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Sardegna e Mediterraneo: identità e autonomia. Il pensiero e l’opera di Giuseppe Masia

 


 


Sono grato all’associazione fra ex Consiglieri regionali e alla sua attiva Presidente Maria Rosa Cardia, e all’Istituto di Studi e Programmi per il Mediterraneo   per aver promosso questa iniziativa su uno dei protagonisti della nostra storia autonomistica.
L’onorevole Giuseppe Masia è stato consigliere regionale per ben sette legislature.
Ha attraversato la metà della nostra sessantennale vicenda democratica e autonomistica fra gli attori principali e più attivi: 30 anni in Consiglio regionale, dalla Prima Legislatura nel 1949, fino al 1979.
Trent’anni nei quali ha dedicato alla politica nelle Istituzioni energie fisiche, tensione morale e civile, passione.
Giuseppe Masia aveva cominciato ad occuparsi di politica sin dagli anni della gioventù, assai prima della caduta del regime fascista. Faceva infatti parte del cosiddetto “gruppo di Pozzomaggiore”, un gruppo di giovani cattolici, di orientamento politico e sociale piuttosto radicale, che operava in clandestinità.
Durante la Seconda guerra mondiale e nella lotta di Liberazione ha combattuto come ufficiale di complemento del corpo Commissariato dell’esercito. Per le sue benemerenze è stato nominato Commendatore al Merito della Repubblica italiana.
 Militante nell’Azione cattolica e poi nella Democrazia cristiana (dove ha ricoperto nel tempo importanti incarichi politici a livello locale, provinciale e regionale) contribuì alla riorganizzazione dei lavoratori cristiani prima nella Confederazione sindacale Unitaria e poi nella Cisl e nelle Acli.
Quando nel 1948 fu approvato lo Statuto sardo, Masia fu tra coloro che ritennero questo importante atto insufficiente, peraltro in buona compagnia, uno fra tutti Emilio Lussu.
Quando l’anno seguente vennero indette le prime elezioni della storia regionale sarda, Giuseppe Masia venne eletto consigliere regionale nella Democrazia Cristiana. In seguito ha assunto importanti ruoli istituzionali e di Governo, fra gli altri quello di presidente della Commissione speciale per il Piano di Rinascita .
Nella VI legislatura, fu eletto vicepresidente del Consiglio regionale, mentre nella VII legislatura fu chiamato a ricoprire la carica di questore dell’aula e quella di presidente del gruppo consiliare D.C.
Nel 1979, Masia promosse la costituzione dell’Associazione degli ex consiglieri regionali, assumendo l’incarico di Presidente fondatore.
L’onorevole Masia nella sua lunga attività consiliare ha complessivamente apposto il proprio nome su oltre sessanta progetti di legge, spaziando su numerosi settori economici e civili della società sarda.
Di particolare rilevanza l’iniziativa per il riordino e il decentramento dei servizi agricoli, la legge per la difesa del patrimonio zootecnico sardo, e uno dei primissimi progetti di legge per l’istituzione della Provincia di Oristano.
Come ha scritto Giovanni Lilliu, che di Masia fu collega d’aula, si tratta di “un tesoro di documenti, questo, che se ben studiati possono essere utili, se non fondamentali, per ricostruire un ampio spettro della vita della Regione sarda e della storia della Sardegna”.
Ha ricoperto più volte la carica di assessore regionale.
Dapprima, fu assessore degli Affari generali ed Enti locali nella terza Giunta Crespellani (1949-1954) e nella prima Giunta Corrias (1954-1955), e poi assessore del Turismo nella seconda Giunta Corrias (1954-1955).
Ritornò come assessore degli Enti locali nella seconda Giunta Del Rio (agosto-dicembre 1969), come assessore della Sanità nella giunta Abis (febbraio-novembre 1970), come assessore della Rinascita, Bilancio e Urbanistica nella prima giunta Giagu De Martini (gennaio 1971-gennaio 1972) e infine come assessore delle Finanze, Artigianato e Cooperazione nella giunta Spano (marzo-ottobre 1972).
Fra i numerosissimi atti che firmò da Assessore, voglio ricordare il disegno di legge, tramutato in provvedimento legislativo, riguardante le “Provvidenze a favore della Cooperazione agricola” e le iniziative a sostegno dell’edilizia economica e popolare.
Da assessore si impegnò per promuovere il settore turistico e per far conoscere il patrimonio naturalistico e paesaggistico dell’Isola anche al di fuori dei suoi confini regionali.
Per raggiungere questo obiettivo curò la pubblicazione di una rivista mensile, “Sardegna”, cogliendo, e in questo senso anticipò i tempi, l’importanza della comunicazione per promuovere la bellezza della Sardegna.
Protagonista della stagione della Rinascita, auspicò un nuovo rapporto con lo Stato non più basato sul riconoscimento formale della specialità ma sull’attuazione di politiche in grado di dare risposte concrete alla grave crisi economica e sociale dell’isola.
Quando negli anni ’70 ricoprì la carica di assessore alla Sanità, tra le altre cose si adoperò per potenziare i finanziamenti e le infrastrutture del nuovo Ospedale Civile di Alghero, sua città di adozione dal dopoguerra in poi.
Aveva particolarmente a cuore la tutela e la salvaguardia della lingua sarda e di tutte le minoranze linguistiche: nel trentesimo anniversario dello Statuto speciale, da decano del Consiglio, pronunciò la prima parte del discorso inaugurale in logudorese, denunciando “la graduale ma inesorabile scomparsa del sardo nell’uso quotidiano e corrente del nostro popolo”. 
Si trattò di un accorato appello a difesa dell’identità culturale della Sardegna.
In quella stessa sessione sottolineò le differenze tra lo Statuto Sardo e quello Siciliano, evidenziando una “diversità” che in parte mortificava la nostra specialità, riprendendo il tema della insufficienza del nostro Statuto già richiamata nel 1949.
Lungi dal soffermarsi in atteggiamenti autolesionistici, riconobbe comunque le potenzialità della nostra carta autonomistica in una prospettiva di rilancio per una Sardegna ancorata a  strutture produttive antiquate.
Denunciò pubblicamente le inadempienze dello Stato e le carenze della Regione nell’attuazione del Piano di Rinascita, nel quale Masia ripose grandi aspettative di strumento utile a superare arretratezza e sottosviluppo e per creare modernità e occasioni di lavoro.
Il Piano, nella sua visione, doveva essere inteso non “come un’elargizione assistenziale da parte del potere centrale  ma come un grande atto di riparazione nei confronti della Sardegna” e perciò una sorta di restituzione di quanto nel tempo era stato negato o sottratto.
Auspicò una riforma sostanziale della Regione, giudicandola negli ultimi anni fondamentale in un quadro che stava trasformando lo Stato in senso federale.
Fu tra i primi a sottolineare dal suo punto di vista il rischio che alle Regioni a Statuto Ordinario venissero conferiti poteri legislativi, amministrativi e fiscali in grado di pregiudicare le prerogative a suo tempo conferite alle Regioni a Statuto Speciale.
Penso che oggi storcerebbe il naso alla luce delle modifiche del Titolo V della Costituzione e della evoluzione che il dibattito sul Federalismo e la Specialità ha preso.
Europeista convinto, fu attratto dall’affascinante prospettiva di costituire, con l’allargamento ad est, una grande patria comune di tutti i popoli dall’atlantico agli Urali.
Non smise mai di amare la sua Sardegna, di osservarla e di giudicarla, avvertendo la possibilità, per la nostra regione di diventare, grazie alle nuove tecnologie e ricerche scientifiche nel campo della genetica, un laboratorio avveniristico in grado di cambiare la qualità della vita delle future generazioni.
Credo fosse doveroso, a due anni dalla sua scomparsa, rendere omaggio, attraverso questo convegno, a una delle figuri più illustri del panorama politico isolano.


Giacomo Spissu
Presidente del Consiglio regionale della Sardegna


 

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