Interrogazione n. 614/A

CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA

XVILegislatura

Interrogazione n. 614/A

(Pervenuta risposta scritta in data 26/01/2022)

ORRÙ – CADDEO – PIU, con richiesta di risposta scritta, sulle condizioni di vivibilità in cui verte il Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) a Macomer.

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I sottoscritti,

premesso che:
– la legge 6 marzo 1998, n. 40, recante “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, che è stata istituita con l’intento di regolamentare l’immigrazione in Italia, favorendo l’immigrazione regolare e scoraggiando l’immigrazione clandestina. L’articolo 12 della legge istituisce la figura del Centro di permanenza temporanea per tutti gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera non immediatamente eseguibile”. Al comma 5 dello stesso articolo viene disposto che “La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi venti giorni. Su richiesta del questore, il pretore può prorogare il termine sino a un massimo di ulteriori dieci giorni […]”;
– il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, che all’articolo 14, comma 1, dispone che “quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea […]”. Al comma 5 dello stesso articolo viene disposto che “La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi venti giorni. Su richiesta del questore, il pretore può prorogare il termine sino a un massimo di ulteriori dieci giorni […]”;
– il decreto legge 17 febbraio 2017, n. 13, recante “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”, che all’articolo 19, comma 1, dispone che “la denominazione: «centro di identificazione ed espulsione» di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è sostituita, ovunque presente in disposizioni di legge o regolamento, dalla seguente: «centro di permanenza per i rimpatri»”;
– il decreto legislativo 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, in legge 1° dicembre 2018, n. 132, recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, che all’articolo 2 prevede il prolungamento della durata massima del trattenimento dello straniero nei CPR da 90 a 180 giorni;

considerato che:
– i centri di permanenza per il rimpatrio fanno parte della rete di strutture usate per identificare e deportare dal territorio italiano i “migranti irregolari” in attesa di asilo o di rimpatrio, ovvero le persone straniere non dotate di un permesso di soggiorno valido. Erano noti in precedenza come Centri di permanenza temporanea (CPT) e successivamente con la denominazione di Centri di identificazione ed espulsione (CIE);
– il piano Minniti prevedeva l’apertura di CPR in ogni regione e, al momento dell’adozione del Decreto legge, i CPR operativi erano quattro ed erano presenti a Torino, Roma-Ponte Galeria, Caltanissetta e Brindisi. Successivamente ne sono stati aperti altri: a Trapani, Bari, a Palazzo San Gervasio, nella provincia di Potenza, a Macomer in Sardegna e nell’ex Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca in Friuli Venezia Giulia;
– nei CPR è prevista la presenza di un servizio sanitario interno, la presenza di un medico (per alcune ore al giorno) e di uno o più infermieri (h 24) a seconda del numero di persone detenute nel centro;
– la Sardegna non ha ancora nominato il Garante regionale per le persone private delle libertà personali, nonostante tale figura sia prevista dalla legge regionale n. 7 del 2011 e sia una figura assolutamente importante per la tutela dei diritti di chi si trova in stato di detenzione, come nel caso del CPR di Macomer;

visto che:
– il CPR di Macomer, operativo dal 20.01.2020, è il primo in Sardegna ed è stato ricavato dall’ex carcere di Bonu Trau. Il centro ospita attualmente una cinquantina di migranti, tutti uomini, la gran parte trasferiti da altre regioni, da altri CPR come Torino e Trapani (ora chiuso), dall’hotspot di Taranto e sono presenti anche alcuni degli algerini sbarcati sulle coste sarde;
– la gestione del CPR di Macomer è affidata alla Ors Italia srl, filiale dalla società svizzera Ors che amministra altri centri per migranti in diversi Paesi europei. La società è stata al centro di polemiche sulla pessima accoglienza di un mega centro in Austria, tenuto in condizioni disumane, ed è stata anche oggetto di un’inchiesta giornalistica sull’intreccio tra mondo politico svizzero e finanza internazionale che si cela dietro il gruppo Ors;
– la gestione Ors nel CPR di Macomer è stata anche motivo di un’interrogazione parlamentare, depositata il 17 gennaio 2020 dal deputato di Leu Erasmo Palazzotto, che ha espresso dubbi sia sul sistema di affidamento dei centri per migranti, sia sull’affidabilità della stessa società e sulla sua effettiva capacità gestionale;
– la riduzione della qualità dei servizi erogati e la frequente violazione del rispetto dei diritti fondamentali delle persone ristrette ha portato ad una recente rivolta, scatenata il 18.06.2020 da un gruppo di migranti saliti sul tetto della struttura di Macomer per protestare contro le condizioni di vita all’interno della struttura. Il culmine della ribellione si è verificato quando un uomo si è cucito le labbra ed è stato trasferito in infermeria;
– le consigliere regionali del Gruppo Progressisti Maria Laura Orrù e Laura Caddeo hanno effettuato una visita al CPR di Macomer, in data 29.06.2020, al fine di compiere una verifica sulle condizioni di vita degli stranieri in attesa di rimpatrio, anche alla luce delle recenti notizie riguardanti il persistere di gravi episodi occorsi all’interno del suddetto centro;

tenuto conto che sono pervenute numerose segnalazioni circa:
– la scarsa assistenza sanitaria, i ritardi nelle cure, un uso diffuso di sedativi e la difficoltà di accesso al servizio sanitario nazionale, che di norma dovrebbe essere garantito soprattutto alle persone con patologie croniche;
– le ripetute situazioni di tensione accadute all’interno del CPR, che sono frutto dell’assenza di aree di socialità, della mancanza di strutture destinate all’integrazione e del divieto di comunicazione con l’esterno attuata mediante il sequestro dei telefoni personali. Sono anche conseguenza della condizione di ghettizzazione, unita alla mancanza di speranza e alla prospettiva di una permanenza prolungata oltre le aspettative;
– il clima di tensione che segna la vita all’interno del CPR e che ha portato il personale sanitario del Centro a minacciare l’astensione dal lavoro e le dimissioni, specialmente dopo un particolare evento in cui gli addetti alla sicurezza sono intervenuti solo dopo un’ora e mezzo dalla richiesta di aiuto, portando il personale a temere per la propria incolumità;
– la difficoltà, da parte dei legali, a garantire la giusta assistenza ai trattenuti e a poter partecipare alle udienze perché avvertiti troppo tardi. È stata lamentata anche l’impossibilità di nominare un avvocato di fiducia per l’udienza di convalida del trattenimento,

chiedono di interrogare il Presidente della Regione e la Giunta regionale al fine di sapere se intendono:
1) provvedere alla nomina del Garante regionale;
2) accertare in che misura l’amministrazione comunale di Macomer sia coinvolta nell’assistenza dei trattenuti presso il CPR e quali iniziative abbia intrapreso al fine di garantire una permanenza dignitosa;
3) verificare l’idoneità strutturale e organizzativa e la qualità di vita all’interno del CPR di Macomer, affinché venga garantito il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona;
4) accertare l’effettiva tutela al diritto alla difesa, affinché i legali dei trattenuti possano garantire la giusta assistenza e possano accedere al CPR senza alcun tipo di restrizione;
5) ritenere opportuno e strategico avere sul territorio regionale un CPR, anche in base al principio generale di economicità.

Cagliari, 30 luglio 2020

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