Data: 18/10/2005 – Consiglio
Cagliari 18 ottobre 2005 – “Il possibile uso di proiettili all’uranio impoverito è una materia complessa che preoccupa molto la nostra regione. Questo tema, però, è strettamente correlato a quello sulle servitù militari, perché l’eventuale utilizzo di questo tipo di munizioni da parte dell’esercito italiano, o di forze militari straniere, avviene in porzioni di territorio che sono sottratte alla sovranità dei sardi. La soluzione del primo problema, quindi, non può prescindere dal secondo, perché è in quelle zone che si svolgono le esercitazioni militari. Il Consiglio regionale della Sardegna si è espresso in maniera inequivocabile: un peso eccessivo delle servitù non è più tollerabile, così come non si può accettare che l’80% dei proiettili e delle bombe utilizzate in Italia vengano sparate ed esplose nell’isola” .
Lo ha affermato il Presidente del Consiglio regionale della Sardegna, Giacomo Spissu, incontrando la delegazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, presieduta dal senatore Paolo Franco, in Sardegna per visitare i poligoni di Capo Teulada e di Salto di Quirra. Erano presenti anche i senatori Luigi Malabarba (Rc), Giovanni Lorenzo Forcieri (Ds) e Gianfranco Pagliarulo (Misto).
Oltre a Spissu, ha partecipato all’audizione anche l’Ufficio di Presidenza della Commissione consiliare competente in materia di Sanità, composta dal Presidente Pierangelo Masia e dai consiglieri regionali Mariuccia Cocco e Onorio Petrini.
Il Presidente del Consiglio regionale ha ricordato come da parte dell’Assemblea legislativa sarda ci sia la massima attenzione “su una materia sulla quale allo stato attuale non ci sono certezze vista la contraddittorietà dei dati e delle opinioni in campo”.
A tale scopo, ha sottolineato ancora Spissu, la Commissione competente in materia di Sanità ha deciso già da qualche tempo di svolgere un’indagine conoscitiva sull’uso di proiettili all’uranio impoverito in Sardegna e sull’insorgenza di patologie tumorali nelle popolazioni che vivono nelle aree circostanti ai poligoni
militari, in particolare nella zona di Quirra, le cui cause – ha evidenziato il Presidente dell’Assemblea alla Commissione parlamentare d’inchiesta – sono ancora oggi oscure.
“La Commissione Sanità – ha ricordato il Presidente Spissu – si è attivata sia svolgendo una serie di audizioni sia effettuando sopralluoghi nelle aree dove si teme sia stato utilizzato l’uranio impoverito. Ma in tutti questi casi c’è l’obiettiva difficoltà nel reperire informazioni. I dati in nostro possesso ci inducono, comunque, a non avere alcuna rassicurazione. Dico di più: allo stato attuale delle cose sono molto preoccupato”.Il Presidente Spissu, a supporto delle sue affermazioni, ha citato le dichiarazioni “divergenti” del ministro della Difesa Antonio Martino e del presidente dell’associazione dei familiari delle vittime Falco Accame, entrambe rilasciate nel corso delle rispettive audizioni presso la Commissione parlamentare d’inchiesta: “Da una parte – ha affermato il Presidente del Consiglio regionale – c’è il ministro che ha escluso in materia categorica la presenza di uranio impoverito in Sardegna, così come l’uso di proiettili e lo stoccaggio di munizionamenti contenenti questa sostanza nei poligoni e nelle aree teatro di esercitazioni militari, dall’altra quella di Falco Accame – che fa riferimento a documenti, anche riservati, in possesso della Commissione – che mette in dubbio la veridicità della versione offerta dai rappresentanti del Governo italiano. Lo stesso dicasi per gli amministratori locali, divisi tra chi si affida ai dati tranquillizzanti forniti dalla Asl e dal ministero della Difesa e quelli che invece chiedono analisi e indagini epidemiologiche più accurate sul territorio”. Sull’analisi del Presidente Spissu hanno convenuto anche gli onorevoli Masia, Cocco e Petrini.
Proprio la contraddittorietà dei dati e delle versioni fornite fino a oggi, spingono un po’ tutti a muoversi con la massima cautela: “Quello che mi sento di dire – ha ribadito Spissu – è che ci vuole la massima condivisione sulla necessità di svolgere nell’isola un monitoraggio che chiarisca una volta per tutte se ci sono aree inquinate oppure no. Un’azione congiunta e partecipe dei vertici militari, del Governo italiano, del Ministero della Difesa, del Parlamento e di tutte le istituzioni locali, a partire dal Consiglio regionale della Sardegna”.
Un primo effetto di questa richiesta si è avuto subito: la Commissione parlamentare d’inchiesta e la Settima Commissione del Consiglio regionale avvieranno subito una forma di collaborazione, anche attraverso lo scambio di informazioni utili a garantire il pieno successo dell’inchiesta.