CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XVII Legislatura
Mozione n. 11
PERU – TUNIS – URPI sulle azioni da intraprendere per evitare gli effetti negativi per la Sardegna nell’applicazione della legge n. 86 del 2024 e sulla necessità di avviare un processo di intesa tale da ristabilire gli squilibri esistenti.
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IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
– l’autonomia differenziata è un tema complesso e dibattuto in Italia, che riguarda la possibilità per le regioni a statuto ordinario di ottenere maggiori poteri e competenze rispetto a quelle attualmente previste dalla Costituzione, nonché, in modo implicito, una diversa e maggiormente vantaggiosa ripartizione delle risorse finanziarie a favore di quelle zone che maggiormente contribuiscono alla finanza pubblica. Da sempre, infatti, tra il sud e il nord assistiamo ad un notevole divario e in particolare la Sardegna ha vissuto una sperequazione e un divario infrastrutturale ed economico enorme non certo frutto di distribuzione equa. La nostra sofferenza è figlia di una gestione centralista che nasce dall’Unità d’Italia fino a oggi contrariamente a quanto esplicitato nella legge sull’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario;
– alcune delle regioni del nord, oggi note come le locomotrici d’Italia, crescono sia per fenomeni antropologici ma soprattutto perché lo Stato le sceglie nella costruzione del cosiddetto “triangolo industriale italiano” organizzando intorno a loro enormi investimenti logistici e infrastrutturali che per decenni hanno prodotto il così chiamato “boom economico” riuscendo da sole a sviluppare un volume di reddito e un residuo fiscale attivo di molto superiore rispetto a tutte le altre regioni;
CONSIDERATO che:
– quattro regioni settentrionali (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia), infatti, assorbivano nel 1960 un volume di redditi da lavoro (4.099 miliardi) praticamente doppio rispetto a quello (2.088 miliardi) riferibile a sette regioni centro-meridionali (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna). Le cose, peraltro, non sarebbero cambiate di molto neanche dieci anni più tardi e il carattere dualistico del sistema economico italiano trova una puntuale conferma, ovviamente anche facendo riferimento a questo fenomeno. Il divario territoriale, che investiva i vari aspetti della vita economica, si manifestava anche in quelli più propriamente demografici;
– uno studio di EURISPES fatto nel 2020 dimostra che dal 2000 al 2017 in base a questo meccanismo di ripartizione il sud ha subito una contrazione di risorse a favore delle regioni del nord di euro 840 miliardi;
– un altro studio di EUROSTAT ci dice che le regioni meridionali sono agli ultimi posti in Europa per possibilità di occasioni di lavoro; praticamente dietro di noi c’è solo la Guyana francese, regione che in realtà si trova in Sudamerica;
RITENUTO che il lato nascosto di questa norma, attuativa dell’articolo 116 della Costituzione italiana, così come modificata dalla legge n. 3 del 2001, rischierebbe di ledere i principi di unità nazionale e la coesione sociale entrambi compresi per quanto concerne la nostra Regione nel principio di insularità, garantito dall’articolo 119 della Costituzione. Poiché la specialità si fonda essa stessa sulla necessità di favorire l’unità nazionale e la coesione sociale, la norma appare un invito neppure troppo celato alla rinuncia alla specialità ed evidentemente lesivo dei principi già citati;
CONSIDERATO che:
– più coerente con la costituzione e con i principi in essa contenuti sarebbe sembrata una concreta riforma del nostro quadro normativo in ambito amministrativo, attraverso il superamento della Bassanini e di coordinamento della finanza pubblica;
– lo strumento del referendum abrogativo appare pertanto in questa chiave profondamente inadeguato e maggiormente orientato ad una singola e poco utile battaglia politica. In un momento come quello di severe difficoltà nella difesa delle prerogative e degli istituti autonomistici occorre ben altro e per questi motivi,
impegna il Presidente della Regione
1) a rinunciare nell’ottica di un rapporto costruttivo con lo Stato centrale allo strumento del referendum abrogativo;
2) ad avviare un negoziato che, attraverso intese e conferenze unificate tra Stato e regioni, istituisca un fondo perequativo necessario per raggiungere un equilibrio infrastrutturale. Tale fondo è destinato a colmare e riconoscere gli enormi divari attualmente esistenti e a compensare le disparità nei costi di produzione di beni e servizi, che comportano un costo maggiore per ogni cittadino sardo.
Cagliari, 16 luglio 2024