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Resoconto della seduta n. 312 del 23/07/1998

CCCXII SEDUTA

(Pomeridiana)

Giovedì 23 Luglio 1998

Presidenza del Vicepresidente Milia

indi

del Presidente Selis

La seduta è aperta alle ore 17 e 05.

PIRAS, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del martedì 21 luglio 1998 (308), che è approvato.

Continuazione della discussione abbinata delle mozioni CUGINI - VASSALLO - GHIRRA - SASSU - ZUCCA - USAI Pietro - BERRIA - DETTORI Ivana - CONCAS - MONTIS - ARESU sulla privatizzazione del Banco di Sardegna (159) e PITTALIS - BONESU - MASALA - AMADU - MANUNZA - USAI Edoardo - SANNA NIVOLI - SERRENTI - BALLETTO - CASU - BIGGIO sulla situazione del credito in Sardegna (161)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 154.

E` iscritto a parlare il consigliere Vassallo. Ne ha facoltà.

VASSALLO (R.C.-Progr.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito promosso attraverso le tre mozioni presentate mi è parso opportuno e forse addirittura doveroso; doveroso dopo le prese di posizione praticamente di tutte le forze politiche presenti in questo Consiglio e non solo, che avevano preceduto lo scontro tra la Fondazione e il Banco di Sardegna. Abbiamo visto comunicati, interviste televisive e prese di posizione varie, con una articolazione ampiamente variegata all'interno delle stesse forze politiche presenti in questo Consiglio.

Abbiamo notato interpretazioni tra le più diverse sulle prerogative di questo Consiglio e delle Commissioni, della stessa Giunta, del Consiglio di amministrazione del Banco e di quello della Fondazione. Abbiamo constatato che è avvenuto un confronto talvolta a distanza che penso non abbia permesso nei fatti un'analisi asettica rispetto allo scontro che era in atto tra la banca e l'azionista. Questo fatto non è di sicuro positivo e non è stato positivo perché penso che abbia limitato le stesse prerogative delle forze politiche e la stessa possibilità tra esse di avere veramente un confronto di merito sulle questioni che si stavano disvolgendo.

Lo stesso operato della stessa Commissione Terza Programmazione e Bilancio quando alcuni commissari hanno proposto che la stessa Commissione entrasse nel merito nelle vicende allora in corso, noi abbiamo ritenuto (noi come Gruppo di Rifondazione) che ci stessimo spingendo troppo in là; e ci stavamo spingendo troppo in là rispetto alle nostre conoscenze, di sicuro alle mie. Poi, se altri avevano informazioni da altri soggetti e da altre fonti non lo so, ma rispetto alle mie di sicuro, e per cui non ho partecipato alla approvazione di quella risoluzione della Terza Commissione. In quel momento, così come veniva formulata, non solo determinava un indirizzo di per sé legittimo e talvolta anche doveroso, ma propendeva per una scelta di campo a favore del Consiglio di amministrazione della banca stessa e, mettendo nei fatti in mora, di converso, l'operato della Fondazione, perché questo è in effetti quello che stava avvenendo. Vedete, noi non siamo particolarmente affezionanti né agli uni né agli altri, abbiamo cercato di valutare asetticamente una questione di per sé molto complessa e degli interessi posti in campo, interessi veramente notevoli; e non abbiamo trovato nulla nel merito politico che garantisse primo le prerogative e gli interessi dell'azionista, fatto di per sé comunque doveroso perché l'azionista, colui che detiene le azioni, ritengo a prescindere da tutto che abbia quel dovere di indirizzo e di controllo che ad ogni azionista spetta; quelli dell'azionariato diffuso e quelli soprattutto, a mio avviso, degli utenti, dei clienti della banca, soprattutto rispetto al ruolo che la stessa dovrebbe - a nostro avviso - svolgere nel sostegno nel mondo economico imprenditoriale della nostra Sardegna.

In quest'aula tutte le forze politiche, nessuna esclusa, in varie sedi, in varie occasioni e in vari convegni, si sono rilevate in più occasioni voci di denuncia e sono venute a più riprese rispetto al sistema creditizio della nostra Sardegna, e in modo particolare, quando parlavamo del sistema creditizio sardo parlavamo del Banco di Sardegna, perché è quello che in Sardegna mantiene una posizione predominante, una posizione importante rispetto al tessuto di sportelli che è riuscito a creare nella nostra Isola, e rispetto alle funzioni che esso stesso svolge.

Molti affermavano all'unisono, nel senso che non sentivo poi voci dissenzienti, che eravamo di fronte a tassi di interesse dell'usura, che eravamo di fronte ad una banca che non teneva nella dovuta considerazione interessi economici - sociali della nostra stessa Isola.

Fermo restando che queste considerazioni non è che sono state fatte ieri e possono essere cancellate oggi, chi le faceva ieri penso che fosse convinto di ciò che dicesse, ma a prescindere da questo noi abbiamo cercato di capire e di comprendere soprattutto che cosa determinava quella grande operazione del Consiglio di amministrazione del Banco; forse questa operazione garantiva o cambiava questo stato di cose? Non c'è sembrato, sinceramente non c'è sembrato! Abbiamo compreso che si trattava di una grande operazione di tipo economico - finanziario, che portava e puntava a portare nelle casse una grossa mole di denaro, si è parlato di cinquecento miliardi, si è parlato che con questa grande mole di denaro si dovevano fare investimenti nel nord Italia per rilevare una serie di sportelli.

Si è parlato di una operazione di stabilizzazione della stessa banca e di rafforzamento della banca in sé stessa, e nulla abbiamo visto rispetto a queste dichiarazioni di per sé legittime ed anche, in qualche caso, molte volte, doverose, perché è un fatto di per sé non negativo che una banca abbia la facoltà di rafforzarsi anche attraverso l'aumento del proprio capitale sociale, ma abbiamo visto che questa azione non provocava nient'altro, nel senso che non abbiamo visto un riscontro positivo rispetto agli interessi dell'economia sarda e degli interessi che questa banca doveva svolgere nel tessuto sociale - economico della nostra Regione.

Per cui ritengo che oggi, anche in virtù del fatto che alcune cose, alcuni momenti sono.., il tempo ha modificato anche lo stato delle cose, nel senso che qualche cosa è avvenuta, dal momento stesso che è stata fatta la risoluzione ad oggi, questo dibattito deve avere la capacità di fare sintesi politica, con una volontà di riappropriarci di una volontà che può essere - a mio avviso - comune rispetto a quegli interessi più volte poc'anzi citati e più volte da noi ribaditi un po' da tutti quanti e da tutte le forze politiche qua presenti. E quali sono questi interessi comuni?

Quello che il nostro sistema bancario deve sostenere adeguatamente il nostro sistema economico; quello che si rafforzi la sua presenza e con esso i livelli occupativi presenti, perché la stessa operazione che si stava ponendo in essere, le stesse dichiarazioni dei sindacati e dei bancari, l'abbiamo letta e l'abbiamo vista ed abbiamo avuto modo anche di confrontarci che molti dubbi ponevano loro stessi sulla stessa operazione che veniva ritenuta una semplice operazione finanziaria che non teneva conto del tessuto sociale in cui la banca opera, e di una logica che non teneva conto degli interessi globali del Gruppo, per cui di un rafforzamento del ruolo del Gruppo nella stessa Isola.

Per cui per questo, a mio avviso, è necessario rispondere, se è necessario così come tutti ritengono e così come le stesse direttive nazionali impongono, direttive su cui noi come partito abbiamo sollevato una serie di perplessità, però, le direttive sono passate e sono qua presenti, le banche si devono a tali direttive conformare, si operi pure attraverso quelle direttive, attraverso una privatizzazione, e lo si faccia però nella chiarezza, lo si faccia con la partecipazione dell'azionista di riferimento, che è la fondazione del Banco di Sardegna. Lo si faccia agevolando l'azionariato diffuso, in modo che quell'azionariato diffuso possa esercitare quel controllo democratico che in Sardegna, soprattutto su una banca che detiene praticamente il monopolio in un sistema, possa risultare veramente confacente agli stessi interessi degli azionisti.

Per cui riprendiamoci e riappropriamoci di una volontà comune, quella che questo sistema bancario sia veramente al servizio dei sardi e non al servizio di pochi. Si dice che è attraverso le privatizzazioni che si possono ottenere risultati concreti e soprattutto risultati che possono permettere al sistema economico, ed anche al sistema economico bancario, di rimanere nel mercato. E` chiaro, la logica della globalizzazione, peraltro ormai da tutti sostenuta, ha portato a questo stato di cose, per cui la privatizzazione sarà un fatto imprescindibile, non soltanto perché non pone una norma legislativa ma perché è un po' nello stato delle cose.

Questo fatto però, a mio avviso, non può prescindere (lo voglio ripetere) da quelli che sono gli interessi dei sardi. La fondazione, qualcuno ha detto: chi è la fondazione? Sono quelli che rappresentano la Regione, il Tesoro, ma forse la Regione non è il tessuto economico e sociale? Lo Stato forse non viene rappresentato, non dovrebbe e non rappresenta la collettività in generale? Allora, perché attraverso la privatizzazione, qualcuno si scandalizza, non bisogna che la stessa fondazione ne possa ricavare il massimo utile e consentito, per cui il massimo vantaggio? Perché la disciplina prevede che le fondazioni, attraverso questi vantaggi che dovrebbero essere ricavati dalla vendita, dalla messa sul campo delle loro azioni possano ricavarne un patrimonio che può essere utilmente rinvestito per sostenere quel tessuto sociale che per certi versi in Sardegna risulta ampiamente compromesso ed è di sicuro degradato. Per cui la necessità nostra, la necessità di questo Consiglio, è quella di dare indirizzi di carattere generale per arrivare a raggiungere questi obiettivi, per cui l'obiettivo di ricavare il massimo possibile per essere rinvestito in un tessuto sociale degradato, un'azione politica nei confronti dei rappresentanti della fondazione che non garantiscono più soltanto un controllo di tipo puramente simbolico, ma che sia un controllo che dia indirizzi, perché la banca oltre che fare utili, cosa doverosa perché se vuole stare sul mercato deve fare anche utili, però, pensi anche agli interessi dei sardi e soprattutto negli interessi degli operatori economici che in questa Sardegna vivono e lavorano e senza il sostegno del sistema bancario di sicuro non potranno altro che morire, così come in passato è successo e anche nel presente molte volte succede perché la banca molte volte decide la vita di uno e la morte di un altro.

Questi fatti non devono più avvenire. Il nostro ruolo è quello di garantire massima trasparenza e massimo interesse nell'intervento di questo tessuto economico - sociale, perché se questo va avanti non soltanto la banca avrà l'opportunità di fare ulteriori affari e ulteriori utili, ma soprattutto avrà anche l'opportunità di fare quell'azione sociale che possa permettere l'aumento dei livelli occupativi e il rafforzamento del nostro sistema economico e sociale.

PRESIDENTE. E` iscritto a parlare il consigliere Bonesu. Ne ha facoltà.

BONESU (P.S. d'Az.). Signor Presidente e onorevoli colleghi, qualcuno come l'onorevole Ghirra, ha detto questa mattina che la politica deve stare fuori dalle banche. Non so se, dopo le ultime vicende, lo dicesse convinto visto che proprio dalla sua parte politica probabilmente questo assioma non è molto sostenuto nella pratica. Però, io dico che il concetto è profondamente erroneo, perché la politica non può stare fuori dalle banche, perché il credito in Sardegna è un elemento del sottosviluppo economico ed è un elemento molto forte; nel momento in cui l'operatore in Sardegna paga il denaro il 2 o il 3 per cento in media superiore a quello che lo paga un altro operatore nelle stesse condizioni in un'altra Regione non possiamo sottovalutare l'incidenza del fenomeno. Molto spesso stiamo a discutere tra di noi e magari con l'Unione Europea di dare la possibilità di mutui agevolati. Noi li diamo agevolati, ma il sistema bancario provvede a disagevolarli con un incremento dei tassi di interesse.

Sta di fatto che in Sardegna, per un problema di interpretazione statutaria, non abbiamo mai potuto fare una seria politica del credito, perché le attribuzioni in materia di credito conferite alla Regione sono state poi svuotate da un'interpretazione, come al solito nostra nemica, da parte della Corte Costituzionale, per cui la legge che il Consiglio regionale aveva approvato è stata dichiarata illegittima ed effettivamente la Regione in materia di credito viene ad essere quando parla un profeta disarmato e quando non parla proprio una nullità.

Ma effettivamente al sistema giuridico si è contrapposto un sistema di fatto che ha visto la Regione in gran parte titolare di poteri nelle due banche principali. Nel Banco di Sardegna vi è un potere sulla nomina del presidente, concorrente chiaramente col potere del Tesoro, che va concertato, vi è un potere di nomina di quattro consiglieri di amministrazione, ed anche qua con un filtro del Tesoro; nel CIS la Regione aveva e ha una grossa partecipazione, anche se oggi non è più la partecipazione di controllo. Per cui in un sistema in cui la Regione non ha effettivamente grossi poteri pubblicistici, la Regione come titolare di poteri privatistici o comunque di poteri nell'ordinamento di quella banca ha effettivamente un potere rilevante.

Però, vi è da rilevare che questo potere è stato esercitato dalla Regione sempre al di fuori di una politica del credito che avesse una qualche sincronia con le politiche generali della Regione, e questi posti nei consigli di amministrazione delle banche sono stati utilizzati più come strumento di sottogoverno che come strumento di governo. Credo che lo scandalizzarsi oggi su certe pressioni politiche nelle banche sia un po' fuori luogo, perché effettivamente scandalizza l'uso a fini di parte e al di fuori di finalità politiche di queste posizioni di potere della Regione, però, non c'è niente sostanzialmente di nuovo: la gestione del credito in Sardegna continua ad essere gestita con molta discrezione(?) dalla Regione, che invece ha molto interesse sui personaggi che la gestiscono. A un vuoto politico si è accompagnato sempre un grande interesse per i consigli di amministrazione.

La mozione di cui sono firmatario non è una mozione sul Banco di Sardegna, il dibattito invece oggi si è sviluppato in gran parte sul Banco di Sardegna. E' una mozione sul credito, perché il problema che la comunità sarda ha è il problema del credito e non il problema del Banco di Sardegna e dei litigi tra la Fondazione e il Consiglio di amministrazione del Banco. Il problema è quello del credito. Chiaramente il Banco di Sardegna ha una posizione predominante perché sul mercato dei crediti in Sardegna non è più quasi totalitario, ma comunque rappresenta per lo meno il 60 per cento. E` un 60 per cento che manca sempre più della polpa, le città, i clienti buoni, è un 60 per cento che però comprende il prezzo, che è monopolio, di tutte le zone rurali. Banco di Sardegna ovunque nell'Isola con le casse comunali di credito agrario che non si vogliono trasformare, con una penetrazione capillare, con una posizione monopolistica o semimonopolistica nel credito agrario e nelle altre forme di credito agevolate della Regione. Per cui, effettivamente, il Banco di Sardegna assume una posizione di rilievo oggettivo, e non solo soggettivo come è stato attribuito in questo dibattito; ma, io ricordo che il problema del CIS non è meno influente sulla vicenda del credito in Sardegna. Un istituto in profonda crisi finanziaria e gestionale che cerca di rilanciarsi come banca universale, ma che viene tarpato in questa sua aspirazione anche da voti del Consiglio regionale, e corriamo il rischio se il Tesoro cede l'intera sua partecipazione ad una banca privata di essere una succursale sarda di interessi altrui che stanno oltre il mare. Questo è un pericolo, e anche là credo che l'attenzione del Consiglio regionale e della Regione nel suo complesso debba esplicarsi. Ma, tornando anche al Banco di Sardegna, anche il Banco di Sardegna ha le sue carenze, non solo sotto il profilo dell'organizzazione interna in banca che realizza notevoli diseconomie, non solo il voler mantenere ad ogni costo una rete di sportelli anziché favorire magari la nascita di banche cooperative nelle zone rurali, riservandosi magari un ruolo di grande protettore di queste banche. In altre zone d'Italia fenomeni del genere esistono. Ma anche per esempio l'operazione Banca Popolare di Sassari dobbiamo ricordarci che è stata un'operazione contro gli interessi dei sardi, un'operazione di tipo politico, perché anche là si è puntato ad acquisire posizione di potere, anziché fare politica del credito, con connivenze romane 22 mila soci sono stati spogliati della loro proprietà, e sono stati spogliati in un modo che direi truffaldino, perché anche da parte degli organi di vigilanza c'è stata una accentuazione delle difficoltà di quella banca, difficoltà che erano sicuramente minori e con lo stesso criterio credo che dovrebbero essere commissariati ed assorbiti da altro istituto sia il Banco di Sardegna e sia il Cis non sono certamente in situazione migliore di quella in cui era la Banca Popolare di Sassari. Intorno al credito si stanno giocando delle partite che nulla hanno a che fare con l'effettiva situazione del credito e delle banche.

Credo che si giochi una grossa partita di potere, il credito in Sardegna significa potere e la gente che viene magari ad accamparsi sotto il palazzo del Consiglio regionale può essere salvata, al di là delle buone tecniche di gestione bancaria, da una volontà di qualcuno che può; in Sardegna finora le cose sono andate in questo modo ed infatti è difficile anche convincere la gente che la banca ha determinate regole, perché finora il credito anche a sproposito, anche senza garanzie e non solo garanzie materiali ma anche garanzie sulle capacità imprenditoriali, è stato dato in gran parte per protezioni politiche e forse le cose oggi sono cambiate, e la gente però non si abitua e magari si accampa sotto il palazzo del Consiglio regionale chiedendo che i politici intervengano a salvare la loro azienda. E` una partita di potere che interessa; interessa ad un anno dalle elezioni regionali e questa mattina abbiamo sentito la grande colpa di Idda, che non è quella di aver fatto un piano di privatizzazione che può essere discutibile, e no, il consigliere Ghirra ha detto chiaramente che Idda non doveva stare a quel posto perché era vecchio e democristiano, altro che non ingerenza della politica nelle banche, mi sembra proprio che la discriminazione che è stata fatta è proprio una discriminazione di natura politica. Praticamente Ghirra ha detto in modo chiaro quello che tutti avevano già capito, via il vecchio sistema di potere, largo al sistema nuovo, che poi l'onorevole Falconi cerchi di giustificarlo io lo capisco e parte anche da una dichiarazione che ha tutto il suo fondamento, chi ha avuto il voto popolare deve gestire non solo l'amministrazione diretta ma anche quella indiretta e il sistema bancario in Sardegna bene o male fa parte dell'amministrazione indiretta, però il discorso dell'onorevole Falconi soffre di un grave problema che poi, si scontrerà con i numeri, e in questo Consiglio regionale si è già scontrato con i numeri; perché chi ha il 18 per cento dei voti non può pensare di avere il cento per cento del potere, prima il P.D.S. ha sostenuto che siamo in un sistema bipolare, c'è chi governa e c'è chi sta all'opposizione. Quando il P.D.S. non aveva questa forza, era invece sulla cogestione, sulla necessità di collaborare; quando il maggior numero di voti lo aveva la Democrazia Cristiana, il P.C.I. allora si preoccupava di avere comunque una fettina di potere, diceva che l'opposizione ha funzioni di controllo, che siccome rappresenta forze sociali deve collaborare, eccetera. Oggi niente spazio all'opposizione. Poi si inizia con non dare spazi agli alleati piccoli, perché sono piccoli e neri. Magari poi si fa qualche eccezione, ma per qualcuno che può vantare meriti, come l'essere stato segretario amministrativo del P.C.I., è chiaro che questi sono titoli indiscutibili in certi ambienti. E poi si inizia a negare alle opposizioni i poteri, anche agli alleati forti, contando, forse erroneamente, di poterne fare a meno, o comunque di umiliarli, per cui tutta l'operazione non verte su quel progetto di privatizzazione - su cui poi tornerò - verte sul fatto che Idda e il suo Consiglio di amministrazione, in cui c'era soltanto, su dodici, un esponente del P.D.S., non poteva restare e gestire il periodo delle elezioni regionali, occorreva anticipare, procedere ad un rinnovo, in questo momento in cui gli equilibri possono essere ben diversi.

Chiaramente, qualcuno stamattina ha detto che il dibattito oggi è inutile perché sono sopravvenuti nuovi fatti; ma siccome non mi risulta che il Banco di Sardegna abbia aumentato il capitale, abbia rafforzato la propria capacità operativa, l'unico fatto nuovo è che Idda ha dato le dimissioni. Ma, signori cari, Idda può dare le dimissioni, essere sostituito, il problema del Banco di Sardegna non è certamente risolto dal fatto che un esponente del P.D.S. vada a sedere sulla poltrona del professor Idda, vecchio e democristiano. Il problema del Banco di Sardegna resta quello che era, cioè di una banca che ha necessità di espandersi. Il grosso limite del Banco di Sardegna è paradossalmente essere strettamente legato al mercato sardo, alla parte meno remunerativa del mercato sardo, per cui il Banco di Sardegna, se vuol competere con le altre banche, deve diversificare l'attività ed aprirsi ad altri mercati, avere reti di vendita, reti di sportelli in altre regioni. Questo bene o male cercava di fare il piano di privatizzazione. La Fondazione, con speciosi pretesti, l'ha bloccato. Il pretesto specioso è che la Fondazione sostiene che la privatizzazione debba avvenire con cessione di quote in possesso della Fondazione. Ma, scusate, il Banco di Sardegna non ha soltanto bisogno che entrino altri soci, il che migliorerebbe la situazione gestionale sotto il profilo della capacità manageriale, delle professionalità, eccetera, ma ha bisogno di espandersi, ha bisogno di crescere, ha bisogno di avere nuovi capitali. La quota della Fondazione del Banco di Sardegna, Fondazione del Banco di Sardegna nel Banco stesso, può diminuire non solo per cessione delle quote a privati, ma anche per aumento del capitale. Se il capitale venisse triplicato, la quota è chiaro che percentualmente diminuisce ad un terzo; per cui, effettivamente, i principi che il Governo e il Parlamento vanno enunciando dei rapporti tra Fondazione e Banco possono essere perseguiti sia con lo strumento della cessione di quote - ma questo non migliora la situazione del Banco - sia con lo strumento dell'ampliamento del capitale del Banco, che migliora l'efficienza del Banco e non diminuisce certamente il valore delle quote di fondazione, anzi, in un banco che è più redditizio, queste quote aumenteranno di valore, se immesse nel mercato azionario, e quindi la fondazione ne potrà trarne, se decidesse di cedere, un plusvalore, nell'interesse appunto della comunità sarda di cui la Fondazione bene o male amministra una parte di patrimonio; per cui il discorso è specioso, non è stato posto un contropiano al piano proposto dal Consiglio di amministrazione del Banco. No, si è voluto puntare sulla bocciatura e l'eliminazione del Consiglio di amministrazione del Banco, ma i problemi del Banco restano quelli che erano, anzi si sono aggravati di fronte ad una mossa, da parte del principale azionista, assolutamente inconsulta e dettata da logiche che non sono né imprenditoriali, né da quelle logiche sociali, che rappresentanti di un'istituzione come la Regione Sarda, il Ministero del Tesoro e le Camere di Commercio, dovrebbero perseguire.

In tutto questo quadro, presidente Palomba, quello che ci ha profondamente deluso, ma non ci ha, purtroppo dolorosamente stupito, è il silenzio della Giunta regionale. Questi sono rappresentanti designati dal Presidente della Giunta regionale, dovrebbero perseguire gli interessi della Regione, e invece si sono accodati ad interessi che non sono certamente quelli del Banco e della comunità regionale, si sono prestati a logiche che erano di partito, che erano di corrente; ricordiamo per esempio le polemiche sulla nomina di un esponente di Federazione Democratica nel Consiglio di amministrazione della Fondazione. Le direttive a questa gente, se non le vuol dare il Presidente della Regione, gliele dà sicuramente altra gente, e gliele ha date. Effettivamente queste direttive hanno avuto seguito, ma siccome i rappresentanti pubblici dovrebbero ubbidire a direttive pubbliche, io credo che il Consiglio faccia bene a riaffermare il proprio diritto e dovere di dare direttive a tutti quanti rappresentano la Regione in tutte le istituzioni, e in particolare, in questo momento, ai rappresentanti della Regione nel Consiglio di amministrazione della Fondazione, anzi, la nostra mozione dice di dare direttive analoghe, ovviamente cambiando il quadro di riferimento anche ai consiglieri di amministrazione di nomina regionale nel C.I.S., perché anche il problema del C.I.S. è un problema di aumento di capitale, di diversificazione dei mercati, di istituzione bancaria che deve restare sarda. I problemi non sono diversi; quindi queste direttive vanno bene, pur nel diverso quadro istituzionale, nell'una e nell'altra banca, e poi dobbiamo deciderci a fare politica bancaria, promuovendo chiaramente l'imprenditorialità privata; finalmente c'è un movimento verso la creazione di banche cooperative, non possiamo tacere di dire la nostra sulla ex Banca Popolare di Sassari, che ha perso l'andatura di banca cooperativa, e non è diventata un bel niente, perché è diventata uno strumento aggiuntivo di un Banco di Sardegna che ha già una predominanza sulla parte povera del mercato regionale.

Credo che tutto questo sia nella mozione, per cui i consiglieri, se hanno capacità di uscire dagli schemi dei posti di potere, dei tentativi dei partiti di impadronirsene, dei tentativi delle correnti di impadronirsene, delle politiche personali di chi questi posti di potere occupa, e si occupano dei problemi seri dei sardi che hanno diritto ad avere un credito a condizioni buone, dei risparmiatori sardi che hanno diritto a remunerazioni decenti, al fatto che il credito in Sardegna stia sempre più sfuggendo a centri di direzione sardi, che stia sempre andando di più in centri di direzione estranei alla Sardegna. Proprio mentre il Banco di Sardegna aveva questi problemi, mentre era sottoposto a pressioni dell'antitrust, la Cariplo apre in Sardegna sedici nuovi sportelli nei centri dove c'è possibilità di espansione nel mercato bancario, e non lo fa certamente per aiutare l'economia della Sardegna, ma per succhiare risparmi che non vengono remunerati da una banca debole e in difficoltà, come il Banco di Sardegna.

Chiaramente occorre che la gestione del credito resti il più possibile in mani sarde. L'ampliarsi al mercato globale non vuol dire farsi asservire, farsi schiavizzare, farsi dominare. Se l'Ambro Veneto prende il C.I.S., o qualche altra banca prende il Banco di Sardegna, chiaramente, come capacità di incidere sull'economia della Sardegna, noi sardi, non dico come Regione, come consiglieri regionali, come Giunta, ma come complessa comunità sarda, non saremo in grado di dominare dei fenomeni che bloccano il nostro sviluppo, e che invece, ben gestiti, possono agevolarlo.

PRESIDENTE. E` iscritto a parlare il consigliere Randaccio. Ne ha facoltà.

RANDACCIO (D.R.I. e Ind.). Mi rendo conto che l'argomento porta a delle implicazioni sia di carattere tecnico che di carattere politico molto ampie. Le sfaccettature sono molteplici e si prestano ad interpretazioni molteplici.

Innanzitutto credo che una semplificazione iniziale possa essere chiarificatrice, perlomeno per far capire quello che è il nostro pensiero in merito all'argomento.

Innanzitutto il ruolo della banca. Il ruolo della banca è quello di fare il commerciante, per cui è quello di acquisire risparmio, provvista finanziaria, ed è quello di collocarlo sul mercato attraverso l'operatività della banca, prestiti a breve, medio e lungo termine, e da questa differenza trarre il maggior utile possibile, perché così vuole un'istituzione privatistica, perché così vuole il mercato.

In termini pratici "commerciante" vuol dire comprare a baratto e possibilmente vendere a caro. Il sistema bancario in Sardegna questo lo fa bene, lo fa molto bene, e, a detta di tutti quanti, comprese le organizzazioni datoriali, imprenditoriali, associazione degli industriali e API Sarda, tutte le categorie che operano in Sardegna sanno benissimo che il settore del credito in Sardegna, è un settore dove le banche svolgono un ruolo spesso e volentieri non all'altezza delle problematiche molto forti che il sistema del credito in Sardegna evidenzia, ma ancora più del sistema del credito il sistema economico.

Noi sappiamo che le istituzioni finanziarie svolgono un ruolo fondamentale in tutti i processi economici, specialmente in una Regione come la nostra, dove i nostri imprenditori sono sotto capitalizzati, per cui tutte le nostre imprese hanno bisogno di risorse finanziarie e si rivolgono alle banche per fare questa provvista, per avere queste disponibilità finanziarie, e si trovano di fronte degli istituti di credito, e qui che arrivino dal Continente o che risiedano in Sardegna come storia e come cultura poco cambia, perché se noi andiamo a fare delle valutazioni tecniche sul denaro prestato, sull'interesse sui prestiti, vediamo che scarsa differenza c'è tra istituti di credito che provengono dal Continente e istituti di credito locali, dove il Banco di Sardegna ha un ruolo fondamentale, in quanto è tra i maggiori istituti, anzi, è il maggior istituto di credito in Sardegna e, come tale, amministra la maggior massa finanziaria e fiduciaria.

Il ruolo della dirigenza. Il ruolo della dirigenza di qualsiasi istituto di credito è quello di raggiungere gli obiettivi della banca, per cui fare più profitto possibile per la banca, perché così è giusto, perché così è doveroso nei confronti degli azionisti della banca, perché quando si fa profitto, che l'impresa sia bancaria o sia industriale o commerciale, l'obiettivo è di far profitto. La dirigenza deve raggiungere questi obiettivi e, umanamente e possibilmente, mantenendo le proprie posizioni.

Che cosa è una fondazione? Signori e cari amici, la fondazione è una cosa completamente diversa; la fondazione ha degli obiettivi non prettamente economici ma, attraverso l'economia d'impresa, attraverso le partecipazioni in aziende economiche, ha lo scopo di dare benefici alla collettività, tant'è vero che la storia della fondazione va molto indietro nel tempo; le sue radici sono vecchissime, e sono radici che partono e risalgono da regioni che dal punto di vista economico e sociale sono molto ma molto più avanti di noi, cioè che hanno iniziato quel processo di globalizzazione fra il mondo dell'impresa e il mondo sociale molto prima di noi. Mi preme ricordare, e citare quanto il collega Murgia ha detto sulla Cassa di Risparmio - anche per il fatto che io ho avuto l'onore di lavorarci tanti anni in quella banca. La Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde è una fra le prime banche che ha creato la fondazione, anzi, che è nata proprio con uno scopo sociale molto forte. Ebbene, la fondazione della CARIPLO, che è stata citata anche dal collega Bonesu, è una fondazione che fa del bene, che devolve la totalità degli utili ricavati dalle proprie partecipazioni, e dalle attività economiche che seguono alle partecipazioni, negli aspetti sociali, nella salvaguardia della cultura, nella salvaguardia delle arti; posso citare qualche caso: musei importantissimi, dipinti importantissimi, fondamentalmente della Lombardia, ma ormai anche un po' di tutta Italia, il famoso Cotolengo(?), che svolge un ruolo sociale importantissimo nella Lombardia; ebbene signori, è finanziato da una fondazione che alle spalle ha un istituto di credito che ha, come obiettivo fondamentale, quello di fare utili, ma la fondazione non ha l'obiettivo fondamentale di fare utili, la fondazione ha ben altri scopi, e fondamentalmente ha l'obiettivo di mantenere i propri flussi finanziari nel tempo, possibilmente incrementarli, attraverso anche una sorta di controllo su quello che è l'attore economico più importante, cioè la banca.

Allora, con il dovuto rispetto e la stima personale che io ho nei confronti dell'onorevole Balletto, quello che ha detto l'onorevole Balletto (mi dispiace che non sia in aula), e cito: "Ma cosa gliene importa alla Fondazione, se il Banco di Sardegna vuole esclusivamente dividersi i soldi e poi basta.". No! Una fondazione ha ben altro scopo. La fondazione ha lo scopo di perpetuare nel tempo, possibilmente illimitato, gli utili e i vantaggi di una partecipazione all'interno di un istituto di credito, per cui l'obiettivo fondamentale della fondazione, è che l'istituto di credito controllato abbia una gestione tale che possa garantirgli utili, per cui flussi finanziari in eterno. Ebbene, io credo che in Sardegna possiamo essere magari anche un po' bassi, un po' mori, ma stupidi così fino in fondo, forse no. Allora credo che l'obiettivo della fondazione del Banco di Sardegna sia identico, e non possa essere che quello, cioè quello di poter avere risorse finanziarie nel tempo, attraverso una gestione del controllato, ed attraverso un controllo effettuato con la partecipazione azionaria, massimo sul Banco di Sardegna. Per cui credo che la risposta all'affermazione dell'onorevole Balletto, sia quella che è un paradosso che la fondazione abbia l'interesse a spolpare il Banco di Sardegna e a far naufragare il Banco di Sardegna. Una cosa è certa: la fondazione ha interesse a mantenere la propria posizione di socio, a mantenere con forza la propria posizione di socio. Allora chiediamoci, dopo queste precisazioni sul ruolo degli attori principali di questa vicenda, come va il credito in Sardegna, chiediamoci se siamo soddisfatti. Io vi do un dato, gentilmente fornitomi dal collega Murgia: il cinquanta per cento della raccolta e dei depositi, per cui dei depositi, e degli impieghi, per cui dell'erogazione effettuata dalle banche, in generale è al cinquanta per cento effettuata dalle banche sarde e al cinquanta per cento circa effettuata da banche cosiddette del continente. Il Banco di Sardegna, all'interno di questo cinquanta per cento, ha la massima percentuale; credo che sfiori l'ottanta per cento di quel cinquanta per cento. Allora io direi che l'attività del Banco di Sardegna, per quanto valida, per quanto apprezzabile, possa dare alla Sardegna molto di più. E qui permettetemi un accenno anche alle vicende che hanno preceduto questa; parlo della nascita della fondazione, parlo (anche lì un paradosso) della conquista della fondazione da parte del Banco di Sardegna. Il controllato che si controlla con il controllo del controllante; cioè l'organo di controllo è nelle mani di chi deve essere controllato. E' un falso ideologico! E` un assurdo! Ma anche dal punto di vista proprio tecnico, dal Codice Civile, da chi ha lavorato nelle imprese, da chi ha calcato, anche brevemente, qualche tribunale amministrativo o, come il validissimo collega Giorgio Balletto sa benissimo - per esperienza lunghissima e per proprie capacità - che il controllo non può essere effettuato da chi ha un interesse specifico nell'esser controllato.

Il Banco di Sardegna è una banca, a dir di tutti e per i propri bilanci, troppo grande per la Sardegna, ed è una banca troppo piccola per l'Italia, per cui è indubbio che il Banco di Sardegna, per poter sopravvivere in un sistema bancario che ormai da decenni, non certo da un anno o due anni, si sta inglobando, incorporando, fondendo, per cercare in tutte le maniere possibili di poter concorrere, di poter sopravvivere, non di poter sviluppare utili infiniti, semplicemente di poter sopravvivere in questo mercato finanziario, si sta - vi dicevo - fondendo, inglobando in altri istituti di credito, per cui noi non abbiamo alcun problema a dire che è giusto che il Banco di Sardegna cresca, è giusto che il Banco di Sardegna non muoia; però diciamo anche che bisogna farlo in una certa maniera, e sembrerebbe quasi che dietro questa celata necessità, o, per meglio dire, palese necessità e palese volontà di non perire, di crescere, di continuare la propria attività, si stia celando magari qual cos'altro, cioè cercare di perpetuare in eterno un controllo di un'azienda di credito come quella del Banco di Sardegna, utilizzando dei sistemi che anche qui, per chi ha anche solo sfiorato il mondo economico, sa benissimo che è l'acqua calda aumentare il capitale sociale facendo entrare un socio, magari un socio che colloca il proprio patrimonio, e magari un socio che, oltre a collocare l'aumento di capitale sociale, fa anche la stima e dà i valori sul mercato dell'azienda. Insomma, è una prassi che da sempre si utilizza quando uno vuole mantenere il controllo, anzi, direi di più, non solo mantenere il controllo, ma estromettere un socio, e specialmente un socio di maggioranza, da un'azienda. Ancor di più quando quel socio, attuale socio di maggioranza, non ha la possibilità statutaria, o per legge, di poter andare a comprare ed incrementare la propria quota azionaria all'interno di questo aumento di capitale sociale. Noi ci rendiamo conto che il Banco di Sardegna per poter sopravvivere deve modernizzarsi, deve entrare in sistemi economici più ampi, deve poter fare raccolta e impieghi su mercati che hanno anche percentuali di rischio molto inferiori rispetto alle nostre; ci rendiamo conto che il rischio bancario in Sardegna è molto forte; ci rendiamo conto che aprirsi a mercati nuovi vuol dire diluire questo rischio bancario, poter avere più utili, poter avere più espansione, e noi siamo d'accordo su questo. E qui permettetemi un altro inciso, sempre con il mio amico Balletto: è vero che il Banco di Sardegna non ha fatto fallire molte aziende, non ha fatto fallire molte piccole imprese, molti agricoltori, ma è anche vero che quei debiti son sempre lì, quei debiti producono interessi.

Molta attenzione! Nel momento in cui una banca fa fallire qualcuno, per la maggior parte delle volte non becca una lira signori! Per cui, il buon samaritano, o la parvenza di buon samaritano, spesso e volentieri, per quanto riguarda un istituto di credito che fa il suo lavoro, come impresa, per cui ha l'obiettivo di fare utili, non ha l'obiettivo di non far fallire la gente, ha l'obiettivo di fare utili, per cui da sempre una banca, perché se il Banco di Sardegna è una banca, e se la dirigenza è dirigenza, opera con i sistemi economici per avere i maggiori frutti possibili. Allora, anche qui, caro amico Balletto, se il Banco di Sardegna mantiene ancora in pseudo sofferenza determinati prestiti, lo fa sicuramente a vantaggio proprio, magari pensando che in un futuro, la Regione Sardegna prima o poi qualcosa può sempre fare, e fra interessi e capitalizzazione di interessi, forse è conveniente, per la banca, mantenere questo impegno. Molti altri istituti di credito si troverebbero in grossa difficoltà a mantenere delle sofferenze così. Difficilmente istituti di credito possono fare questo, se non hanno una velata possibilità, che forse un'istituzione, come la Regione Sardegna, prima o poi risolva i problemi.

La fondazione. La fondazione ha il dovere di tutelare i propri interessi di socio azionista di maggioranza; ha il dovere di tutelare la propria operatività finanziaria. E adesso permettetemi di fare un ragionamento terra terra, un po' della serva con voi, e dirvi questo: siccome la fondazione non può svolgere la propria attività, o sarebbe estremamente limitata, sia dagli utili delle azioni che detiene, anche perché, si è detto che con l'aumento del capitale sociale questi utili, per cui il margine operativo lordo dell'azienda bancaria sarebbe inferiore, per cui, chiaramente, anche gli utili, percentualmente sarebbero inferiori, ma può svolgere la propria attività attraverso la vendita della quota di azioni in proprio possesso. La vera risorsa finanziaria per la fondazione è quella di vendere parte del proprio patrimonio sociale sul mercato; la dotazione finanziaria che gli permette di svolgere il proprio compito economico e sociale è quello di vendere, al meglio possibilmente, la buona parte del proprio capitale sociale.

Ebbene, nel momento in cui questa percentuale viene ridotta perché avviene, da parte del controllato, un aumento del capitale sociale, senza che il socio di maggioranza possa, per vincoli, partecipare a questa acquisizione, vede automaticamente le risorse finanziarie della Fondazione, ridursi, ma ridursi di molto. Allora vuol dire non poter svolgere la propria azione, e la Fondazione ha il dovere, sia nei confronti del socio, come socio, sia nei confronti dell'esterno, di tutelare i propri interessi. Allora, se è vero che la Fondazione può essere importante, io ritengo, specialmente in questo momento, specialmente dove, ai nostri giorni, la Regione Sardegna, e comunque tutto il tessuto economico sardo, ha poche disponibilità da immettere sul cosiddetto "mercato globale", allora diventa importante anche una Fondazione che può gestire migliaia di miliardi, che può immettere in opere sociali, in opere no profit, ma anche in attività economiche, risorse, risorse che sono slegate dai finanziamenti che arrivano, magari dallo Stato, sono disponibilità immediate, e allora questo è un obiettivo fondamentale per la Fondazione. E` anche vero, d'altra parte, che il Banco di Sardegna, per poter sopravvivere, e di conseguenza per far sopravvivere la Fondazione, deve avere risorse finanziarie nuove, ed allora forse abbiamo sbagliato la tempistica, forse è sbagliata la tempistica, forse il Banco di Sardegna ha ragione a voler incrementare il proprio capitale sociale, forse la Fondazione ha Ragione a voler tutelare sé stessa.

Allora, se si esclude a priori che ci sia una manovra da parte della dirigenza del Banco di Sardegna, ormai credo fallita, ci fosse una manovra per poter continuare a perpetrare il controllo della banca attraverso un altro socio e un aumento di capitale sociale, allora, forse la tempistica va invertita, e allora la Fondazione procede alla vendita del proprio capitale sul mercato, attinge le disponibilità finanziarie che le permettono di svolgere la propria opera economica e sociale, poi il Banco di Sardegna procede all'incremento del capitale sociale, e questo porterebbe vantaggio al Banco di Sardegna, e abbiamo già spiegato perché; porterebbe vantaggio alla Fondazione, e abbiamo già spiegato perché; sicuramente non porterebbe vantaggio a qualcuno, ma questo è un problema individuale, e noi, come classe politica, che ha anche l'obiettivo di valutare con estrema attenzione, rispetto alle implicazioni socio-economiche e sociali di questa operazione, abbiamo il dovere, anche noi, di valutare con molta attenzione. Allora credo che se noi dobbiamo fare un'azione, dobbiamo farla in questo senso. Ripeto: prima la Fondazione vende e colloca sul mercato la quota di azioni prevista dalla legge, poi il Banco di Sardegna farà i propri aumenti di capitale sociale, anzi, se ne potrà fare di mille miliardi, di duemila miliardi, ma meglio ancora! Ma non prima.

Come Rinnovamento Italiano noi siamo per la privatizzazione, non c'è dubbio. Noi riteniamo che il mercato debba essere un mercato libero, dove le aziende nascono, crescono, muoiono, si incrementano in un libero mercato. Però è anche vero che diamo la massima attenzione alle implicazioni economico-sociali che sono legate, e in questo senso noi andremo ad operare. Grazie.

PRESIDENTE. E` iscritto a parlare il consigliere Balia. Ne ha facoltà.

BALIA (F.D.S.- Progr. Sard.). Signori Presidenti, credo che il dibattito che si è sviluppato, e che si sta sviluppando all'interno dell'aula consiliare e il voto che seguirà a questo dibattito saranno la risultante, in ogni caso, di decisioni di natura trasparente, forse di rottura, ma in ogni caso di chiarezza, in ogni caso sinonimo di laicità rispetto alle decisioni medesime.

Stamani il collega Salvatore Zucca, dichiarandosi inesperto del sistema del credito, ma dotto, certamente profondo conoscitore di letteratura, di filosofia, di arte, ha richiamato una massima che coinvolgeva Solone e Aristotele. Quella massima, signori Presidenti, è stata usata, è stata utilizzata non in maniera trasparente, chiara, all'interno dell'aula consiliare, ma è stata usata più o meno con la metodica dei muretti a secco, non certo da parte dell'onorevole Salvatore Zucca, ma evidentemente da parte di altri pure molto onorevoli colleghi di questo Consiglio regionale. La massima, tutto sommato, tendeva a dire e a dividere in due categorie i consiglieri sostenitori della politica mandata avanti dalla Fondazione e i colleghi, invece, sostenitori della politica creditizia del Banco di Sardegna S.p.A., con messaggi, dichiarazioni non urlate, ma sussurrate nei corridoi di questo palazzo che tendevano a dire: "Badate che chi si schiera a tutela, a difesa delle tesi sostenute dal Banco Sardegna S.p.A. lo fa solo perché ha interessi di natura personale da difendere, e non interessi legittimi e collettivi".

Quindi, caro onorevole Eliseo Secci, il tuo intervento evidentemente, secondo questa logica sussurrata nei corridoi del palazzo del Consiglio regionale, è l'intervento di chi ha interessi da tutelare. E gli interessi da tutelare, giusto perché esplicitiamo sino in fondo i concetti che sono stati sussurrati, sarebbero quelli di chi, avendo ricevuto da parte di organismi importanti, informati del Banco di Sardegna S.p.A., le opportune, necessarie informative, si sono sentiti indotti a investire i propri risparmi in azioni di risparmio del Banco medesimo, con la certezza che poi questi risparmi mentre l'onorevole Zucca le ha conclamate, il comportamento dell'onorevole Zucca è corretto, quello di chi le sussurra è un comportamento degno di chi si nasconde dietro i muretti a secco, e in ogni caso, almeno per quanto mi riguarda, è totalmente falso, destituito di ogni fondamento e presumo che sia falso e destituito di ogni fondamento anche per quanto riguarda gli altri colleghi che hanno fatto una scelta, che è una scelta ragionata, che è una scelta meditata, che è una scelta non so se giusta o sbagliata, ma certamente ponderata per parte di chi la fa, e non è una scelta tesa a difendere interessi di natura personale.

Questo intanto per la chiarezza, per sgombrare il campo dalle dicerie, dalle chiacchiere, dalle contumelie che rischiano di offuscare, rischiano di annebbiare, rischiano di rendere tenebroso un clima dentro l'Aula che invece ha il dovere e anche il diritto di essere un clima di trasparenza, di chiarezza, di onestà e correttezza anche dell'individuazione delle scelte e delle procedure.

Ma qui si è fatto anche del populismo, e il populismo è facile farlo quando si chiamano come esempio lampante di un'azione politica-creditizia non solo sbagliata, ma persino nemica degli interessi dei cittadini, si chiamano ad esempio le pratiche in sofferenza degli agricoltori, le pratiche in sofferenza dei pastori, le pratiche in sofferenza degli artigiani, le pratiche in sofferenza dei commercianti e si individua un unico responsabile di una situazione di disagio di quel livello imprenditoriale che andrebbe invece, probabilmente, ricercata all'interno di un sistema economico terribilmente fragile da un lato, e dall'altro, perché no, la conferenza sul credito lo ha messo in evidenza, andrebbero ricercate anche le responsabilità politiche a livello di carenza di indirizzo, che non sono solo di oggi, che sono antiche a livello di ricerca di nuove metodologie, a livello di ricerca o di proposizione di nuove esperienze che consentissero di traghettare questo sistema economico, fragile della Sardegna verso lidi ed approdi più sicuri, senza che il creditore, ovviamente, da questo traghettamento non rischiasse di essere coinvolto in operazioni di fallimento per un eccesso di visione di natura squisitamente benefica nell'esplicitazione delle proprie funzioni di natura imprenditoriale.

Se mi consentite, sono rimasto sorpreso nel sentire queste affermazioni da un lato, ma tanto più sorpreso quando queste affermazioni tendono a risvegliare sentimenti di imprenditori colpiti nei loro interessi, e attraverso essi arrivare a dimostrare gli errori che questo ed altri istituti di credito compiono nel difficile viaggio della politica creditizia. Una cosa è certa: a torto o a ragione, ma in maniera molto consapevole, con procedure politicamente corrette, una Commissione di questo Consiglio regionale ha espresso una posizione di maggioranza, e ha rivolto attraverso quella espressione con una risoluzione un invito al Presidente della Giunta Regionale, competente per attivarsi, fare chiarezza sulle procedure, fare chiarezza sui percorsi, contribuire a rendere trasparenti quei pezzi di operazione, che ovviamente trasparenti da altri non fossero stati considerati, in maniera da arrivare non a ledere l'autonomia di chicchessia, nessuno vuole ledere l'autonomia di chicchessia, ma a dare indirizzi di natura politica rispetto a determinate scelte, e se gli indirizzi di natura politica, viva Dio, non competono alla Giunta Regionale, che è la massima istituzione e che è l'organismo che a sua volta ha contribuito, attraverso l'individuazione di persone e di nomi alla designazione e alla composizione, in maniera indiretta, del Consiglio di Amministrazione della Fondazione medesima, se questi indirizzi politici, viva Dio, non competono alla Giunta Regionale, vorrei comprendere evidentemente a chi invece dovrebbero competere.

La Giunta Regionale allora, rispetto alla politica creditizia non potrebbe mai dire alcunchè, se così fosse, ma fa meraviglia, ma già è stato rilevato stamattina dall'onorevole Eliseo Secci, che ci si scandalizzi in questa fase del percorso e non si sia dimostrato uguale disagio invece in altra fase del percorso, quando un'analoga risoluzione allora è stata assunta sempre dalla Commissione Programmazione del Consiglio regionale, guarda caso, in termini di assoluta unanimità, cioè mettendo insieme la destra, il centro e la sinistra di questo Consiglio regionale. Allora si era individuato uno o più responsabili e i responsabili vi erano davvero, perché le azioni che allora cercavano di porre in essere in maniera occulta, in maniera sotterranea, senza pubblicizzazione alcuna, pure persone designate dal Consiglio regionale, erano azioni che tendevano ad estromettere ogni e qualunque potere e potestà di questo Consiglio e della Giunta medesima.

Ma se allora andava bene, se allora non vi era un atto di lesa maestà, se allora quel fatto non costituiva una indebita ed illegittima ingerenza, non costituisce neanche oggi una indebita ed illegittima ingerenza. Allora il silenzio che è seguito a quella risoluzione della Commissione Programmazione mi chiedo se sia il silenzio degli innocenti o il silenzio dei colpevoli.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SELIS

(Segue BALIA.) Il progetto di aumento del capitale sociale del Banco di Sardegna è stato condiviso dalla Fondazione Banco di Sardegna, in linea di massima. Anche qui dobbiamo stare attenti a non mistificare ulteriormente, perché è stato condiviso quando la figura del Presidente del Banco di Sardegna S.p.A. e la figura del Presidente della Fondazione coincidevano, ma è stato condiviso anche in tempi successivi quando questa coincidenza non vi era più. I due organismi, di comune accordo, sono arrivati ad una nomina di un adviser, si sono ripartiti, non so in quali proporzioni, i costi che le valutazioni di questo advisor comportavano, hanno ottenuto un parere di massima verso l'operazione di incremento di capitale sociale da parte del Tesoro e di Bankitalia e poi si è bloccato tutto. Ma non si è bloccato tutto perché la Fondazione, almeno questo è stato detto all'interno della Commissione, non condivideva quelle linee politiche, si è bloccato tutto perché la Fondazione si diceva eccessivamente inconsapevole rispetto alle linee e alle procedure, quasi che il principio della comunicazione non avesse mai viaggiato né in quella, né in altre istituzioni.

Se incertezze vi erano, se dubbi vi erano, se esigenze di legittimo chiarimento vi erano, perché la Fondazione non si è adoperata? Dove sono le lettere di richiesta di chiarimento? Dove sono le richieste di incontro per fare chiarezza in questo senso? Se vi sono, chiedo che questo Consiglio ne venga edotto, perché al momento dell'audizione si è preso l'impegno di fornire informazioni in questo senso alla Commissione Credito e quelle informazioni da parte della Fondazione non sono mai pervenute, mentre non sono pervenute quelle informazioni, sono pervenuti fatti e atti documentali da parte del Banco di Sardegna S.p.A. che dimostravano che quelle richieste di chiarimento avevano avuto impulso, avevano avuto risposta, che c'erano state comunicazioni disattese e che c'era una difficoltà evidentemente voluta, ricercata ad interrompere quel canale di comunicazione.

Chiedo, signor Presidente della Giunta che, relativamente a questo aspetto, venga fatta chiarezza. E` possibile che il Consiglio regionale sappia se davvero, così come risulta alla Commissione, diversamente si tratterebbe di lettere apocrife, vi è stato un viaggio in un'unica direzione, da un'unica parte, con un'unica richiesta, con continue sollecitazioni perché quel parere venisse espresso o perché, in carenza di informazioni, vi fossero opportunità di incontro che consentissero di arrivare all'espressione ragionata, convinta di quel parere. Almeno su questo è pensabile che questa istituzione riesca a fare chiarezza, oppure anche in questo caso stiamo ledendo la maestà di qualcuno, stiamo interferendo e limitando l'autonomia di qualche parte?

Onestamente mi pare difficile crederlo, a condizione che vi sia invece la volontà di procedere. Infine voglio richiamare alla memoria di tutti il momento nel quale il Credito Industriale Sardo ha deciso l'aumento del proprio capitale. L'organismo decidente allora, l'organismo decidente in quella fase, onorevole Balletto, le voglio richiamare alla memoria quegli avvenimenti; l'organismo decidente al momento del possibile aumento del capitale del Credito Industriale sardo non era affatto la Regione sarda, pure azionista del Credito Industriale Sardo, ma tutta l'operazione, tutto lo studio, tutto l'attivismo e anche tutte le decisioni conseguenti erano state prese dal Credito Industriale Sardo, cioè dalla parte invece che era chiamata ad amministrare il CIS come banca, al pari del Banco di Sardegna S.p.A..

In quel caso la Regione sarda non solo avrebbe dovuto impugnare quel provvedimento e quella decisione, ma si sarebbe dovuta scandalizzare perché evidentemente veniva usurpata di una propria potestà, quindi non ci si scandalizza se la Regione è usurpata di una propria potestà e della propria autonomia decisionale, ci si scandalizza invece e ci si preoccupa che la Regione invece superi alcuni confini e leda l'autonomia decisionale di altri relativamente al caso del Banco di Sardegna.

Io chiedo perlomeno che noi siamo conseguenti nelle cose, conseguenti nelle procedure e che adottiamo nell'uno e nell'altro caso gli stessi criteri e le stesse metodiche. Che poi a nulla vale richiamare che poi la Regione sarda non ha voluto contribuire, attraverso quel voto segreto, all'aumento del capitale sociale del CIS, a nulla vale richiamarlo perché quello è aspetto di natura completamente diversa, cioè la Regione sarda non ha voluto contribuire, a torto o a ragione, io dico a torto, attraverso l'utilizzo di proprie risorse a quell'incremento di capitale sociale, ma non ha impedito allora, e probabilmente sbagliando, che altri invece vi potessero contribuire.

Allora i due pesi e le due misure evidentemente non vanno bene e non debbono essere attuati. Si è parlato di danni incalcolabili all'economia sarda, si è parlato di danni incalcolabili al Banco stesso e alla credibilità del Banco.

Al pari di altri non lo so se ciò possa o meno rispondere a verità, ho una lieve consapevolezza, e saranno poi i fatti a dimostrarlo, che un'operazione di quel tipo di raccolta di cinquecento miliardi di capitale sociale dal sistema privato, non dal sistema pubblico, una volta svanita attraverso un atto che suona come una forte sconfessione, non è facilmente riproponibile né di qua a un mese, né di qui a due mesi, né probabilmente di qui a uno o a due anni, perché i mercati hanno i loro ritmi di reazione e i ritmi di reazione dei mercati non sono insensibili rispetto a scelte che dall'alto sono state teleguidate e che rischiano quindi di compromettere in via definitiva quelle possibilità di espansione e rischiano, io non so se avverrà, ma rischiano così come è avvenuto per altre banche di sistemi economici fragili, quali i sistemi dell'intero meridione, il rischio è quello di un assorbimento da parte di altri istituti di credito più forti, più credibili, meglio dotati di managerialità, di capacità organizzativa, di risorse, di capacità di penetrazione nel mercato e di capacità di offerta nel mercato superiore a quella che i nostri istituti di credito ne hanno.

La lievitazione delle azioni non so se sia conseguente ad atti di irresponsabilità da qualcuno compiuti del prezzo delle azioni, se così fosse spetta evidentemente ad altri organismi indagare e se vi sono, relativamente a quell'aspetto, responsabili, ma noi non lo sappiamo, quei responsabili andranno individuati e certamente perseguiti per altre vie.

Mi chiedo se qualche volta volersi occupare dei problemi serva, oltre che a fare chiarezza, oltre che a fare un'operazione di trasparenza, se serva a fare entrare, come qualcuno dice, la politica dentro il sistema del credito, contrariamente, evidentemente, a quanto il legislatore ha previsto e a quanto dall'altra parte la direttiva Dini indica e auspica, oppure se il non far nulla, se il restare in attesa, se il restare immobili, se il restare in silenzio, se lasciare che altri facciano mentre noi siamo silenziosi, al contrario non serva invece perché la politica del credito continui ad appropriarsene anche di quei pezzi dei quali sino a questo momento non si è appropriata.

Evidentemente il legislatore italiano ha previsto l'esatto contrario; qualcuno ha ricordato che l'operazione di incremento del capitale sociale nulla aveva e nulla ha a che vedere con l'operazione di privatizzazione voluta dalla direttiva Dini, ma che soltanto in maniera indiretta si traduceva di fatto in un diminuito potere da parte della fondazione medesima, ma che questo diminuito potere, in questo caso, non avrebbe potuto impedire, né inficiare il fatto che la fondazione restasse socio di maggioranza di riferimento, e quindi da sola, con oltre il 60 per cento, restasse colei la quale aveva il potere di comando.

Allora se prima, con l'84 per cento, deteneva il potere di comando, se dopo quell'operazione di incremento del capitale sociale che poteva portare la quota di partecipazione ad una percentuale tra il 60 e il 64 per cento, quel potere di comando restava assolutamente intatto nelle stesse mani della fondazione; badate, l'altra affermazione fatta nella Commissione Programmazione e facendo richiamo al pallottoliere, che poco ci voleva a comprendere, come il valore del patrimonio detenuto dalla fondazione, con un incremento di capitale sociale senza che la fondazione stessa potesse esercitare il diritto di opzione, si sarebbe naturalmente tradotto in una diminuita partecipazione al capitale netto della banca.

Con i calcoli del pallottoliere e a bocce ferme, la Commissione Programmazione invece ha verificato che si sarebbe tradotto in un aumento, da parte della fondazione, di ben 45 miliardi rispetto al valore che prima deteneva all'interno della banca medesima. Ma ovviamente questo era il calcolo del pallottoliere, perché il calcolo vero dovrebbe essere fatto tenendo conto dell'andamento del mercato, tenendo conto dell'immagine della fiducia che nel mercato si crea, tenendo conto della capacità di penetrazione che l'incremento di cinquecento miliardi avrebbe, e invece così non ha acconsentito, tenendo conto di una serie di calcoli, di possibilità, di percentuali, di coefficienti di redditività che ci avrebbero presumibilmente, una volta più confortato, che quell'operazione andava fatta.

Le cose sono davanti agli occhi di tutti, i risultati sono palesi, sono evidenti, una cosa è certa: che il Consiglio regionale, che la Giunta regionale, per la parte che la compete, devono recitare il loro ruolo, anche in questa fase e sia pure tardivamente rispetto a quella decisione. Recitare quel ruolo significa rivisitare, rileggere con spirito critico, ma anche badando all'interpretazione logica delle cose contenute e dette all'interno della risoluzione approvata dalla Commissione Programmazione e adoperarsi di conseguenza. Adoperarsi di conseguenza non significa farsi oggi paladini di quella possibilità di potenziamento, che ormai è venuta a mancare, ma significa intraprendere le opportune decisioni politiche, per vedere dove si è sbagliato, chi ha sbagliato, e per chiamare alle proprie responsabilità, nell'eventualità che si individuassero i responsabili di questi errori.

PRESIDENTE. E` iscritto a parlare il consigliere Marteddu. Ne ha facoltà.

MARTEDDU (Popolari). Il dibattito, signor Presidente, come si sta dimostrando, mi pare comunque utile; è sicuramente tardivo, ma più che tardivo - perché poi l'essere tardivo non dipende mai dalle condizioni meteorologiche - rappresenta, ancora una volta, la sostanziale inefficacia delle politiche regionali sul credito che, per la verità, si erano già ampiamente manifestate durante la fase - che pur doveva dare una qualche risposta - della conferenza regionale sul credito.

Certo è che forse iniziamo a chiarire qualcosa, almeno i ruoli della politica rispetto al sistema del credito, pur trovandoci, noi, in una condizione particolare, nel Banco di Sardegna, la cui fondazione ha rappresentanti diretti dell'Amministrazione regionale, siamo azionisti, questo sì, siamo azionisti tutti noi, non so chi è l'azionista, chi è che poi, il Presidente della Regione, del C.I.S., in rappresentanza, credo di tutti noi, per una quota molto significativa, e quindi, in qualche modo, siamo intrecciati, bene o male, con il sistema del credito. Fra l'altro, sul C.I.S. sarebbe opportuno sapere - non so se lo sollecitava qualche collega - dove si sta andando a parare. Ciampi sostiene che la quota rilevante del Tesoro, col cambio di maggioranza delle azioni verrà venduta. Siamo informati, ne sappiamo qualcosa? Mi interessano poco, debbo dire francamente, gli assetti societari, non sono molto aduso a queste stanze, però credo che il C.I.S. eserciti in Sardegna un potere molto forte, molto radicato nell'economia regionale, e quindi dovremmo saperne qualcosa di più, la Giunta, il Consiglio regionale, almeno dove si va a parere.

Cito anch'io, in questo mio breve intervento, inizialmente, l'onorevole Zucca. Devo dire che è un riferimento per questo Consiglio, per la sua saggezza, e debbo dire anche per la sua umiltà da intellettuale, che lo porta a dire: "noi non siamo tecnici, non siamo esperti, però un po' di esperienza didattica ce la facciamo", e quella che sembrava da parte sua una fuga nel profondo passato, è chiaro che aveva ben la testa nel presente, da questo punto di vista, e che, condivisibile o meno, la sua era una visione del problema presente.

Debbo anche dire che gli aspetti tecnici sono stati ben illustrati da alcuni colleghi, e che possono porre davvero il Consiglio nelle condizioni di operare una scelta, di decidere su un indirizzo. D'altro canto sono state presentate le mozioni, le opposizioni hanno presentato la loro mozione, hanno svolto un ruolo che è corretto e legittimo, hanno individuato alcuni punti che possono essere condivisibili, ed altri che possono essere discutibili e non condivisibili. La 159, che è presentata dalla sinistra intera, non solo dal PDS, lo dico subito che dalla sua presentazione non solo non mi ha convinto per niente, ma mi è sembrato che la sua presentazione sia stata un po' troppo sopra le righe. Io non vorrei che il collega Ghirra leggesse male il mio riferimento, il mio intervento, ma francamente, da un collega così acuto e intelligente, non mi aspettavo una ricostruzione dei fatti, delle vicende, delle cronache e della storia, così infarcita di settarismo fazioso, colleghi, un distillato di una visione settaria delle vicende che si sono definite, determinate, ed anche della storia del nostro passato. Io non so se stiamo tornando ad un mix esplosivo di elitarismo pseudo-rivoluzionario, oppure se ci sono estinti revanscisti, non so quanto abbiano di capacità di politica, di dialogo politico, di capacità costruttiva di un progetto, anche per la stessa maggioranza. Dico subito che noi non accettiamo, io non accetto questa lettura della nostra storia, anzi, chiedo che i firmatari della mozione, cioè la sinistra intera che ha firmato la mozione, ritiri quell'intervento in quest'aula; che recuperi il senso dello Stato, il senso della maggioranza prima di tutto, ma anche il senso del Consiglio, ed anche il senso della storia, della storia di ciascuno di noi, che è storia di battaglia e di democrazia, forse di povertà, ma di democrazia e di battaglia in questa Regione. Quindi si ritiri quell'intervento, si ritiri quella presentazione della mozione. Badate che su queste cose le fratture possono essere magari insanabili, e non si tratta di un assessore, non si tratta di una nomina, non si tratta di un presidente, che sia del Banco o che sia della Regione, e non si tratta neanche della mozione, sulla quale comunque il mio voto non ci sarà. Si tratta della cultura dello stare insieme, del rispetto, della democrazia, e si tratta anche dell'uso del potere, che non è dominio, ma è governo basato sul consenso.

Ho capito che qui non si vorrebbe parlare delle ovvietà, ma forse le ovvietà sono quelle che ci chiariscono meglio le cose, almeno per uno come me, che supera i problemi tecnici ampiamente già descritti.

Sappiamo che il credito non è una variabile indipendente in Sardegna, rispetto alle scelte della politica economica, alle scelte dello sviluppo, rispetto al radicamento possibile di un nuovo sviluppo. Per il sistema delle imprese, degli artigiani, dei commercianti, il credito, la banca è l'alfa e l'omega; è l'avvio di un'attività imprenditoriale, e per tanti di essi, compresa l'agricoltura, comprese le seimila aziende, Assessore all'agricoltura, con le quali lei sta, in questo momento, combattendo per ragioni di credito; sono l'alfa e l'omega, sono l'avvio di un'attività imprenditoriale, ma sono anche la morte, é la morte dell'attività imprenditoriale (?), quindi abbiamo assolutamente a che fare.

Io avverto, forse in maniera solo sensitiva, che è carente la legislazione, che comunque è superata o è da superare la legge Amato, che è in via di superamento, dal nuovo disegno di legge del governo Prodi, che ha superato con grande difficoltà la Camera, ma che è bloccato negli scogli del Senato, ma che punta a superare la concezione, quel concetto di quella specie di centauro che è la Fondazione, così intesa, dove siedono rappresentanti pubblici che non hanno un potere diretto di intervento sulle banche, e di rappresentanti privati, le Camere di commercio, altre associazioni di privati.

Siamo in fase di superamento, e io credo che vada innanzitutto avviato davvero il superamento di un sistema, che non è corretto, e comunque sta dimostrando, non solo in Sardegna, dei vuoti pericolosi.

Nella nostra regione è in fermento tutta l'organizzazione del credito. Avverto e leggo, come tutti voi, che siamo in un passaggio critico. Infatti la prima domanda è: ma il nostro sistema sarà capace di reggere l'urto della diffusione del credito europeo nazionale, che ormai dispiega una forza inaudita in queste settimane, in questi giorni, in tutta la Sardegna? Secondo voi può reggere il sistema capillare, la rete capillare del sistema del Banco di Sardegna, in una Sardegna rurale e ruralista, anche se sono state trasformate, alcune di queste, in agenzie? Ma potrà reggere la cassa di credito di Oniferi, di Lodine, per citare i paesi che conosco, che sono a dieci minuti di macchina dagli istituti che hanno gli sportelli nella città di Nuoro? Potrà reggere questo sistema radicato? Potrà reggere l'occupazione attuale all'interno del sistema del credito? Io non lo so. Presumo che, per le cose che si sentono, per le cose che si leggono, che sarà un altro buco nero dell'occupazione in Sardegna. D'altro canto molti hanno tentato di fare qualcosa di diverso: la Banca di Arborea mi dicono che va bene; a Nuoro hanno tentato di fare una banca cooperativa; da qualche mese, da due o tre mesi, o un po' di più, stanno già restituendo i soldi a chi li aveva depositati, perché la cosa si è letteralmente afflosciata. La banca di Cagliari è vero che ha come primo depositario il Presidente della Giunta regionale, ma regge, reggerà? Sarà nelle condizioni di reggere l'urto delle grandi banche che si stanno insediando in Sardegna? Mi pare che siano tentativi, ma proprio tentativi, di fare qualcosa.

Io sono convinto che è il mercato che regola tutto; forse a noi può non piacere, anche a noi un po' di cultura cattolica, un po' solidaristica, un po' irrequieti e timorosi del mercato, ma è il mercato che regola tutto, e che sta regolando tutto, e che sta facendo aprire gli portelli della Cariplo nella provincia di Nuoro, anche nelle zone che sembrano più derelitte, ma a fianco alle agenzie del Banco di Sardegna. Ecco perché noi non possiamo stare zitti in questo passaggio, che a mio parere è epocale, e non posso non rilevare un paradosso stridente, un paradosso che francamente mi ha fatto molto riflettere, tra la loquacità, straordinaria debbo dire, dei diretti protagonisti delle operazioni di queste settimane, la convegnistica. Tutti spiegavano, quando sarebbe stata la regola d'oro quella del silenzio (parlo della Fondazione, come quelli del Banco, ma parlo della Fondazione), quando la regola aurea sarebbe stata quella di portare avanti le cose nel silenzio e nella prudenza, che è definita e che è riferita a queste operazioni. La stridente contraddizione tra questa straordinaria loquacità e il silenzio della Regione, che invece avrebbe dovuto parlare, avrebbe dovuto dire qualcosa; avrebbe dovuto dire, nell'ambito delle sue competenze, rispettando le autonomie reciproche.

Il silenzio sicuramente non è stato d'oro; è stato un silenzio che ci ha lasciato un po' stupefatti, della qual cosa non si dà spiegazione, se non forse l'aspettare gli eventi, l'aspettare in maniera inerte gli eventi che comunque erano segnati, non facendo però, in questo modo, gli interessi né della Sardegna, né delle banche, né del credito. Io credo che questo non sia stato un momento esaltante per il governo della Regione.

Assessore al Credito, mi rivolgo a lei con l'amicizia che ci contraddistingue, per dirle: "Ma non ho capito bene se nella prassi, nella costituzione materiale le competenze sul credito siano - intanto la legge numero 1 viene stravolta, mi pare, facilmente - state trasferite da qualche altra parte, oppure se sono rimaste alla Regione, se sono rimaste in capo alla Giunta e sono rimaste in capo ad un Assessorato, perché a quel punto, io credo che un qualcosa occorreva dire ed occorre dire. Io non entro, ripeto, nelle questioni tecniche, non ne sono capace e non le conosco; però, credo che a questo punto abbiamo tutti l'esigenza di vedere che il credito si muove nella direttrice europea, che viene sottratto alle lotte politiche, alle lotte delle fazioni, e che viene rilanciato, perché o si fa così, o è la fine.

Quindi attendiamo, io attendo, voglio verificare se anche quelli che la Giunta regionale ha nominato nella Fondazione, a legislazione vigente, con i poteri che l'attuale legislazione loro dà, saranno capaci di un atto, come dire, di autentica autonomia e di autentica capacità di uscire da queste logiche, se l'individuazione dei passaggi successivi sarà ispirata ad una capacità di collocare l'istituto del Banco di Sardegna ai livelli del mercato nazionale ed internazionale.

Io sto a vedere; il giudizio sicuramente sarà molto preciso, molto severo, sarà molto chiaro, e sarà anche un momento in cui, davvero, verificheremo se abbiamo la capacità di portare fatti veramente innovativi nel governo della Regione in senso lato, nel governo di queste cose.

No alle interferenze. La banca deve avere come unico riferimento il sistema economico, deve avere come unico riferimento il mercato; il nostro non è un paese sudamericano, retto da qualche sergente corrotto; io credo che siamo già in Europa, perché siamo già in Europa, e possiamo reggere, e può reggere questo istituto di credito, se avrà la capacità - ed è questo che valuteremo con molto rigore - di proiettarsi in avanti, tanto gli atti che si compiranno tra qualche giorno, tra qualche settimana, ci diranno questo. Io auspico, ma auspico anche che questo lo faccia la Giunta, che gli organi di vigilanza siano davvero attivi e non inerti nel vigilare su queste procedure, su queste scelte.

In Europa vogliamo andarci, ma non ci possiamo andare, non ci andiamo certo con i nostri silenzi. Noi dobbiamo sapere che chi ci rappresenta, nell'organo della Fondazione, ha un indirizzo preciso dal Consiglio regionale, dal Governo della Regione, vogliamo che questo indirizzo sia in qualche modo esplicitato, e questo non riguarda solo una maggioranza, credo che riguardi tutto il Consiglio regionale, credo che riguardi l'insieme della politica regionale, perché stiamo parlando dei problemi di tutti i sardi. Io mi auguro che da questo dibattito, su questo punto, possa esserci una convergenza comune del Consiglio regionale, che possa esserci un ordine del giorno unitario che rappresenti l'insieme della volontà del Consiglio, perché stiamo parlando di credito, stiamo parlando di qualcosa che riguarda il sistema complesso e complessivo dell'economia regionale, non stiamo parlando della mozione di fiducia alla Giunta, quella la discuteremo la prossima settimana, stiamo parlando di un qualcosa che riguarda tutto il Consiglio.

Se non ci fosse l'ordine del giorno, se la Giunta ha una proposta la faccia, la valutiamo, la valuteremo; se non c'è una proposta della Giunta ci sono gli ordini del giorno, se rimangono, verranno votati dal Consiglio sulla base delle convinzioni che ciascun consigliere si sarà fatto.

PRESIDENTE. E` iscritta a parlare la consigliera Noemi Sanna Nivoli. Ne ha facoltà.

SANNA NIVOLI (A.N.). Ho appreso, in questo momento, dall'onorevole Marteddu, che nell'ordine è l'ultimo a parlare, che anche lui, come tanti prima di lui, parla senza avere contezza del problema; cioè nessuno di noi è ovviamente un esperto, non siamo qui perché siamo dei tecnici, siamo qui perché siamo stati delegati da altri per rappresentarli, quindi è chiaro che nessuno di noi ha la presunzione di dare una risposta, neanche il C.D.A. della Fondazione o il C.D.A. del Banco di Sardegna, i quali, per poter sapere che tipo di intervento finanziario fare, si rivolgono a degli esperti essi stessi, quelli che si chiamano gli adviser, cioè i consulenti che vengono pagati perché diano un progetto di finanziamento. Quindi, molto modestamente, ognuno nei suoi ruoli, cerca comunque di provare a fare chiarezza in questa non semplice vicenda, Presidente.

Stamattina io ho parlato di una mozione, che poi ho ritirato, e non ho assolutamente parlato della mozione che invece condivido, per cui mi permetto una piccolissima introduzione, ma molto breve, più o meno sulla falsa riga di quello che dicevo questa mattina, e cioè che, in altri termini, il sistema creditizio è stato di fatto, e lo è tuttora, un sistema monopolistico di cartello d'impresa, cioè le banche sono imprese che di fatto non hanno mai esercitato in un regime di concorrenza, e questo è un grave limite del nostro sistema creditizio, ma non in Sardegna, in Italia. In Sardegna questo problema è ulteriormente accentuato da altri fattori.

Inoltre, come accennavamo stamattina, come dicevo stamattina, il sistema creditizio è sempre stato tenuto al lazzo dall'Esecutivo, che ha sempre usato il credito per i suoi interessi, e questo sistema creditizio è quindi cresciuto con una grande vischiosità operativa, determinata dalla vischiosità dell'Esecutivo, con costi elevatissimi e grandissime inefficienze, quindi era un'impresa che agiva in un sistema monopolistico, ma che non sapeva fare impresa, tra l'altro; era un'impresa fallimentare, perché i costi erano altissimi ed era assolutamente inefficiente.

Cosa succede con la legge Amato? Io mi permetto di parlare a voce alta per chiarire a me stessa, prima di tutto, qual è il confine tra il prima e il dopo Amato. Con la legge Amato, Amato capì che questo sistema creditizio, in un mercato globalizzato, onorevole Fois, non poteva più andare avanti, e ha cercato - anche se oggi l'onorevole Marteddu ci ricorda che la legge Amato è forse superata - comunque di separare, attraverso la istituzione delle fondazioni, come dire, la gestione della politica da quelli che sono i compiti di una banca, che sono, oggi, quelli di entrare in un mercato e di fare impresa. Lo scopo della S.p.A., che non è più un istituto pubblico, ma è diventata una società privata, è quella di produrre profitto; non è questo lo scopo della fondazione, che è altro, e quindi, in un certo senso, la legge Amato ha creato questa sorta di essere bicefalo, che sembra quasi, come dire, avere difficoltà di convivenza, ma che nella realtà non dovrebbero esistere affatto le difficoltà di convivenza, perché è come se si trattasse - lo diceva molto bene stamattina il collega Falconi - di un proprietario di una impresa, la fondazione, e il Presidente della S.p.A è invece il gestore di questa impresa, il Presidente della S.p.A. deve fare in maniera che l'impresa sia attrezzata per entrare nel mercato, mentre la fondazione deve tutelare il bene di cui è garante, cioè deve fare in maniera che questo bene non venga disperso, perché il gestore dell'impresa potrebbe fare anche delle azioni azzardate, delle operazioni di borsa per esempio, che non sono esattamente quello che deve essere fatto sulla base degli scopi statutari che ha la fondazione, che deve quindi conservare il bene, tutelare questo bene che, fra l'altro, ed è qui, secondo me, il nodo importante, il bene non è della fondazione, ma è del popolo sardo, e tutelando questo bene, dopo che c'è stata la divisione dei dividendi, una parte di questi dividendi, per legge, devono essere utilizzati nel terzo settore. Questo è lo stato attuale delle cose; questo dice la legge Amato.

La direttiva Dini ha superato alcune cose, ha incentivato, ha chiesto alla fondazione: "Non rimanete sterilmente possessori di tutto il pacchetto azionario, ma dovete privatizzare, perché queste sono le esigenze del mercato", e la nuova legge, che adesso è nel gabinetto del Sottosegretario, darà ulteriori incentivi, per esempio di tipo fiscale, alle fondazioni che vorranno privatizzare. Quindi noi in Sardegna siamo talmente distanti, da quello che deve essere ad oggi la situazione del rapporto tra fondazione e la S.p.A, che c'è solo da mettersi le mani nei capelli, e ne stiamo parlando, in quest'Aula, quando le cose sono ormai fatte, cioè quando non c'è comunque più niente da fare, ma vedremo se più niente da fare c'è.

Esiste questa società privata. Mi sorprendono i dubbi dell'onorevole Fois, che oltre ad essere un esimio professore di diritto internazionale, che quindi dovrebbe avere, come dire, il concetto di mondializzazione molto familiare, è anche credo uno dei più europeisti fra di noi, perché è il nostro rappresentante, eppure ha delle perplessità. L'onorevole Fois continua ad avere delle perplessità, che sono legittime, forse sono le perplessità di tutti, dice. Ma come si fa in una regione che ha tanti problemi economici, a presumere di essere attrezzati ed entrare nel mercato? Però, onorevole Fois, lei mi insegna, perché è lei che me lo dice, che noi non abbiamo scelta. Il mercato non è un'invenzione del centro destra, il mercato globalizzato è una realtà. Ed è una realtà in più, una realtà in più di cui noi non conosciamo molto bene i meccanismi; l'unica cosa che sappiamo è che è un meccanismo che funziona se corre sempre più veloce. Non sappiamo perché e non sappiamo neanche come fermarlo, e quindi dobbiamo correre sempre più veloci, e non abbiamo alternative, perché oggi non abbiamo un altro sistema di produrre ricchezza, se non quello di adeguarci ad un mercato che è pazzo, perché l'unico suo scopo, l'unico suo significato è quello di correre sempre più veloce. E` una situazione di grave disagio, ed allora, a mio parere, una delle cose che deve essere modificata, è proprio la cultura nell'andare a vedere il confine fra Stato e mercato, e come dire ridimensionare, ridefinire sul piano anche etico il rapporto tra Stato e mercato, laddove il mercato garantisce le libertà che sono le uniche che garantiscono la ricchezza, lo Stato garantisce le garanzie, cioè da questo punto di vista garantisce la massima diffusione della ricchezza nella popolazione.

Noi siamo in questo tipo di meccanismo e dobbiamo adeguarci. In certo senso in quest'ottica Fondazione e S.p.A. non sono, quindi, due entità che lottano tra di loro, perché la Fondazione tutelando il bene fa sì che la S.p.A. possa essere sempre più forte e più competitiva per entrare nel mercato.

Allora, in altri termini bisogna cambiare la cultura che fino ad oggi ha deciso che la Stato dovesse produrre ricchezza, e che il mercato dovesse produrre garanzie, perché siamo ancora in una cultura dove - come dire - l'imprenditore deve prima garantire la diffusione della ricchezza, e poi eventualmente vedere come provare a produrre questa ricchezza. Dobbiamo invertire un pochino questo rapporto e in un certo senso la legge Amato ci costringe a pensare in questi termini. La direttiva Dini ci spinge a pensare in termini ancora più spinti, e la nuova legge sulle privatizzazioni delle Fondazioni ci metterà di fronte a dei dati di fatto, di fronte ai quali se non siamo attrezzati perdiamo una volta ancora il treno dello sviluppo economico.

Mi dispiace soffermarmi, mi sembra di essere quasi una maestra elementare, però mi è sembrato di intravedere anche alcune confusioni, quando qualcuno dice: "Ma è sicuro che la banche devono certamente rispondere solo alle leggi di mercato, oppure non devono anche garantire le fasce più deboli della società e fare attenzione a questi problemi?". No, non è così perché abbiamo detto che i ruoli devono essere divisi. Se le S.p.A. non si sganciano dalla vischiosità del sistema politico non possiamo entrare nel mercato.

La cosa che io trovo inquietante - e mi rifaccio ancora a quanto ha stamattina segnalato l'onorevole Falconi - è che nell'equivoco che la Fondazione sia il proprietario di questo bene S.p.A., l'onorevole Falconi, non a livello personale, io credo che sia l'espressione di una cultura del suo partito, ritiene che il compito della Fondazione sia quello di mantenere il possesso del pacchetto azionario; è questo che lei ha detto onorevole Falconi, me lo sono segnato quasi inorridendo, perché non è questo il compito. Direi che è inquietante quello che lei dice, che il dovere è quello di tenere il controllo del pacchetto azionario; ha detto l'onorevole Falconi che è giusto che il controllo del pacchetto azionario lo abbia il partito di maggioranza relativa. L'ha detto ed io ho di nuovo inorridito; d'altra parte è così onorevole Falconi, io non ho bisogno di spiegarglielo, basta che glielo dica, ci sono otto rappresentanti di nomina politica nel CdA, lasciamo perdere i rappresentanti delle categorie, che sono comunque minoritari. Ci sono otto rappresentanti di nomina politica, quattro di costoro (se non lo dico io voglio vedere chi lo dice, non lo può dire nessun altro che me, mi permetto di dirlo con tutta la serenità che mi caratterizza) sono direttamente legati al P.D.S., perché sono pidiessini. Altri due, quindi su otto facciamo sei, quindi una maggioranza assoluta, hanno un rapporto non dico di sudditanza, ma certamente un rapporto di intimità con il P.D.S.. Allora, quando il CdA della fondazione fa le sue delibere, il P.D.S. non ha bisogno di prendere accordi con nessuno; non dimentichiamo che ogni volta che si parla di fondazione viene fuori un grandissimo disagio tra tutti noi, un disagio soprattutto nei partiti di maggioranza, e mi dispiace molto che questa prepotente presenza del P.D.S. venga attenuata dall'utilizzo, che io non trovo corretto, di una persona stimabile, un professore universitario, ex Rettore dell'Università di Sassari, che viene utilizzato in un certo senso per coprire le inverecondie del P.D.S. all'interno di questo CdA.

Volete una prova? Ve la dò subito, perché l'onorevole Marteddu parlava di organi di vigilanza, ma quali sono onorevole Marteddu gli organi di vigilanza? Lei li conosce? Benissimo, ma neanche io.

MARTEDDU (Popolari).La Banca d'Italia.

SANNA NIVOLI (A.N.). La Banca d'Italia: sa chi ha segnalato la Banca d'Italia? Ha segnalato uno in quota a Federazione Democratica, ma in quota Federazione Democratica Cosa 2, quindi è un possesso totale, un possesso incondizionato. E quando l'onorevole Falconi parla di controllo azionario, io alla luce di questo mi spavento e mi allarmo.

Comunque due prove del motivo perché sono allarmata, e perché ritengo non ci siano organi di vigilanza e perché io stessa, come rappresentante dell'opposizione, non posso esercitare questa vigilanza è dimostrato, per esempio, da due singolari iniziative della fondazione, la quale ha deciso opportunamente, perché è legale e legittimo, di finanziare, con credo quaranta milioni, la Fondazione Gramsci, che tutti sappiamo - non sto rivelando nulla di nuovo - è un possesso del P.D.S., mentre ha negato il finanziamento ad una iniziativa dell'Azienda Sanitaria Locale di Sassari che voleva utilizzare questi soldi per diffondere una sorta di educazione sanitaria, una sorta di libretto di educazione sanitaria, compito statutario della fondazione.

Io non dico che il CdA abbia sbagliato a dare i soldi alla Fondazione Gramsci e a negarli alla A.S.L. di Sassari, non entro nel merito, però mi piacerebbe conoscere i criteri che hanno stabilito che la Fondazione Gramsci meritasse i quaranta milioni e che l'iniziativa della A.S.L. non li meritasse. Chiedo solo questo.

Allora, onorevole Marteddu, quali sono questi organi di vigilanza, dove sono? Ed allora, come prima cosa, chiedo ufficialmente che d'ora in avanti le delibere della fondazione siano pubbliche, pubblicabili ed accessibili ad ciascuno di noi. Ma non perché ogni volta le andiamo a chiedere, ma perché possano essere verificate ogni volta che vengono emesse le delibere. Ecco perché mi inquieto e mi preoccupo quando l'onorevole Falconi dice che compito della fondazione è quello di conservare il suo pacchetto azionario; mi pare di essere stata abbastanza chiara.

Non ci sorprendiamo, perché questa è una anomalia sarda, nelle altre fondazioni non esiste questa concentrazione di potere partitico di un solo partito. Perché giustamente se la fondazione gestisce e comunque tutela un bene pubblico, il pubblico deve essere rappresentato, e badate non sono né una nostalgica del manuale Cencelli, né rimpiango le lottizzazioni, per carità, ma non mi si venga a dire che la fondazione tutela un bene pubblico, perché il pubblico non è rappresentato.

E` rappresentata una minoranza di elettori, attraverso la democrazia rappresentativa, di cui l'onorevole Secci stamattina parlava nel suo lucido excursus, quando ha ricostruito la storia, quasi grottesca, del litigio tra queste due entità del credito. Nella democrazia rappresentativa, che non è (come diceva qualcuno molto più saggio di me) proprio il miglior modo di gestire la cosa pubblica, ma è uno dei migliori che si conoscono. Questa democrazia rappresentativa è stata calpestata nella vicenda della fondazione.

Quindi, ecco perché ribadisco che il mandato, che in questa nostra mozione viene dato alla Giunta regionale, di impartire certe direttive, e in caso di rifiuto ad ottemperare e a porre in atto le procedure di revoca della nomina dei medesimi rappresentanti, ai sensi dell'articolo 7 della legge regionale 11/95, quindi fortunatamente gli organi di vigilanza, in questo caso il Consiglio regionale, può avere anche uno strumento politico per intervenire per modificare questa anomalia tutta in salsa sarda.

Comunque, per chiudere Presidente, se Atene piange (diceva qualcuno) Sparta non ha nessun motivo di ridere, e in effetti se la fondazione è così fallimentare nella gestione, è così antidemocratica nella sua gestione, devo dire che anche la S.p.a., il Banco di Sardegna, non è che abbia avuto una condotta sempre lineare.

Sappiamo tutti che esistono, visto che stiamo parlando chiaro, delle liste, degli elenchi di clienti privilegiati, ma non entriamo nel merito, perché si dice ma non è dimostrabile, però alcune cose sono dimostrabili, e alcune curiosità Alleanza Nazionale ha cercato di chiarirsele fin dall'inizio di questa legislatura, come per esempio, Presidente, quando ha chiesto quali sono stati gli esiti dell'indagine che l'organo anti trust, cioè la Banca d'Italia, ha fatto sul Banco di Sardegna. Io personalmente l'ho chiesto al dottor Idda, e il dottor Idda si è rivolto a me con un'aria quasi irridente, questo per togliere ogni ombra di dubbio, di connivenza che qualcuno adombrava stamattina.

Sì, caro Cugini, qualcuno diceva che la nostra veemenza nel denunciare questo fatto sembrava adombrare una connivenza con gli organi del Banco di Sardegna. Né con la Fondazione, come vedete, che vorremmo decapitare, né con il Banco S.p.a., perché non siamo clienti privilegiati e qualche volta il Presidente ha irriso alle nostre domande.

Quindi, mi associo alla richiesta dell'onorevole Balia di fare chiarezza, Presidente Palomba, anche perché un'indagine fatta un paio d'anni fa ha messo in luce dei gravissimi indici, degli indici gravemente insufficienti di redditività e di produttività, del Banco di Sardegna, al punto tale che fin da ora si sospetta che - come l'onorevole Balia ha molto chiaramente espresso - il Banco di Sardegna non ce la farà da solo, ma sarà sicuramente inglobato in organismi più corazzati per affrontare il mercato, e questo probabilmente perché il gestore di questa azienda, che non è mai stato nostro amico, non è neanche stato un buon gestore.

Quindi queste risposte, onorevole Palomba, visto che il Presidente del Banco di Sardegna non ha saputo, o non ha voluto offrirmele, mi piacerebbe sentirle da lei.

Congedi

PRESIDENTE. Devo fare due brevi comunicazioni. Il consigliere Gabriella Busonera chiede di essere collocata in congedo per l'ulteriore prosieguo dei lavori consiliari, a causa di urgenti problemi familiari.

Dello stesso tenore è la seconda comunicazione, arrivata qualche minuto fa, ne devo dare lettura: il consigliere Gianfranco Tunis chiede di essere collocato in congedo per l'ulteriore prosieguo dei lavori consiliari a causa di gravi motivi familiari.

Sono due richieste di congedo, se non ci sono osservazioni il congedo è concesso.

Continuazione della discussione abbinata delle mozioni CUGINI - VASSALLO - GHIRRA - SASSU - ZUCCA - USAI Pietro - BERRIA - DETTORI Ivana - CONCAS - MONTIS - ARESU sulla privatizzazione del Banco di Sardegna (159) e PITTALIS - BONESU - MASALA - AMADU - MANUNZA - USAI Edoardo - SANNA NIVOLI - SERRENTI - BALLETTO - CASU - BIGGIO sulla situazione del credito in Sardegna (161)

PRESIDENTE. E` iscritto a parlare il consigliere Cugini. Ne ha facoltà.

CUGINI (Progr. Fed.). Grazie Presidente. Devo ammettere, senza nessuna reticenza, che il dibattito questo pomeriggio in particolare, ma già da stamattina, ha imboccato una strada convincente, nel senso che si è passati a discutere del merito con le opinioni diverse che si sono espresse, chiaramente, però c'è stato un chiaro salto di qualità, perché questa mattina nella illustrazione della mozione delle opposizioni il collega Pittalis ha usato delle espressioni che avrà occasione di chiarire, ma che io ho interpretato un po' come sfida, un po' come volontà politica di impedire a una parte del Consiglio di esprimere proprie iniziative politiche in Sardegna, al punto da portarlo ad affermare che l'assenza dei consiglieri del mio Gruppo alla seduta della Commissione lui la censura. Censura, quindi, la partecipazione dei consiglieri del Gruppo Progressista Federativo a una riunione del partito al quale appartengono. E` una volontà questa che, mi dispiace per il collega Pittalis, non può essere manifestata, accolta, e non é nel suo potere, per fortuna nostra e della democrazia.

Così come rimando al mittente, se fosse riferita a rappresentanti della forza politica alla quale io appartengo, l'affermazione che le posizioni più dure e drastiche della Fondazione sono state assunte da rappresentanti impegnati in azioni affaristiche.

Se il collega Pittalis ha da denunciare affari illeciti commessi da componenti della Fondazione, essendo egli avvocato sa a chi si deve rivolgere, ed io attendo che si rivolga a chi lui sa deve rivolgersi. Se non lo dovesse fare è bene che affermazioni così pesanti non si facciano neanche in quest'aula. Aspetto però il chiarimento, sono uno paziente!

Così come non penso che la riservatezza che ha contraddistinto la posizione del Consiglio di amministrazione della Fondazione possa essere rappresentata con riferimento ai Carbonari, anche se i Carbonari in quella fase storica hanno svolto una funzione molto positiva per il nostro Paese, ma è un comportamento coerente con avere assunto una responsabilità come quella di far parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione; anzi, dal mio punto di vista è da censurare chi ha organizzato la chiassata in Sardegna su quel tema. Però, detto questo, voglio dire che su questo argomento, sulla questione dei rapporti tra fondazioni e consigli di amministrazione delle banche nei mesi passati ci sono stati ampi confronti in diverse realtà del territorio nazionale. Quindi è normale che tra due momenti, seppure per svolgere attività e compiti diversi, ci sia un confronto politico. E` avvenuto, ripeto, in diverse realtà, per diversi istituti di credito, e sono state date soluzioni diverse.

Quindi non mi scandalizza neanche questo, però io penso che la chiassata non abbia agevolato il Banco di Sardegna. La chiassata che è stata organizzata non ha agevolato il Banco di Sardegna. Questa è una nostra convinzione. Avremmo preferito riservatezza, avremmo preferito altri comportamenti.

Per quanto riguarda noi, i colleghi della Terza Commissione sono buoni testimoni, e possono senz'altro confermare che i rappresentanti del mio Gruppo in Commissione hanno svolto una funzione positiva nel cercare di costruire un punto di incontro tra la posizione del Consiglio di amministrazione del Banco di Sardegna e quella della Fondazione. Noi abbiamo proposto e abbiamo indicato la strada del confronto e dell'incontro per una soluzione positiva. Lo devo dire qui, mentre il presidente Raggio ha accolto quella indicazione, il presidente Idda l'ha respinta. A noi questo è dispiaciuto (presidente Raggio, in quanto in quel momento rappresentava il Presidente della Fondazione, se no sappiamo tutti che è vicepresidente).

Questo lo dico perché non è giusto attribuire al mio Gruppo, e conseguentemente al partito al quale appartengo, una ricerca dello scontro. Adesso la collega Sanna diceva che c'è una egemonia del P.D.S. all'interno del credito. Io aggiungo: magari fosse così. Non è così, e non è giusto affermare o fare affermazioni nei confronti dell'ex Rettore dell'Università come quelle che sono state fatte qui, perché parliamo di persona rispettabilissima, appunto dell'ex Rettore dell'Università, e non è giusto esprimere giudizi pesanti, come sono stati espressi questa mattina nei confronti del vice Presidente della Fondazione.

Non c'è nessuna egemonia, né di tipo culturale, né e soprattutto di tipo numerico. E aggiungo, perché chi vuole trattare questo argomento, che le decisioni del Consiglio di amministrazione della Fondazione sono state assunte sempre all'unanimità meno uno, questo è importante, per chi vuole verificare l'appartenenza dei componenti del Consiglio di amministrazione; questo lo può fare e può verificare quello che io sto dicendo.

Quindi, è inutile questo accanimento dal sapore antico nei confronti di chi ha posizioni ed opinioni diverse, vanno rispettate, e vanno rispettate le posizioni di tutti, ed aggiungo che vanno rispettate soprattutto le posizioni di quelle forze politiche che hanno contribuito, in questo nostro Paese, alla costruzione della democrazia, che l'hanno difesa in momenti difficili, che l'hanno portata a questa situazione, che ci permettono di fare questi ragionamenti in quest'aula.

Altri tentativi non ci convincono, non li condividiamo e non li proponiamo. Comprendo perfettamente che quando si discute di questi argomenti ci si accalora, si danno letture diverse delle posizioni, però per quanto riguarda l'aspetto tecnico apprezzo pubblicamente l'intervento che ha fatto il collega Randaccio. Lo condivido e lo sottoscrivo, perché è stato un intervento competente, nel rispetto della legge, con indicazioni precise, e lo devo dire, richiamano molto le posizioni che sono state espresse dalla Fondazione nell'unico comunicato che è stato emanato da quando si tratta questo problema.

Allora, mi sono impegnato con il presidente Selis ad essere breve, per quanto ci riguarda noi abbiamo presentato una mozione perché ritenevamo giusto portare dentro quest'Aula la discussione sul credito, come Gruppo abbiamo promosso delle iniziative pubbliche, non delle iniziative dei Carbonari ma pubbliche, svolte all'Università di Sassari, partecipate come quella che abbiamo tenuto a Cagliari, abbiamo dato voce ai dirigenti del Banco di Sardegna, hanno avuto la possibilità di illustrare la loro posizione, di svolgere le critiche più severe nei confronti della gestione del Banco di Sardegna da parte del Presidente Idda, siamo diventati, per chi aveva interesse, l'altoparlante delle valutazioni e delle discussioni sul credito, ed andiamo orgogliosi di avere assunto quelle iniziative e di aver permesso a chi nel tempo non ha avuto la possibilità di trattare pubblicamente quegli argomenti di trattarli, perché sappiamo come la stampa si è atteggiata nel discutere di questi argomenti.

Concludendo, voglio dire, ma può sfuggire a qualcuno, che l'iniziativa, la posizione del Consiglio di amministrazione della Fondazione è stata apprezzata dal Ministero del Tesoro il 1° luglio, che la Fondazione è stata incoraggiata nella sua scelta autonoma, non lo dico io questo, lo dice il comunicato della Fondazione. Non è intervenuto nessuno, anche quelli addetti al controllo, per smentire questo comunicato; se questo è avvenuto, conferma che c'era un collegamento stretto tra i diversi momenti decisionali su una materia così difficile e complessa, e nel silenzio che appunto l'argomento impone. Quindi io non sono per far diventare questo argomento, argomento di scontro né tra le forze della maggioranza, figuriamoci, ma neanche tra le forze del Consiglio, perché mi pare che poi alla fine sulla esigenza della privatizzazione siamo d'accordo, sul fatto che il Banco di Sardegna assuma una funzione sovraregionale e sia messo in condizioni di operare nel mercato nazionale e europeo, siamo d'accordo, non c'è elemento di scontro su questo; è che, non da noi che non siamo chiamati ad esprimere nè giudizi tecnici, né scelte nel Consiglio di amministrazione, ma il Consiglio di amministrazione della Fondazione, che ha queste competenze, ha giudicato non corrispondente la proposta che è stata fatta dal Banco di Sardegna. Questo non significa che non si possa e non si debba procedere sulla strada della privatizzazione, in applicazione, come è detto nel comunicato, dalla direttiva Dini.

Quindi stiamo al merito, lasciamo l'esigenza di polemizzare tra di noi, avremo occasione anche nelle prossimo settimane, costruiamo un consenso, diamo una indicazione, facciamo rientrare nelle competenze della Fondazione, poi conseguentemente del Banco, le scelte che devono essere fatte, operiamo con una indicazione sobria, per quanto riguarda questa parte e io sono d'accordo con il collega Marteddu che ha trattato alla fine del suo intervento questo argomento.

Io sono perché ci sia anche stasera un pronunciamento da parte della Giunta, che si recuperi il confronto che nei diversi momenti è avvenuto e si proceda, se è possibile, con un ordine del giorno unitario per dare un indirizzo, ripeto, sobrio sull'argomento, che permetta di riportare all'attenzione della Sardegna dei momenti decisionali della politica l'argomento e ci permetta appunto di trattarlo nel merito, perché il merito è quello che oggi è atteso all'esterno di questa Aula. Non deve essere quindi occasione per uno scontro, ma deve essere l'occasione per la costruzione di una indicazione affinché il prossimo Consiglio di amministrazione del Banco di Sardegna sia composto da competenze riconosciute, da professionalità utili a far fare al Banco il passo che stavamo richiamando, autonomi, indipendenti, che rispondano sempre alle direttive della Banca d'Italia, che facciano gli interessi della Sardegna, che facciano procedere la banca sulla linea della privatizzazione, e diciamo della nazionalizzazione per quanto riguarda gli interventi che dovrà fare.

Su questa linea, caro Marteddu, mi trovo perfettamente d'accordo, il mio Gruppo è disponibile a costruire questa soluzione e siamo qui per contribuire materialmente alla stesura dell'atto che ci permetta di chiudere questo confronto politico che abbiamo aperto, ripeto, male da parte del collega Pittalis, molto meglio da parte di altri che sono intervenuti.

PRESIDENTE. E` iscritto a parlare il consigliere Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS (F.I.). Mi piacerebbe fare un intervento totalmente diverso da quello che mi accingo a fare, certamente non apportando però di più di quanto non si sia detto durante la giornata sulla discussione emersa in merito ad una mozione, ma poi che ha abbracciato largamente tutta la posizione del Consiglio nelle sue varie articolazioni a proposito del sistema del credito.

Mi voglio rifare invece allo spirito con cui si è presentata questa mozione e alle motivazioni per le quali i firmatari della mozione - io non sono tra questi, naturalmente la condivido ampiamente - vogliono portare avanti la votazione sulla mozione stessa, che il settore politico sia fortemente interessato al settore creditizio, e che una forza politica spicchi sulle altre nell'ingerenza del settore creditizio, mi pare, che sia più che evidente, nasconderemmo la realtà di quello che succede in Sardegna se dovessimo dire che il settore creditizio è assolutamente svincolato dal sistema politico. P.D.S. governa SFIRS, SIPAS, SIGMA adesso con questo ultimo Consiglio di amministrazione penseremmo, o abbiamo buoni motivi per pensare, che si appresta anche a governare il Banco di Sardegna, però nessuna meraviglia né dai banchi della maggioranza neppure dai banchi dell'opposizione, ci battiamo per una politica diversa ma prendiamo atto che la maggioranza, che con i numeri che ha, può determinare queste scelte ha preso una strada diversa da quella che noi vorremmo, ci doliamo di questo ma così stanno le cose.

Quello che preoccupa noi invece è che di fronte ad una logica di mercato al quale nessuno si può sottrarre perché non è che noi accettiamo il mercato, ma è il mercato che ci obbliga a seguire certe regole, c'è il rischio fondato da parte nostra che non avvenga una rottura del sistema creditizio in Sardegna per l'attacco portato dall'esterno, ma che il potere politico porti il sistema creditizio ad una implosione; ovvero che noi con la nostra attività politica e con i collegamenti che ci sono, e non ce li sottendiamo da nessuna parte in quest'Aula né da nessuna parte dell'Isola, stiamo facendo di tutto affinché il sistema creditizio si imploda, anzi imploda..

Proprio per evitare questo con grande sforzo alcuni consiglieri dell'opposizione, con grande senso di responsabilità, hanno presentato la mozione; una mozione che a mio avviso dovrebbe essere votata forse più dalla maggioranza di quanto non dovrebbe succedere da parte dell'opposizione. Nella mozione esattamente che cosa si dice? Si dice che il sistema creditizio in Sardegna sia esso rappresentato dal CIS, sia esso rappresentato dal Banco di Sardegna è indifeso rispetto all'attacco del mercato; ed allora, si sollecita con questa mozione la Giunta affinché tramite i suoi rapporti con la Fondazione Banco di Sardegna (per la parte Banco di Sardegna) e tramite i suoi rapporti col CIS, li conosciamo bene essendo titolare delle azioni, si attui quel sistema creditizio in Sardegna per sfruttare al meglio le sinergie. Questo è il senso della mozione. Cioè, che il sistema creditizio che sappiamo probabilmente verrà aggredito dall'esterno, abbia gli strumenti per difendersi e se comunque dovesse avvenire una fusione con un sistema bancario nazionale o internazionale che sia posto nelle condizioni di avere comunque una voce in capitolo all'interno del sistema su cui andare a confluire; viceversa succederà che l'implosione porterà ad una perdita di valori di mercato dell'istituto di credito che verrà acquisito quasi - tra virgolette - a titolo gratuito, o perlomeno al di sotto del valore che l'istituto può rappresentare, e che comunque questa perdita di valore del mercato determini una perdita di capacità di rappresentazione della Regione Sardegna all'interno di un eventuale nuovo partner. Questo è lo spirito della mozione. Realmente e convintamente dico che chi vota contro questa mozione, avendo per un voto contrario maggiori motivazioni l'opposizione che l'ha presentata che non la maggioranza, non fa gli interessi né del sistema creditizio né del sistema politico ed in ultima analisi dell'interna Sardegna; è fin troppo evidente quella che è l'intima connessione tra sistema creditizio ed economia, abbiamo un'economia in ginocchio e in profonda crisi, un sistema creditizio che certamente non la sostiene probabilmente a sufficienza, facciamo di tutto perché tale sistema non venga acquisito da altri e l'influenza nefasta che potrebbe avere sull'economia darebbe il colpo di grazia all'intera isola sarda.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro domanda di parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.

Per esprimere il parere della Giunta ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.

PALOMBA (Progr. Fed.), Presidente della Giunta. Grazie Presidente, una annotazione preliminare che faccio a titolo personale, come persona e come consigliere e non come Presidente della Giunta, è quella che riguarda il rigetto verso un costume di dicerie e di maldicenze a cui si è accennato e che devono essere mantenute fuori dalla politica, la quale si fa con i principi e con i valori. Anzi io credo che il Consiglio debba essere ancora più fermo nella tutela...

FLORIS (F.I.). Presidente Palomba, purtroppo ci sono problemi di audio.

PALOMBA (Progr. Fed.), Presidente della Giunta. Devo ricominciare?

FLORIS (F.I.). Se è possibile sì.

PALOMBA (Progr. Fed.), Presidente della Giunta. Non so se dipenda dal mio tono di voce o dal brusio che c'è, comunque, cercherò di sollevare la voce.

Raccolgo le osservazioni che sono state fatte, molto puntuali e precise che hanno levato la voce contro ogni forma di diceria, di maldicenza e di denigrazione che non deve albergare nel Consiglio né al di fuori in quanto la politica deve essere sempre limpida e trasparente. Io mi trovo pienamente d'accordo con queste posizioni ed anzi credo che forse qualche volta la nostra tutela e l'autotutela anche del Consiglio e dei singoli e delle istituzioni è stata qualche volta debole nei confronti di questo metodo incivile del fare politica. E vorrei anche dire che non sono d'accordo con le schematizzazioni e le gratuite semplificazioni che inutilmente, dannosamente e ingenerosamente possono rischiare di ferire le storie personali e quelle dei raggruppamenti sociali, civili e politici.

Esprimendomi nel merito del tema di cui abbiamo parlato, che è la cosa che è più importante lasciando da parte i pre-giudizi, su questo tema voglio ricordare che la Giunta dopo aver esaminato questo problema al proprio interno approfonditamente ha illustrato alla Terza Commissione Programmazione la propria posizione che non è mutata, essa è una posizione che dà per scontato che la missione di una fondazione bancaria debba essere quella di procedere rapidamente alla privatizzazione della società conferitaria, fino a mantenere non più del 50 per cento delle azioni come dice la legge. Questo nel rispetto dell'autonomia di entrambe le istituzioni bancarie, della istituzione S.p.A. nel potere di proposta e, della fondazione nel potere di decisione circa il piano di privatizzazione. A questo orientamento la Giunta si è finora attenuta, per la Giunta l'unico punto attuale di riferimento prima che il Consiglio voti su queste mozioni è rappresentato dal contenuto e soprattutto dal dispositivo della risoluzione della Commissione programmazione. Una risoluzione che invita la Giunta ad operare perché nel rispetto dei ruoli tra Fondazione e Banco anche attraverso l'aumento del capitale venga realizzato il processo di privatizzazione dello stesso Banco di Sardegna, affinché possa essere favorito sia lo sviluppo del ruolo del Banco di Sardegna come banca di rilievo regionale, ma anche un suo rilancio, una sua maggiore forza, una sua maggiore capacità di competere anche nei mercati internazionali in quella che viene considerata la globalizzazione; questa allo stato è l'unica pronuncia del Consiglio che vincola la Giunta, la quale la Giunta si sente peraltro di condividere e in questo senso anche qualche passo è stato mosso. Ora la Giunta si impegna (lo ripeto) ad operare affinché il processo di privatizzazione avvenga, ed avvenga con quella proficuità economica e con quella celerità che è imposta dall'esigenza di rafforzare un istituto di credito che per la Sardegna ha una grande importanza.

Insieme a questo impegno, la Giunta esprime anche la propria volontà di vigilare affinché questo processo avvenga ed eventualmente se il Consiglio lo riterrà ad informare e a riferire allo stesso Consiglio o nella Commissione competente o nell'Aula; in questo senso la Giunta allo stato non vuole valutare se taluna delle mozioni sia diversa rispetto alla risoluzione, la muti in qualche sua parte essendo questo attualmente il punto di riferimento per la Giunta.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cugini. Ne ha facoltà.

CUGINI (Progr. Fed.). Propongo di fare una breve conferenza dei Capigruppo per vedere se si può costruire una soluzione unitaria del Consiglio sull'argomento.

PRESIDENTE. Se l'oggetto è quello che ha enunciato l'onorevole Cugini, di verificare se c'è una convergenza, più che un'attività di Conferenza dei Capigruppo si tratta di un confronto tra le forze politiche e, si può sospendere dieci minuti, perché questo non si fa in conferenza dei Capigruppo. Sono le 19 e 50, sospendiamo per dieci minuti.

(La seduta, sospesa alle ore19 e 50, viene ripresa alle ore 20 e 02)

PRESIDENTE. Abbiamo esaurito il dibattito sulle due mozioni; ricordo ai colleghi che la mozione 154 è stata ritirata, sono state discusse ed illustrate le mozioni 159 e 161 .

Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (F.I.). Signor Presidente, mi pare, che abbia diritto alla replica. Tranquillizzo i colleghi che veramente la replica che è stata sollecitata dall'intervento del collega Cugini, perché altrimenti non sarei neanche intervenuto, posto che le considerazioni che avevo da fare le ho fatte questa mattina nella illustrazione della mozione. Voglio subito tranquillizzare il collega dicendo che non ho assolutamente imposto alcun veto o osservazione in relazione a quella che è una libera determinazione del gruppo del P.D.S. di partecipare o no ai lavori dell'Aula o delle Commissioni, ci mancherebbe altro! Abbiamo però censurato, questo sì, la strumentalità di tale assenza per procrastinare il dibattito e la votazione sulla risoluzione all'esame del giorno, che avrebbe reso assolutamente inutile il protrarre del dibattito a cose oramai già fatte.

L'altro aspetto è che di affari illeciti ne ha parlato soltanto l'onorevole Cugini; io non vorrei che l'onorevole Cugini, seguendo un vecchio detto, non lo so, ma non lo voglio dire perché non voglio alimentare polemiche, ed allora mi trattengo, non ho parlato di affari illeciti e voglio rileggere quel passo perché è del tutto tranquillo e sereno dove io riferivo... Chiedo scusa ma la stanchezza oramai prende anche il sopravvento, ho fatto stampare il mio intervento proprio perché rimanga agli atti come sicuramente è, e testualmente io ho riferito la questione del credito, proprio perché voglio evitarvi di riproporvelo come questa mattina, ma in questo momento proprio non trovo esattamente il passo, comunque è agli atti, onorevole Cugini non si spaventi, io non ho parlato di illeciti perché io lascio alla magistratura eventualmente l'accertamento sotto questo profilo, io mi permetto di fare osservazioni sul piano politico.

Lei, però ha parlato di chiassata che si è fatta intorno al tema del credito e del Banco di Sardegna; bene, questa espressione mi spaventa; mi spaventa perché vi è la tendenza da parte del P.D.S., e direi forse da parte di un settore del P.D.S. in maniera assai prevalente, a voler a tutti i costi, su un tema come questo, chiudere ogni possibilità di dibattito e addirittura si è questa mattina puntato il dito non solo contro il direttore dell'Unione Sarda, ma questa mattina è stato addirittura citato anche il direttore della Nuova Sardegna, il dottor Olivio Liuzzi, che reo di essersi occupato, leggo testualmente un passo dell'intervento di un consigliere del Gruppo del P.D.S., "reo di essersi occupato dopo anni di silenzio della questione del Banco di Sardegna", come si occuparsi del Banco di Sardegna sia soltanto una prerogativa del Partito Democratico della Sinistra. Al direttore della Nuova Sardegna va la solidarietà mia personale e del Gruppo di Forza Italia, perché questo sì, cari amici del P.D.S., è un attento alla libertà della informazione, ed evidentemente esistono giornalisti anche quelli a voi vicini che, però, non sono sicuramente nel vostro libro paga e hanno ancora la dignità di poter pensare in assoluta libertà.

Allora, da questo dibattito nulla è sortito, da questo dibattito nulla ha chiarito il Presidente Palomba, da questo dibattito non è emerso il perché si è voluto bloccare l'operazione del Banco di Sardegna. Da questo dibattito però si sono chiarite le responsabilità che ciascun consigliere, che ciascun Gruppo, che ciascuna parte politica dovrà assumersi in relazione a questa vicenda.

Un passaggio che mi ha veramente intristito, anche per le note scure che richiama, è quello del collega Vassallo. Egli ha testualmente detto: "La banca decide la morte di uno e la vita di un altro". Collega, io penso che non stia alla banca decidere della sorte degli uomini, delle imprese, ma spetti ad una Giunta coraggiosa, ad una Giunta che ha un programma serio e coraggioso destinare e programmare le risorse di questa Isola ed incidere con trasparenza e con chiarezza sulle politiche del credito. Questo penso che debba preoccuparci e non invece quello che lei ha sottolineato con anche enfasi e che certamente riflette una concezione anticapitalista, antimpresa che sicuramente non è al passo con i tempi.

Presidente. Ha domandato di parlare il consigliere Bonesu. Ne ha facoltà.

BONESU (P.S. d'Az.). Intervengo per chiedere il voto segreto su entrambi i documenti.

PRESIDENTE. Vi è la richiesta di voto segreto su entrambi i documenti, si votano nell'ordine di presentazione, e cioè: prima il 159 e poi il 161.

Votazione segreta

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta con procedimento elettronico della mozione 159.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

Presenti 74

Votanti 70

Astenuti 4

Maggioranza 36

Favorevoli 24

Contrari 46

(Il Consiglio non approva).

(Hanno preso parte alla votazione i consiglieri: AMADU - ARESU - BALIA - BALLERO - BALLETTO - BERRIA - BERTOLOTTI - BIANCAREDDU - BIGGIO - BOERO - BONESU - CADONI - CARLONI - CASU - CHERCHI - CONCAS - CUCCA - CUGINI - DEGORTES - DEIANA - DETTORI Bruno - DETTORI Ivana - DIANA - FADDA - FALCONI - FANTOLA - FEDERICI - FLORIS - FOIS Paolo - FRAU - GHIRRA - GIAGU - GIORDO - GRANARA - LA ROSA - LADU - LIORI - LIPPI - LOCCI - LOMBARDO - LORENZONI - MACCIOTTA - MANCHINU - MANUNZA - MARRACINI - MARRAS - MARTEDDU - MILIA - MONTIS - OBINO - ONIDA - OPPIA - PALOMBA - PETRINI - PIRAS - PIRASTU - PITTALIS - RANDACCIO - SANNA Giacomo - SANNA Salvatore - SANNA NIVOLI - SASSU - SCHIRRU - SECCI - SERRENTI - TUNIS Marco - USAI Edoardo - USAI Pietro - VASSALLO - ZUCCA.

Si sono astenuti: il Presidente SELIS - FERRARI - FOIS Pietro - LODDO.)

Votazione segreta

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta con procedimento elettronico della mozione 161.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

Presenti 74

Votanti 72

Astenuti 2

Maggioranza 37

Favorevoli 39

Contrari 33

(Il Consiglio approva).

(Hanno preso parte alla votazione i consiglieri: AMADU - ARESU - BALIA - BALLERO - BALLETTO - BERRIA - BERTOLOTTI - BIANCAREDDU - BIGGIO - BOERO - BONESU - CADONI - CARLONI - CASU - CHERCHI - CONCAS - CUCCA - CUGINI - DEIANA - DETTORI Bruno - DETTORI Ivana - DIANA - FADDA - FALCONI - FANTOLA - FEDERICI - FERRARI - FLORIS - FOIS Paolo - FOIS Pietro - FRAU - GHIRRA - GIAGU - GIORDO - GRANARA - LA ROSA - LADU - LIORI - LIPPI - LOCCI - LODDO - LOMBARDO - LORENZONI - MACCIOTTA - MANCHINU - MANUNZA - MARRACINI - MARRAS - MARTEDDU - MILIA - MONTIS - OBINO - ONIDA - OPPIA - PALOMBA - PETRINI - PIRAS - PIRASTU - PITTALIS - RANDACCIO - SANNA Giacomo - SANNA Salvatore - SANNA NIVOLI - SASSU - SCHIRRU - SECCI - SERRENTI - TUNIS Marco - USAI Edoardo - USAI Pietro - VASSALLO - ZUCCA.

Si sono astenuti: il Presidente SELIS - DEGORTES.)

Discussione e approvazione della mozione BONESU - SANNA Giacomo - SERRENTI sul servizio postale in Sardegna (163)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione 163. Se ne dia lettura.

CONCAS, Segretaria:

MOZIONE BONESU - SANNA Giacomo - SERRENTI sul servizio postale in Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

RILEVATO che nel marzo 1997 gli organi di informazione hanno pubblicato un piano di ristrutturazione dell'allora sussistente Ente Poste Italiane che prevedeva la soppressione di 174 uffici postali in Sardegna.

CONSIDERATO che tale fatto avrebbe comportato che il quaranta per cento del territorio sardo sarebbe restato sprovvisto del servizio postale, con grave pregiudizio del diritto costituzionale alla comunicazione, con aggravio dei costi per le attività economiche, con grave pregiudizio delle condizioni di vita di numerosi cittadini.

CONSIDERATO ALTRESI' che tale fatto avrebbe avuto effetti pesantemente negativi per i paesi delle zone interne in via di spopolamento, con ulteriore compromissione degli assetti civili. In Provincia di Oristano, per esempio, a seguito di tale piano di ristrutturazione, sarebbe stata servita una infima minoranza dei comuni, 30, contro 48 che non avrebbero avuto il servizio postale. La cessazione del servizio postale in gran parte della Sardegna rappresenterebbe l'ultimo episodio dell'abbandono della Sardegna da parte dello Stato. Seguirebbe infatti alla chiusura degli uffici giudiziari e delle scuole dimostrando l'incapacità del Governo di Roma di assicurare ai sardi i servizi minimi di tutte le comunità civili ed allontanandoci dall'Europa.

RILEVATO che tale piano è stato formalmente smentito, ma nei fatti sta trovando, da parte della nuova società per azioni che gestisce il sistema postale, seppur parziale attuazione, con la chiusura a giorni alternati degli uffici postali di cui era stata prevista la soppressione.

CONSIDERATO che appare necessario che il popolo sardo, servendosi delle sue istituzioni, assuma l'esercizio dei servizi necessari per la propria vita ed il proprio sviluppo.

RIVENDICATO il diritto del popolo sardo ad avere il servizio postale, anche al di fuori dei centri cittadini, ed affermato che se il Governo centrale, i suoi enti e le sue società, non intendano assicurare tale servizio, il sistema postale sull'intero territorio della Sardegna va assicurato, da strutture di emanazione regionale, sotto forma di ente pubblico o di società per azioni, che, nel quadro delle compatibilità economiche, assicurino comunque un servizio adeguato alle esigenze dei sardi.

CONSIDERATO che nell'Unione Europea vi sono i precedenti delle isole di Man, di Jersey e di Guernesey, per la Gran Bretagna, e le isole Faroer per la Danimarca, con amministrazione postale autonoma rispetto a quella dello Stato, per cui la creazione, o per meglio dire la rifondazione, delle Poste Sarde si inserisce in un processo europeo di valorizzazione della insularità,

chiede

il trasferimento, ovvero la delega, alla Regione delle competenze in materia di servizio postale. (163)

Dichiaro aperta la discussione. Ha facoltà di illustrarla il consigliere Bonesu.

BONESU (P.S. d'Az). Presidente, capisco che l'Aula sia un po' agitata, ma credo che anche questo problema...

(Interruzioni)

PRESIDENTE. Avevamo concordato di fare la mozione 163 - lo dico ai colleghi - in Conferenza dei Capigruppo si era deciso di concludere questa sera, però facendo la mozione 163, rinviando le tre interpellanze e procedendo alla elezione del segretario quanto meno.

Prego onorevole Bonesu.

BONESU (P.S. d'Az). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi la mozione presentata dai consiglieri del Gruppo sardista sul servizio postale in Sardegna parte da una situazione contingente, ma solleva sicuramente dei problemi che sono ben superiori alla situazione contingente. Vi è in Sardegna una grave situazione ormai possiamo chiamarla di disservizio se non di abbandono del servizio postale in gran parte della Sardegna e soprattutto nei centri minori e nei centri dell'interno. Questa situazione deriva dall'apertura al mercato, che però è un'apertura al mercato viziata, perché per i servizi postali...

PRESIDENTE. Prego, onorevoli colleghi, capisco che c'è stanchezza, ma prego i colleghi di seguire la mozione, perché sennò è inutile.

BONESU (P.S. d'Az). Signor Presidente, dicevo che credo che il problema del servizio postale in Sardegna meriti una rilevanza ben superiore a quella che alcuni colleghi gli stanno attribuendo in questo momento, perché voglio ricordare che se il Banco di Sardegna raccoglie quattordici mila miliardi, le poste in Sardegna raccolgono sette mila miliardi, quindi, almeno la metà dell'attenzione che viene dedicata al Banco di Sardegna si farebbe bene a dedicarla alle poste.

Ma, la posta è nei nostri paesi qualche cosa di più. E` addirittura il punto di incontro dei cittadini perché in questi paesi di anziani è il posto dove si riceve la pensione, è il posto, quindi, in cui viene svolta un'attività sociale ed è il punto di collegamento col mondo; in certi paesi è solo l'ufficio postale che tiene quel paese legato al mondo. Con la privatizzazione che sta avvenendo per le poste trasformate in società per azioni e con perdita della privativa per il momento soltanto per i pacchi, ma in futuro anche per la corrispondenza, sta avvenendo che le poste SpA stanno abbandonando i paesi a minore redditività, però, se questo può essere interesse della società delle poste non è certo interesse della comunità sarda, perché assicurare il servizio postale in tutti i paesi è chiaramente un segno di civiltà, è un freno assicurando un minimo ai servizi pubblici a che in quei paesi continui la vita e l'attività. D'altra parte le somme messe in discussione sono ridicole, perché supponendo che per i 174 uffici postali che le Poste SpA vorrebbero chiudere secondo un piano smentito a parole, ma che pian piano viene attuato nei fatti, la spesa massima annua, la spesa dico e non il deficit, può essere di otto o nove miliardi, perché chiaramente nessuno di quegli uffici ha una spesa superiore ai cinquanta milioni, ricordo che su sette mila miliardi soltanto l'1 per cento di interesse sono 70 miliardi. Per cui effettivamente è vero che l'amministrazione delle poste sta perdendo, ma sta perdendo per un vizio perché i fondi raccolti col risparmio postale confluiscono direttamente nella Cassa depositi e prestiti, con minime provvigioni a favore della società delle poste, e vengono oggi utilizzati per ripianare il deficit statale. In effetti, invece, se questi fondi venissero utilizzati in Sardegna per la Sardegna e remunerando, giustamente, il loro valore, abbassando i tassi, credo che il giro finanziario sarebbe di gran lunga superiore a queste perdite che possiamo avere per tenere questi 174 uffici postali passivi.

D'altra parte, in una collaborazione con gli enti locali, questi uffici potrebbero anche non essere passivi se diventassero i terminali di un sistema informatico che la Regione dovrebbe promuovere, che sicuramente sarebbe di grande utilità sia per gli enti locali, sia per le imprese della Sardegna.

Precedenti di poste autonome, come diciamo nella mozione, ve ne sono in altre isole europee, a questi precedenti ci rifacciamo e chiediamo che la Giunta, anzichè latitare, ringrazio l'assessore Loddo che assicura la presenza, facesse gli opportuni passi, perché mediante una norma di attuazione dello Statuto venisse delegata alla Regione la competenza in materia postale.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulla mozione 163 appena illustrata. Poiché nessuno domanda di parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.

Per esprimere il parere della Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.

LODDO (D.R.I. e Ind.), Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. La Giunta si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. La Giunta si rimette all'Aula. Ha facoltà di replicare il consigliere Bonesu.

BONESU (P.S.d'Az.). Presidente, salvo lamentare lo scarso interesse del Consiglio regionale per un argomento che riteniamo importante.

PRESIDENTE. Io constato l'attenzione del Consiglio regionale. L'argomento è sicuramente importante perché la struttura del sistema postale in Sardegna ha effetti, sia a livello di servizio, sia di sviluppo, sia di credito, mi pare che vicende recenti dell'Aula forse hanno creato un po' di disorientamento, forse in un altro momento ci sarebbe stato... comunque mi pare che l'Aula sia e gran parte dei consiglieri, la maggioranza siano presenti, non ci sono stati altri interventi, la Giunta si rimette all'Aula, il relatore ha osservato in una breve battuta la sua replica.

Metto in votazione la mozione 163 a firma Bonesu, Sanna Giacomo, Serrenti sul servizio postale in Sardegna. Chi la approva alzi la mano.

(E` approvata)

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi se possono fermarsi in Aula, voi sapete che è stato costituito il Gruppo Rinnovamento Italiano Indipendente, è stata chiesta dai colleghi del Gruppo - Rinnovamento Italiano Indipendenti, secondo il Regolamento, e la proposta è stata approvata dell'Ufficio di Presidenza, di poter eleggere un proprio rappresentante nell'Ufficio di Presidenza, in particolare un Segretario, dobbiamo essere almeno quaranta, ci sono due in congedo. Voglio vedere se c'è il numero, se no procediamo ad una... chiedo anche ai colleghi di fare una valutazione.

VASSALLO (R.C. - Progr.) E' opportuno siccome perché questo adempimento comunque richiede poco tempo, di rinviarlo alla prossima seduta.

PRESIDENTE. Lo rinviamo alla prossima seduta e lo prevediamo anche nell'ordine del giorno formale alla prossima seduta. La seduta è tolta, il Consiglio è convocato martedì pomeriggio alle ore 17.00.

Scusate, onorevoli colleghi, ho dichiarato tolta la seduta, naturalmente non la sto riaprendo, preciso che il Consiglio è convocato martedì alle ore 17.00, l'ordine del giorno naturalmente vi verrà comunicato.

E` rimasto aperto un problema, che la Conferenza dei Capi Gruppo si riserva di sciogliere prima dell'apertura della seduta, riguarda il provvedimento 101, di cui si è fatto il dibattito generale, è stato rinviato alla Commissione per un testo coordinato con gli emendamenti, stamattina non si è trovato l'accordo sull'inserimento unitario, si è detto che verrà deciso in apertura, prima della seduta del Consiglio in Conferenza di Capi Gruppo.

Anche se siamo in una situazione praticamente di conclusione della seduta, credo, e introduco un argomento marginale, importantissimo, ma marginale alla seduta, nei giorni scorsi c'è stato un ennesimo attentato ad un Consiglio Comunale, esattamente quello di Tortolì, è andato praticamente distrutto. Credo di interpretare i sentimenti di tutto il Consiglio esprimendo la solidarietà a quelle popolazioni, a quel Consiglio regionale e anche lo sdegno del Consiglio per questi atti, uno sdegno che non è solo un'espressione formale, ma un ennesimo forte appello agli organi dello Stato, che d'intesa con le autonomie locali vigilino sull'azione delle nostre Amministrazioni che sta diventando sempre più pericolosa ed eroica, ma noi non abbiamo bisogno di eroi, abbiamo bisogno di amministratori sereni che facciano il loro lavoro. Buona serata.

La seduta è tolta alle ore 20 e 26.