Mercoledì 3 marzo 2021
(ANTIMERIDIANA)
Presidenza del Presidente MICHELE PAIS
indi
del Vicepresidente GIOVANNI ANTONIO SATTA
indi
del Presidente MICHELE PAIS
La seduta è aperta alle ore 11 e 27.
MELE ANNALISA, Segretaria, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 2 febbraio 2021 (102), che è approvato.
Congedi
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Sara Canu, Daniele Secondo, Carla Cuccu, Gianfranco Lancioni, Roberto Li Gioi e Francesco Mula hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 3 marzo 2021.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di mozioni
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.
MELE ANNALISA, Segretaria. Sono state presentate le mozioni numero 420, 421.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare la consigliera Laura Caddeo. Ne ha facoltà.
CADDEO LAURA (Progressisti). Sull'ordine dei lavori, Presidente, per stigmatizzare quello che sta succedendo in Sardegna in materia di vaccinazioni. Si era affermato più volte che a marzo si sarebbe chiusa la vaccinazione degli over 80 e che sarebbe iniziata la vaccinazione di altre fasce della popolazione, in modo particolare del personale scolastico, ma ci sono molte, molte categorie di cittadini e cittadine cosiddetti fragili e deboli che vanno sicuramente vaccinati con urgenza. Ma vorrei soprattutto sottolineare che… perdiamo tanto tempo in questa sede… c'è una cosa che voglio aggiungere mi permetto di insistere Presidente perché lei lascia la parola���
PRESIDENTE. Onorevole Caddeo mi scusi, è stata chiarissima, onorevole Caddeo… scusate l'ordine dei lavori del Consiglio lo decido io! Lei ha fatto la segnalazione non è in discussione questo problema, sull'ordine dei lavori è surrettiziamente entrato un problema che esiste, adesso però ha fatto la sua segnalazione utilizzando, diciamo, l'ordine dei lavori per adesso procediamo con l'ordine del giorno del Consiglio grazie.
Ha domandato di parlare il consigliere Francesco Agus. Ne ha facoltà.
AGUS FRANCESCO (Progressisti). Due cose tanto credo che la collega Caddeo volesse sottolineare la richiesta di chiarimenti per quanto riguarda la categoria degli insegnanti, penso sia necessario pretenderli e credo che sia bene per tutti che ci sia chiarezza perché un mese fa è stato dato un annuncio e dobbiamo evitare tutti che da quest'Aula escano annunci fuorvianti.
Un'altra cosa, si stanno verificando problemi interpretativi dell'ordinanza firmata dal presidente Solinas a seguito della classificazione della Sardegna in zona bianca, per quanto riguarda i pub, la riapertura dei pub e dei ristoranti. Il confine tra i pub e bar e ristoranti ovviamente non può essere incluso nell'ordinanza, non è classificabile con i codici ATECO e siccome, giustamente, secondo me sono stati imposti dei limiti d'orario diversi, credo sia necessario sollecitare entro stasera, lo dico perché in molti Comuni si sono già verificati i controlli ed è stata affidata all'ultimo decisore, quindi al vigile urbano, la scelta se chiudere o non chiudere un locale o multare o non multare… ho segnalato Presidente, credo che sarà sua cura risolvere il problema e che venga fatto nelle prossime ore.
Anche nel suo caso… però quello che vorrei sottolineare… onorevole Giagoni la sto richiamando all'ordine, la sto richiamando all'ordine, onorevole Giagoni! Il primo richiamo, se continua, onorevole Giagoni la sto richiamando all'ordine.
PRESIDENTE. Dobbiamo utilizzare gli interventi sull'ordine dei lavori per fare brevi segnalazioni, come funziona nei Consigli comunali. Perché poi surrettiziamente si introducono delle discussioni che sono di difficile contenimento. Quindi vi richiamo tutti a questo tipo di responsabilità.
Discussione generale del Testo Unificato dei PL numero 6-20-155-176/A. Riforma dell'assetto territoriale della Regione. Modifiche alla legge regionale 4 febbraio 2016, numero 2.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Testo Unificato PL6-PL20-PL155-PL176/A.
Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il consigliere Antonello Peru, relatore di maggioranza.
PERU ANTONELLO (UDC Cambiamo). Grazie Presidente, la proposta di legge in discussione trova il suo fondamento in una richiesta di riordino del sistema delle autonomie locali che proviene direttamente dalle comunità locali e si propone di introdurre un primo, se pur parziale percorso riformatore, capace di rispondere in termini di efficienza e funzionalità alle esigenze dei territori in un'ottica di equilibrio e uniformità di governance. Una proposta che rinnova l'attuale scenario geopolitico regionale in un territorio che si presenta molto esteso ma con bassa intensità abitativa e nel quale gli organi intermedi di area vasta dovranno assumere un ruolo fondamentale, sostenendo i piccoli comuni e garantendo con la propria azione di governo politiche di sviluppo a vantaggio dei territori più deboli e marginali.
L'intento di questa proposta è quello di riportare al centro del sistema organizzativo regionale sia la Città Metropolitana che le province quali organi di secondo livello fondamentali per supportare e creare un vero e proprio riparto di competenza tra regioni, province e comuni. La proposta inoltre favorisce l'Unione delle province creando di fatto altri due poli: uno che racchiude le province dell'est della Sardegna e l'altro le province dell'Ovest; in questo modo si semplificherebbe l'attuale architettura istituzionale e si favorirebbe un'ottimizzazione delle risorse oggi a disposizione delle singole province.
Il percorso di riassetto territoriale in ordine alla modifica delle circoscrizioni provinciali è stato inoltre il più possibile partecipato dai Comuni interessati i quali potranno autonomamente decidere se continuare a far parte dell'ente di appartenenza od optare invece per l'accorpamento alla circoscrizione territoriale di una Città Metropolitana o di una provincia limitrofa in armonia con quanto previsto dallo statuto. Come è noto la Costituzione italiana riconosce sin dal 2001 le Città metropolitane nel novero degli enti territoriali, nello stesso anno la Regione Sardegna istituisce le nuove quattro province e nel 2012 la Sardegna con referendum abroga le nuove province e si esprime negativamente anche su quelle storiche. Oggi ci troviamo a fare i conti con la legge numero 56 del 2014 nata come legge transitoria ma tuttora vigente finalizzata ad una modifica costituzionale e alla soppressione delle province che non ha però raggiunto il suo obiettivo a causa di quel referendum costituzionale del 2016 nel quale il popolo italiano e dunque sardo invece di sopprimerle si è espresso per la loro conservazione, un grande pasticcio che ha condizionato fortemente anche la Sardegna, anch'essa caduta nella trappola della futura soppressione costituzionale delle province. Solo qualche mese prima di quel referendum, con l'approvazione della legge regionale numero 2 del 2016 infatti la Sardegna vara una legge regionale di riforma delle autonomie locali totalmente fondata sulla soppressione delle province come contemplato dalla legge numero 56 del 2014, una legge regionale quindi che, a distanza di sei anni nonostante il peccato originale, continua a regolare gli enti locali della Sardegna. Senza alcuna preoccupazione di smentita, pertanto, possiamo ben sostenere che tanto la legge Delrio quanto la legge regionale numero 2 del 2016, avendo al proprio interno incorporato un vizio insanabile, quello della futura soppressione delle province ormai venute meno, debbano essere totalmente riformate. Non è più tollerabile che due leggi vigenti abbiano vizi così profondi, serve quindi un primo intervento immediato nelle more di un più ampio disegno riformatore. Per questo almeno noi della maggioranza riteniamo che in Sardegna sia il momento non più procrastinabile di avviare un percorso riformatore dando almeno un primo fondamentale segnale che rimetta le cose a posto con riferimento alle nostre province, nel massimo rispetto della volontà di chi ci ha eletto e nel rispetto delle voci chiare che arrivano dalle nostre comunità locali. Sia la legge numero 56 del 2014, la cosiddetta legge Delrio, sia quella del 2016 hanno operato con lo scopo principale di svuotare le Province di competenze per riassegnarle ad altri livelli di governo, i Comuni, le Regioni e altri enti. Alle Province, non solo nelle more della loro soppressione non avvenuta a causa del suddetto referendum, furono lasciate poche funzioni fondamentali, quelle che oggi sono le sole e le pochissime funzioni rimaste di loro competenza, tutte le altre funzioni sono state ripartite alle Regioni ed altri vari enti locali, un vero e proprio caos istituzionale. Il sistema che si è prodotto nell'ultimo decennio, tra riforme che si sono susseguite, tagli di risorse, difficoltà nel gestire il riordino, ha mostrato tutti i suoi limiti, forse l'errore più grave sta nell'avere proceduto a riformare l'assetto istituzionale delle Autonomie locali senza fare riferimento ad una e più ampia e organica esigenza riformatrice della Regione all'interno dello Stato. Sta di fatto che questa sensazione di incompiuta e di percorso contraddittorio e caotico caratterizza la legge regionale numero 2 del 2016. È arrivato quindi il momento della svolta, l'approccio spinto all'accorpamento di funzioni sovracomunali con l'Unione dei Comuni e di spoglio dei Comuni più piccoli di competenza e risorse stanno rischiando di inasprire ulteriormente le criticità dello spopolamento delle aree interne della Regione. Il nostro intento riformatore, a differenza dell'attuale legge numero 2 del 2016, si propone di ristrutturare in senso federalistico l'organizzazione complessa della Regione pere dare voce a tutte le singole varie sub-aree regionali al fine di promuovere la capacità progettuale di ripensare in termini innovativi le ipotesi di crescita e sviluppo dell'isola proponendo un modello nuovo a forte caratterizzazione identitaria e autonomistica improntato sul protagonismo dei territori e delle comunità locali. I territori e le comunità locali della Sardegna devono diventare il motore di sviluppo e del benessere della nostra Regione e la Regione va riformata proprio per consentire ai territori e alle comunità locali di sprigionare tutto il loro potenziale, riscrivere lo Statuto in modo che risulti conforme alla nuova organizzazione complessiva della Regione da realizzarsi con un ampio coinvolgimento nei processi decisionali dei livelli di governo di ciascuna comunità locale. È su questi temi centrali sui quali verte la questione sarda che le forze politiche della maggioranza dovranno impegnarsi a rafforzare le ragioni della coalizione e consolidare le motivazioni forti per contribuire alla rinascita della Sardegna. La Sardegna non può però attendere i tempi della riforma dello Stato ed è chiamata per questo ad avviare un processo riformatore a livello regionale in coerenza con l'auspicata riforma dello Stato nazionale in senso federale. L'uscita dall'attuale confusione istituzionale e dallo stato di inefficienza organizzativa in cui versa la Sardegna deve significare perciò un ritorno al territorio traducendo in una politica economica regionale innovativa capace anche di contrastare lo spopolamento. Dopo le conseguenze tragiche della pandemia abbiamo il dovere come classe politica regionale di rilanciare con forza i temi, quelli del recupero della nostra identità storico-culturale dei sardi, la riscrittura dei contenuti del nostro Statuto, la riscrittura dei contenuti di un nuovo modello di sviluppo e crescita dopo il fallimento di quello che fino a oggi è stato sperimentato, e quindi la Sardegna non può stare più immobile di fronte alle legittime richieste e disperazione dei territori fortemente penalizzati dal processo riformatore confuso e contraddittorio concretizzatosi con la legge numero 2. Le comunità della Gallura, dell'Ogliastra, del Sulcis, del Medio Campidano ci chiedono di introdurre le province quali enti intermedi con funzioni di area vasta. L'area vasta di Sassari chiede di porre rimedio ai provvedimenti adottati nella passata legislatura che impedirono, pur avendone le caratteristiche, la nascita della seconda città metropolitane della Sardegna, istituendo invece l'ibrido della rete metropolitana del Nord Sardegna. Noi invece vogliamo dare dignità al territorio sardo riequilibrandolo, le Unioni dei Comuni hanno mostrato tutti i loro limiti in questa direzione non essendo enti intermedi, ma sono luoghi di gestione amministrativa di interventi sovra-comunali. Non vi possono essere dubbi sul fatto che la riforma regionale introdotta con la legge numero 2 vada riformata, le province soppresse vanno reintrodotte, vanno rivitalizzate, ma con una maggiore attenzione alle reali volontà delle comunità locali. Successivamente si potranno studiare forme di decentramento ripensando alle Unioni dei Comuni come organismi di decentramento provinciale e di area metropolitana in coerenza con le esigenze della pianificazione strategica territoriale…
PRESIDENTE. Può continuare, concluda.
PERU ANTONELLO (UDC Cambiamo). La proposta che qui si presenta è collegata al tessuto costituzionale non soltanto tramite la Carta fondamentale, ma anche in quanto manifestazione di tutta l'autonomia sarda. Consentitemi, cari colleghi, in conclusione di ringraziare innanzitutto il Presidente della Giunta per non aver disatteso l'impegno con il popolo sardo, quello che ha preso in campagna elettorale, e mi riferisco all'impegno sulla Gallura, sull'introduzione delle province, sulla Città metropolitana di Sassari; l'Assessore degli enti locali, il Presidente della Commissione per il supporto e l'impegno che ha prestato per portare in Aula questo provvedimento, l'intera Commissione e tutta la sua struttura, il mio Gruppo, l'intero gruppo che ha sostenuto in maniera forte questo provvedimento. Sono, cari colleghi, profondamente convinto che al di là delle diverse posizioni di maggioranza e opposizione questo sia un provvedimento di riforma di grande portata per i sardi e che l'alto profilo di tutta quest'Aula sarà capace di dare ai sardi e alla Sardegna ciò che meritano. Grazie Presidente.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Peru.
Una comunicazione all'Aula, avete negli iPad il sistema di prenotazione e votazione degli argomenti, per oggi e per il tempo necessario andremo avanti con un sistema ibrido perché naturalmente è un sistema col quale dovremo familiarizzare, potete già provvedere a iscrivervi sulla piattaforma informatica, ma per i meno avvezzi è consentita la prenotazione con la semplice alzata di mano.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Roberto Deriu, relatore di minoranza.
DERIU ROBERTO (LEU), relatore di minoranza. Grazie Presidente, onorevoli colleghe e colleghi. Ho dato nella relazione conto delle principali posizioni emerse dai Gruppi dell'opposizione che rappresento in merito alla legge che ci impegna, quindi quelle dell'onorevole Solinas, i rappresentanti del Gruppo dei Cinque Stelle e del vicepresidente Diego Loi, in sostituzione del quale hanno partecipato anche alla discussione il presidente onorevole Francesco Agus e l'onorevole Massimo Zedda per il Gruppo dei Progressisti, ancora per il Gruppo del Partito Democratico l'onorevole Salvatore Corrias, insieme a chi parla, che ha rappresentato il Gruppo LEU. Entrando nel merito del testo, il richiamo al principio di sussidiarietà e differenziazione, nonché alla Carta europea delle autonomie locali, indica con precisione la volontà e i contenuti politici della legge, la quale si incarica di rivestire di forma giuridica l'articolazione territoriale contemporanea della Sardegna, come è prescritto dall'articolo 5 della Costituzione.
Il legislatore opera cioè il riconoscimento delle autonomie locali dell'Isola, e non l'autoritativa ed ottriata, costituzionalmente illegittima, istituzione. Il legislatore regionale non intende, secondo i propositi espressi, sovrapporre dunque la propria arbitraria visione all'assetto che discende dal disporsi in combinazione dei fattori geografici, sociali, economici, civili, culturali, storici e comunitari dei territori, così come nella realtà concreta essi prendono forma e rivelano la loro identità, e contestualmente assumono configurazione istituzionale soggettiva. Tale concreta enunciazione del thema decidendum del testo legislativo in esame è contraddetta, però, da una scelta non solo incongrua e dissonante sotto il profilo logico-contenutistico, ma addirittura incomprensibile sul piano politico. Infatti, lo stesso Centrodestra che, all'opposizione, ha demonizzato la legge regionale numero 2 del 2016 - il medesimo schieramento liberal-conservatore federalista cristiano che ha mostrificato l'autore della legge di grande riforma economico-sociale, della quale la legge regionale numero 2 del 2016 è strumento di recepimento nell'ordinamento giuridico sardo, cioè l'onorevole Delrio - quello schieramento quindi introduce oggi una norma-fotocopia della legge conosciuta appunto come "riforma Delrio" (legge n. 56 del 2014), quella riguardante la conformazione delle città metropolitane. Detta norma, ripresa dal complesso degli articoli che ne definiscono la composizione del territorio, ribalta automaticamente la circoscrizione di province sopprimende (o nel caso della Città metropolitana di Cagliari di parti residue di esse) su quello dei nuovi enti, mostrando indifferenza alla concreta valutazione della realtà locale e territoriale, prescindendo dall'individuazione delle peculiari e specifiche caratteristiche di ciascuna comunità comunale e sovra comunale. Come nel congresso di Vienna, come nel convegno di Monaco gli estensori della proposta hanno usato squadra e righello per tracciare sulle mappe confini immaginari, mescolando senza criterio città e campagna, mare e montagna, supplizio e cuccagna. Il risultato è la più banale e sciatta omologazione del sistema sardo a quello italiano, in barba e in spregio a qualunque altisonante e trombonesca proclamazione autonomista; non c'è più nel testo proposto l'elaborazione originale, che seppe produrre il riordino che ci si propone di riformare, ma soltanto la riproposizione pedestre e supina di un modello concepito per altre realtà e per differenti esigenze. È sufficiente tale critica radicale ad evidenziare la mortale contraddizione che affligge, vanificandone le positive e condivisibili intenzioni, la proposta in esame. Se l'Aula non ponesse rimedio a tale macroscopico difetto, il sistema sarebbe caratterizzato da decisivo fattore di squilibrio e la disarmonia determinatasi riprodurrebbe inefficienze, diseconomie e lesione dei diritti dei cittadini. Dubitiamo che sia giustificabile l'intestardimento della maggioranza sul punto dolente della Città Metropolitana "alla Delrio", quando la maggiore Assemblea civica dell'Isola, guidata da uno dei leader del centrodestra sardo, ha a chiare lettere bocciato il nuovo assetto, proprio nella parte in esame. L'articolo 5 della Costituzione prescrive, giova ribadirlo, il riconoscimento da parte della Repubblica (in questo caso la Regione) dell'autonomia locale. Ciò significa, come accennato sopra, che il legislatore è vincolato a una ricognizione sull'effettiva realtà identitaria del territorio del quale l'autonomia è riconosciuta. Insistendo sul punto, il concetto di città metropolitana poggia sull'idea di una cura unitaria degli interessi pubblici dei cittadini che condividono una stessa realtà metropolitana. Se ciò è evidente per il territorio più prossimo alla città di Cagliari, che è il vero cuore pulsante della vita civile, in una zona in cui tra un comune e l'altro la linea di separazione è dell'ampiezza di una strada appena, più ardua e faticosa è l'affermazione in relazione all'area indicata come metropolitana intorno alla città di Sassari, mancando in essa l'evidenza visiva della continuità urbana tra i comuni che la compongono. Ma le strette e vitali relazioni che legano il capoluogo turritano ai comuni viciniori e alla città di Alghero, hanno già portato al riconoscimento di una speciale natura metropolitana che caratterizza la vigente disciplina dell'Unione dei comuni, distinguendo quella particolare area da quelle urbane attorno alle città medie e da quelle ordinarie, contraddistinte dalla condivisione di funzioni comunali tra i paesi, in ambito montano, costiero o rurale. Ciò per sottolineare che l'attribuzione di un livello di governo ad un territorio non operi secondo la modalità medievale del privilegio attribuito dal sovrano a una città o a un feudo, e nemmeno secondo la prassi amministrativa tipica del centralismo trans o cisalpino, bensì essa si verifica ai sensi dell'articolo 5 della Costituzione, con il riconoscimento, e sempre secondo il principio di adeguatezza, di cui all'articolo 118 della Costituzione, il quale impone di assegnare a ciascuna realtà territoriale l'istituzione ottimale, adeguata appunto per caratteristiche e specificità, e non a gratificare con un rango i cittadini di una o dell'altra contrada, essendo essi riconosciuti uguali tra loro (articolo 3 della Costituzione), ed essendo i livelli di governo della Repubblica, dal comune allo Stato, equiordinati, secondo quanto prescrive l'articolo 114 della Costituzione. Per i motivi sopra esposti noi raccomandiamo all'Aula il rinvio del testo, oggi all'esame dell'Aula, in prima Commissione, per un approfondimento di questi temi controversi, per colmare alcune lacune inerenti agli aspetti finanziari, e specialmente definire gli interventi affinché non turbino, in alcun modo, gli sforzi dell'intera collettività a contrasto della pandemia che tante vittime sta mietendo in questa drammatica stagione. Grazie, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento, e ricordo anche all'Aula che chi volesse intervenire in sede di discussione generale dovrà prenotarsi o con alzata di mano, come abbiamo detto, o mediante piattaforma informatica entro la conclusione dell'intervento dell'onorevole Satta.
È iscritto a parlare il consigliere Gianfranco Satta. Ne ha facoltà.
SATTA GIANFRANCO (Progressisti). Grazie, Presidente. Nella relazione di maggioranza sulla proposta di legge si fa spesso riferimento al fondamento che legittima la riforma, ovvero la richiesta di riordino del sistema delle autonomie locali che proviene direttamente dalle autonomie locali, e si dichiara che il percorso di riassetto territoriale in ordine alla modifica delle circoscrizioni provinciali è stato inoltre il più possibile partecipato dalle popolazioni e dai Comuni. A questo riguardo occorre certamente fare alcune precisazioni, in parte già segnalate nel parere del Consiglio delle autonomie locali, sul fatto che la proposta di legge in esame mira unicamente a riproporre l'assetto territoriale, il numero di confini delle province a come erano definiti sino al 2012, quando vennero cancellate dal referendum, etichettando quel referendum "anti casta", tenutosi appunto il 6 gennaio del 2012. In tale referendum più di mezzo milione di elettori, pari ad oltre il 97 per cento dei votanti, si espressero per la soppressione delle nuove quattro province regionali di recente istituzione, a tal proposito è utile rilevare che, in linea con quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 199 dello stesso anno, non sarebbe possibile reintrodurre le norme bocciate dagli elettori, se non in presenza di cambiamenti strutturali del quadro politico e del contesto generale che allo stato parrebbero, per quanto mi riguarda, non sussistere. Riguardo a questa precisazione pare evidente che il nuovo assetto che si intende attribuire alle Autonomie locali, fatta eccezione per le due città metropolitane, non è altro che una copia di quello largamente bocciato con il referendum abrogativo e a mio avviso si potrebbe prestare ad un'impugnazione da parte del Governo, non tanto sul merito che come ben sappiamo rientra tra le competenze della Regione a statuto speciale, bensì sul metodo utilizzato che non tiene conto nel complesso della riforma dell'ostacolo posto dall'esito del referendum appunto abrogativo del 2012. In altre parole semplicemente stiamo riportando le lancette indietro negli anni, non risolve di certo i problemi attuali essendo gli stessi in buona parte proprio frutto e conseguenza degli assetti di quel periodo. Altro elemento riguarda il coinvolgimento delle popolazioni dei comuni nelle scelte operate nella riforma che non mi risulta essere avvenuto, tanto che il sindaco metropolitano, abbiamo partecipato anche alla discussione in Commissione, il sindaco metropolitano di Cagliari ha più volte espresso il proprio dissenso rispetto all'estensione della circoscrizione attuale della città metropolitana composta da diciassette comuni. A mio parere per costituzione territoriale, per rilevanza strategica nei collegamenti, per densità di popolazione, per servizi presenti, l'unica parte della Sardegna che legittimamente può avanzare pretese di nuova forma di governo di area vasta è la Gallura, anche se probabilmente la soluzione prospettata con l'istituzione della nuova provincia non rappresenta quella migliore in termini di governo del territorio e di programmazione strategica e di sviluppo. Per il Nord Sardegna ancora una volta diviso, e stiamo perdendo un'occasione, sarebbe stato più opportuno prevedere un'unica area metropolitana che includesse le due principali città, Sassari e Olbia, o una provincia rafforzata che riconoscesse pari dignità ai due centri così come avviene in altre realtà italiane, si pensi alla provincia di Monza-Brianza o di Forlì-Cesena. Il riconoscimento del bi polo Sassari-Olbia in questa nuova veste, con i tempi di oggi maturi, potrebbe avere una duplice funzione a vantaggio di tutti, innanzitutto anche in ragione dell'arteria stradale di collegamento diretto ancora in costruzione, ma in parte terminata, le sinergie tra le due città potrebbero innescare un processo virtuoso di sviluppo a beneficio di tutto il Nord Sardegna, inoltre non per campanilismo ma per oggettività di dati e fatti storici e contemporanei, si avrebbe un effettivo riequilibrio tra le aree Nord e Sud dell'isola, tante volte richiesto, oggi �� a totale vantaggio certamente della parte Sud. L'istituzione della città metropolitana di Sassari è ovvio che rappresenta un passo in avanti rispetto alla sua mancata previsione nella riforma del 2016, tuttavia non posso fare a meno di segnalare che la superficialità con la quale la proposta di legge affronta il tema del riconoscimento del lavoro operato fino ad oggi dalle Unioni dei Comuni e dalle reti metropolitane che come ben sappiamo hanno svolto importanti programmazioni di sviluppo territoriale e strategico che negli ultimi anni hanno ricevuto risorse importanti da parte della Regione, l'attuale assetto regionale che prevede l'obbligo per i Comuni sotto i 5000 abitanti di associarsi in unioni ha interessato buona parte delle amministrazioni locali che in questi anni hanno lavorato insieme per pianificare interventi mirati nel proprio territorio, ovviamente nel contesto delle funzioni di propria competenza, svolgendo in forma associata molte funzioni amministrative, ponendo le basi per percorsi di collaborazione volti a migliorare l'offerta dei servizi e a contenere i costi. Pianificare uno stravolgimento dell'assetto territoriale in un momento delicato come questo che stiamo vivendo senza neppure prevedere la possibilità su base volontaria che i Comuni possano continuare a gestire le funzioni di propria competenza, ora demandate alle unioni in forma associata su ambiti territoriali più contenuti rispetto a quelli previsti per le due città metropolitane o per le nuove province, potrebbe portare a lunghi periodi di inefficienza nell'erogazione dei servizi al cittadino, oltre a problemi inerenti alle spese delle risorse già assegnate alle Unioni e alle reti metropolitane. Un altro aspetto fondamentale riguarda i trasferimenti, la precedente proposta di legge all'articolo 21 addirittura non prevedeva nuovi o maggiori oneri per il bilancio regionale. Tale previsione era smentita dalla stessa norma transitoria, la quale all'articolo 20 stabiliva la nomina dei commissari straordinari per la guida ai nuovi enti, nella fase di costituzione e attuazione della riforma, che certamente non avrebbe operato a costo zero. A seguito delle osservazioni che sono state fatte e prodotte nella Commissione competente, l'attuale testo prevede le maggiori spese. Tuttavia a mio avviso, e ho presentato un emendamento che va in questa direzione, bisogna tutelare quelli che sono i trasferimenti oggi storici agli enti locali e ai comuni, quindi non prevedendo riduzioni di quei trasferimenti in riferimento dell'anno 2020. Un altro aspetto riguarda sempre la fase transitoria che inevitabilmente produrrà effetti anche sulle spese, si riferisce a quanto disposto dal comma 4 all'articolo 24, il quale stabilisce che entro e non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3 la Giunta regionale, con propria deliberazione su proposta dell'Assessore competente in materia di enti locali nomina gli amministratori straordinari, Città metropolitana di Cagliari, Sassari e delle province previste nel testo. Pare evidente che nel contesto attuale, ancora nel mezzo della pandemia e con un sensibile ritardo nelle vaccinazioni, non è pensabile che si possa ricorrere ad un nuovo slittamento anche delle elezioni amministrative che sono previste per il rinnovo di molte amministrazioni locali della nostra Regione. Tale slittamento comporterebbe certamente il prolungamento della fase transitoria, anche di quelli che sono i commissari nominati dalla Giunta e quindi con maggiori costi e non previsti nel testo.
PRESIDENTE. Eccezionalmente chi volesse iscriversi in sede di discussione generale lo faccia ora o mai più, anche perché stiamo imparando ad utilizzare questa piattaforma, abbiamo utilizzato il sistema ibrido, alzata di mano e piattaforma, però chi volesse ora lo faccia.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.
ZEDDA MASSIMO (Progressisti). Molto brevemente, vorrei sapere da lei se c'è una programmazione dei lavori in relazione alla conclusione del dibattito, la ripresa del dibattito e anche per quanto riguarda i giorni prossimi. Non so se voglia convocare una Capigruppo, sentire gli altri Capigruppo anche senza una convocazione, in modo informale, veda lei, però ripeto Presidente, brevemente se c'è un'idea di programmazione dei lavori in relazione all'orario di conclusione della seduta odierna, la ripresa eventuale dei lavori nel pomeriggio e la conclusione in serata e l'andamento dei lavori per i giorni prossimi.
PRESIDENTE. Certamente oggi proseguiamo per l'intera giornata, faremo una brevissima pausa in occasione delle 14. Sì, la pausa e la ripresa. Dalle 14 a le 16, dopodiché insomma proseguiremo in serata, e in serata poi decideremo come proseguire nei giorni nei giorni successivi.
È iscritto a parlare il consigliere Antonio Piu. Ne ha facoltà.
PIU ANTONIO (Progressisti). Presidente, colleghe e colleghi, ma oggi credo che sia un giorno importante perché si porta all'attenzione dell'Aula, della Sardegna, dei sardi una proposta di legge di riforma che sicuramente modificherà la quotidianità non solo delle amministrazioni, ma principalmente anche dei cittadini. Credo che la Sardegna abbia bisogno di un riordino degli enti locali, ma principalmente abbia bisogno di capire chi deve assumere determinate competenze, chi deve assumere determinate decisioni per fare in modo che ci sia un passaggio soprattutto di risorse che va ad avere delle ricadute vere sulla testa dei cittadini e delle cittadine sarde. E faccio l'esempio non tanto del nostro territorio, quello del nord della Sardegna, della città di Sassari, per partito preso ma solo ed esclusivamente per far capire esattamente che se le risorse nei territori oggi sono presenti in alcuni territori della Sardegna sono impossibili da poter spendere, perché il territorio di Sassari ha nei diversi fondi da quelli regionali, quelli ministeriali e quelli europei una cifra che varia intorno ai 200/220 milioni di euro da spendere. E questi soldi sono stati esattamente descritti da un documento che è stato fatto nel precedente mandato sul riequilibrio Nord e Sud, e per fare in modo di presentare quella rete metropolitana come strumento, ovvero per poter spendere questi soldi. I soldi destinati dalla Giunta Pigliaru e dalla precedente legislatura son tanti, non son pochi, a differenza di quanto si possa pensare, e non è vero che il nord della Sardegna a differenza del sud sia stato trattato male da un punto di vista finanziario ed economico, anzi da un certo punto di vista sono maggiori le entrate che il nord ha avuto rispetto al Sud soprattutto per asset strategici come quella delle infrastrutture e dei trasporti. La vera differenza è quella che i soldi non si possono spendere perché non ci sono strumenti e non ci sono gli enti, non c'è la governance giusta per poterlo fare. Perché la rete metropolitana non ha contenuto, è vuota, non ha la potenzialità di poter purtroppo mettere a sistema i progetti che sono stati finanziati, e quindi c'è bisogno di un cambio di passo. E da amministratore comunale nel precedente mandato ho sempre fatto in modo di far arrivare la voce dei Comuni, del Comune di Sassari, cercando di far capire quanto fosse difficile utilizzare uno strumento come quello della rete metropolitana, che non esiste per legge nazionale, è un'invenzione che ci siamo dovuti creare solo ed esclusivamente per dar modo anche all'Area vasta di Sassari di dire che forse è diventata rete metropolitana. E io su questo ho sempre criticato chi ha preso questo tipo di decisione, chi ha avallato questo tipo di proposta, perché diversamente non si può andare a raccontare di privilegi, non si può andare a raccontare di feudi, se un territorio non lo si amministra in maniera diretta, non lo si amministra con i problemi quotidiani che vengono messi in rilievo dai cittadini e in alcuni casi è stato impossibile realmente dare delle risposte. È impossibile parlare di un territorio coeso e autonomo se non c'è uno strumento che rappresenti l'autonomia e che rappresenti la coesione, e il Nord Sardegna, la città di Sassari, e il territorio di Sassari questo strumento non ce l'ha, non ce l'hanno i suoi rappresentanti, non ce l'ha negli enti che governano determinati processi, non ce l'ha sicuramente nella rete metropolitana che è formata da otto sindaci e da un segretario generale, punto, eletti dai cittadini. Strumenti per poter portare avanti i progetti per 80 milioni di euro, nessuno! La rete metropolitana se vuole andare a presentare un progetto non ha il codice CUP per poter presentare un progetto. E parliamo realmente di quello che dovrebbe fare invece l'amministrazione pubblica, quello di riuscire a spendere le risorse e fare in modo che queste risorse abbiano una ricaduta diretta. Abbiamo una Provincia di Sassari che può amministrare solo su tre livelli: quello dell'ambiente, quello della scuola e quello delle strade che è totalmente spolpato, senza una linea di indirizzo. E badate bene i dipendenti della Provincia di Sassari sono 250, quanti quelli della Città metropolitana di Cagliari, che a differenza dei dipendenti della Provincia di Sassari possono agire e possono spaziare su diversi territori dell'Amministrazione, su diverse pratiche, su diverse azioni. Allora io non credo che la legge che voi, onorevole Peru, abbiate portato all'attenzione di quest'Aula sia la miglior legge, anzi credo che sia mancato il percorso invece con le Amministrazioni comunali, sia mancato un percorso giusto con i territori. Io mi sono fatto promotore di una proposta di legge che vedeva i 25 Comuni della del nord Sardegna, cercare di delimitare, a differenza di quanto non abbiate fatto voi in questo disegno di legge, un ambito territoriali più ristretto, che sia interconnesso e che già oggi è un ambito sul trasporto, sul lavoro, sulla scuola, ha con la città di Sassari un rapporto. Però credo che questo sia un punto di partenza importante, e credo che dai punti di partenza si possano sempre migliorare, e mi auguro che fra due anni e mezzo il centrosinistra possa modificare la legge che oggi andremo ad approvare. Però la vittoria della Città metropolitana di Sassari non è solo ed esclusivamente di rivalsa nei confronti della città metropolitana di Cagliari che invece ha saputo pianificare bene attraverso il Sindaco che ha preceduto quello attuale, l'onorevole Massimo Zedda, perché se si vanno a leggere tutti i progetti della Città metropolitana di Cagliari sono progetti che sono nati con il Comune di Cagliari, e che oggi la città metropolitana può riuscire a portare avanti e a mettere in pratica. Però è anche vero che in questi due anni e mezzo la città metropolitana di Cagliari è riuscita a costituire, a costruire un apparato amministrativo dirigenziale che consente il reperimento e di intercettare tantissimi fondi, che sino a qualche anno fa era impossibile intercettare. E consentitemi anche il fatto che la città di Cagliari, attraverso la Città metropolitana, riesce a creare attraverso gli amministratori del territorio anche un senso di unità, un senso di collaborazione, un senso di appartenenza diverso, che è quello che manca al territorio di Sassari e che manca a la città di Sassari, perché la rete metropolitana non è stato uno strumento che ha dato nessun tipo di risposta. Abbiamo tantissimi soldi da spendere, perché la Giunta Pigliaru al territorio del nord della Sardegna ha dato tantissimi soldi a tantissimi progetti sono stati portati avanti, purtroppo non abbiamo lo strumento per poterli mettere in pratica, e credo che con la Città metropolitana di Sassari questo possa avvenire. Ecco perché il disegno di legge che discutiamo oggi è importante, perché inizia a dare delle prime risposte a territori che realmente si sentono sfilacciati e che si sentono periferia di Cagliari. Perché questo è quello che quando si viene qua dentro un amministratore sente, e viene da una storia, e ognuno di noi ha una storia nel proprio Comune, nel proprio Paese, dove ci si sente soli, dove ci si sente abbandonati perché la politica ha lasciato purtroppo spazio ad altri per poter prendere decisioni strategiche del proprio territorio. E anche la governance attraverso gli enti regionali mi auguro che da questo momento in poi possano iniziare a essere ridiscussi, perché non è pensabile che un paese della provincia di Sassari debba necessariamente confrontarsi per piccoli interventi con Cagliari, con Abbanoa, con Area… Abbiamo 45 milioni di euro per collegare lo scartamento ridotto con l'aeroporto di Alghero, la progettazione non è arrivata nemmeno alla progettazione preliminare, figuratevi un po', 80 milioni di euro ne sono stati spesi l'1,5 per cento. Quindi non è una questione di soldi o di sfida tra Cagliari e Sassari, è questione realmente di dotare il nord Sardegna di uno strumento che finalmente possa dare risposte vere ai cittadini in diversi ambiti della propria quotidianità, che non possono essere quelli che oggi hanno in capo le province, sono troppo pochi, non guardano al futuro e soprattutto non si crea un apparato burocratico amministrativo che possa consentire al nostro territorio e alla Sardegna tutta di poter gestire quel Recovery Fund di cui parlavamo ieri. Perché possono anche arrivare i soldi, ma se non si ha la capacità e non si hanno gli strumenti per poterli spendere, quei fondi continueranno a rimanere fermi, come quei 45 milioni di euro che sono stati destinati, e parlo solo di uno dei cinquanta progetti che la rete metropolitana ha in pancia, che purtroppo non possono essere realizzati.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIOVANNI ANTONIO SATTA
(Segue PIU ANTONIO). Quindi,Presidente, nel corso di questa discussione, nel corso di questi due giorni io continuerò ad intervenire, articolo per articolo, per raccontare realmente quella che è la nostra quotidianità, la quotidianità di un territorio che ha bisogno di unirsi, che ha bisogno di avere degli strumenti che gli consentano davvero di sentirsi parte di un qualcosa, e non di una sfida stupida, di un retaggio vecchio, di una sfida tra Sassari e Cagliari, ma la sfida della Sardegna, la sfida di una Sardegna tutta che va alla stessa velocità, e non come quella che abbiamo visto sino ad oggi che va a due velocità, per il semplice fatto che la politica non è stata in grado di dare degli strumenti adatti a quei pochi amministratori che portavano avanti le politiche per tutti i cittadini.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.
ZEDDA MASSIMO (Progressisti). La discussione sulla legge odierna purtroppo ha una serie di limiti, rilevati dall'onorevole Piu nel suo intervento, dall'onorevole Satta e per primo dall'onorevole Deriu nella relazione di minoranza. Intanto la riforma degli enti locali in Sardegna, la questione dell'architettura istituzionale e la sua riscrittura, la riforma della Regione, andavano strettamente collegate con la discussione di ieri: che tipo di sviluppo, quali risorse, come determinare quella capacità di spesa delle risorse assegnate, come accelerare i processi per determinare occasioni di lavoro. Abbiamo sprecato la giornata di ieri, in teoria avremmo dovuto oggi avviare una sessione di discussione luogo per luogo, avendo dati alla mano, per definire progetti strategici per il nord, il centro, il sud dell'Isola, progetti strategici per l'intera regione, e aspetti più di dettaglio, perché non è vero che progetti generali non possono determinare elementi di sviluppo anche nel più piccolo paese, basti pensare alle reti idriche, alla riqualificazione e messa in sicurezza del territorio o alle reti riguardo alle connessioni: sono progetti strategici regionali, indubbiamente, ma avrebbero una ricaduta anche nel più piccolo paese e in ogni realtà della Sardegna. Invece alle questioni che segnalano sistematicamente la Banca d'Italia e l'Istat, cioè il nanismo del tessuto imprenditoriale sardo che determina un'impossibilità e un limite per lo sviluppo, aggiungiamo il nanismo istituzionale, laddove invece nel resto del mondo c'è il tentativo… vale per le multinazionali, basti osservare quel che sta accadendo nell'ambito del mercato mondiale del trasporto aereo, l'aggregazione, la massa critica a mettere insieme società perché possano determinare insieme elementi di competizione con altre grandi realtà nel mondo. Basti pensare a che cosa accade appunto nel mettere insieme territori, e addirittura nella idea di collegare l'intera Europa, col ferro, con treni veloci, e addirittura l'idea di collegare con una nuova via della seta all'Europa all'Asia. Altro che la frantumazione, fino alla scomparsa, dell'atomo, stare insieme per avere un corpo vivo, e invece la legge determinerà l'assenza totale di sviluppo. E alla fine che cosa c'è scritto in legge? Il riconoscimento del nome, solo ed esclusivamente del nome, che determinerà un ulteriore illusione in quei territori, come l'altra illusione che c'è stata. Ricordo che nel corso della discussione sulla riforma sanitaria, non l'ultima, la penultima, la grande discussione fu dove mettere la sede dell'Azienda unica, come se l'ufficio potesse determinare le cure: si è visto che cosa è accaduto. O la grande discussione sulla sede di Abbanoa a Nuoro: chiedete all'onorevole Deriu quante volte si rompono le condotte e deve essere data l'acqua con l'autobotte a Nuoro, però hanno la sede amministrativa, c'è una segretaria, un segretario, c'è un ufficio, ci sono le scrivanie, ma non ce l'acqua. Ed è un elemento di sottosviluppo culturale. Vi siete resi conto che, andando in giro nei territori della Sardegna, si va a Porto Torres e a Porto Torres dicono "noi siamo la realtà più dimenticata della Sardegna"; si va a Nuoro, l'altro giorno eravamo a Nuoro per le vicende del San Francesco, perché il tessuto del Nuorese e la realtà più dimenticata della Sardegna; si va in Ogliastra e gli ogliastrini dicono "l'Ogliastra è il luogo più dimenticato dalla politica sarda"; l'altro giorno a Cabras per quanto riguarda la manifestazione delle statue, "perché il tessuto dell'Oristanese, Cabras, Oristano sono il luogo più dimenticato dalla politica": non è che forse la politica sarda si è dimenticata della Sardegna, tutta, non di un singolo luogo? Questo è il vero problema, il vero nodo da sciogliere è questo, e fa sorridere chel'aspetto dello spopolamento venga declinato in termini di spopolamento delle zone interne e dei piccoli centri: si sta spopolando la Sardegna; la Sardegna perderà qualcosa come 400 mila abitanti nel corso dei prossimi decenni, non san Nicolò Gerrei, Bono, la Sardegna tutta! E determinerà un impoverimento per Olbia, per Cagliari, per stare a due realtà che sopravvivono, non vivono bene ma sopravvivono, l'una perché è diventata erogatore di servizi e centro di attrazione dal punto di vista turistico anche per la vocazione del territorio nell'arco della sua storia recente, l'altra, Cagliari, perché ha mantenuto una vocazione di servizi, indebolita politicamente dall'attuale guida che propone tunnel sottomarini. Al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stanno ancora ridendo: un tunnel sottomarino qua davanti, il grande progetto strategico per Cagliari. Speriamo sia di vetro, almeno vediamo i delfini che ogni tanto circolano nel porto.
Non c'è la riforma della Regione, non c'è nulla in termini di risorse, io apprezzo l'entusiasmo delle colleghe e dei colleghi della Gallura o di Sassari sul tema della Città metropolitana, il bello è che questa legge toglie risorse, perché nell'ambito della legge c'è scritto che le uniche risorse stanziate saranno per gli amministratori e per l'amministratore straordinario… solitamente questi qui che definiamo straordinari, di straordinario non hanno nulla, sono persone alquanto modeste e alcune volte hanno la straordinaria capacità di bloccare lo sviluppo. Revisori dei conti che revisioneranno i debiti, più che i conti, Segretari, Direttori generali: queste son le risorse per lo sviluppo. E siccome c'è la creazione di enti inutili…perché l'inutilità non è data dal riconoscimento del nome, perché all'interno di una riforma della Regione con deleghe di poteri, risorse, competenze e personale, non è detto che per primi non si potesse avviare, anche in accordo col Governo, una riforma di decentramento amministrativo, anche individuando una Citt�� metropolitana in più e anche più Province, ma nello svuotamento di quei poteri inutili che sono in capo alla Regione, nella delega di poteri ulteriori. Pensate all'urbanistica… onorevole Deriu, lo so, è un nervo scoperto questo per lei, ma pensi all'urbanistica nell'ambito di alcune realtà se non fosse invece necessario e indispensabile avviare una riforma in termini di ripensamento dell'efficienza amministrativa perché quei territori possano definire urbanisticamente almeno su alcuni ambiti il loro sviluppo, in alcuni casi abbiamo realtà confinanti dove i confini sono dati da un marciapiede. È pensabile che l'urbanistica venga definita in modo differente tra un marciapiede e l'altro? Per quanto riguarda poi, e termino, faccio mio l'appello dell'onorevole Deriu ritorni la riforma in Commissione anche perché l'unica cosa che verrà dato in termini di nuove risorse, poteri, competenze, personale è la legge successiva la 107, che non dà nulla alle province nuove o alla Città Metropolitana, ma assegna troppo a chi ha già tanto, al Presidente della Regione vengono assegnate ulteriori risorse, ulteriore personale e verrà sottratto invece con questa legge la disponibilità economica in relazione al fatto che nel Fondo unico, laddove oggi pescano… domani saranno otto con una diminuzione di risorse assegnate ovviamente. Ricordo ancora che si parla di autonomia, termino Presidente, e per l'ennesima volta il Presidente della Regione in violazione di legge non ha detto nulla circa le elezioni provinciali, nulla violando nuovamente le leggi. Dispiace avremo modo di parlarne nel corso del dibattito su ogni singolo articolo in relazione a questa norma che sarebbe bene rivedere per non creare l'ennesima illusione ai sardi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Diego Loi. Ne ha facoltà.
LOI DIEGO (Progressisti). Grazie Presidente, abbiamo discusso in Commissione questo provvedimento, e poi l'esitazione in testo unificato per diverso tempo, confrontandoci su visioni, sui contenuti ma anche sull'approccio intellettuale con il quale si è dato corso a questo provvedimento. Io durante i lavori ho costantemente sostenuto un principio che ritengo fondamentale, che è quello anche che continuiamo ad utilizzare, continuiamo a rinverdire durante i vari provvedimenti, che in tutto questo periodo si sono portati avanti. Ovvero quello dell'identità territoriale e quella dell'identificazione delle popolazioni rispetto all'appartenenza, al loro contesto locale e quello anche della autodeterminazione dei territori nella misura in cui quando vengono espresse delle velleità in termini anche di appartenenze territoriali da parte di Comuni, da parte di quelle comunità, io credo che questo sia un segnale, un segno importante che la Regione e questo Consiglio regionale non poteva non tenere in considerazione. E così insomma si sono succedute delle riflessioni che sono partite dall'analisi diciamo della proposta di istituzione della Gallura a cui poi è seguita l'Ogliastra, a cui poi è seguita la Città metropolitana di Sassari e via via Sulcis Iglesiente, Medio Campidano sostanzialmente ripercorrendo, così come hanno ben descritto i colleghi, un percorso insomma dei corsi e dei ricorsi per l'ennesima volta anche sul tema dell'organizzazione degli enti locali.
Detto questo, e fatta questa premessa, in realtà io mi trovo un po' disorientato rispetto a questo provvedimento perché ritengo che sarebbe dovuto essere nutrito, e questo è stato più volte richiesto, il richiamo di prima è stato quello un po' forse a bloccarsi, fermarsi un attimo per riflettere ed evitare di compiere errori. Dicevo sarebbe dovuto essere nutrito di una visione organica integrata in cui definire con chiarezza, innanzitutto non solo evidentemente un disegno territoriale, un disegno proprio in termini di confini territoriali delle varie sub regioni della Sardegna, ma che potesse definire con chiarezza soprattutto le competenze, le risorse e l'articolazione che regola e che dovrebbe regolare i rapporti tra i vari livelli di governo quello che insomma viene più sinteticamente definito come livelli di governance qual è la reale visione organicistica da questo punto di vista, e questo non c'è. Non c'è, come veniva richiamato prima, anche e soprattutto, dal punto di vista del tema fondamentale che poi è quello che vivono i territori, che vivono i nostri cittadini che sono governati dalle province, ovvero il tema delle risorse. Risorse organizzative legate appunto alle risorse umane e alle risorse economiche che necessitano, che necessiteranno questi enti. Questo perché? Perché se noi ci fermassimo ad analizzare con la dovuta freddezza e lucidità quali sono le condizioni anche di vita dei cittadini che oggi sono ad esempio governati dalle province ancora esistenti vorrei che si rispondesse a questo interrogativo: siamo sicuri che i cittadini che abitano quelle province, che sono rimaste operative, che non erano state soppresse, perché comunque presenti in Costituzione o istituite costituzionalmente, siamo sicuri che questi cittadini vivano la presenza della provincia come il luogo ideale, come il pieno soddisfacimento dei propri bisogni? Io credo di no! Vi pare che appunto in questa analisi della situazione attuale quei territori abbiano una marcia di sviluppo in più rispetto agli altri? Io credo di no! È stato fatto riferimento a un forte coinvolgimento dei Comuni, quindi delle comunità locali delle 377 comunità che costituiscono la nostra Regione dicendo che questo è quanto ci viene chiesto, questo proviene in maniera molto forte dal territorio, stiamo facendo ciò che vuole la Regione Sardegna, inteso come appunto comunità locali. Io ho dei dati diversi, ho dei riscontri diversi, ciò che io ho potuto desumere dal territorio in realtà è quello della necessità di una riorganizzazione forte ma che non necessariamente corrisponde a quel nome, i cittadini non richiedono esclusivamente degli ambiti istituzionali, che qualcuno chiama più volgarmente poltrone per il soddisfacimento dei propri bisogni, ci sono realtà provinciali che sappiamo molto bene anche quali sono, che hanno in serbo numerose risorse ma hanno una difficoltà eccezionale a realizzare quelle opere, mi riferisco soprattutto alle manutenzioni strade, che è la grande croce delle nostre comunità, non perché non esista un apparato politico o non perché non esista un apparato istituzionale sul quale chiaramente in termini generali sono d'accordo, in termini di rappresentanza, ma perché non hanno organizzazione, non hanno strutture, non hanno personale e questo problema ci sarà anche nelle prossime province, anche nei prossimi enti, perché non è accompagnato questo provvedimento da un contestuale e fondamentale Piano di riorganizzazione che preveda una ridistribuzione, una riorganizzazione delle risorse umane, delle risorse economiche. Io credo che il grande problema di questo provvedimento sarà questo, e accanto a questo ragionamento non può che farsi riferimento ai termini delle risorse economiche, come dicevo prima. Da dove arriveranno le risorse che popoleranno le nuove province o i nuovi enti, io non vorrei che in maniera più o meno sotterranea più o meno manifesta questa volesse dire che il contenitore, che è sempre quello del fondo unico, viene eroso ulteriormente a svantaggio dei comuni. Perché laddove dovesse essere così, insomma su questo ci batteremo in maniera assolutamente molto forte, vorrà dire che le comunità locali, le comunità le piccole comunità soprattutto, non solo non troveranno beneficio da una fantomatica riorganizzazione diciamo dell'assetto istituzionale come elemento di soddisfacimento dei propri bisogni, ma vedranno ancora più impoverite le proprie comunità. L'impressione che se ne deriva da questo provvedimento è che la maggioranza abbia come voluto disegnare un quadro di alta arte istituzionale contemporanea, ma invece ha realizzato nient'altro che la cornice di questo ipotetico quadro senza che si possa assolutamente immaginarne anche lontanamente il contenuto e gli effetti. Io non credo per questo motivo che tale proposta di legge nella sua unificazione sia l'esito di un illuminato e visionario percorso di riforma, quella grande riforma, quella grande rivoluzione che anche abbiamo evocato ieri parlando di Recovery Plan, non credo che sia un illuminato e visionario percorso di riforma degli enti locali coerente con le esigenze dei territori, io non credo che sia assolutamente questo, cosa che invece sarebbe dovuto essere, cosa che invece per quanto è stato detto avrebbe dovuto caratterizzare questo importantissimo percorso di riforma, anche questo epocale, ma che in realtà non viene fatto dal mio punto di vista nell'interesse dei sardi.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Loi.
È iscritto a parlare il consigliere Michele Cossa. Ne ha facoltà.
COSSA MICHELE (Riformatori Sardi). Grazie Presidente, la nostra posizione sul tema credo che sia sufficientemente nota, non ci sentiamo imbarazzati a esprimerla perché i colleghi della maggioranza sapevano bene che su questo tema non c'era una adesione da parte nostra, rispettiamo naturalmente il parere di chi la pensa diversamente così come rispetteremo la volontà del Consiglio, non potrebbe essere diversamente. Io vorrei cominciare col dire che noi non consideriamo le province il male assoluto, certo le consideriamo un emblema, l'emblema di un ente ormai superato e costoso, e badate quando dico costoso non mi riferisco tanto, perché si tende a banalizzare il tema, al tema delle indennità, che sono irrisorie, i consiglieri delegati della Città metropolitana che sono gli unici in carica non sono materialmente in grado di svolgere il loro ruolo perché non hanno neanche diritto ad un rimborso di benzina, quindi sostanzialmente si devono muovere con i mezzi propri e così sarà, non so se si chiameranno Assessori provinciali, però sarà la stessa situazione. Quindi non è questo, è il fatto che la moltiplicazione dei centri di costo determina automaticamente, fisiologicamente un incremento delle spese. Io temo che si possa creare una sorta di illusione nei territori, l'ha detto qualche collega, che cioè l'istituzione della provincia possa essere la panacea che risolve tutta una serie di problemi. Purtroppo l'esperienza non ci dice questo, non ci dice che le province possono dare un qualche contributo allo sviluppo economico dei territori, la nostra opinione da cui nasce la nostra posizione sulle province è che il quadro istituzionale, un moderno quadro istituzionale, deve essere razionalizzato e semplificato valorizzando al massimo il ruolo di quelle istituzioni, tra virgolette, naturali, così come naturale è la famiglia, che sono i comuni, che devono restare al centro del sistema. Riconosciamo che nel quadro normativo attuale c'è un vulnus, ed è quello che ha detto il collega Antonello Peru nella sua relazione, il vulnus delle funzioni di area vasta, perché non hanno funzionato le Unioni dei Comuni, anzi sono diventati luoghi di conflitto perenne delle rivalità tra i Comuni che ne facevano parte, e questo però richiama la necessità di una generale rivisitazione del sistema degli enti locali sardi. Io devo dare atto, diamo atto come Gruppo all'assessore Quirico Sanna di averci provato, perché l'approccio che ha cercato di avere la Giunta regionale è stato questo, rivediamo il sistema degli enti locali in Sardegna, rivediamo quello che non funziona della legge varata dall'assessore Erriu e in questo quadro ragioniamo anche sulle province. Assessore, gliel'ho già detto privatamente, glielo dico in questa sede, a noi sarebbe piaciuto confrontarci su quel terreno, confrontarci sugli assetti generali del sistema e capire come il sistema nel suo complesso può essere riorganizzato reintroducendo anche le province o qualche provincia che in qualche territorio come la Gallura è un tema molto sentito, perché per la Gallura l'istituzione della provincia rappresenta una sorta di riscatto, si può condividere o non condividere, però è così e ne prendiamo atto. Purtroppo questo, Assessore, non è accaduto, non è stato possibile per dinamiche che sicuramente non dipendono né da lei né dalla Giunta regionale, però, badate, rimane l'amarezza perché la Sardegna poteva fare da battistrada, così come da battistrada sta facendo sul tema dell'insularità, potevamo sperimentare nuovi modelli organizzativi e gestionali, nuove forme di collaborazione tra i comuni, agire per rendere più efficiente e moderno il sistema, che è quello che serve. A tutto questo io credo che noi dobbiamo tenere presente un'ulteriore considerazione che è aggiuntiva, ma non è marginale, quando circa vent'anni fa vennero istituite in Sardegna quattro nuove Province, quindi la Sardegna raddoppio d'emblée il numero delle province, venne considerata una regione canaglia, cioè la Regione sarda contribuì a dare fiato a quel movimento politico culturale che esiste, ed è forte, esiste a livello parlamentare, esiste a livello di grandi giornali, un movimento politico culturale che vede nelle Regioni e in particolare nelle Regioni a Statuto speciale la punta avanzata di un processo di degenerazione nel regionalismo, cioè quella che era ed è stata per la nostra Repubblica, e che io considero una conquista, cioè l'articolazione in Regioni, che è anche una garanzia di solidità del sistema democratico, proprio nel senso che di questo ne hanno dato importanti filosofi della politica, a partire da Tocqueville, è diventato un elemento totalmente negativo, un nido di sprechi, di clientelismo, di tutto quello che di negativo c'è nella pubblica amministrazione. Questa vulgata, fondata in gran parte su un forte pregiudizio, è molto più radicata di quello che si pensi, cioè l'idea che le Regioni, in particolare le Regioni a Statuto speciale, vivano, applichino nell'ambito del proprio ordinamento giuridico dinamiche che sono completamente diverse da quelle che valgono per il resto della pubblica amministrazione. Io suggerisco una riflessione da questo Consiglio regionale, lo faccio con tutto il rispetto che quest'Aula merita, lo faccio sommessamente, siamo sicuri che sia utile per noi, per la nostra autonomia, per la causa del regionalismo, metterci ancora una volta in questa posizione? Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cossa.
È iscritto a parlare il consigliere Fausto Piga. Ne ha facoltà.
PIGA FAUSTO (FdI). Grazie Presidente. Il riordino degli enti locali per la maggioranza rappresenta un punto cardine del nostro programma di governo, di fatto stiamo mantenendo fede agli impegni presi in campagna elettorale, dove non abbiamo neanche mai fatto mistero di voler rivedere il ruolo delle province, ovviamente un ruolo più credibile e in discontinuità col passato. Al di là però di queste premesse, io ritengo anche utile ricordare lo scenario politico, soprattutto nazionale, degli ultimi 10-15 anni, che ha fatto da sfondo all'abolizione delle province, anche per non cadere negli stessi errori del passato. L'idea di abolire le province è figlia di una stagione di anticasta, anti privilegi, antipolitica; la parola d'ordine era "tagliamo, aboliamo, chiudiamo". Una politica apparentemente innovativa, riformista, che partiva dalle piazze, che cercava consenso nella delusione della speranza di cambiamento dei cittadini ma che, come abbiamo visto, per voler cambiare tutto non ha cambiato niente. E ricordiamo le battaglie che facevano da contorno all'abolizione delle province; si parlava della scorta ai politici, la scorta ai politici dovevano essere i cittadini, c'era lo streaming, che doveva essere la massima espressione della trasparenza, mi ricordo le battaglie per le auto blu, i politici dovevano andare con i mezzi pubblici, la politica non doveva neanche essere un mestiere, due mandati e poi bisognava tornare a fare il vecchio lavoro, così come bastava un semplice avviso di garanzia per far dimettere il politico, e poi l'anticasta era anche contraria alle alleanze, no, le chiamavano inciuci per rimanere attaccati al potere e alle poltrone. Ebbene, erano altri tempi rispetto ad ora, passando dalle piazze al Governo tutto è più giustificabile. Ho fatto questa cronostoria non per dare spunti polemici all'Aula, ma semplicemente per ricordare il clima che ha fatto sviluppare il tema per abolire le province; un'idea anche buona, anche ragionevole, nata anche sulle ali di grande entusiasmo, ma forse nata su presupposti sbagliati, quelli dell'antipolitica, che non hanno convinto neanche i cittadini e le vicissitudini referendarie, e ne sono una testimonianza, perché al referendum, quello tutto sardo, i cittadini hanno detto "vogliamo abolire le province", ma subito dopo c'è stata una retromarcia, perché i cittadini al referendum costituzionale, il cosiddetto "referendum Renzi", hanno detto il contrario, hanno detto "non vogliamo abolire le province", quindi anche una risposta forte, che ha messo nuovamente in discussione le province, che malgrado un tentativo di riordino con la legge 2 del 2016 oggi ci troviamo comunque delle province che meritano un correttivo. Quindi indignarsi contro le province può aiutare a sfogarsi, ma il passato ci insegna che per risolvere i problemi non basta urlare "aboliamo, chiudiamo, risparmiamo", ma servono anche delle soluzioni, servono delle soluzioni per permettere alla pubblica amministrazione di lavorare al meglio, e la nostra riforma vuole seguire quel percorso. Quindi l'idea �� partire da un modello conosciuto, che in passato può aver avuto anche le sue criticità, evidenziato magari dei limiti, ma l'obiettivo è partire dai punti di forza e cercare di correggere le debolezze. Il testo che affrontiamo in Aula viene incontro alle giuste rivendicazioni che arrivano dai territori - Sulcis, Medio Campidano, Gallura, Ogliastra -, ma anche da Sassari e anche da quella parte che rimane nel sud Sardegna. E perdonatemi se la mia attenzione si poserà in modo particolare sulla provincia del sud Sardegna; una vera e propria forzatura, una provincia mai decollata, senza identità geografica, senza identità storica, che ha solo complicato la vita di sindaci e delle persone che ci abitano. La provincia del sud Sardegna ha fallito le attese dei cittadini, la provincia del sud Sardegna va abolita, e l'ipotesi che prevede l'ampliamento della Città Metropolitana con il ritorno allo storico perimetro della provincia di Cagliari, io credo che vada nella giusta direzione e sia la naturale conseguenza per rivedere quella scelta frettolosa con la legge numero 2 del 2016, che ha solo alimentato disparità territoriali. La Città metropolitana di Cagliari è una forzatura tutta sarda, è un'anomalia nel panorama delle regioni italiane. In Italia ci sono 14 Città metropolitane, tredici di queste hanno seguito il perimetro storico della provincia che in quel periodo c'era, parlo di Torino, Venezia, Milano, Napoli, Palermo, solo per citarne alcune, in Sardegna invece si è deciso che la provincia di Cagliari non diventasse interamente Città metropolitana ma soltanto 17 comuni, e, credetemi, non c'è nessun parametro che mi convinca, che mi spieghi la validità di questa scelta, nella popolazione, nella superficie, nel numero dei comuni, ma, ripeto, è stata solo una scelta che ha dato solo una disparit�� territoriale. Quindi, confrontiamoci per migliorare il testo, dove è migliorabile, ma non cadiamo nell'errore di trasformare il confronto in una guerra di campanili, egoismi, non mettiamo Città metropolitana contro sud Sardegna e diciassette comuni contro 54, "quel comune si, quel comune no", centri urbani contro arie periferiche o meno densamente popolate, le guerre non servono a nessuno, sarebbe una guerra dove non ci sarebbero vincitori ma tutti sconfitti. Lavoriamo quindi per una coesione territoriale, lavoriamo per garantire uno sviluppo omogeneo anche mettendo in risalto le diversità, diamo risposte positive ai centri urbani ma allo stesso tempo anche alle aree più periferiche e meno densamente popolate, che devono godere di pari dignità e il luogo di residenza non deve essere un disagio. Nel chiudere, Presidente, faccio un appello anche a tutta l'Aula, affinché in questi giorni si possa cercare di ragionare nella parte di normativa che riguarda la fase transitoria per l'ampliamento della Città metropolitana di Cagliari e l'abolizione del sud Sardegna, credo che trattandosi di un ampliamento e non di un nuovo ente, nella fase transitoria occorra garantire continuità amministrativa dell'ente esistente, scongiurando un commissariamento che, tra l'altro, porterebbe dei rischi di ricorsi, impugnazioni, e tra l'altro il tempo insegna anche che i commissari fino ad oggi non hanno sicuramente aiutato a far sì che le province siano efficienti. Credo davvero che sarebbe quindi intelligente, nell'interesse dei cittadini, partire dalle buone pratiche dell'attuale organigramma amministrativo, ben rodato, che ha dimostrato di funzionare, per trasferire competenze e servizi negli altri territori, e a procedere quindi alla costituzione del nuovo organo politico, amministrativo ed elettivo, una volta che si è messo in sicurezza l'ente, sono messe in sicurezza le risorse, il personale, e mettere quindi al servizio dei 71 comuni un rinnovato ente intermedio tra i comuni e le regioni, capace di riconquistare la fiducia dei cittadini. Grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Giuseppe Meloni. Ne ha facoltà.
MELONI GIUSEPPE (PD). Grazie, Presidente. Questo tema è un tema che ovviamente mi tocca da vicino, nel senso che per chi ha avuto modo, fra i colleghi presenti in quest'Aula, in questa Legislatura, di seguire i fatti anche nella precedente legislatura, nella quale è stata approvata la legge numero 2 del 2016, e in coda alla legislatura invece non ha avuto un esito positivo una proposta di legge che pure era passata in Commissione e che intendeva, su mia iniziativa e di altri colleghi, reistituire la provincia, non la chiamammo Gallura, ma del nord est della Sardegna, lo stesso nome che io spero che possa essere attribuito anche in questa legge, e poi spiegherò i motivi magari nel corso dell'articolato, quando arriveremo sul punto. Io non so se questo testo unificato costituisca la legge migliore possibile per il sistema degli enti locali in Sardegna, non ne sono convinto del tutto, debbo dirlo, e nonostante questo so però con chi non sto. Io non sto con coloro, a qualunque parte appartengono di quest'aula e anche fuori da quest'Aula, con coloro che non vogliono cambiare niente, che fanno finta di voler cambiare però non vogliono cambiare niente rispetto all'attuale assetto, che magari non volevano cambiarlo nemmeno nei primi anni Duemila, che hanno subito la situazione che poi si è venuta a creare con la creazione delle nuove province, unitamente alle storiche, e che poi hanno lavorato in modo più o meno noto per tornare allo status quo. Ecco, io non sto con chi vuole lo status quo perché io credo che sia profondamente sbagliato e nelle audizioni che ci sono state in questi mesi, ma io direi rispetto anche nella precedente legislatura, i territori hanno manifestato ben altro. Io credo che quest'Aula non possa restare impassibile rispetto a quanto manifestato ai territori.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAIS MICHELE
(Segue GIUSEPPE MELONI). E i detrattori di questa voglia di cambiamento rispetto all'attuale assetto, argomentano utilizzando in modo abile, sotto certi punti di vista, maldestro sotto altri punti di vista, il fatto che le province non abbiano funzionato a dovere negli ultimi anni. Ci sono vari motivi per i quali le province non hanno funzionato a dovere, io ho ritenuto che in Italia, non solo in Sardegna, ma non solo io ovviamente, immagino che sia un pensiero comune, le province siano state scientemente e lentamente fatte morire per asfissia, cioè si è creato un sistema innanzitutto svuotandole di competenze, funzioni e di risorse umane ed economiche, si è creato un sistema per il quale le province dovessero essere il capro espiatorio di tutte le cose che andavano male nella pubblica amministrazione in Sardegna. Poi le province ci hanno messo del loro, inteso come gli amministratori, sono stato anche amministratore provinciale, ho visto delle cose che mi piacevano, altre cose che mi piacevano meno rispetto all'attività che si svolgeva nelle province. Quindi ci hanno messo del loro e hanno fatto del loro, però non è che in Sardegna non funzionassero solo le province di nuova istituzione, se vogliamo parlare di province che funzionavano malino o che avrebbero dovuto migliorare, allora questa situazione avrebbe dovuto riguardare tutte le province come principio e invece quel referendum sciagurato del 2012, voluto da un Presidente di Regione sostenuto da parti politiche ben individuabili ha determinato la cancellazione solo di quattro province e i sardi son stati ingannati perché sono stati chiamati a votare per la cancellazione di otto province. Ecco, va raccontato il passato perché poi certi errori occorre stare attenti a non ricommetterli, sia per quanto riguarda il funzionamento delle province, sia per quanto riguarda poi l'assetto che noi diamo in legge a queste province. Io credo che ovviamente non posso che essere soddisfatto dal fatto che la proposta di legge numero 6, quella della quale sono primo firmatario, hanno firmato anche il collega Giovanni Satta e successivamente i colleghi Dario Giagoni e Angelo Cocciu, abbia funzionato da pungolo in questa legislatura rispetto all'iniziativa che dovrà essere portata avanti per cambiare l'attuale assetto. Prendo atto, come ho preso atto in coda della precedente legislatura, che in questa Regione, in questo Consiglio regionale funziona il motto, o funzionerebbe il motto: "O tutti o nessuno". Non ci sono distinzioni fra chi è grande, chi è piccolo, chi ha numeri, non ha numeri, chi ha precedenze o non precedenze, funzionano altre logiche dove o tutti o nessuno, questa logica ci è stata nella precedente legislatura e questa logica c'è anche nell'attuale legislatura. Assessore Sanna, lei quando è arrivato in quest'Aula, in Giunta, lei ha subito parlato del fatto che la Gallura sarebbe stata pronta e quindi della necessità intanto di iniziare con la Gallura, mi ricordo delle polemiche che lei ha avuto anche in certi territori, ha dichiarato che in alcuni casi si poteva parlare di meri quartieri di città non ben definite, eccetera, mentre altri territori avrebbero avuto come la Gallura la precedenza perché più maturi, la volontà dei cittadini insomma si era manifestata in modo più eloquente. Io prendo atto che lei ha dovuto prendere atto, lei ha dovuto prendere atto dopo due anni che quello che avete raccontato anche in campagna elettorale in Gallura non corrispondeva al vero e cioè che non c'è un Centrodestra che vuole la provincia in un territorio e un Centro sinistra che non lo vuole, c'è una condizione rispetto alla quale se si vogliono istituire delle nuove province non si può fare solo da una parte, non si può fare solo in un territorio, ma occorre che ci siano degli equilibri e l'equilibrio parrebbe potrebbe essere raggiunto nel Nord Sardegna e nel corso del dibattito poi ovviamente avremo modo di confrontarci su questo, però io ho la rassegna stampa di quello che lei ha detto anche durante la fase della campagna elettorale, mica lo dimentico, non lo dimentico, io ricordo tutto e sono qui a disposizione, mi metto a disposizione dell'Aula e di tutti coloro che hanno assunto questa iniziativa per poter portare avanti questo testo. Questo è il risultato finale, lei ha fatto riferimento adesso con un gesto a parole e quello forse dovrebbe rivolgere a se stesso, perché lei ha parlato tanto in questi due anni e ha fatto poco, tanto è vero che non c'è un'iniziativa della Giunta, questa è una iniziativa del Consiglio regionale e noi oggi stiamo a discutere su un'iniziativa del Consiglio regionale, lei non ha avuto il coraggio di presentare una proposta. È inutile che lei fa così, è lei che ha fatto così, quindi lei non ha avuto il coraggio di presentare una proposta. Però non voglio fare polemica, voglio semplicemente raccontare i fatti come si sono svolti.
PRESIDENTE. Assessore, mi scusi, non interloquisca con il consigliere, lasci intervenire il consigliere.
MELONI GIUSEPPE (PD). Io capisco che è un argomento delicato e l'Assessore può sentirsi toccato e quindi dicevo prendo atto che anche l'Assessore si è adeguato e ha preso atto della situazione che esiste, quindi prima di fare delle dichiarazioni in campagna elettorale o anche dopo la campagna elettorale, bisogna tener conto di qual è la situazione reale, perché poi altrimenti raccontiamo cose che non corrispondono alla realtà. Tornando alle province, io credo che al di là del numero delle Città metropolitane, una, due, confini, che son tutte cose importantissime e ci torneremo nella discussione sull'articolato, io credo che sia importante invece vigilare sul fatto, ed è questo il nodo di quello che dovrà accadere da domani in poi rispetto a questo settore, dovremo vigilare su quello che sono i contenuti e le funzioni che dobbiamo attribuire con certezza alle province e fare in modo che le province possano avere personale, fare in modo che le province possano avere le risorse, altrimenti potremmo farne anche venti di province, potremmo accontentare tutti i territori, potremmo accontentare 60 consiglieri regionali con 60 province, ma il risultato sarà ovviamente quello che ha portato poi gli elettori sardi a cadere nel tranello che è stato loro teso nel 2012, con quel referendum sciagurato.
Io credo che quegli errori non dovremmo ricommetterli, sono a disposizione perché già il testo già da oggi possa andare avanti, ma soprattutto possa andare avanti poi e camminare spedito perché le trappole ci saranno anche nei momenti successivi nel funzionamento. Io credo che poi il giudizio finale più importante sarà quello dei cittadini, se le province funzionano i cittadini saranno contenti, se le province non…
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Giovanni Antonio Satta. Ne ha facoltà.
SATTA GIOVANNI ANTONIO (MISTO). Oggi ci ritroviamo in questa sede per rimettere in sesto un disegno istituzionale che il tentativo di cancellazione delle Province aveva disarticolato, un disegno che lungi dall'essere foriero di crescita di risparmi, di evoluzione per la comunità sarda, ha generato incertezza nell'azione legislativa e amministrativa e soprattutto un decadimento della qualità dei servizi erogati dalle Province in via di smantellamento. Per la soppressione dell'ente provinciale è stata utilizzata la strategia che di solito si pone in essere per le privatizzazioni, si tagliano i fondi, ci si assicura che i servizi non funzionino, si fanno arrabbiare gli utenti cittadini e subito dopo si procede a sopprimere l'ente indesiderato. Questo è quanto è avvenuto, nonostante fosse arcinoto che le province godevano, come godono tuttora, di tutela costituzionale. L'ultimo pronunciamento referendario statale che ne prevedeva la soppressione ha voluto ribadire anche a la classe politica che le Province non possono scomparire dallo scacchiere politico italiano proprio perché munite di tutela costituzionale. Chi in passato ha creduto che si potessero cancellare tutte le Province sarde aveva di certo poca dimestichezza con l'ordinamento degli enti locali. Come si poteva pensare di fare a meno delle Province quando è risaputo che sono innumerevoli le competenze loro affidate dal nostro ordinamento? Ricordo che il testo unico in materia di ambiente è praticamente costruito sulla figura della provincia e di conseguenza attribuisce ad essa una miriade di competenze di fondamentale rilevanza sociale, ambientale, politica ed economica. Competenze che il legislatore aveva attribuito alla Provincia in base al criterio del miglior riparto delle attività fra enti ed evitare sovrapposizioni patologiche di ruoli nello sviluppo delle procedure amministrative. È sotto gli occhi di tutti il vuoto operativo creato in settori essenziali come la scuola e le strade: le prime lasciate nel limbo dell'incompetenza fra enti, pur svolgendo una funzione determinante per la miglior crescita intellettuale delle nostre giovani generazioni; le seconde abbandonate a se stesse, con gravissimi rischi per l'incolumità delle persone e dei veicoli, con negative ripercussioni sulle comunità locali in termini di collegamenti e di crescita economica. Nel giro di pochi anni tutte le realtà territoriali provinciali sono precipitate nella disperazione generata dalla mancanza di risorse e di assenza di tempestività degli interventi. Il legislatore regionale del tempo non si è posto il problema di cosa fanno le Province, ma soprattutto non si è posto il problema di affrontare prima la questione della ripartizione delle competenze, poi dell'eventuale loro riorganizzazione in nuove e diverse strutture o enti. Numerose funzioni e competenze locali sono state negli anni, a seguito di una disordinata produzione normativa, attribuite in modo confuso a Comuni, Province, Consorzi, Distretti, Autorità di bacino, società, istituzioni, aziende speciali, i quali a loro volta hanno addirittura generato altri soggetti giuridici operativi. La soppressione delle Province poteva consentire soltanto ridotti risparmi sui costi diretti e indiretti legati alle attività degli organi di governo, ma le competenze specifiche da loro gestite, non certo quelle attivate in sovrapposizione ad altri, da qualcuno debbono essere pur svolte. I veri sprechi stanno nella sovrapposizione di competenze, nella volontà di tutti di fare di tutto e di più. Il sistema semplicissimo per ridurre la spesa della pubblica amministrazione è un altro, più razionale, se c'è qualcosa da sopprimere è tutto il sottobosco di autorità e di enti sub-regionali, sub provinciali e ad attribuire le competenze direttamente all'ente provinciale. C'è inoltre un'altra questione che vorrei sottoporre all'attenzione di questa Assemblea e che credo sia per la Sardegna di rilevante importanza. Ogni qual volta si trattano di argomenti che riguardano le operazioni amministrative e le ripartizioni si fa riferimento a semplice parametro della popolazione, così un Comune e una Provincia sono definiti piccoli e grandi rispetto alla consistenza demografica, manca invece il riferimento ad un altro dato non secondario: l'estensione del territorio. Il Comune di Milano è grande perché ha una popolazione di 1.400.000 abitanti, Olbia è piccolo perché ha una popolazione di 61.000 abitanti. pochi considerano che Milano ha solo 181 chilometri quadrati di territorio amministrativo, Olbia ne ha ben 383, più del doppio. Conta o non conta questo dato quando si vanno a ripartire i territori in aree amministrative omogenee? Credo che anche questi elementi contino e vadano tenuti in considerazione anche nel riparto territoriale delle aree provinciali. Possiamo noi, mi riferisco a me in particolare, come i miei conterranei del mio territorio, possiamo noi abitanti del Nord-Est risiedere ancora in una provincia, quella di Sassari, che per estensione territoriale è la più grande provincia dello Stato italiano e che ha un'estensione superiore a quella della Regione Liguria, che non solo è una Regione, ma il suo territorio è diviso in ben quattro province. Una moderna e intelligente politica territoriale non può essere sganciata da questi dati, non è possibile fare le traversate del deserto per recarsi nei centri decisionali del potere politico provinciale, solo perché non si ha la lungimiranza di capire che la Sardegna insieme alla Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo, e ha una superficie più grande di molte regioni d'Italia che hanno ben più di quattro enti provinciali, per scelte e motivi a volte inconfessabili. In Sardegna sappiamo tutti come è andata, purtroppo si è trattato di un vero e proprio fallimento politico-amministrativo che ha portato solo conseguenze negative per la Regione, per i sardi e per le diverse comunità isolane. Oggi siamo chiamati a porvi rimedio riprendendo la programmazione già iniziata e bruscamente interrotta nei singoli areali vasti della nostra isola. Penso ad esempio al nord-est dove si è insediata una Provincia che iniziava a muovere i primi passi e a produrre i primi risultati, che ha dovuto rallentare i suoi processi di crescita e di organizzazione territoriale a causa di questa incertezza politica amministrativa interrotta dalla soppressione di quella Provincia. Una Provincia a cui la popolazione del territorio aveva affidato il compito di allestire uno specifico progetto di sviluppo, che doverosamente armonizzato con la programmazione regionale, avrebbe dovuto garantire un livello specifico di organizzazione di crescita di tutte le aree del quadrante meridionale della Sardegna. Il nuovo assetto territoriale proposto con questo DL consentirà e dovrà garantire un'adeguata, intelligente disinteressata azione programmatrice e legislativa di questo Consiglio regionale alle differenti e variate aree provinciali, con la libertà di allestire nuovi ed evoluti scenari di crescita socio economica, mirati a dare risposte concrete ai problemi specifici di tutto il territorio. Allo stesso tempo dobbiamo certificare ai sardi che non è nostra intenzione sostituire il lungo guinzaglio romano con quello cagliaritano. Oggi la percezione della politica "cagliaricentrica" è molto più forte di quanto non si creda nei palazzi regionali. Noi possiamo favorire una stagione di libertà del popolo sardo solo se riusciamo a creare quelle condizioni sinergiche fra la nostra gente e l'Istituzione regionale. Per fare ciò dobbiamo anche organizzare una Sardegna in cui le differenziazioni territoriali dovute alle peculiarità delle diverse contrade siano elementi di arricchimento delle politiche territoriali e culturali, dove si esaltino le specificità e si recuperano le specifiche inclinazioni e vocazioni, dove insomma non ci sia una parte che fa da padrona e una parte che deve morire per disinteresse del decisore politico. Insomma se veramente vogliamo renderci conto l'occasione che ci fornisce la discussione di questo progetto di legge può considerarsi storica e lo sarà se riusciamo a capire che il trasferimento nei territori di competenze e poteri decisionali sarà strumentale ad una crescita generalizzata dell'intera collettività sarda. E per fare questo sarà necessario proseguire nell'opera di trasferimento di poteri nei territori, ad iniziare dai Comuni, per proseguire proprio con le province. E parlo non a caso di poteri e di competenze perché una vera politica autonomistica della Regione proprio dal trasferimento dei poteri e delle competenze. Dobbiamo rompere quelle catene che spingono la Regione a mantenere per sé le competenze amministrative, riservando all'Istituzione regionale la specifica competenza di legislazione. Sarà possibile in quest'ottica accelerare quei processi politici identitari che possono garantire una progressiva emancipazione del popolo sardo verso forme di governo capaci di passare dall'attuale autonomia a forme più specifiche di autogoverno idonee a riservare a questa Assemblea poteri legislativi sempre maggiori, idonei a riorganizzare l'articolazione politica della Sardegna su basi sempre più autonomistiche, mirate a svincolare in misura sempre più decisa il governo della Sardegna dalla pressa politica del potere romano. Saranno questi gli enzimi di una evoluzione politica, sociale ed economica significativa e produttiva, idonea a garantire ai sardi una stagione positiva dove la modernità potrà far coppia con la specificità, con la nostra migliore cultura di popolo forte e coeso, che vede la Sardegna acquisire una nuova articolazione istituzionale grazie anche a questa nuova ricostituzione dell'Istituzione provinciale.
Volevo solo ricordare che ho presentato un emendamento, Presidente, per la modifica del nome "Gallura", proprio perché al nuovo ente parteciperanno con la loro storia, loro la specificità, la Bassa e l'Alta Gallura e con essa parteciperà anche una porzione importante del Monte Acuto, e facendo questo favoriremo anche con lo strumento del referendum la partecipazione di altre aree viciniori e altre confinanti alla Gallura stessa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Salvatore Corrias. Ne ha facoltà.
CORRIAS SALVATORE (PD). Il testo unificato che oggi ci impegna reca ad oggetto le modifiche alla legge n. 2 del 4 febbraio 2016, laddove i legislatori che ci hanno preceduto erano talmente visionari e oggettivi nelle loro valutazioni da essere più realisti del re, tant'è che poi il referendum costituzionale sopraggiunto, di renziana memoria, andò a smentirli. Da allora sono cambiate molte cose, tanto che questo Consiglio regionale oggi, reso partecipe, come bene ha detto il mio collega prima, ha contribuito in maniera opportunamente trasversale a comporre il testo unificato che appunto oggi ci impegna. Anch'io molto modestamente l'11 giugno del 2019 ho depositato una proposta di legge sulla reistituzione della Provincia Ogliastra, che è andata insieme alle altre proposte a comporre il testo odierno. Perché lo feci e perché oggi sono convinto della bontà di quella proposta? Perché lo spirito che ha informato quella mia, quella nostra scelta, la ratio legis se vogliamo, è tale per cui i sindaci, chiamati in audizione dalla Prima Commissione, hanno confermato quei nostri desiderata di legislatori, andando a dire a noi commissari in seno appunto alla Prima Commissione che è assolutamente opportuno e necessario reistituire le Province che vennero, in virtù degli stessi principi democratici, abrogate con il referendum del 2012: la democrazia rappresentativa dei sindaci affidatisi ai legislatori ha fatto giustizia di quella democrazia abrogativa, e per certi riguardi, mi sia consentito, sbrigativa, allora, nonostante la maggioranza dei sardi si sia espressa in quel senso, ma io credo che allora come oggi se si chiedesse agli italiani se vogliono abrogare anche le Regioni, probabilmente darebbero una risposta affermativa anche in questo senso. Quindi la ragione di fondo etica, politica, che ha spinto me ed altri a chiedere l'istituzione della nuova Provincia Ogliastra è stata, ed è tuttora, la necessità di dare un rinnovato impulso amministrativo, istituzionale, sociale e politico finalizzato al rilancio dell'economia dei nostri territori. Non sono uguali i nostri territori dappertutto, io più volte ho parlato delle "Sardegne" di questo quasi continente. All'inizio - bene ha fatto il collega prima a richiamarlo - si parava esclusivamente della causa della Gallura, come se la mia amata Ogliastra fosse un semplice e relegato e periferico quartiere della grande città smeraldina; allora come oggi io non accettai quella presa di posizione perché la ritenevo, come la ritengo tuttora, assolutamente arbitraria, e fu questo che mi spinse a dire "no, contribuiamo anche noi ad un processo di riforma che vogliamo confermare secondo le visioni di chi ci ha preceduto in questo consesso", ed è per questo che ho creduto, e credo, che occorrano nei nostri territori, nelle nostre "Sardegne" del nostro quasi continente, degli enti sovraordinati, sovracomunali, in ambiti territoriali riconoscibili. Guardate, l'Ogliastra, e non vado a menarla su questioni identitarie sulle quali occorrerebbero altre riflessioni, da un punto di vista geografico e geostorico è assolutamente riconoscibile, e se vogliamo da un punto di vista financo identitario. Ma perché occorre il rilancio economico? Bene hanno fatto i sindaci e l'ANCI a ricordare al presidente Solinas che bisogna badare a quel milione di sardi che vive in 3000 paesi su 30 Unioni dei Comuni, che ahimè non hanno funzionato, o per lo meno non hanno funzionato granché, perché a queste Province bisogna assegnare funzioni certe, per servizi attesi e desiderati, che non funzionano: si è già parlato di scuole, di strade, di gestione dell'ambiente, io parlerei anche di altro ma magari lo faremo più avanti nella prosecuzione del dibattito, e parlerei soprattutto e prima di tutto di programmazione a valere sulla strategia 5.8 che ha dato un grande respiro, secondo la visione dei legislatori che ci hanno preceduto, ai territori, e parlo della programmazione territoriale strategica, laddove è stata affidata all'Unione dei Comuni e laddove, ahimè, spesso ha fallito, nonostante la buona volontà di tutti, quella programmazione che io credo vada affidata alle Province.
Io oggi, guardate, nel mio amato territorio soffro, insieme ai Sindaci venuti in audizione presso la Prima Commissione, una condizione che ho sempre definito di drammatica "orfanità istituzionale". Se badiamo alla sanità, c'è una Conferenza sociosanitaria che ci tiene uniti; se guardiamo agli aspetti sociosanitari, ci sono i PLUS, che funzionano, vivaddio; se badiamo alle attività produttive, così sofferenti oggi, ci sono i SUAPE, che spesso funzionano e spesso funzionano a singhiozzo. Si sta dando oggi, dunque, attuazione ed esecuzione a quello che la Costituzione ci chiede all'articolo 114: prossimità, sussidiarietà dinnanzi a quei cittadini, allora scettici e oggi probabilmente più che mai, dinanzi al nostro proponimento odierno che è quello di reistituire le Province, quei cittadini che evidentemente dovremo avere la capacità di convincere, se saremmo in grado di offrire loro una narrazione politica onesta e coerente, finalmente. Però ci sono anche delle criticità, perché se parliamo di programmazione parliamo anche di autonomia finanziaria: è evidente che la norma inserita in questo testo si preoccupa degli amministratori, dei Segretari e dei Revisori, ed è proprio quanto ai nostri concittadini non interessa affatto; io mi preoccuperei di dotazioni certe perché le stesse relazioni degli Assessorati competenti, la stessa relazione della Terza Commissione mette in chiaro l'insostenibilità dell'invarianza finanziaria, mette in chiaro le condizioni acclarate di incertezza finanziaria e organizzativa. Poi un problema reale, lo dico dal fronte della mia amata Ogliastra ma credo che sia altrettanto nelle altre Province vecchie e nuove, non è il problema delle dotazioni organiche e strumentali o immobiliari, che ci sono e che probabilmente bisogna appunto rivitalizzare, il problema è quello della dotazione finanziaria, ed è evidente, e spero che su questo la Giunta e il Consiglio si possano misurare dalla prossima occasione che sarà quella della variazione alla finanziaria, che avete definito tecnica, che abbiamo approvato qualche tempo fa, laddove bisognerà stanziare risorse per le Province redivive, senza toglierle ai Comuni, quei Comuni che hanno subìto negli ultimi anni un taglio dei trasferimenti erariali drammatico, che si attesta sul 43 per cento. Da qui al 2025 c'è una previsione attendibile che vorrebbe per gli enti locali della Sardegna uno stanziamento annuale di 63 milioni: di fatto da qua al 2025 i Comuni della Sardegna andranno ad incassare 10 milioni dallo Stato. Quindi la Regione ha sempre dovuto fare di necessità virtù trasferendo le risorse del Fondo unico, è chiaro che ciò che si darà alle province, voglio dire questo in sostanza, non dovrà essere tolto ai Comuni. E l'altra grande occasione, io su questo invito all'attenzione del Consiglio, perdonatemi destra e sinistra, il Recovery Plan sui grandi assi strategici, sulle grandi missioni, io voglio, vorrei che la Giunta e il Consiglio non lo sottovalutasse nella possibilità che ha di dare risposte ai territori e parlo della missione sulla coesione territoriale; perché le province possono essere luogo istituzionale per la coesione territoriale, per l'equità sociale, per la equiordinazione delle istituzioni. Non voglio che le province, questa è l'altra grande criticità, vengano svilite nella loro capacità di rappresentanza politica, di rappresentatività democratica. Questa norma transitoria deve essere transitoria davvero, si vada a elezioni di secondo livello, se non si può fare altrimenti, ricordo all'Assemblea che noi abbiamo depositato una proposta di legge nazionale che ci porti alle elezioni di primo livello, altrimenti non ci stiamo ai commissariamenti perpetui, all'assegnazione dei boiardi di corte per i marchesati rinnovati da voi, qua voglio essere molto critico, e questa sarà una grande delusione per i cittadini, sarà l'ennesima delusione della quale noi, lo dico finora, non intendiamo farci carico. Se invece ci saranno risorse certe per le province e chiarite e narrate in maniera onesta ai cittadini, affidati alle persone giuste e non ai vostri boiardi, allora questa riforma sarà il preludio di quella rivoluzione che ieri il governatore Solinas richiamava, altrimenti non sarà né riforma né rivoluzione ma sarà l'ennesima delusione per i sardi, grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Alessandro Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ALESSANDRO (M5S). Grazie Presidente, sarò breve sia perché è difficile eguagliare anche i contenuti che ha portato il collega Corrias, che sottoscrivo, con cui mi complimento sia perché molte cose sono state dette, sia per il modo in cui questa tematica è stata portata, sarebbe dare eccessiva dignità a un tema che per il modo in cui è stato portato, ripeto, dignità non merita. Si è parlato di riforma degli enti locali ma riforma non è. Forse potrebbe dirsi una mera restaurazione, va bene fare un excursus storico per quanto riguarda le province in Sardegna, perché evidentemente alcuni colleghi non si sono neanche presi la briga di leggere il file di Wikipedia, senza andare a scomodare le enciclopedie. Perché ad un referendum del 2012 dove i Sardi si sono espressi in maniera nettamente contraria alle province, è seguito poi un referendum nazionale dove noi del Movimento 5 Stelle abbiamo promosso il no! Quindi, collega, se vogliamo, e mi riferisco al collega Piga il cui intervento mi sono auto inflitto la violenza di ascoltare integralmente, se noi vogliamo vederla nel modo capzioso in cui lei l'ha portata, noi siamo i paladini delle province, le abbiamo difese, le abbiamo salvate noi, però questa è un'altra storia. Mi piace ogni tanto vedere la realtà nel modo in cui voi che adesso a Roma fate l'opposizione ce la proponete e la ringrazio.
Nessuno qui ha mai negato la necessità dell'esistenza di enti intermedi, però il tema non si è mai rivolto a quali tipologie di enti, almeno nel momento in cui siamo entrati qui, e le province sono diventati da subito oggetto del dibattito all'interno della Prima Commissione, dove io come il collega Corrias, il collega Zedda, il collega Deriu, il collega Loi sediamo come membri dell'opposizione, si è parlato da subito di restaurazione delle province, senza parlare di nuovi contenuti e nuove prerogative, anzi auspicando in tutti i modi possibili il ritorno al passato. L'esperienza delle Unioni dei Comuni si è detta fallita, e secondo me la definizione è ingenerosa per chi? Per coloro tra i tanti amministratori locali che nell'Unione dei Comuni si sono impegnati per farle funzionare senza risorse, senza personale cosa che non hanno mai avuto e che per forza di cose hanno causato in molti casi l'impossibilità di portare avanti dei progetti, che diversamente, qualora questi enti fossero stati adeguatamente dotati, avrebbero magari creato un'evoluzione diversa dell'utilità, non solo effettiva ma anche dell'utilità percepita da parte del pubblico e magari anche da parte della politica. E non cambierà nulla rispetto al presunto fallimento delle Unioni dei Comuni se le restituende province non verranno dotate adeguatamente, è già stato detto da tutti i colleghi che sono intervenuti prima di me, è necessario, è indispensabile che le province ricevano un'adeguata dotazione economica, qualora reistituite. Perché diversamente andranno solamente a sottrarre quelle poche risorse già esistenti per gli altri enti locali, che ad oggi già fanno tanta fatica a far quadrare i bilanci. Ed è evidente che questa non sia la vostra volontà, dato che l'unica previsione di spesa che questa legge porta è quella per gli amministratori, gli amministratori straordinari, tutte le figure necessarie per poter proseguire con quella che io temo, e che già è stata prospettata, come un commissariamento perpetuo che rientra anche pienamente nel vostro stile. Si è detto che questa legge risponde alle esigenze dei territori, questa legge non prende minimamente in considerazione le esigenze dei territori per quanto già detto.
Abbiamo fatto tante audizioni con tanti amministratori locali, audizioni dove poi quasi sempre succedeva che c'eravamo noi consiglieri di opposizione e i consiglieri di maggioranza, quasi mai si presentavano anzi abbiamo retto il moccolo molte volte, con gli amministratori del territorio che voi facevate venire in Commissione dove poi non vi presentavate. Loro non chiedevano province, loro chiedevano servizi, certo è che se la forza di maggioranza gli presenta il ritorno dei servizi sul territorio col nome provincia è normale che chiedano provincia, qualsiasi nome gli si dia, loro hanno bisogno di servizi, hanno bisogno di enti che si sobbarchino effettivamente, prerogative che loro non possono sostenere con le risorse economiche ed umane che gli enti che loro guidano, con grande fatica tante responsabilità, tanti oneri e pochi onori purtroppo, devono portare avanti.
Che questa legge poi sia gradita ai territori qualche dubbio me lo crea anche le rimostranze fatte a giochi ormai chiusi da parte del sindaco metropolitano di Cagliari il quale è riuscito ad avere un'audizione, che ha ricevuto una risposta quantomeno sgarbata direi, da parte degli stessi membri della maggioranza di cui lui fino a poco tempo fa faceva parte, ed effetti che il sindaco metropolitano ha prospettato che nel momento in cui si presenteranno, ed evidentemente non sono stati minimamente presi in considerazione da quasi nessuno di voi, si riveleranno dannosi, forse anche devastanti, per un sistema di città metropolitana che se verrà allargato in quel modo probabilmente di città metropolitana avrà solo il nome. Alla gente non interessa come gli amministratori locali avere altri organi politici, non serve a nulla, serve solo alla politica avere altri organi politici in questo caso, dove ci saranno ovviamente l'Assessore provinciale che distribuirà le prebende per la sagra del melone, per la sagra del cardo, per tutte quelle cose che servivano solo ed esclusivamente a costruirsi il consenso per poi diventare consigliere regionale magari. Che sia giusto, che sia sbagliato non lo so. Comunque i cittadini hanno bisogno, lo ripeto, di servizi, e questa finta riforma, perché di finta riforma si tratta, io la definisco restaurazione, perché così è, ai fasti di un passato al quale potevamo tranquillamente non tornare, servizi sui territori non ne porta alcuno. Però si colloca, questo va detto, perfettamente nella vostra azione politica miope, fatta di proclami, Assessore, slogan che avvengono sempre prontamente disattesi. Rimarranno i problemi rimarranno, le strade distrutte da sembrare bombardate, rimarranno le erbe che non verranno sfalciate a bordo strada, rimarranno tutti i problemi dati dal fatto, e lo ripeto nuovamente, perché questo è il fulcro del discorso, dal fatto che queste restituende province non avranno i soldi per poter adempiere ai compiti che sono loro attribuiti. Non arriverà nulla, nulla di nuovo. State svilendo anche in questo modo la sacrosanta battaglia per l'autodeterminazione di ogni territorio dove siete andati a proporre il ritorno delle province come una rivoluzione, portando questa battaglia sull'unico piano che conoscete, ovvero quello dei proclami, delle leggi vuote, scritte male ed applicate per loro stessa natura ancora peggio. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Solinas. Io direi che possiamo fare ora la pausa e riprendere alle ore 15 e 30. La seduta è tolta e i lavori sono aggiornati a questo pomeriggio alle ore 15 e 30.
La seduta è tolta alle ore 13 e 37.