acquacoltura;
– la recente emergenza Covid-19, ancora di più, impone di dare maggiore certezza a tutte le imprese di pesca e acquacoltura concessionarie di compendi ittici, fortemente messe in crisi dalla pandemia, per consentire loro una ripresa economica, che non potrà certo essere preventivata nel breve/medio periodo, ma necessiterà di un lungo arco di tempo per la ripresa stabile delle attività;
– è necessario offrire certezze alle imprese che a loro volta dovranno garantire stabilità dei posti di lavoro e corretta gestione delle lagune assentite loro in concessione con la presentazione di piani di gestione e dei conseguenti investimenti che effettueranno nell’arco temporale delle concessioni con l’indicazione puntuale dei risultati economici ed occupazionali attesi;
EVIDENZIATO, altresì, che si rende necessario agevolare la ripresa delle attività garantendo un orizzonte temporale congruo per programmare le azioni e gli investimenti necessari a rilanciare il settore, attraverso una protrazione della durata delle concessioni demaniali a fini di pesca e acquacoltura, ai sensi dell’articolo 1, commi da 682 a 684, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, le quali si intendono estese per 15 anni a far data dall’entrata in vigore della legge, ossia dal 1° gennaio 2019 con scadenza quindi al 31 dicembre 2033,
impegna il Presidente della Regione, la Giunta regionale e l’Assessore regionale dell’agricoltura e riforma agro-pastorale
ad emanare una deliberazione che indichi con precisione ai competenti servizi dell’Assessorato regionale dell’agricoltura e riforma agro-pastorale gli indirizzi per dare immediata attuazione alla legge 30 dicembre 2018 n. 145, con conseguente proroga ope legis dei titoli concessori sino al 31 dicembre 2033.
Cagliari, 7 agosto 2020