Signor Presidente della Regione, colleghe consigliere, colleghi consiglieri, signori ospiti
È con grande senso di orgoglio e di fierezza che oggi ci troviamo riuniti per celebrare la Giornata del popolo sardo, “Sa die de sa Sardinia” di cui quest’anno celebriamo il trentennale dalla sua istituzione.
Tre decenni in cui si rinnova l’orgoglio della gente di Sardegna, in cui ci si richiama a valori comuni di unità e di condivisione, in cui si celebrano i valori più alti dell’autonomia, della cultura e di una storia millenaria.
Ormai sono passati tanti anni da quel 14 settembre 1993, data in cui il Consiglio regionale approvò la legge n. 44 istitutiva de “Sa Die” per ufficializzare e solennizzare il ricordo di uno dei momenti più significativi della storia moderna della nostra Isola.
Il provvedimento segnò l’avvio di una nuova stagione politica più attenta ai temi delle identità, generò una profonda riflessione sulla necessità di pensare a un nuovo modello di gestione dell’istituto autonomistico e incentivò lo studio della nostra specialità rapportandola al mutare dei tempi.
Da allora, ogni 28 aprile, le istituzioni isolane, la società civile e il mondo della cultura rivivono con orgoglio quello che è il giorno che ricorda il riscatto dei sardi dall’oppressione e dalla tirannia piemontese alla fine del Settecento.
Una giornata che oggi vive di nuovi significati.
I temi della specialità, dell’autonomia differenziata, del rapporto con le altre Regioni, sia ordinarie che speciali, sono sempre più attuali.
Il dibattito sul regionalismo differenziato può e deve rappresentare un’occasione di rilancio della nostra Autonomia e soprattutto della nostra specialità.
Guai se non fosse così. Dobbiamo opporci con ogni mezzo al paventato neocentralismo che potrebbe mettere in discussione le prerogative sancite e conquistate con il nostro Statuto.
È necessario rendere, però, lo Statuto speciale della Sardegna più moderno e più adatto alle esigenze e alle sfide che si stanno aprendo anche in ambito europeo e che devono vedere la Sardegna protagonista. Una modernizzazione che deve passare anche attraverso l’attuazione di tutte le prerogative già previste dallo Statuto di Autonomia.
Troppi, anche su questo fronte, sono stati nel passato le titubanze e i tentennamenti. È arrivato il momento di alzare il livello del confronto e difendere, senza esitazioni, i diritti del popolo sardo.
Per attuare la specialità sono necessari interventi coordinati e permanenti tra lo Stato e la singola Regione speciale ma anche risorse aggiuntive necessarie per colmare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità, che non possono essere affrontati con i soli strumenti autonomistici.
In questo momento storico in cui le altre Regioni sono proiettate ad ampliare ulteriormente le proprie competenze è necessario puntare sulla tutela e la valorizzazione della singolare posizione che l’Ordinamento attribuisce alla nostra Regione.
I sardi devono, tutti uniti, ripartire dalla specialità per continuare a dare significato a quel modello di Autonomia speciale sancito 75 anni fa nella nostra Costituzione. Un modello “illuminato” accompagnato da un esplicito riferimento alla condizione insulare attualmente reinserito, grazie al coinvolgimento di Istituzioni e società civile unite in una battaglia comune, nel 2022.
Ed è questa la strada da percorrere. Tutti insieme. Tutti uniti. Tottu’mpare.
Nel 1794 il popolo sardo insorse per allontanare da Cagliari i piemontesi e il viceré Balbiano.
Oggi le procedure giuridiche previste dall’Ordinamento repubblicano e gli strumenti democratici del confronto dialettico, della rappresentanza e della giustizia, consentono alla nostra Isola di rivendicare in modo pacifico la propria Autonomia e la propria specialità. Ma l’insurrezione alla quale è ispirata la ricorrenza odierna mantiene tutto il significato storico e simbolico e incoraggia alla coesione di tutti i sardi nel rivendicare, democraticamente, le proprie prerogative.
Siamo consapevoli che la tirannide da sconfiggere è oggi rappresentata dalla arretratezza delle infrastrutture materiali e digitali e da tutti quei fattori che impediscono lo sviluppo, creano povertà o impediscono la piena espressione delle potenzialità culturali di cui la nostra terra è ricca.
Un passo avanti è stato fatto nel 2022 con l’approvazione da parte del Parlamento della proposta di legge per l’inserimento del principio di insularità in Costituzione. Un passo importantissimo, ma solo un primo tassello. Ora, i sardi, devono pretendere interventi sistematici, inseriti in un piano strategico, affinché il principio di insularità trasformi “l’essere isola” in opportunità.
La Giornata del popolo sardo deve risvegliare e offrire nuovi spunti di riflessione alle nostre coscienze. Deve essere un ulteriore momento ricco di significati storici, culturali e sociali.
Dobbiamo fare tesoro del modello di Sardegna pensato da Giovanni Maria Angioy di un’isola da difendere, da rispettare, da costruire e da proiettare in un nuovo futuro. Un pensiero quanto mai attuale che dovrà rinnovarsi all’infinito e che servirà alle nuove generazioni a cui vogliamo consegnare una Sardegna fiera e al passo con i tempi. E perché no, avanti con i tempi!
Abbiamo capacità, competenza, forza per riuscirci. Secondi a nessuno.
Solo così, anche attraverso l’analisi della storia, si crea un ragionamento costruttivo e allargato ai nuovi scenari. L’esempio che arriva dal passato di quegli uomini valorosi come Giovanni Maria Angioy, Michele Obino, Francesco Cilloco, deve servire come punto di riferimento per tutti.
Sono trascorsi 229 anni dai fatti che oggi celebriamo.
Quel 28 aprile 1794 ha dato un’impronta nuova alla storia della nostra terra perché proprio quel giorno i sardi hanno creduto nella libertà, hanno difeso con forza i propri diritti, hanno lottato per l’autodeterminazione.
L’auspicio è che ogni giorno, in futuro, ogni sardo creda sempre più fermamente e combatta democraticamente per gli ideali da portare avanti, per il bene della nostra Sardegna.
E gli ideali per cui lottare si devono formare sin dalla più giovane età. Protagonisti della formazione dei giovani sardi devono essere le famiglie, le scuole di ogni ordine e grado, la società civile organizzata.
In questa giornata di celebrazione mi rivolgo soprattutto agli insegnanti: la nostra Sardegna con la sua storia, la sua cultura, le sue tradizioni deve essere sempre più presente nel bagaglio di conoscenze dei nostri giovani studenti.
Tra i banchi di scuola crescerà quella coscienza che deve caratterizzare il sardo del futuro, innamorato della propria terra, dei propri valori, delle proprie tradizioni ma profondamente proiettato verso una società senza confini geografici, verso i luoghi in cui sceglierà di esprimere la propria identità, come ci insegnano gli ospiti qui presenti che, quest’oggi, rappresentano i Circoli delle nostre emigrate e dei nostri emigrati riuniti in questi giorni a Cagliari per la Conferenza dell’emigrazione.
A voi rivolgo un particolare saluto e uno speciale ringraziamento per aver voluto presenziare a questa cerimonia.
La vostra presenza testimonia il forte legame che nutrite per la Sardegna nonostante la distanza fisica che vi separa ordinariamente da questa Isola. Sono certo che nei luoghi in cui vivete sapete esprimere al meglio il vostro essere sardi. Siete come “cellule di Sardegna” nel mondo, ambasciatori della nostra identità e della nostra cultura: per questo le Istituzioni vi ringraziano e vi rendono omaggio in questo giorno di festa.
Per concludere, voglio riprendere le parole scritte da Francesco Ignazio Mannu nell’incipit di quello che è poi divenuto l’inno ufficiale sardo per ribadire l’attualità del significato della festa che oggi celebriamo, la festa di un popolo che lotta contro le prepotenze e i soprusi, la festa della democrazia e della “speciale autonomia”: Procurade ‘e moderare, Barones, sa tirannia, Chi si no, pro vida mia, Torrades a pe’ in terra! Declarada est già sa gherra Contra de sa prepotenzia, E cominzat sa passienzia In su pobulu a mancare.
Bona Die de sa Sardigna
Bona jornada de Sardenya