Versione per la stampa http://www.consregsardegna.it/wp-content/plugins/print-o-matic/css/print-icon-small-black.png

Resoconto della seduta n. 251 del 30/06/1993

CCLI SEDUTA

MERCOLEDI'30 GIUGNO 1993

Presidenza del Presidente FLORIS

indi

della Vicepresidente SERRI

INDICE

Mozioni Cogodi - Morittu - Murgia - Salis - Urraci sullo stato attuale della lotta dei lavoratori (126); Tamponi - Amadu - Atzeni - Atzori - Baghino - Carusillo - Corda - Deiana - Dettori - Fadda Paolo - Giagu - Lorettu - Manunza - Marteddu - Mulas Franco Mariano - Onida - Oppi - Piras Sanna Adalberto - Satta Antonio - Sechi - Selis - Serra Antonio - Serra Pintus - Soro - Tidu - Usai Sandro sullo stato della vertenza Sardegna e relativo confronto della Giunta regionale e dei Sindacati con il Governo nazionale (131); Dadea - Ladu Leonardo - Manca - Zucca - Casu - Cocco - Cuccu - Erittu - Lorelli - Muledda - Pes - Pubusa - Ruggeri - Sardu - Satta Gabriele - Scano - Serri sullo stato della trattativa col Governo sui temi della vertenza Sardegna (132); Ortu - Demontis - Ladu Giorgio - Meloni - Planetta - Puligheddu - Serrenti sui risultati della politica della Giunta regionale in relazione alla realizzazione del suo programma ed in particolare alla difesa del territorio e dell'occupazione (133). (Discussione congiunta e presentazione di ordini del giorno):

COGODI .................................

TAMPONI ...............................

LORELLI.................................

SERRENTI ..............................

CABRAS, Presidente della Giunta

DADEA ...................................

RUGGERI................................

ORTU ......................................

PORCU.....................................

(Prima votazione per appello nominale dell'ordine del giorno numero 1)

(Seconda votazione per appello nominale dell'ordine del giorno numero 1)

CUCCU....................................

"Stralcio del piano regionale per le attività estrattive di cava" (Doc. n. 34). (Discussione e approvazione):

CATTE, Assessore dell'industria

FADDA FAUSTO ..................

CUCCU....................................

(Votazione per appello nominale)

(Risultato della votazione) .......

Sull'ordine dei lavori:

PRESIDENTE

Sull'ordine del giorno:

SORO ......................................

La seduta è aperta alle ore 17 e 09.

PORCU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 29 giugno 1993, che è approvato.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Poiché manca il rappresentante della Giunta regionale, sospendo la seduta per quindici minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 10, viene ripresa alle ore 17 e 25.)

Sull'ordine del giorno

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.

SORO (D.C.). Presidente, per chiedere l'inserimento all'ordine del giorno del progetto di legge numero 402. Si tratta di un articolo unico già esitato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Gli Uffici dicono che è già pronto per l'Aula. Se non ci sono osservazioni si intende iscritto all'ordine del giorno dei lavori del Consiglio.

Discussione e approvazione del documento: "Stralcio del Piano regionale per le attivitàestrattive di cava" (Doc. n. 34)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del documento numero 34.

Dichiaro aperta la discussione generale.

Poiché il relatore, onorevole Giagu, è assente, ci rimettiamo alla relazione scritta.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.

Per esprimere il parere della Giunta ha facoltà di parlare l'onorevole Catte, Assessore dell'industria.

CATTE, Assessore dell'industria. Onorevoli colleghi, molto brevemente per ricordare le ragioni e le fasi che hanno portato alla definizione dello stralcio del piano regionale per le attività estrattive di cava, previsto dalla legge regionale approvata dal Consiglio alcuni anni fa. Come è noto ai colleghi, prima dell'entrata in vigore della legge regionale del 7 giugno 1989, numero 30, nota anche come legge sulle cave, l'attività delle cave era sostanzialmente disciplinata da un regio decreto risalente al 29 luglio 1927, il numero 1443, il cui aspetto più significativo consisteva nel fatto che i giacimenti di cava, pur appartenendo al patrimonio dello Stato, erano sostanzialmente lasciati, per quanto riguarda lo sfruttamento, alla disponibilità dei proprietari del fondo in cui i giacimenti insistevano. Il proprietario del fondo che intendeva avviare la coltivazione di questi giacimenti era unicamente obbligato non a chiedere un'autorizzazione, ma semplicemente a denunciare al distretto minerario competente l'esercizio dell'attività di cava; oltre che al distretto la stessa comunicazione doveva essere fatta al Comune interessato. Di conseguenza, sulla base di queste vecchie disposizioni, erano praticamente assenti i controlli sull'attività e sulla produzione di materiali di cava. Era assente qualunque programmazione di settore, non c'era grande chiarezza per quanto attiene le competenze sulla vigilanza dell'attività stessa e, sostanzialmente, agendo ciascun proprietario del fondo in termini autonomi, mancava anche una visione globale del mercato; non esisteva di fatto alcuna conoscenza sulle norme di tutela del territorio e su attività di recupero del territorio stesso una volta svolta l'attività di produzione. Per cui, il Consiglio regionale, pur riconoscendo l'irrinunciabilità della possibilità di disporre di materiali di cava necessari per esigenze civili e industriali, sentiva la necessità, in considerazione dei problemi creati dall'attività di cava, di disciplinarla con riferimento anche alle esigenze di tutela ambientale e del territorio. Si è quindi arrivati ad una disciplina che rispetta da un lato il vecchio principio della disponibilità di cava lasciato al proprietario del fondo o agli aventi diritto, dall'altro lato tiene conto però della necessità di razionalizzazione l'attività di cava stessa, vincolandola ad un sistema di autorizzazioni, all'individuazione delle aree da destinare alla coltivazione dei giacimenti, alla compatibilità con la tutela del territorio, e al recupero delle aree coltivate. Quindi la legge regionale numero 30, approvata nell'89 da questo Consiglio, proponendosi questi obiettivi, individua come strumento fondamentale il piano regionale delle attività estrattive, detto in sigla PRAE, quale strumento di programmazione e di riferimento operativo. Noi siamo qui a discutere non il piano definitivo, ma uno stralcio del piano. Perché si è arrivati ad uno stralcio del piano anziché ad un piano definitivo? Gli onorevoli consiglieri ricordano che il motivo dell'approvazione di uno stralcio del piano è connesso essenzialmente alle difficoltà che hanno caratterizzato la definizione dei piani paesistici e la stesura degli elenchi dei beni e delle aree da tutelare. Quindi piani paesistici da un lato e beni da tutelare dall'altro, ossia Assessorato all'urbanistica e Assessorato alla pubblica istruzione. Non sono stati pochi i problemi che il Consiglio stesso ha dovuto superare, e che sono ancora in qualche misura all'esame del Consiglio, connessi all'adeguamento degli strumenti urbanistici, ed al rilievo puntuale del patrimonio archeologico, scientifico e culturale della Regione. Esistono contrasti fra tutte queste procedure; d'altro canto il Consiglio, sensibile anche alle esigenze degli operatori e dovendo comunque dare una risposta anche se non definitiva, ha scelto l'opzione di affrontare i problemi connessi alla coltivazione delle cave in modo graduale anziché definitivo. Soluzione più che ragionevole, tenendo conto appunto delle difficoltà a cui facevo riferimento. Il piano, oggi all'esame del Consiglio, si basa sulla rilevazione di tutte le cave e dei giacimenti potenziali, delle aree soggette a vincoli di legge, delle aree con presenza di risorse territoriali da tutelare e delle aree libere da vincoli e risorse. I vincoli di legge e le risorse rilevate hanno riguardato circa quaranta tematismi che sono stati riportati su carte tematiche. Tutti i consiglieri hanno ricevuto queste carte, elaborate, come è noto, dalla Progemisa.

Non illustro il contenuto tecnico delle carte. Si tratta di carte che contengono una grossa serie di informazioni. In sintesi sono state redatte essenzialmente sulla base di criteri che attengono a tre strati essenziali: le carte consistono di uno strato A di color rosso che evidenzia i vincoli preclusivi in cui è vietata l'apertura di nuove cave, uno strato B di colore blu che evidenzia i vincoli non preclusivi e uno strato C di colori vari che evidenzia le risorse del territorio. Le carte contengono infine strati bianchi che non presentano vincoli o risorse da tutelare e sono quegli strati in cui è possibile l'apertura di nuove cave. Negli strati B e C l'apertura di nuove cave viceversa sarà consentita col varo del piano definitivo che prevederà norme e prescrizioni particolari. A tal fine i vincoli e le risorse considerate in piano, sono costituiti da zone di non trasformabilità, che sono quelle indicate dai decreti Fadda, per brevità li indico come tali; parchi e riserve naturali, la fascia costiera sulla base della legge regionale "45" dell'89, gli strumenti urbanistici, il vincolo idrogeologico, la protezione di bellezze naturali, i vincoli paesistici, la legge Galasso, le località fossilifere, le cavità naturali, le risorse morfologiche, le risorse vegetazionali, le aree in concessione all'azienda delle foreste demaniali, le risorse speleologiche, i biotipi di rilevante interesse.

La cartografia del piano, come è noto, è su scala 1/100.000, copre tutta la Sardegna, comprende i confini comunali e una simbologia numerica e alfanumerica per la individuazione negli strati A, B, C dei vari tematismi presenti nel territorio. Il piano è completato, oltre che da una relazione illustrativa, dalle schede dei giacimenti e aree suscettibili di attività di cava in ogni comune. Lo completano appunto 26 schede relative a fogli della carta della Sardegna per la rilevazione dei vincoli e delle risorse, la normativa di attuazione la sintesi della documentazione, le osservazioni degli Enti locali e la situazione del settore alla data del 31.12.89.

Nella filosofia del piano sono evidentemente compresi i principi dell'aggiornamento, del rispetto dei vincoli e delle risorse, del recupero ambientale, delle autorizzazioni e concessioni per la ricerca e la coltivazione, dell'attività estrattiva e di recupero su base progettuale, dell'obbligo dell'acquisizione preventiva dei pareri dei comuni interessati e dei nulla osta e autorizzazioni degli altri organismi competenti e della determinazione dei fabbisogni per settore merceologico. Devono essere salvaguardate le esigenze della produzione e occorre conciliare il rispetto del territorio con l'economicità delle risorse. Sono fatte salve peraltro le attività di cava legittimamente iniziate prima dell'entrata in vigore della legge regionale numero 30 dell'89, ancorché ubicate in aree vincolate o oggetto di pianificazione paesistica. Peraltro, in fase di autorizzazione e con l'approvazione del piano definitivo, saranno individuate norme di adeguamento alle linee del piano stesso e cosa, credo, anche rilevante, ogni modifica ai vincoli paesistici, urbanistici, idrogeologici e archeologici sarà automaticamente applicata e successivamente acquisita al piano.

PRESIDENTE. Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 1.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 1

Finalità e durata dello Stralcio del "Piano regionale delle attività estrattive di cava"

Lo Stralcio del "Piano regionale delle attività estrattive di cava" identifica le aree prive di vincoli di legge e di risorse territoriali meritevoli di conservazione nelle quali può essere autorizzato l'esercizio di nuova attività di cava, ed ha efficacia dal momento della sua pubblicazione sul BURAS al momento dell'entrata in vigore del "Piano regionale delle attività estrattive di cava" che, con specifiche norme, prenderà in considerazione, ai fini della apertura di nuove cave, anche le aree in cui sono presenti vincoli non preclusivi e risorse territoriali da tutelare e disporrà l'adeguamento delle attività di cava operanti in regime di prosecuzione ai sensi dell'art. 42 della L.R. 30/89.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 2.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 2

Gassificazione dei materiali di cava

Lo Stralcio del "Piano regionale delle attività estrattive di cava" si applica ai materiali di II categoria di cui al R.D. a 1443/1927, classificati dalla L.R. n. 30/89, Art. 2 ai fini della loro destinazione d'uso.

PRESIDENTE. A questo articolo è stato presentato un emendamento. Se ne dia lettura.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Emendamento sostitutivo totale Cuccu - Usai Sandro - Baroschi - Ruggeri - Serrenti - Fadda Fausto

Art. 2

Il testo dell'articolo 2 è così sostituito: Lo Stralcio del "Piano regionale sulle attività estrattive di cava" si applica ai materiali classificati nell'articolo 2 della L.R. 7.6.1989 n. 30 ai fini della loro destinazione d'uso. (5)

PRESIDENTE. Per esprimere il parere della Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore dell'industria.

CATTE, Assessore dell'industria. La Giunta lo accoglie.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'emendamento numero 5, sostitutivo totale. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 3.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 3

Contenuti dello Stralcio del "Piano regionale delle attività estrattive di cava"

Lo Stralcio del "Piano regionale delle attività estrattive di cava è costituito dai seguenti elaborati:

a) nota illustrativa;

b) schede relative ai 26 fogli IGM delle aree sottoposte a vincolo e delle aree interessate da risorse territoriali;

c) schede per Provincia e per Comune delle aree libere e dei giacimenti potenziali e della presenza di aree con vincoli e risorse territoriali;

d) normativa di attuazione;

e) documentazione cartografica relativa ai 26 fogli IGM con indicazione delle aree con vincoli preclusivi, vincoli non preclusivi, risorse territoriali delle aree libere da vincoli da destinare a nuova attività estrattiva di cava, in scala 1:100.000;

f) sintesi della documentazione; osservazioni degli Enti locali e controdeduzioni dell'Assessorato; situazione settore cave al 31.12.1989.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 4.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 4

Aree in cui è consentita nuova attività di cava

La nuova attività di cava dei materiali di II categoria è consentita esclusivamente nelle aree libere evidenziate nella "Carta" di cui al precedente articolo 3, punto e).

Può essere consentita nuova attività di cava per la realizzazione dei progetti di cui alla legge. n. 221/1990 (L.R. n. 28/1991) e per la esecuzione di opere di pubblico interesse o di interesse generale o che incidono in modo rilevante sulla economia e la occupazione (L.R. n. 6/82. art. 50) anche in aree provvisoriamente vincolate dal presente Piano (Strati B e C della Carta di cui al precedente art. 3, punto c).

Nelle aree libere di cui al primo comma, l'attività di cava non sarà consentita qualora i piani paesistici regionali prevedessero norme ostative nei confronti dell'attività di cava.

L'attività di cava dovrà svolgersi nel pieno rispetto dei piani territoriali paesistici che verranno approvati dal Consiglio regionale.

Le cave in regime di prosecuzione ai sensi dell'articolo 42 della L.R. 30/89 dovranno adeguarsi alle previsioni dei P.T.P. entro i termini che secondo le previsioni del PRAE saranno indicati nei decreti autorizzativi rilasciati, ai sensi della L.R. 30/89 (Art. 42, punto 4, e art. 20, punto 1), dall'Assessore regionale dell'industria.

PRESIDENTE. A questo articolo era stato presentato un emendamento aggiuntivo che è stato ritirato. Poiché nessuno domanda di parlare, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 5.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 5

Regime transitorio

In attesa dell'emanazione del "Piano regionale delle attività estrattive di cava" è fatta salva l'attività di cava in atto, legittimamente iniziata prima dell'entrata in vigore della L.R. 30/89; per tale attività rimangono valide, anche agli effetti del presente Piano, le norme degli articoli 42 e 44 della precitata L.R. 30/89.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 6.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 6

Attività di ricerca

L'attività di ricerca dei materiali di cava può essere consentita nelle aree libere individuate nella Carta di cui al precedente articolo 3, punto e).

Per l'attività di ricerca valgono le norme di cui al titolo III, articoli 12, 13, 14, 15, 16 e 17 della L.R. 30/89.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 7.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 7

Attività di coltivazione

L'attività di coltivazione dei materiali di cava può essere consentita mediante "autorizzazione" o "concessione", nelle aree libere individuate nella Carta, di cui al precedente articolo 3, punto e).

Per l'attività di coltivazione valgono le norme di cui al titolo IV, articoli 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 26 della LR. 30/89.

Il titolare dell'autorizzazione o concessione per la coltivazione di una cava deve comunicare, almeno otto giorni prima, all'Assessorato all'industria e al Comune territorialmente interessato, l'inizio o la ripresa dei lavori.

Il titolare dell'autorizzazione o concessione è tenuto altresì a trasmettere all'Assessorato dell'industria semestralmente i dati relativi alle produzioni, alle vendite, all'occupazione ed ogni altro elemento informativo che venga richiesto.

Ai fini della denuncia di esercizio di cui al terzo comma, si applica l'articolo 28 del R.D. 1443/1927 e successive modificazioni.

Ai fini della acquisizione, da parte dell'Assessorato regionale dell'industria, dei dati statistici e degli elementi informativi necessari di cui al quarto comma, si applicano i RR.DD. n. 1443/1927, articolo 29, n. 1923/1927, n. 2717/1927 e successive modificazioni.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 8.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 8

Modalità di coltivazione

La coltivazione delle nuove attività di cava dovrà avvenire secondo i dettami delle buone regole dell'arte mineraria e secondo la normativa prevista dalle leggi vigenti in materia mineraria.

La coltivazione dei giacimenti di cava dovrà essere effettuata nel rigoroso rispetto dei progetti di coltivazione, recupero e destinazione delle aree approvati dall'Assessorato regionale dell'industria; ogni eventuale modificazione dei citati progetti dovrà essere preventivamente approvata dallo stesso Assessorato anche per quanto riguarda quantità di materiali, modalità e tempi di coltivazione.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 9.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 9

Individuazione e delimitazione dell'area di coltivazione

L'area di scavo deve essere ben individuabile all'interno dei fondi disponibili che devono essere indicati nella domanda, nella planimetria catastale e nella denuncia di esercizio. A questo scopo devono essere previsti dei punti fissi esterni all'area di cava inamovibili, posizionati in modo da poter permettere un rapido controllo delle aree da coltivare.

Tali punti devono risultare nella cartografia del progetto di coltivazione e risulteranno nel verbale di delimitazione compilato in contraddizione tra l'Assessorato e la ditta interessata.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 10.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 10

Distanze da opere e manufatti

La distanza delle attività di cava da opere e manufatti di vario genere è regolata dall'art. 104 del D.P.R. 128 del 9.4.1959 e successive modificazioni ed integrazioni.

Deve essere, inoltre, garantita l'accessibilità dei manufatti di sostegno e di servizio di ogni rete tecnologica lineare, secondo le norme dettate dai rispettivi Enti concessionari della gestione.

Sono vietati gli scavi a cielo aperto a distanze minori di:

a) 10 m: - da strade di uso pubblico non carrozzabili;

- da luoghi cinti da muro destinati ad uso pubblico;

b) 20 m: - da strade di uso pubblico carrozzabili;

- da corsi d'acqua senza opere di difesa;

- da sostegni o cavi interratti di impianti che non siano ad uso esclusivo degli scavi;

- da edifici non disabitati;

c) 50 m: - da ferrovie;

- da opere di difesa dei corsi d'acqua, da sorgenti, acquedotti e relativi serbatoi;

- da oleodotti e gasdotti;

- da costruzioni dichiarate monumenti nazionali.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 11.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 11

Ripristino ambientale

Le aree interessate dalle coltivazioni devono essere sottoposte ad interventi di ripristino ambientale eventualmente da realizzarsi, in relazione al progetto di ripristino, sia durante che alla conclusione dei lavori di coltivazione. Gli interventi avranno lo scopo di ripristinare lo stato fisico dell'area e di favorirne il completo recupero, al fine di ottenere un assetto finale dei luoghi ordinato e funzionale volto alla salvaguardia dell'ambiente naturale e alla conservazione della possibilità di riuso del suolo.

Il ripristino deve avvenire secondo i criteri generali di cui al comma precedente e secondo le modalità e le fasi previste dal Progetto di sistemazione e di recupero ambientale dell'area di cui al punto 2, lettera e), articolo 19, L.R. 30/89 approvato dall'Assessorato dell'industria della Regione Autonoma della Sardegna.

Le opere di ripristino devono essere finalizzate ad una specifica destinazione d'uso dell'area e/o delle aree di cava e devono essere correlate alle varie tipologie di cava ed alle caratteristiche del contesto territoriale in cui le cave stesse risultano localizzate.

I lavori di recupero ambientale devono essere ultimati nei termini stabiliti dal provvedimento di autorizzazione e comunque non oltre due anni dalla cessazione dell'attività.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 12.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 12

Quantità dei materiali estraibili

In attesa di definire, nel "Piano Regionale delle attività estrattive", i fabbisogni dei materiali di cava per ogni settore merceologico, le quantità dei materiali estraibili saranno, di volta in volta, disposte dall'Assessorato dell'industria della Regione sarda.

L'Assessorato regionale dell'industria, tenuto conto dei piani tecnico-economici presentati dai soggetti interessati, delle indicazioni di mercato e delle produzioni medie del particolare settore merceologico, disporrà nei decreti autorizzativi, oltre la durata dell'autorizzazione, le quantità dei materiali estraibili.

La determinazione da parte dell'Assessorato dell'industria delle quantità dei materiali estraibili nelle singole cave farà riferimento, oltreché ai relativi progetti di coltivazione ed ai connessi piani economici, anche ai dati medi generali sulle cave attive risultati dal Catasto regionale dei giacimenti di cava ed agli aggiornamenti in base ai dati statistici che verranno comunicati dalle ditte.

PRESIDENTE. A questo articolo sono stati presentati due emendamenti. Se ne dia lettura.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Emendamento sostitutivo totale della Giunta regionale

Articolo 12

L'articolo 12 è sostituito dal seguente:

Art. 12

"L'analisi dei mercati e i contenuti tecnico-economici dei progetti degli operatori del settore forniranno elementi atti a definire il quadro economico produttivo, anche di previsione, sul quale si muove il comparto.

Su questa base l'Assessore regionale dell'industria provvederà alla definizione dei decreti di autorizzazione delle nuove unità produttive". (2)

Emendamento soppressivo totale Cuccu - Usai Sandro - Ruggeri - Corda - Baroschi - Serrenti - Cadoni - Satta Gabriele - Fadda Fausto

Articolo 12

L'articolo 12 è soppresso. (4)

PRESIDENTE. L'emendamento numero 2 è stato ritirato.

Per esprimere il parere della Giunta sull'emendamento numero 4, ha facoltà di parlare l'Assessore dell'industria.

CATTE, Assessore dell'industria. La Giunta lo accoglie.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda metto in votazione l'emendamento soppressivo totale numero 4. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 13.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 13

Disposizioni finali

Per quanto non specificatamente previsto nella presente normativa si provvederà secondo le norme vigenti e particolari prescrizioni dell'Assessorato dell'industria e degli altri Assessorati competenti della Regione sarda.

In particolare per quanto riguarda le norme relative a:

- distanze da confini;

- individuazione e delimitazione dell'area di coltivazione;

- recinzione delle cave e misure di sicurezza;

- apertura nuovi fronti di cava;

- scopertura, conservazione e riutilizzo terreno vegetale;

- fossi di guardia e drenaggio acque;

- discariche;

- diaframmi tra cave confinanti;

- coltivazione di cave confinanti;

- tutela delle acque sotterranee;

- pendenza delle scarpate;

- altezza dei fronti di scavo;

- modalità di coltivazione - sparo delle mine;

- polveri e rumori;

- recupero delle aree di cava.

Si fa riferimento alla normativa vigente e ai dettami della tecnica nei campi della prevenzione e sicurezza, minerario, igienico sanitario e ambientale.

Si applicano all'attività di cava, in quanto compatibili, le norme previste nel R.D. 29.7.1927, n. 1443 e nel D.P.R. 9.4.1959, n. 128.

La tutela dei corsi d'acqua, dei monumenti e delle zone di interesse archeologico viene assicurata dalle apposite leggi.

Sono da prendersi in considerazione ai fini operativi le variazioni degli strumenti urbanistici comunali che man mano vengono adottate ed approvate.

Ogni successiva variazione relativa ai vincoli di legge sul territorio della Sardegna è immediatamente integrata al PRAE.

L'Assessore regionale dell'industria dovrà tener conto di quanto ai precedenti commi ai fini del rilascio dei permessi di ricerca, delle autorizzazioni e delle concessioni di coltivazione dei giacimenti di cava e ai fini dell'aggiornamento del PRAE previsto dall'articolo 8 della L.R. 30/89.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare su questo articolo, lo metto in votazione. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 14.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 14

Osservazioni degli Enti locali

Sono accolte e fanno parte integrante degli elaborati del Piano le osservazioni e conseguenti modifiche, come nella sintesi delle osservazioni, proposte dai Comuni di Buddusò, Galtellì, Goni, Onifai, Orosei, Segariu, Luras e Aggius.

PRESIDENTE. A questo articolo è stato presentato un emendamento. Se ne dia lettura.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Emendamento aggiuntivo Satta Antonio - Corda - Manchinu - Ferrari - Porcu - Fantola - Ortu - Morittu - Desini - Ladu Leonardo - Pau

Articolo 14

Dopo la parola "Aggius" è aggiunta "Bultei". (3)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'onorevole Fausto Fadda. Ne ha facoltà.

FADDA FAUSTO (P.S.I.). Presidente, solo per fare una precisazione perché rimanga agli atti. L'articolo 14 è in pratica la risoluzione della Commissione, che accoglie le osservazioni postume presentate da alcuni comuni, valide nei contenuti. E' chiaro ed evidente che le osservazioni sono state presentate dopo l'approvazione della delibera della Giunta, quindi sono osservazioni che vengono accolte prima dell'approvazione del provvedimento, cioè prima di stasera.

PRESIDENTE. Per esprimere il parere della Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore dell'industria.

CATTE, Assessore dell'industria. La Giunta lo accoglie.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'articolo 14. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Metto in votazione l'emendamento numero 3. Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Si dia lettura dell'articolo 15.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Art. 15

Nei Comuni costieri ricadenti nell'area dichiarata, con la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 30 novembre 1990, ad alto rischio di crisi ambientale è vietata l'attività di ricerca e di coltivazione dei materiali di cui alla lettera c) dell'articolo 2 della legge regionale 7 giugno 1989, n. 30.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'onorevole Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.S.). Due brevissime considerazioni, signor Presidente, non tanto sull'articolo in questione, quanto sul fatto che io credo che stiamo per approvare, se il Consiglio riterrà di farlo, un provvedimento assai importante, a distanza di cinque anni dall'approvazione della legge numero 30, che cercava di mettere ordine in un settore estremamente importante dell'economia della nostra Isola, quale quello dello sfruttamento delle cave, che rappresentano in realtà un settore di grande rilievo dal punto di vista economico. Ma per essere coerenti nell'attuazione complessiva di quella legge che, ripeto, risponde ad aspettative notevoli di molti operatori economici e anche di molti amministratori della nostra Isola, io credo che sarebbe utile già in questa stessa seduta cercare di dare organicità al lavoro che il Consiglio fa, perché per dare attuazione completa alla legge numero 30 bisognerebbe - e io sono dell'opinione che sarebbe utile farlo stasera ove possibile - procedere all'approvazione di due regolamenti importantissimi, uno è quello che concerne il fondo di ripristino ambientale, che come è noto, destina fondi agli Enti locali e ad altri, eventualmente anche società, per rimettere in pristino i siti che siano stati interessati dall'attività di cava che, come è noto, in qualche caso ha degli effetti abbastanza devastanti seppure recuperabili. L'altro è il regolamento del fondo di rotazione per gli incentivi agli operatori dell'attività di cava. Credo sarebbe importantissimo approvare soprattutto quest'ultimo regolamento, posto che, per quanto riguarda il ripristino ambientale, abbiamo recentemente approvato una norma che stanzia comunque dei denari per l'anno in corso perché porrebbe gli operatori del settore in condizioni di ricorrere ad agevolazioni economiche dalle quali invece sarebbero esclusi e alle quali invece possono ricorrere tutta una serie di operatori di altri settori merceologici della nostra Isola. Chiederei pertanto alla cortesia della Presidenza innanzitutto e del Consiglio di procedere, se fosse possibile, all'approvazione di questo regolamento di cui ora non ricordo il numero.

PRESIDENTE. Onorevole Cuccu, poi farà una richiesta apposita.

Metto in votazione l'articolo 15. Chi lo approva alzi la mano.

(E'approvato)

Votazione per appello nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione per appello nominale del documento numero 34.

Coloro i quali sono favorevoli risponderanno sì; coloro i quali sono contrari risponderanno no. Estraggo a sorte il nome del consigliere dal quale avrà inizio l'appello nominale. (E' estratto il numero 51 corrispondente al nome del consigliere Pau.) Prego il consigliere Segretario di procedere all'appello iniziando dal consigliere Pau.

URRACI, Segretaria, procede all'appello.

Rispondono sì i consiglieri: Pau - Pes - Piras - Porcu - Puligheddu - Pusceddu - Ruggeri - Sanna - Sardu - Satta Antonio - Scano - Sechi - Selis - Serra Pintus - Serrenti - Serri - Soro - Tamponi - Tarquini - Tidu - Usai Edoardo - Usai Sandro - Atzeni - Baroschi - Cadoni - Carusillo - Corda - Cuccu - Dadea - Deiana - Demontis - Desini - Dettori - Erittu - Fadda Antonio - Fadda Fausto - Fadda Paolo - Fantola - Ferrari - Ladu Leonardo - Lorelli - Lorettu - Manca - Manchinu - Mannoni - Manunza - Marteddu - Meloni - Mereu Orazio - Mereu Salvatore - Mulas Franco Mariano - Mulas Maria Giovanna - Muledda - Onida - Onnis - Oppi - Ortu.

Si sono astenuti: il Presidente Floris - Salis - Urraci - Cogodi.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 61

votanti 57

astenuti 4

maggioranza 29

favorevoli 57

(Il Consiglio approva).

Discussione congiunta delle mozioni Cogodi - Morittu - Murgia - Salis - Urraci sullo stato attuale della lotta dei lavoratori (126); Tamponi - Amadu - Atzeni - Atzori - Baghino - Carusillo - Corda - Deiana - Dettori - Fadda Paolo - Giagu - Lorettu - Manunza - Marteddu - Mulas Franco Mariano - Onida - Oppi - Piras - Sanna Adalberto - Satta Antonio - Sechi - Selis - Serra Antonio - Serra Pintus - Soro - Tidu - Usai Sandro sullo stato della vertenza Sardegna e relativo confronto della Giunta regionale e dei sindacati con il Governo nazionale (131); Dadea - Ladu Leonardo - Manca - Zucca - Casu - Cocco - Cuccu - Erittu - Lorelli - Muledda - Pes - Pubusa - Ruggeri - Sardu - Satta Gabriele - Scano - Serri sullo stato della trattativa col Governo sui temi della vertenza Sardegna (132); Ortu - Demontis - Ladu Giorgio - Meloni - Planetta - Puligheddu - Serrenti sui risultati della politica della Giunta regionale in relazione alla realizzazione del suo programma ed in particolare alla difesa del territorio e dell'occupazione (133)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni numero 126, 131, 132 e 133. Se ne dia lettura.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Mozione Cogodi - Morittu - Murgia - Salis - Urraci sullo stato attuale del vertice Sardegna e sul necessario intervento straordinario regionale di sostegno della produzione, della occupazione e della lotta dei lavoratori.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO

a) che la situazione economica e sociale della Sardegna permane gravissima, con aumento consistente di disoccupati e dei lavoratori a rischio di licenziamento;

b) che la "Vertenza Sardegna" è stata promossa, attraverso il concorso di tutte le forze istituzionali, politiche e sociali, con l'obiettivo solennemente dichiarato di dare uno scossone alla pratica intollerabile di progressivo disimpegno dello Stato e del Governo centrale rispetto ai bisogni ed ai diritti inderogabili della Sardegna;

c) che la piattaforma approvata unitariamente dal Consiglio regionale in occasione della riunione solenne è espressa in un "ordine del giorno-voto", a suo tempo accompagnata da dichiarazioni impegnative di "guerra", di "conflitto", di "strappo" istituzionale, sino a rappresentate l'impegno alle proprie dimissioni da parte dei vertici istituzionali della Regione per l'ipotesi di mancato successo della rivendicazione;

d) che nessun risultato sostanziale ed appena apprezzabile è conseguito sinora dal confronto - sempre più diluito, dispersivo e stanco - che vede impegnati da lungo tempo i vertici istituzionali regionali e statali;

e) che il Consiglio regionale è posto nella condizione di apprendere solamente per vie esterne, attraverso gli organi di informazione, di trattative e di accordi territoriali che la Giunta regionale conduce e conclude al di fuori delle compatibilità programmatiche e di bilancio cui è tenuta;

f) che permangono nel contempo inattuate le leggi essenziali per sostenere l'occupazione (progetti speciali, Agenzia del lavoro, ecc.);

TUTTO CIÒ PREMESSO,

impegna la Giunta regionale

1) a riferire con immediatezza in Consiglio regionale:

a) sui risultati conseguiti, punto per punto, rispetto alla rivendicazione dell'ordine del giorno-voto;

b) sui contenuti degli accordi di programma in discussione o da attivare nei diversi territori della Regione;

c) sulle iniziative che intende adottare in esito alla fallimentare propria condotta in relazione al sostegno della occupazione e delle attività produttive.

2) a proporre al Consiglio regionale, entro 15 giorni, una manovra organica di assestamento del bilancio regionale tesa a ricuperare una massa finanziaria non inferiore ai 300 miliardi/anno da utilizzare come volano finanziario, nelle partecipazioni regionali utili per il diretto sostegno delle attività produttive economicamente valide e della occupazione nei settori e nelle aziende a maggiore rischio di chiusura o di ridimensionamento.

Poiché risulta accertato, attraverso i dati comparati di bilancio, che la spesa corrente per sostenere l'apparato regionale, è arrivata alla cifra assurda di oltre mille miliardi/anno, (intorno ai due miliardi e mezzo al giorno) si indica prioritariamente nel riordino funzionale, amministrativo e contabile dell'apparato interno la prima direzione di intervento per il necessario recupero delle risorse indispensabili al sostegno della produzione, della occupazione e della lotta dei lavoratori sardi impegnati in modo deciso perché abbia buon esito la complessiva "Vertenza Sardegna". (126)

Mozione Tamponi - Amadu - Atzeni - Atzori - Baghino - Carusillo - Corda - Deiana - Dettori - Fadda Paolo - Giagu - Lorettu - Manunza - Marteddu - Mulas Franco Mariano - Onida - Oppi - Piras - Sanna Adalberto - Satta Antonio - Sechi - Selis - Serra Antonio - Serra Pintus - Soro - Tidu - Usai Sandro sullo stato della vertenza Sardegna e relativo confronto della Giunta regionale e dei sindacati con il Governo nazionale.

IL CONSIGLIO REGIONALE

CONSTATATO che a distanza di vari mesi il confronto già avviato fra il Governo nazionale, la Giunta regionale ed i Sindacati si è interrotto e ancora non si profilano soluzioni che inducano a delineare l'attenuarsi della grave situazione economica, produttiva e occupazionale che pesa sulla Sardegna;

RITENUTO che il Governo nazionale non possa venir meno agli impegni assunti con il protocollo d'intesa siglato nel dicembre del 1990 e con il quale veniva fra i primi obblighi quello della rapida approvazione di un testo unificato del disegno di legge sul finanziamento del terzo Piano di rinascita ai sensi dell'articolo 13 dello Statuto speciale, che affida allo Stato il proseguimento della rinascita economica e sociale della Sardegna;

CONVINTO che senza idonee misure che assicurino alla Sardegna le necessarie risorse finanziarie, drasticamente ridotte prima con l'abrogazione della legge 64/986 e poi con la cessazione degli interventi previsti dalla legge 268/197, continuerà a decrescere il livello produttivo delle nostre aziende, ma soprattutto continuerà lo stillicidio dei licenziamenti nei vari comparti, specie quelli collegati alle aziende facenti capo alle partecipazioni statali ormai completamente allo sbando o peggio investite da un forte sommovimento liquidatorio legato alle privatizzazioni selvagge;

VISTO l'ordine del giorno n. 79, approvato a maggioranza dallo stesso Consiglio regionale nella seduta del 17 dicembre scorso a conclusione del dibattito svoltosi sulle mozioni numero 110 (Rinascita), 112 (DC), 113 (PDS), 114 (PSI), 115 (PSd'AZ) col quale si richiede di effettuare un fermo ed urgente intervento presso il Governo nazionale per chiedere una serie di misure (che partivano da un confronto su tutte le problematiche legate al mantenimento del sistema produttivo esistente) e di insistere per l'approvazione del piano di rinascita tutt'ora pendente in Parlamento;

RILEVATO che malgrado l'approvazione dell'ordine del giorno-voto del 19 marzo 1993, in una seduta straordinaria che ha visto presenti anche tutti i parlamentari nazionali ed europei e i rappresentanti delle forze sociali ed imprenditoriali, il confronto con lo Stato non è approdato a conclusioni positive, malgrado il concorso dei sindacati regionali e nazionali che hanno svolto anche una partecipata manifestazione di protesta a Roma per sollecitare una più sollecita attenzione del Governo alla grave situazione produttiva ed occupativa della Sardegna;

RITENUTO necessario incalzare il Governo nazionale in carica, guidato da Ciampi che dai primi provvedimenti sembra solo mosso da criteri, pur doverosi, di rigorosa gestione economica che penalizzano, però, le Regioni e le categorie più deboli,

impegna la Giunta regionale

1) a riprendere, con urgenza, la trattativa ed il confronto col Governo nazionale, unitamente alle forze sindacali per chiedere prioritariamente:

a) l'adozione di un decreto legge con il quale vengano immediatamente messe a disposizione le risorse finanziarie già maturate e quelle previste dal rifinanziamento del piano di rinascita economico e sociale della Sardegna previsto dall'articolo 13 dello Statuto speciale;

b) le misure finanziarie necessarie per l'attuazione di una politica industriale e di sviluppo in Sardegna che diano attuazione alle intese già raggiunte a seguito della approvazione del Protocollo d'intesa approvato nel dicembre del 1990, come l'accordo di programma finalizzato alla reindustrializzazione della Sardegna centrale e quello relativo allo sviluppo unitario dell'area chimica sarda;

c) a dare la dovuta attenzione alle esigenze della Sardegna nella distribuzione di 5 mila miliardi che l'Agenzia per il Mezzogiorno si accinge ad assegnare per il completamento delle opere già avviate e da portate a completamento;

2) ad adottare tutte quelle misure di carattere finanziario, anche in sede di assestamento di bilancio, per reperire e definire interventi più incisivi idonei a far fronte alla drammatica crisi occupazionale e produttiva in cui versa la Sardegna;

3) ad effettuare in Consiglio una verifica sugli esisti di tutti gli interventi effettuati sinora dalla Giunta regionale per attuare gli impegni programmatici e quelli indicati con l'ordine del giorno del 17 dicembre 1992 e con l'ordine del giorno-voto del 19 marzo 1993. (131)

Mozione Dadea - Ladu Leonardo - Manca - Zucca - Casu - Cocco - Cuccu - Erittu - Lorelli - Muledda - Pes - Pubusa - Ruggeri - Sardu - Satta Gabriele - Scano - Serri sullo stato della trattativa col Governo sui temi della vertenza Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO CHE:

- la crisi economica in Sardegna negli ultimi mesi si è ulteriormente aggravata;

- in particolare, permane lo stato di incertezza sullo sbocco di riordino e privatizzazione delle Partecipazioni statali in Sardegna, che se non è accompagnato da un nuovo progetto industriale di rilancio, rischia di determinare il tracollo dell'intero apparato industriale nei settori della chimica, della metallurgia, delle miniere e della carta;

si accentua la crisi nel settore della telefonia, dell'edilizia ed in genere della piccola e media impresa, su cui pesano difficoltà finanziarie e deficit di innovazioni;

nel settore agricolo ed agro-pastorale si assumono provvedimenti che colpiscono in maniera diretta e pesante le nostre produzioni più significative, anche perché presso la CEE vi è una pessima rappresentazione degli interessi dell'agricoltura nazionale e regionale;

CONSTATATO che il Consiglio regionale ha approvato solennemente nei mesi scorsi un ordine del giorno voto in cui si chiede al Governo nazionale di affrontare con decretazione d'urgenza le emergenze più gravi della Sardegna e si sollecita il Parlamento ad esaminare la nuova legge di attuazione dell'articolo 13 e ad assumere i provvedimenti indilazionabili per evitare di compromettere irrimediabilmente il nostro apparato produttivo,

impegna la Giunta regionale a riferire al Consiglio regionale:

a) sull'andamento della trattativa col Governo rispetto alla piattaforma approvata dal Consiglio regionale con l'ordine del giorno-voto e sulle iniziative che intende assumere per riavviare tali trattative e sollecitare l'attuazione degli accordi sottoscritti col Governo;

b) sullo stato dell'apparato produttivo sardo e ad indicare le necessarie modifiche legislative che ne favoriscano il rilancio puntando prioritariamente al sostegno di nuovi e competitivi filoni produttivi;

c) sulla proposta che la Giunta regionale sta definendo nella manovra di assestamento di bilancio per garantire il supporto finanziario adeguato per sostenere e qualificare le attività produttive e salvaguardare l'occupazione. (132)

Mozione Ortu - Demontis - Ladu Giorgio - Meloni - Planetta - Puligheddu - Serrenti sui risultati della politica della Giunta regionale in relazione alla realizzazione del suo programma ed in particolare alla difesa del territorio e dell'occupazione.

IL CONSIGLIO REGIONALE

RICORDATO che la Giunta regionale in carica, nata da una affermata esigenza di ampia aggregazione e di forte unità di Gruppi politici rappresentanti in Consiglio, si è posta come obiettivi prioritari, irrinunciabili ed immediati, un disegno globale e coerente di riforme istituzionali fondate su un nuovo Statuto per un reale autogoverno dei sardi, la difesa ed il potenziamento dell'economia e del lavoro nell'Isola, la valorizzazione della lingua e della cultura sarda;

EVIDENZIATO che la maggioranza che ha espresso e supporta la Giunta rappresenta oltre l'80 per cento dei consiglieri regionali;

CONSIDERATO che negli ultimi anni il Consiglio regionale periodicamente ha dedicato sedute solenni, con larga partecipazione di ripresentanti sardi nelle istituzioni, ai problemi della crisi economico-sociale, con l'approvazione di immancabili ordini del giorno che puntualmente non hanno minimamente contribuito a modificare il corso degli eventi arrestando o attenuando la crisi;

RICHIAMATO l'ordine del giorno del 19 marzo 1993 del Consiglio regionale in seduta straordinaria e di cui ormai si è spenta ogni eco senza aver prima prodotto alcun effetto pratico e positivo;

CONSTATATO che sono mancate da parte del Governo, oltre le generiche dichiarazioni di solidarietà e gli impegni assunti con la firma di reiterati protocolli d'intesa, atti concreti ed adeguati a bloccare la progressiva smobilitazione dell'apparato produttivo in tutti i settori dell'economia in tutte le parti dell'Isola con gravi conseguenze di ordine sociale ed occupativo;

RILEVATO l'inarrestabile processo di dipendenza politica ed economica che asservisce ed impoverisce progressivamente il popolo sardo;

CONSTATATO che i solenni proclami e gli impegni assunti dalla Giunta regionale con dichiarazioni programmatiche finalizzate a suscitare e guidare un forte movimento popolare ed una concreta azione politica in grado di vincere ogni stato di subalternità del popolo sardo, si sono praticamente dimostrate vacue e prive di reali contenuti,

delibera

1) di dare avvio alla Costituente etnica dell'autogoverno del popolo sardo nel contesto di un ordinamento federale di una nuova Repubblica italiana;

2) di chiamare a tal fine ad un forte e costruttivo impegno tutte le energie politiche, istituzionali, culturali e sociali con la mobilitazione di tutto il popolo sardo;

3) di assumere a tal fine con immediatezza le necessarie iniziative per conseguire le opportune intese con il Governo e la Commissione bicamerale per le riforme istituzionali,

impegna la Giunta regionale

all'elaborazione e proposta di un piano straordinario, da realizzarsi a breve e medio termine, di iniziative atte:

a) al rilancio del settore agricolo e zootecnico modernamente organizzato e competitivo secondo un piano di sviluppo compatibile con le politiche comunitarie;

b) allo studio e realizzazione di poli agro-industriali distribuiti equilibratamente nel territorio e coerenti con il piano di sviluppo agro-zootecnico;

c) alla elaborazione di un piano per lo sviluppo dell'artigianato e di piccole e medie imprese industriali rivolte soprattutto alla valorizzazione delle risorse locali;

d) al rilancio delle autonome iniziative produttive di giovani disoccupati eliminando ogni intervento di carattere assistenziale e precario;

e) alla predisposizione di un piano di sviluppo turistico che, nel più rigoroso rispetto delle risorse ambientali e queste valorizzando insieme a quelle culturali, rafforzando ed attualizzando i servizi, rilanci il settore secondo forme nuove, moderne e competitive;

f) ad un ravvicinato e determinato incontro con il Governo ed il Parlamento per l'istituzione della Sardegna in zona franca alla produzione ed al consumo;

g) a concretamente operare per una politica energetica che realizzi gli impianti di gassificazione del carbone Sulcis ed un polo per la metanizzazione;

h) a una politica di concrete iniziative atte al recupero produttivo e ad una gestione rigorosa delle risorse ittiche nei laghi salmastri;

i) a rivendicare il rispetto degli impegni assunti dal Governo in relazione al sistema delle comunicazioni, viabilità e trasporti;

1) al rinvenimento delle necessarie risorse finanziarie per l'attuazione dei programmi anche rivendicando ed impegnando capitali e risorse finanziarie presenti e disponibili nel mercato internazionale con rientri programmati nel lungo periodo;

m) ad una più attenta e tempestiva gestione dei programmi e risorse finanziarie della CEE attribuite alla Regione sarda per progetti approvati;

n) a definire con il Governo, con il supporto dei parlamentari sardi, pur con ingiustificato ritardo, il rifinanziamento del "Piano di rinascita" di cui all'articolo 13 dello Statuto ed indirizzando lo stesso all'attuazione di ben individuati progetti di sviluppo produttivo. (133)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. Ne ha facoltà.

COLLU, Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. Chiedo una sospensione di cinque minuti in attesa dell'arrivo del Presidente.

PRESIDENTE. Poiché non ci sono opposizioni, sospendo la seduta per cinque minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 18 e 02, viene ripresa alle ore 18 e 17.)

PRESIDENTE. Per illustrare la mozione numero 126 ha facoltà di parlare l'onorevole Cogodi.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta regionale finalmente pervenuto, colleghi del Consiglio, dico subito che è significativo che il Consiglio regionale si debba sempre interrompere - è accaduto alle ore 17, poi è accaduto alle 17 e 30 - perché è divenuta normale l'assenza della Giunta, alle riunioni del Consiglio, salvo l'Assessore di turno, che in modo spesso notarile - al di là del valore di singoli che rappresentano i così detti dicasteri regionali - interloquisce quando vuole e quando può. Insomma i lavori del Consiglio precedono molto stentatamente e disordinatamente, soprattutto distrattamente.

C'è qualcuno di noi che ancora - credo tutti, ma questo è un auspicio, non può essere un riconoscimento - ha una concezione non diciamo alta, diciamo sana della politica e delle istituzioni rappresentative e che ritiene - e in questo convincimento vorrebbe permanere - che il Consiglio regionale sempre, ma soprattutto quando deve affrontare questioni di estrema rilevanza per la società sarda, dovrebbe avere e manifestare ben altra attenzione e tensione. Così non è. E noi non possiamo che iscrivere questo atteggiamento, questo modo di procedere, che è un modo di essere, all'interno di quella caduta di tensione che ormai accompagna la vita politica della Regione. Tutto ciò è in linea con quanto accade a livello più generale, frutto anche di confusione e c'è da chiedersi come sia possibile reagire a questo stato di cose, perché reagire bisogna.

L'argomento in discussione: a che punto è, non questo o quel provvedimento della politica regionale, a che punto è la vertenza Sardegna? E' una domanda di prima grandezza. Il Gruppo Rinascita e Sardismo ha presentato una mozione datata 29 aprile. Dopo reiterate richieste, il 29 di aprile, più di due mesi fa, un Gruppo consiliare ha presentato una mozione per provocare una discussione in Consiglio regionale sulla vertenza Sardegna. Sono passati due mesi, 62 giorni per l'esattezza, e oggi il Consiglio, non so quanto di buona voglia e di buona lena, sul finire di una giornata, peraltro lunga e faticosa, arriva finalmente a occuparsi della questione.

Prima del 29 di aprile, 40 giorni prima, il 19 di marzo, questo Consiglio regionale, questa Giunta, questa Presidenza, questi consiglieri, avevano tanto insistito e avevano realizzato una seduta solenne, con tanto di coro, di contorno, di riflettori, di attenzioni, di dichiarazioni che pareva preludessero a chissà quale iniziativa politica forte, fortissima di questa Regione, rappresentata a livello di governo da questa Giunta, sostenuta da questa grande maggioranza, perché la Sardegna, si diceva, affondava, la Sardegna era immersa in una regressione strutturale, perché la sua prospettiva di sviluppo era messa in crisi. Si usarono toni e parole forti, il 19 di marzo,di fronte non solo al popolo sardo ma alle massime autorità politiche, civili, religiose, morali e quant'altro, e io proporrei di richiamare tutte queste persone, componenti della società civile, forze sociali, sindacati, imprenditori, autorità morali e religiose, proporrei di richiamarle qui, in questa stessa aula, per dire che giudizio danno di quello che è accaduto nel frattempo, e per dire anche in che cosa esse si sono adoperate, per dire quali risultati si sono raggiunti.

Non era vero quello che si diceva il 18 di marzo, non era vero, si faceva una dichiarazione di guerra, si annunciavano strappi istituzionali, c'era l'attenzione dei mass media e dell'opinione pubblica perché c'erano fabbriche che rischiavano di chiudere, c'erano operai sulle ciminiere di Villacidro, c'erano minatori nelle miniere del Sulcis, c'erano operai nell'autogestione delle fabbriche chimiche. Ma dove sono quegli operai della ciminiera? Io qualcuno l'ho incontrato nella periferia di Milano, emigrato, nelle settimane scorse. Sono scesi dalla ciminiera per andare nella cintura di Milano, a fare gli emigrati. E quei minatori e quegli operai chimici? Dopo otto mesi di autogestione e di dimostrata capacità di far funzionare e produrre una fabbrica moderna, dove sono? In cassa integrazione! In mobilità verso una possibile espulsione dal processo produttivo! E la Giunta regionale dov'è? Sempre al suo posto! E la trattativa col Governo nazionale? E gli annunci di battaglie forti? E le minacce di dimissioni, di tutti, a partire dal Presidente del Consiglio regionale, notificate a mezzo stampa a tutti noi? E' stato notificato per giornale e per televisione che se la vertenza Sardegna non avesse avuto esiti positivi o almeno soddisfacenti, ci saremmo dimessi, avremmo dato corso a una protesta forte di queste istituzioni. Che ne è stato di tutto questo? Parole al vento! Non che fosse facile, era difficilissimo, ma quando si dichiarano guerre bisogna sapere che la guerra è dura, e se non si ha voglia di fare guerre, e neppure battaglie e neppure scaramucce, si sta zitti, si fa più bella figura e il Consiglio regionale non fa sedute solenni, non si rivolge al popolo chiamandolo alla lotta, non si caricano le navi per andare a marciare per le vie di Roma, di fronte ai simboli del potere, al Colosseo, a fare le grandi assemblee, per tornare poi a non avere nulla. Si dirà che ci ha tradito il Governo di Roma! Noi abbiamo chiesto, ma il Governo non ha risposto. Ci sarebbe da chiedersi di chi è il Governo di Roma e se appartiene a tutti allo stesso modo. E non è vero poi che questo è un Governo oltre i partiti, che è un Governo tutto tecnico, delle banche. Ci sono anche fior di sottosegretari, cioè di viceministri che appartengono anche al sistema politico sardo. Chi ha detto che è un Governo che non ha una targa politica o di organizzazione partitica? Non è vero! E se anche fosse vero, se il Governo dello Stato, ad una Regione che è parte dello Stato e che ha questi bisogni e questi diritti, non risponde e non riceve - nel senso che non riceve la domanda, non che non riceve fisicamente, perché sono anche cortesi questi ministri che vengono dalle banche - non riceve la sua domanda legittima, nasce un problema che è politico, e nasce il bisogno di una reazione che sia pari alla provocazione o che almeno dimostri che si risponde alla provocazione e non la si subisce. Quindi la vertenza Sardegna scompare dall'orizzonte politico, questo orizzonte si appanna, c'è una sorta di fuga dalle responsabilità, non fuga dagli Assessorati; c'è una sorta di rimozione, si parla di altro e non solo si parla di altro, ma ci si appassiona molto sulle altre cose, e questa maggioranza e questa Giunta si accalorano ancora molto - e i giornali prestano le loro prime pagine a queste grandi passioni della politica regionale - quando c'è da trattare di un consiglio di amministrazione di una banca o di un ente o di una U.S.L. Questi argomenti sì che suscitano interesse e fanno notizia, ma questa è vecchia politica, inutile politica, spesso marcia politica.

La vertenza Sardegna è rimossa, sono necessarie una mozione e una insistenza di due mesi perché questo Consiglio accetti di discuterne ancora, e in questo clima e con questa partecipazione. Non che io adesso mi illuda, col Gruppo cui appartengo, che poi è uno dei gruppi più piccoli numericamente, di poter fare quello che gli altri non vogliono fare. Se non c'è attenzione, se non c'è tensione, se non c'è convincimento, nessuno di noi sarà capace da solo di fare queste cose, però valga il richiamo e, per quanto serve, valga anche il fatto che c'è qualcuno di noi che vuole anche avere la coscienza a posto, che quando dice una cosa ci crede e si adopera anche perché possibilmente si realizzi.

Passano dei mesi e, in questo clima, si arriva a ridiscutere e però senza che noi abbiamo, come dire, un aggiornamento, una comunicazione sufficiente, un'istruttoria delle questioni, che consentano al Consiglio stesso di operare una verifica dei risultati o almeno dei tentativi che si sono svolti. Noi, allo stato delle cose, abbiamo un comunicato stampa della Giunta regionale, che è datato 22 giugno, quindi abbastanza fresco ancora, nella quale nota si certifica la morte della vertenza Sardegna perché sostanzialmente si dice: non si è avuto nulla; il Governo dello Stato fa conti da ragioniere e da questi conti fa discendere una somma di decisioni che comportano l'annullamento dell'apparato produttivo sardo, in cambio del quale non viene offerta nessuna valida alternativa né per l'immediato né per il futuro. Questo comunicato della Giunta regionale è una certificazione di morte, è una nota disperata perché vero è che la nota conclude con un richiamo o anche con un impegno: la Giunta si opporrà con ogni mezzo. Ma quanti mezzi ha messo in moto la Giunta? Con ogni mezzo...

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. Con ogni mezzo pacifico.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Sì, pacifico, ci mancherebbe! Le guerre si fanno pacificamente.

(Interruzioni)

Ma intendevamo una guerra politica, non quella che si combatte da altre parti; non intendevamo un'ingerenza umanitaria, intendevamo un'ingerenza politica, ingerenza umanitaria è quella che fanno gli americani in Somalia che sparano e uccidono i somali.

Ma la Regione, si dice, si opporrà con ogni mezzo e chiama le forze sociali alla mobilitazione. E va bene che la Giunta regionale chiami le forze sociali alla mobilitazione! Insomma, è sostanzialmente una dichiarazione di resa, un comunicato con cui si tenta di salvare l'anima, però non c'è nessuna iniziativa, nessuna proposta. Noi abbiamo il dovere, dico noi Consiglio regionale, di fare una verifica delle cose che il Consiglio regionale ha domandato e ha deciso, perché l'ordine del giorno-voto inviato al Governo nazionale e al Parlamento nazionale non era una generica protesta, era un'indicazione e una rivendicazione unitaria di questo Consiglio. E' stato difficile raggiungere questa unitarietà, questa convergenza, è stato detto anche a chi non era convinto - e alcuni di noi non erano convinti - che era necessario non indebolire la forza contro il nemico, che sia necessaria una sorta di Gabinetto di guerra, che dovevamo essere tutti uniti per vincere. Così abbiamo acceduto anche all'ordine del giorno unitario, accettando che le proposte puntuali dell'opposizione - io ricordo due documenti, quello del Gruppo Rinascita e Sardismo e quello del Gruppo sardista - venissero assunte a corredo del documento principale, quindi diciamo a rafforzamento del documento principale. Ma anche il documento unitario, quello di tutti noi, è chiaro che va rivisitato per sapere che ne è stato delle nostre decisioni, non di quelle delle opposizioni, di quelle del Consiglio regionale, delle vostre decisioni.

In quel documento si dicono cose precise; insomma, rispetto a quella base rivendicativa il risultato è nulla, è zero rispetto ad una situazione che è andata peggiorando.

Tre cose, essenzialmente, erano contenute in quel documento: primo, la rivendicazione di un nuovo piano di rinascita, quindi non solo di un piano, ma di un nuovo piano di rinascita che contenesse non la soluzione integrale, ma l'attenuazione, così era scritto nel documento, delle diseconomie nel settore dell'energia, dei trasporti, dell'ambiente, della ricerca, delle esenzioni fiscali e doganali - zona franca cioè - della pubblica amministrazione. Vogliamo rielencare questi punti? Piano di rinascita non ce n'è, né nuovo né vecchio; contenuti innovativi in questi settori vitali per l'economia di questa Regione non ce ne sono; energia: vicenda del carbone ferma la palo, al punto di partenza nella migliore delle ipotesi; trasporti: non se ne parla, però ne abbiamo parlato in questi due giorni approvando un gran bel piano dei trasporti, bello, innovativo, coordinato con i bisogni di oggi, tant'è che alla fine si è dovuto metterlo da parte; ambiente: cominciano gli incendi estivi, mi dispiace che non ci sia l'Assessore dell'ambiente, io spero che sia a coordinare le iniziative, e di sicuro sarà così, perché noi abbiamo alcuni Assessori competenti e capaci. Ma non è questione di singoli e neppure di somma di singoli, l'impressione che si ha è che manchi una strategia politica d'insieme per affrontare le grandi questioni di questa Regione. L'impressione che si ha è che, ancora una volta, anche alla battaglia contro gli incendi estivi, si arrivi abbastanza in ritardo e abbastanza sguarniti, se già le cronache parlano di primi disastri che si stanno verificando e il Governo minaccia di ritirare anche due aerei. Un Governo, uno Stato che occupa militarmente (questo si può dire, perché è così) circa un decimo del territorio di questa Regione, si è permesso di minacciare di ritirare due aerei che devono servire nella lotta agli incendi estivi. Per la ricerca, la zona franca, la pubblica amministrazione quale passo aventi si è fatto in queste direzioni? Nessuno.

La seconda questione che si poneva nell'ordine del giorno era l'edizione del nuovo Statuto, la necessità di concordare con lo Stato le procedure attraverso cui ottenere il nuovo Statuto di autonomia. Meglio sorvolare. E' costituita presso il Parlamento nazionale una Commissione bicamerale, mi pare ormai da più di un anno, ricostituita dopo il rinnovo del Parlamento; quella Commissione bicamerale, che si occupa delle riforme istituzionali, sta per ultimare il suo lavoro, e qualcuno dovrebbe dirci quale proposta di riordino istituzionale è partita da questa Regione, quale idea di nuovo Statuto, quale idea di nuova organizzazione statuale da questa Regione, Giunta o Consiglio, Commissione, è pervenuta alla sede propria che è la bicamerale. Nessuna, però si è fatta una legge qui per istituire una Commissione consiliare. In articulo mortis della legislatura regionale, negli ultimi mesi, ogni cinque anni, si istituisce una Commissione che deve pensare un nuovo Statuto, quasi che chi ha testa non abbia già pensato a una idea di nuovo statuto e che queste idee non possano anche confrontarsi in poco tempo e non possano sintetizzarsi perché questa Regione si formi un'idea di nuovo Statuto da proporre o da rivendicare o da fare a seconda dei punti di vista. E invece no! Si costituisce una nuova Commissione consiliare, la nona Commissione consiliare perché rientri bene nelle divisioni e nelle attribuzioni delle Presidenze ai Gruppi. Poco male, passi anche questo, si sono aumentate tante Commissioni, si poteva anche istituirne un'altra. No, la maggioranza bisticcia pure su quella Commissione, e quindi quella Commissione non ha Presidente e non si insedia. Questa era la tensione autonomistica, questa era la gran voglia di nuovo Statuto, per questo ci voleva una legge, e poi tutto si immiserisce attorno a come attribuire una Presidenza. Una vicenda penosa sulla quale è meglio sorvolare.

Il terzo punto contenuto nell'ordine del giorno-voto era il riordino del sistema delle imprese pubbliche, principalmente nel settore chimico, minerario e quant'altro. Sappiamo che sono tutte questioni che rappresentano non più ferite aperte, ma voragini, baratri verso i quali si sprofonda perché, stando non alle notizie ma alle dichiarazioni formali, la chimica dovrebbe chiudere, partendo dai volani che attivano i processi produttivi ubicati in Sardegna e altrettanto dicasi per il settore minerario, per la cartiera, e per ogni e qualsiasi fattore importante di produzione industriale e non industriale. E perché non parlare delle produzioni agricole - altro capitolo ugualmente doloroso - e dell'attività pastorale, dell'allevamento e del settore agroalimentare, che ugualmente precipitano verso la crisi più nera?

E allora, se questa è la situazione, la domanda che avanzo è questa: che fa la Giunta regionale? Non può fare nulla? Dunque non serve a niente. Se questa Regione ha un suo Governo che, nonostante la buona volontà dei singoli non è capace di ottenere e di risolvere nulla, perché mai dovremmo avere una Giunta? Tra l'altro la Giunta regionale costa di per se stessa qualcosa come 3 miliardi all'anno. Noi abbiamo una Giunta regionale che costa, è scritto nel bilancio, 3 miliardi e 300 milioni all'anno di indennità, quindi è una Giunta che paghiamo bene, cioè che i sardi pagano bene, perché 3 miliardi e 300 milioni diviso tredici persone rappresentano una buona retribuzione. Questo assicura tranquillità rispetto ad altre preoccupazioni per dedicarsi interamente, anima e corpo, a pensare, a proporre, ad ottenere, qualche cosa. La Giunta potrebbe cavarsela dicendo: "Io ho domandato, non mi hanno dato nulla, cosa posso fare?". Te ne vai perché costi...

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. Anche il Consiglio.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Anche io per la mia funzione. Presidente, non mi tiri... Dirò poi anche della funzione di consigliere regionale, non si preoccupi, perché poi lei le assomma tutte e due, è l'unico che assomma entrambe le funzioni, quella di componente della Giunta e quella di consigliere...

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. Annessi e connessi.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Annessi e connessi. Stavo dicendo che noi abbiamo un Governo che costa - e deve costare -, che il popolo vuole pagare, che deve essere di primo livello come qualità e applicazione perché ottenga dei risultati, come tutte le persone e le cose che hanno una funzione devono ottenere risultati. Se io avessi un direttore di una banca che non ottiene nessun risultato per quella banca, devo decidere: o non serve il direttore o non serve la banca. Non capisco perché in politica non debba valere il riscontro dei risultati, soprattutto quando la Giunta è tecnica, o si dice che sia tecnica. Quindi c'è il problema di come fare i conti con questa incapacità, e c'è il problema di come recuperare risorse di questa Regione, dico di questa Regione e non in questa Regione e basta, come recuperare risorse da distribuire diversamente, perché questo problema ormai è maturo, si pone e deve essere affrontato.

Allo Stato rivendichiamo poteri e rivendichiamo mezzi, se avessimo più convincimento otterremmo anche di più, ma intanto questa Regione ha il dovere di utilizzare in modo diverso quello che ha, distribuendo meglio le sue risorse. E questo è il capitolo della Regione non contro lo Stato, ma della Regione contro la Regione, della Regione vera che ha diritti pretermessi, che ha bisogni inascoltati e di una Regione invece che sta in seduta, che siede qua e là per Giunte, per Consigli, per banche, per amministrazioni, per uffici e che costa più di mille miliardi all'anno, di una Regione e di una burocrazia regionale che costano due miliardi e mezzo al giorno in retribuzioni, non spese generali, retribuzioni. E, allora, questa Regione che rende questo servizio così inadeguato in questa Regione così poco capace di elaborare, così poco capace di incidere, questa Regione politica e burocratica insieme, che costa 2 miliardi e mezzo al giorno, ha diritto di continuare ad avere due miliardi e mezzo al giorno per non ottenere nessun risultato? O non conviene che di questi mille e più miliardi l'anno, almeno una parte, almeno un terzo, 300 o 400 miliardi si recuperino e si devolvano alle attività produttive, a settori maggiormente in crisi, dove serve di più il sostegno finanziario, se si ha voglia di devolvere risorse e le risorse giuste, perché non sempre si tratta di danaro. Per far funzionare una fabbrica, dopo un'autogestione di otto mesi, che ha prodotto 5 miliardi di PVC vendibile, questa Regione non ha voluto comprare un carico di etilene, per permettere che quella fabbrica rimanesse produttiva. Non l'ha voluto comprare per paura politica, non l'ha voluto comprare per, come dire, moderatismo, per l'ispirazione moderata del suo modo di essere. Non sarebbe successa nessuna guerra: la Sardegna non sarebbe stata assaltata e nessuno sarebbe stato arrestato, se una buona norma di questa Regione, rispetto a tante norme mal fatte, avesse approvvigionato quella fabbrica di materie prime e avesse consentito a quei lavoratori di tenere la produzione in essere e quindi di sfondare su un punto. Era un gesto, si diceva, di rottura che aveva il senso di dire: "Quello che in questa Regione è produttivo, io Regione lo voglio mantenere e lo mantengo". Non si è stati capaci di questo, neppure le sottoscrizioni che si è tentato di attivare hanno dato il loro risultato, ma con le sottoscrizioni ovviamente si possono lenire un pochino le difficoltà ma non certo risolvere i problemi.

Stante questa situazione, è necessario certo rivisitare la piattaforma rivendicativa, aggiornare quello che c'è da aggiornare, fare i conti con i risultati se ci sono e con la capacità di ottenere risultati, però fare i conti anche con le risorse di cui la Regione dispone e quindi procedere ad alcune decisioni che questo Consiglio regionale può e deve assumere.

Io credo che questo discorso, questo dibattito, sulle mozioni non debba essere solo un altro momento di discussione, e che si dovrebbe concludere non con un ordine del giorno più o meno unitario, ma con la decisione, che potrà essere formalizzata se il Consiglio riterrà, o una parte considerevole del Consiglio dovesse ritenerlo, di impegnare la Giunta ad avanzare proposte, possibilmente risolutive per le emergenze che abbiamo in campo, mobilitando tutte le risorse finanziarie e istituzionali e i poteri - se pur limitati, questa Regione ha poteri, se no non servirebbe a nulla e noi non saremmo qui - a presentare, in un congruo lasso di tempo, una settimana, dieci giorni, proposte su come possono funzionare la fabbrica chimica, la cartiera, la miniera, alcuni settori vitali dell'economia di questa Regione chiamando il Consiglio a deliberare su questo. Se la Giunta questo non vuole fare o non sa fare, io credo che il Consiglio regionale debba riconvocarsi a data certa e prendere in considerazione, esso Consiglio regionale, i modi attraverso cui dare risposte ai problemi più pressanti, cioè come far sì che possano continuare a funzionare la fabbrica chimica, la cartiera, la miniera e alleggerire la disoccupazione in questa Regione. Queste cose questo Consiglio deve essere capace di proporre e di decidere.

Insomma, e ho concluso, fra tutti quelli che corrono ad occupare il centro - perché pare che sia diventato il nuovo sport nazionale, tutti ad occupare il centro politico -, c'è ancora qualcuno disposto a correre per occupare un lavoratore, per occupare un disoccupato, per risolvere un problema? Non deve essere forse al centro della nostra attenzione, e della nostra iniziativa e del nostro lavoro - di tutti se possibile o di quanti vorranno - la possibilità di risolvere alcune di queste questioni?

Questa era la vertenza Sardegna, che non può essere cancellata dalla pigrizia di nessuna Giunta regionale e neppure, per intanto, dalla Giunta regionale che oggi esiste, confortata da grandi numeri ma purtroppo non certamente da risultati apprezzabili.

PRESIDENTE. Per illustrare la mozione numero 131 ha facoltà di parlare l'onorevole Tamponi.

TAMPONI (D.C.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono di questi giorni i dati sulla situazione economico-sociale della Sardegna nel 1992. E si possono già trarre delle conclusioni in base alla valutazione di questi dati. Questi dati denunciano una carenza dell'apparato produttivo isolano che si va manifestando e che suscita una sempre maggiore preoccupazione. La crisi del comparto manifatturiero è una crisi che ormai sta assumendo non solo natura congiunturale ma natura strutturale. Il prodotto interno lordo è cresciuto in Sardegna nel 1992 solo dello 0,6 per cento rispetto a una crescita in Italia, pur attraversata da una fase congiunturale sfavorevole, dello 0,9 per cento.

(Interruzioni)

Collega Cogodi, io ho tentato di seguirla con attenzione. Se prendiamo alcuni parametri che servono ad individuare lo stato di salute del settore produttivo, quale per esempio quello dell'Enel impiegata per usi produttivi, notiamo che in Sardegna al 1992 c'è stato un calo del 2 per cento. Abbiamo quindi una situazione sarda che nel 1992 si è verificata in un calo della domanda che ha riguardato tutte e componenti dei beni di consumo. Ed è un calo che in termini percentuali si è sviluppato in maniera più drastica di quanto non si sia verificato nel resto d'Italia. Se guardiamo anche il livello delle importazioni, che è calato del 13,7 per cento, e guardiamo il livello delle esportazioni dalla Sardegna, che è calato del 3,7 per cento, non dobbiamo assolutamente gioire di un saldo complessivo del commercio con l'estero pari al 22,6 per cento perché notiamo in questo andamento del 1992 una fase i cui risultati completamente negativi finiranno per manifestarsi in quest'anno, nel 1993. Il valore aggiunto nell'industria è stato del meno 2,9 per cento, quando in Italia abbiamo avuto un decremento dello 0,5 per cento. Se poi prendiamo alcuni indici, che vengono utilizzati dal sistema creditizio e bancario e che servono per fare delle analisi non solo di macroeconomia ma anche di microeconomia, vediamo che c'è stata una decelerazione del risparmio privato in Sardegna dell'11,5 per cento. In sostanza stiamo assistendo ad un'accentuazione di quella diversità della Sardegna anche in termini economici rispetto al resto d'Italia, che ci pone nella condizione di guardare al futuro con dati e con situazioni di estrema difficoltà e di grande preoccupazione. Nel campo dell'impresa c'è una disponibilità minore dei mezzi propri degli imprenditori, e un dato significativo è quello dell'allungamento dei tempi di pagamento dei crediti, cioè dei debiti della clientela, e quindi una decelerazione nella crescita degli impieghi di circa il 2,5 per cento. Io credo che basterebbero già questi dati a farci considerare quale sia la gravità della situazione economico-produttiva della Sardegna che si è verificata nel 1992.

Se passiamo all'andamento del mercato del lavoro, che forse è la cosa che balza immediatamente all'attenzione non solo dei notisti di politica economica, ma anche dell'opinione pubblica in genere, vediamo che la cassa integrazione straordinaria è cresciuta in Sardegna nel 1992 del 42,4 per cento rispetto ad una crescita del 6,8 per cento in campo nazionale. La crescita della cassa integrazione ordinaria è stata pari al 47,3 per cento, seppure il differenziale con la media nazionale in questo caso è ridotto, essendo la crescita sul piano nazionale del 27,4 per cento. Abbiamo un dato poi relativo ai lavoratori in liste di mobilità, che nel 1992 erano pari a 1829 unità, ma che già nei primi mesi del 1993 registra una crescita di 700 unità. Questo è già un dato significativo, che possiamo prendere proprio come riferimento per l'inizio di questo anno, che ci fa immaginare quali possono essere gli sbocchi di questa crisi, visto che non riusciamo ad individuare possibilità concrete di reimpiego di questi lavoratori in liste di mobilità e che quindi questa situazione occupazionale in Sardegna si pone su un crinale veramente preoccupante e straordinario.

La situazione occupazionale è degradata, abbiamo una situazione che prevede nel 1992 una crescita del livello degli occupati, che passano da 542 mila nel 1991 a 545 mila, per un incremento che si è verificato tutto nel terziario, quando abbiamo invece nel settore primario, cioè nell'industria, un decremento del 4,5 per cento rispetto ad una media nazionale del 3,8 per cento. I lavoratori in cerca di prima occupazione, sono aumentati: da 123 mila passano a 124 mila. E ciò denota proprio come l'aumento dei lavoratori in cerca di prima occupazione sia il dato significativo di questa situazione congiunturale che sta attraversando la Sardegna e che vede appunto la Regione rappresentare un tasso del 10,6 per cento rispetto a un tasso del 5,7 per cento sulla media nazionale, esattamente il doppio rispetto a quanto avviene nel resto d'Italia. Il tasso di disoccupazione è diminuito o si è attestato intorno alla stessa cifra, cioè circa il 18,5 per cento del 1992 rispetto al 1991. Così le liste di collocamento prevedono in Sardegna, nel 1992, 230 mila unità circa con un incremento del 2,8 per cento rispetto al 1991. Ma ciò che ci preoccupa - e questo lo dico ai consiglieri regionali di tutte le aree della Sardegna, di tutte le province - sono i dati che vanno raffrontati per province. E io credo che sia un dato che dobbiamo considerare perché stranamente, rispetto a tutte le cose che si dicono sempre secondo luoghi comuni, la provincia che denota il maggior tasso di iscritti nelle liste di collocamento è la provincia di Sassari con un incremento di ben l'11 percento, seguita dalla provincia di Oristano con un incremento del 7 per cento circa, mentre osserviamo che la provincia di Nuoro ha un decremento di circa il 4 per cento nell'iscrizione nelle liste di collocamento e la provincia di Cagliari si presenta stabile. Io credo che questo dato faccia emergere, nella valutazione complessiva della Sardegna, un'analisi differenziata per le varie aree geografiche e per le varie province che forse deve essere ripresa in considerazione, secondo un assunto storico che vedeva la regione del nord Sardegna meno interessata a questi fenomeni rispetto al Nuorese e al Cagliaritano. Ma questo lo dico, perché il danno riguarda tutta la Sardegna, per dare dei dati obiettivi. Dati obiettivi sono certamente quelli che riguardano l'andamento del settore turistico dove abbiamo avuto in Sardegna nel 1992 ben il 4,2 per cento di presenze in meno, rispetto ad una media nazionale dell'1,2 per cento di presenze in meno. Credo che questi dati denotino come, su alcuni indicatori particolari, la Sardegna abbia un comportamento standardizzato e costante che è quello del raddoppio degli indici negativi rispetto agli indicatori e alle medie nazionali. Tutto questo credo che evidenzi veramente la diversità della Sardegna. Noi in questi giorni stiamo facendo una grossa analisi e un grande sforzo per esaltare, direi, verso forme di unità alcuni aspetti che costituiscono la peculiarità della Sardegna. Credo che quando affronteremo la legge sulla cultura, che arriverà in Aula nella prossima sessione del Consiglio, avremo modo di verificare quale possa essere lo spirito con cui valorizzare le differenze, le tradizioni, i valori etnici della nostra Isola - e sono quelle le differenze che ci preoccupano di meno, che anzi dobbiamo volgere in termini positivi - e confrontare le altre differenze, che vorremmo veramente che non esistessero, sul piano dell'occupazione, sul piano delle prospettive di sviluppo e dei posti di lavoro.

Oggi la Sardegna è minacciata, è minacciato il suo comparto industriale. Abbiamo avuto modo di dire anche ad autorevoli esponenti del Governo, che si sono espressi a favore di una liquidazione veloce del sistema industriale della grossa industria in Sardegna, che questo non ci sembrava assolutamente l'approccio più opportuno che i sardi (anche i sardi che vivono a Roma) devono avere nei riguardi delle esigenze e delle situazioni che caratterizzano la Sardegna. Privare la Sardegna del tessuto produttivo, anche della grande industria che ha caratterizzato le scelte degli anni '60, che oggi qualcuno di noi può anche mettere in discussione, non vuol dire solo fare un'esercitazione accademica sul fatto che le scelte di quegli anni, che ormai sono molto lontani dalla nostra generazione, fossero più o meno opportune, quanto metterci in una logica di prospettiva e chiederci cosa succederebbe in Sardegna se di colpo dovessimo rinunciare a queste prospettive.

E' chiaro che il rapporto che noi dobbiamo instaurare con il Governo è un rapporto di confronto sicuro, forte, dove assumiamo delle iniziative precise, tese a rivendicare alla Sardegna da parte del Governo dello Stato quei doveri di solidarietà che lo Stato più volte ha manifestato fin dagli albori di questa democrazia autonomistica sarda, e che si sono verificati negli anni, sia con il primo, il secondo e gli altri piani di rinascita, sia con l'ultima legge "268". Ma da tropo tempo, signor Presidente, onorevoli colleghi, andiamo chiedendo al Governo, allo Stato nazionale, ai nostri parlamentari che sono a Roma un impegno più preciso per tradurre le nostre esigenze e le nostre aspettative in atti concreti. C'è stato un grosso sforzo della precedente maggioranza e di questa maggioranza nei riguardi del Governo, c'è stato uno sforzo, per vedere l'impegno e il confronto serrato con il Governo tradotti in protocolli d'intesa, più volte citati in quest'Aula e dalla stampa. Abbiamo visto varie Giunte che si sono susseguite, dalla Giunta Rojch, dalle Giunte Floris, confrontarsi con il Governo e ottenere da questo dei protocolli, delle intese che ponevano dei punti precisi sul piano delle posizioni e del rispetto degli impegni che il Governo voleva mantenere con la Regione autonoma della Sardegna, in linea non con un'astratta partecipazione alle esigenze di crescita di questa Regione o con astratti principi statutari che rivendicano alla Sardegna condizioni di diversità e quindi condizioni di solidarietà speciale nei riguardi dello Stato, ma in merito a situazioni reali che ci vedono ulteriormente differenziati in un contesto di crescita nazionale, in un contesto di partecipazione ad uno sviluppo che non è più nazionale - e non può più essere solo nazionale -ma anche europeo e internazionale. Credo che in questi giorni, parlando anche del tanto citato piano dei trasporti, molti di noi abbiano messo in evidenza come un problema strutturale delle deficienze di crescita e di opportunità di sviluppo della Sardegna sia anche quello collegato ai trasporti, tanti di noi hanno messo in evidenza come oggi il rapporto, per una crescita più equilibrata nel contesto del Mediterraneo su una tematica come quella dei trasporti, deve essere un rapporto che non ci collega con lo Stato nazionale, ma ci collega, per esempio, con altre regioni quali la Corsica e ci collega in un contesto di realtà dei trasporti nel Mediterraneo, nel quale la Sardegna rivendica un ruolo particolare, non solo per se stessa ma anche per la nazione italiana. Ecco, credo che quello che sta avvenendo e quello che si sta dimostrando in questi giorni debba convincerci tutti quanti che gli allarmi che stiamo lanciando non sono degli allarmi strumentali.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE SERRI

(Segue TAMPONI.) Il Governo e il Ministro avevano preparato, nell'aprile di quest'anno, il testo di un decreto legge che traeva le conclusioni anche da atti concreti della Giunta regionale, adottati il 5 marzo 1993, per impostare uno schema di decreto che è stato posto all'attenzione del Governo, che di fatto tendeva, seppure con una dotazione finanziaria insufficiente, a tenere presenti quelle che erano le esigenze e le priorità che il Consiglio regionale della Sardegna aveva indicato in varie occasioni, discutendo proprio questi ordini del giorno e discutendo la vertenza Sardegna, che non vuole essere un'occasione per un'esercitazione accademica su ciò che vorremmo che fosse la nostra Sardegna, ma che vorremmo veramente fosse considerata come un'istanza e un'emergenza nazionale che deve esulare dai confini regionalistici nei quali molti la vogliono porre.

Se il nostro Gruppo ha posto in questi giorni l'esigenza di una verifica che molti giornalisti hanno dato già per conclusa, ma che credo non sia conclusa, e sulla quale stiamo appunto approfondendo con i colleghi della coalizione gli elementi che intendiamo verificare, per una miglior qualificazione della spesa, per l'inversione di alcune linee di tendenza, che potevano essere appropriate qualche mese fa, quando la coalizione è nata e che oggi devono essere riviste, è anche perché abbiamo presente, prima come uomini che come politici, questa grossa preoccupazione.

Certo, è vero che questa struttura regionale ha un costo, è vero che le spese correnti spesso balzano all'occhio, come in quest'ultima prospettiva di assestamento di bilancio, che ci ha proposto l'assessore Barranu, per quintuplicare, se non duplicare le spese per investimenti, e questo avviene soprattutto negli enti strumentali. E' certo che queste cifre non devono passare inosservate, devono essere lo strumento immediato attraverso il quale noi non facciamo solo una lettura, ma facciamo un'interpretazione. In questi anni, probabilmente, l'istituto autonomistico ha ritenuto di procedere sulla strada dell'ordinario, una strada in cui i trasferimenti che provenivano dallo Stato, da quello stesso Stato che sta portando la pressione fiscale a livelli insostenibili, erano utilizzati per attuare procedimenti di spesa e politiche di bilancio che non tengono conto delle situazioni congiunturali e traumatiche alle quali ci stiamo avvicinando sul piano nazionale, e gli avvenimenti di questi giorni forse sono la punta di un iceberg. Oggi ci vuole un'inversione di tenenza, oggi dobbiamo dire con chiarezza allo Stato, ma lo dobbiamo dire anche a noi stessi, prima di tutto, cosa vogliamo fare, su quali punti programmatici vogliamo impostare le opportunità di tutela e di lenimento dei danni che provengono da questa situazione traumatica, e di reimpostazione di possibilità di crescita, di possibilità di uscire da questo tunnel.

La situazione è gravissima, lo abbiamo detto e lo abbiamo ripetuto anche nella mozione che abbiamo presentato come Gruppo, che riprende il contenuto di altri interventi sviluppatisi in quest'Aula in altre circostanze, e dell'ordine del giorno-voto approvato a marzo di quest'anno. La situazione si va ancora aggravando, signor Presidente e onorevoli colleghi, e credo che questo Consiglio debba manifestare un'attenzione superiore, che parta dai Gruppi certamente, ma anche dal livello di partecipazione personale e diretta, che ciascuno di noi deve manifestare, alla gravità della situazione sarda che riguarda non aspetti generici, ma riguarda prima di tutto le condizioni dei sardi, le condizioni di molti uomini che vedono le loro prospettive occupazionali bloccate, le condizioni di uomini che perdono o rischiano di perdere il posto di lavoro, le condizioni complessive della Sardegna, che rischia di perdere una condizione di sviluppo data dalla valorizzazione primaria di quella risorsa che è l'uomo, l'uomo sardo che in questi anni ha modificato i propri atteggiamenti rispetto alle linee di crescita, alle linee produttive, che si è innovato nei rapporti con il mondo della produzione e nei rapporti con il mondo del consumo. Tutto questo ci rende particolarmente attenti a questa vicenda, e noi credo che avremo occasione di verificare, dopo aver sentito le dichiarazioni del Presidente, che dovrà appunto informare questo Consiglio, come chiediamo nella mozione, delle attività, delle iniziative, che nel frattempo la Giunta ha messo in atto nei riguardi del Governo, per ottenere che queste rivendicazioni diventino fatti concreti, magari nella prossima sessione consiliare, fra quindici giorni, se saremo stati capaci, nei riguardi di questo nuovo Governo, di ottenere qualche segnale, come di fatto si era ottenuto nei riguardi del Governo precedente. Questa richiesta credo che sia compatibile con l'esigenza complessiva di informazione e di mantenimento di quel livello di partecipazione sentita e sofferta, che ciascuno di noi ha il dovere di portare alla vicenda di questa vertenza Sardegna, perché certamente se non sapremo dare risposte concrete e attendibili a queste istanze, le condizioni di sviluppo della Sardegna per il futuro saranno più pesanti e più difficili di quelle che noi in questo momento possiamo immaginare.

PRESIDENTE. Per illustrare la mozione numero 131 ha facoltà di parlare l'onorevole Lorelli.

LORELLI (P.D.S.). Signor Presidente, signori consiglieri, ancora una volta il Consiglio regionale è costretto a riunirsi per cercare di contrastare orientamenti e scelte negative del Governo, dei vari Governi, nei confronti della Sardegna. Credo che si possa dire che siamo di fronte ad uno stillicidio organizzato, ad una sequela incredibile di tagli, di inadempienze, di chiusure, di smobilitazioni. E' un massacro vero e proprio dell'apparato produttivo e dell'intero tessuto economico isolano.

Ogni Governo ed ogni Ministro, appena nominati, assestano colpi su colpi a questa nostra fragile economia; sembra che abbiamo una missione storica da compiere, sembra una maledizione terrena questa volta, perché questi Governi, questi Ministri vogliono accreditarsi in generale l'ambiente politico ed economico italiano, proprio sulla base dei colpi che riescono a infierire alla Sardegna e al Mezzogiorno in genere. E' da oltre un decennio che assistiamo a questo sistema: Governi che firmano protocolli che puntualmente disattendono. L'esempio più classico è quello del Governo Craxi del 1984, quello di Andreotti del 1990; Ministri e dirigenti di aziende pubbliche che decidono impunemente di ridimensionare e chiudere fabbriche e stabilimenti sani e produttivi. Tutto ciò, naturalmente, per fini nobili, dicono loro, per risanare l'economia nazionale che è dissestata, per il risanamento finanziario del Paese che è stressato da un debito pubblico impazzito e ancora, dicono, per risanare e riordinare le aziende a partecipazione pubblica, dissestate credo non certo dai lavoratori sardi, dai costi del lavoro, ma dalla politica fatta da dirigenti figli del sistema, quasi tutti sotto inchiesta come bancarottieri e, aggiungono ancora, per portare avanti la politica delle privatizzazioni, per privatizzare le partecipazioni statali, offrirle sane, dimagrite, depurate, ai nuovi padroni privati, per razionalizzare lo sviluppo, naturalmente, secondo la loro logica, a vantaggio delle aree forti.

Questa politica significa per la Sardegna, se così continua ad andare avanti, tracollo di quello che è rimasto dell'apparato industriale: nella chimica, che in parte ha retto, anche se fortemente ridimensionata, nella metallurgia, nelle miniere e nella carta. A questo punto il destino del popolo sardo è definitivamente segnato; credo che si arriverà, di questo passo, a una situazione di disoccupazione totale, di abbandono, di degrado economico, sociale e morale, di imbarbarimento di tutta la situazione. Buon ultimo sostenitore, signor Presidente, di questa politica, in coerente continuità con le politiche del Governo Andreotti e del Governo Amato, è il Governo Ciampi, o meglio i Ministri illuminati del Governo Ciampi. Alfiere di questa politica sembra diventato il ministro sardo (io mi chiedo quanto sia sardo, non corrisponde nemmeno il cognome) il ministro Savona, un computer illuminato che vuole trasformare le tute degli operai in camici di camerieri; un freddo e cinico economista che vuole conquistarsi titoli in Alta Italia fra i grandi imprenditori pubblici e privati, e sul Governatore della Banca d'Italia probabilmente, titoli di risanatore sulla pelle della Sardegna e dei lavoratori sardi. I sardi, con quella sana diffidenza che li contraddistingue, non hanno certo brindato alla nomina di Savona a Ministro dell'industria, non hanno festeggiato, forse hanno intuito subito quello che stava per avvenire e avevano ragione. Credo però che faranno festa se questo Ministro apertamente nemico della Sardegna, sarà costretto, dalla lotta dei lavoratori sardi, dall'iniziativa del Consiglio regionale, delle popolazioni sarde, degli Enti locali, di tutti quelli che vuole mettere sul lastrico, a dimettersi. Credo che in quel momento i sardi cominceranno a brindare perché hanno raggiunto un grande risultato. Io credo che di questo Ministro si possa dire che è ormai un pericolo per i sardi. La nota della Giunta regionale che è stata presentata nei giorni scorsi è da condividere su questi problemi. La nota esprime grandissima preoccupazione per l'accentuarsi delle situazioni di crisi industriale, perché non si intravvedono prospettive di chiarimento o di soluzione, per l'approccio analogo, se non più rigido del passato, del Governo alle problematiche sarde, per il criterio ragionieristico nella valutazione dei conti delle aziende, senza valutare l'impatto sociale delle dismissioni e delle chiusure. Queste affermazioni della Giunta sono pienamente condivisibili. Quando si leggono sulla stampa le dichiarazioni del ministro Savona, quando quest'uomo dice - cito testualmente - che bisogna abbandonare la grande industria e puntare subito sulle piccole e medie imprese e aggiunge, bontà sua, che conosce piccoli imprenditori che vogliono venire in Sardegna, ma non ci sono soldi. Anche questa è una citazione testuale. E' questa l'alternativa che presenta Savona? E' possibile pensare a un'economia sviluppata, ad un'economia sana, non salvaguardando l'apparato produttivo anche delle grandi industrie, certo sviluppando anche la piccola e media iniziativa? Sono queste, quindi, le iniziative che propone il ministro Savona? In tempi passati, quando operava al Credito industriale sardo, teorizzava altre cose, pensava che la Sardegna potesse salvarsi, che la sua economia potesse crescere sviluppando l'industria del pane carasau o di chissà quali altre iniziative di questo tipo. Tutte cose giuste: la piccola e media industria, il pane carasau, i dolci sardi! E perché no? Ma perché dovremmo mandare a carte quarantotto l'apparato industriale per dare sostegno alle tesi sbagliate, assurde e negative di questo personaggio? La Giunta regionale, giustamente, definisce assolutamente inaccettabile per la Sardegna un confronto fondato all'interno dei singoli bilanci di ogni singola azienda - e questo è il discorso del Governo, del Ministro - e aggiunge che la somma di queste valutazioni porterebbe all'annullamento dell'apparato produttivo sardo, quindi questo è un punto centrale della situazione. E' chiaro che azienda per azienda noi troviamo difficoltà e problemi, ma giustamente si dice che la somma di queste valutazioni non può che portare a questo, se il calcolo è freddo, cinico, se non si valuta che siamo in un'Isola che ha bisogno di sviluppo e di quella solidarietà nazionale, prevista anche dall'articolo 13. Non viene prospettata nessuna valida alternativa, né per l'immediato né per il futuro. Quello che sostiene la Giunta, quando dice che è totale e fermo il dissenso col Governo e con le aziende su questo confronto, è un punto importante che impegna seriamente la Giunta e il Consiglio regionale. Noi diciamo no alla chiusura degli impianti chimici a Macchiareddu e negli altri siti isolani, in tutta la Sardegna, e indichiamo, col documento della Giunta, iniziative sostitutive in campo chimico (naturalmente non partendo dallo smantellamento di quello che c'è) che siano valutate economicamente valide, con ipotesi di coinvolgimento di imprenditori nazionali ed internazionali diversi da Enichem. Io credo che questo sia un obiettivo importante ma sempre bisogna partire da un punto fermo: quello della salvaguardia dell'apparato produttivo estinte.

Anche sulla cartiera di Arbatax, il dissenso della Giunta col Governo è totale e noi lo condividiamo. Giustamente, vengono respinte anche qui le tesi del Ministro nemico dei sardi, del ministro Savona, e la Giunta propone, i sindacati chiedono e le popolazioni di quella zona sollecitano di attuare la delibera del CIPE coinvolgendo il poligrafico dello Stato. Questa richiesta è unanime, il Ministro evidentemente non la conosce, comunque la vuole disattendere. Su queste problematiche, la Giunta invita tutte le forze sociali e politiche alla mobilitazione in difesa della base produttiva, come unico presupposto dello sviluppo. Io credo che, cogliendo queste affermazioni, noi dobbiamo intravedere una posizione della Giunta che, se portata avanti, con l'energia, la convinzione e l'unitarietà necessarie, apre un confronto che può anche essere vincente col Governo. Il nostro Gruppo quindi accoglie questo appello, contenuto nella nota della Giunta, impegnando totalmente, con grande spirito unitario, tutte le sue forze. Questo è un impegno che il nostro Gruppo si assume, però noi riteniamo, signor Presidente, che la piattaforma proposta dalla Giunta vada ampliata e arricchita, e che ognuno porti un qualche arricchimento, anche se il dibattito sui problemi del confronto col Governo in questo momento, sulle questioni industriali, va concentrato su alcuni punti importanti. Va bene la difesa della chimica, delle miniere, e della cartiera, ma non basta. Io pongo un problema che riguarda la realtà da cui provengo, la realtà del Nord Sardegna, che diventa sempre più drammatica e dove la situazione è esplosiva. Penso soprattutto alla situazione che si è determinata a Fiumesanto, si è raggiunto in quella zona il punto più alto della crisi; sono state organizzate iniziative, confronti, e l'altro giorno, il 21 di giugno, con il Presidente della Giunta regionale, dal coordinamento degli Enti locali e dei sindacati di Fiumesanto è stato proposto un confronto serio ed è stato approvato un documento importante che contiene cinque punti, che io voglio appena accennare. Il primo punto è quello che chiede che dalla crisi di Fiumesanto si parta per aprire una prospettiva di sviluppo industriale per l'intera area del Nord Sardegna. Il secondo, e questa è una rivendicazione di carattere generale, e qui si dimostra la sensibilità della classe operaia di quella zona, chiede l'immediata approvazione del piano di rinascita; su questo punto spenderò qualche parola successivamente. Il terzo punto, e questo è molto delicato e importante, signor Presidente, è quello di garantire un diverso ruolo dell'Insar in Sardegna, innanzitutto realizzando l'obiettivo che è stato proposto in quell'assemblea a cui lei ha partecipato, di chiedere che i cassintegrati di Fiumesanto vengano assorbiti in Insar, così come è stato a suo tempo deciso e così come sono stati realizzati gli accordi. Questo obiettivo va realizzato e va garantito anche dopo la scadenza di agosto, che è il tempo massimo che si è dato. Qualche giorno addietro è stato rinnovato il consiglio d'amministrazione dell'Insar. Signor Presidente, io credo che si possa dire, e noi dobbiamo denunciare questo fatto, che l'ENI e la GEPI hanno fatto mattanza nel consiglio d'amministrazione; anche se il consiglio d'amministrazione è stato ridotto a cinque membri, tutti i cinque membri sono di derivazione ENI e GEPI; la Regione Sardegna è stata esclusa, questa è un'altra beffa che viene dopo che il Governo Amato si era impegnato a un intervento decisivo in questo campo. E' stato sostituito, per fortuna, finalmente - mi auguro che più in fretta si faccia per Savona - Pier Luigi Borghini, che esce di scena dall'Insar. Quest'uomo ha accumulato più demeriti che meriti in quell'ente, ha puntualmente disatteso ogni impegno e ogni aspettativa. Ora a sostituire Borghini sarà questo, si dice, Gabriele Zaniol, un illustre sconosciuto proveniente dall'ENI, con un consiglio di amministrazione ridotto a cinque componenti, tutti esterni alla nostra Isola, compreso quello che sarà il Presidente, Franchini, anch'egli della GEPI. E la prima zeppa, manco insediato questo consiglio di amministrazione, l'ha già messa: c'era avantieri un incontro, a Sassari, con le organizzazioni sindacali e gli Enti locali, per discutere della vertenza di Fiumesanto e per raggiungere gli accordi con l'Insar. E' arrivato un fonogramma che diceva che non erano in grado di partecipare all'incontro: aspettino pure i lavoratori disoccupati di Fiumesanto, l'Insar ha cominciato già a disattendere gli impegni. E io chiedo che su questo punto, che non deve passare impunemente, la Regione Sardegna deve fare una protesta grave e ufficiale. Non è possibile che in una struttura che agisce nel settore industriale, per intervenire sulla crisi economica e sociale, che si definisce "Iniziative Sardegna" la Regione sarda non sia inclusa nel consiglio di amministrazione. Questo è un centralismo deteriore che non si era visto manco nei periodi peggiori del centralismo; e su questo io invito il Presidente della Giunta, la Giunta tutta ad assumere una posizione di protesta forte contro l'esclusione dal consiglio di amministrazione dell'Insar.

(Interruzioni)

Io concludo questo punto sulla vicenda dell'Insar. Il Presidente ha assunto impegni chiari e precisi in quella circostanza, di sostegno a quella vertenza, credo che abbia fatto bene a farlo bisogna continuare a mantenere questo impegno e a dare un contributo, intervenendo verso il Governo e verso l'Insar perché quel problema venga subito risolto e si aprano prospettive diverse. Credo che il Consiglio regionale debba esprimere, come ha fatto per i lavoratori di altre aree e di altre categorie in lotta, la solidarietà totale ai lavoratori di Fiumesanto.

Il quarto punto, che è stato posto nella manifestazione a Porto Torres, è la predisposizione di un accordo di programma tra Regione e Governo. Al centro di questo accordo di programma, è detto, deve essere la realizzazione a Porto Torres del polo metanifero con l'estensione della rete all'intera Regione, e rivendicando dall'ENEL l'impiego del metano nelle centrali presenti in Sardegna.

Il quinto punto è l'avvio delle opere cantierabili: completamento del porto industriale-commerciale di Porto Torres, del porto turistico di Alghero, completamento e attivazione delle zone industriali in quell'area, di Truncu Reale, Campo Mela e San Marco, completamento e decentramento del parco tecnologico di Alghero. Senza intervenire su quei punti della vertenza di Fiumesanto in modo deciso e concreto, io credo che non si riesca a svolgere un ruolo importante per lenire la crisi di quella zona.

Altri punti importanti sono quelli riguardanti l'attuazione del polo agro-alimentare della zona del Nord Sardegna e gli interventi nei settori del ferro - ma questo vale per tutta la Sardegna - e per riavviare il comparto edilizio. Sono problemi vitali per un'intera area della nostra Isola, l'area del Nord Sardegna. Chiedo pertanto, signor Presidente, siccome nel documento non è presente questo punto (gliel'ho chiesto in sede di Commissione bilancio e lo propongo oggi) che si formuli un paragrafo di poche righe, ma che il problema non venga trascurato, sulla vertenza di Fiumesanto, sul punto centrale che riguarda i lavoratori. Chiedo che venga inserito e chiedo che, quando lei prenderà la parola su questo, assuma un impegno preciso in coerenza con quanto ha affermato nella manifestazione di Porto Torres. In questo senso il nostro sostegno è totale all'azione del Presidente e della Giunta. C'è un altro punto da sottolineare - ancora per il Nord Sardegna - e riguarda non solo l'Assessore della programmazione, ma l'intera Giunta. Io lo voglio ricordare perché questo sarà un problema che ci impegnerà nelle prossime settimane, sulla riprogrammazione delle risorse provenienti dal recupero dei programmi ex legge 588, 268 e 64 in funzione del cofinanziamento dei programmi di derivazione comunitaria, si tratta di un investimento importante di circa 600 miliardi che vanno visti nel quadro comunitario di sostegno. Sul terzo asse - così vengono chiamati in quel documento - "rafforzamento della struttura produttiva, incentivazioni nei settori nuovi della industria, dell'artigianato e del turismo nella forma dell'abbattimento dei tassi di interesse" è escluso il Nord Sardegna e non riesco a darmene una spiegazione. I bacini di crisi vengono individuati in quel documento, ci sono l'accordo di programma per la Sardegna centrale, l'accordo di programma per il Sulcis-Iglesiente-Guspinese e Villacidrese, l'accordo di programma del Sarrabus-Gerrei, dell'Oristanese, dell'area di Olbia e il contratto di programma della SARAS. Signor Presidente, io voglio dire con estrema chiarezza a questo Consiglio: accordo di programma vero e proprio in Sardegna ce n'è solo uno, accordo di programma formulato con tutti i crismi di legge, gli altri sono accordi di programma così come può essere considerato accordo di programma quello del Nord Sardegna, l'intesa di programma realizzata nel Nord Sardegna tra Giunta regionale, sindacati e enti locali, per cui colgo questa occasione per riproporre, come ho fatto in Commissione, che venga inclusa l'area del Nord Sardegna in questi bacini di crisi, allo stesso titolo delle altre zone. Si tratta di un problema specifico, quello delle incentivazioni alle iniziative nel settore industriale, artigianale e turistico.

Signor Presidente, questo discorso che ho cercato di svolgere su un'area, non vuole snaturare il discorso centrale sul quale torno adesso, in chiusura dell'intervento, per quanto attiene ai problemi aperti dalla vicenda dei rapporti col Governo. Mi si può rispondere - e in qualche caso mi si è risposto - che quell'area della Sardegna è presente per quanto riguarda la questione della energia, per la rete idrica non è presente, i trasporti non la toccano perché la dorsale sarda non interviene immediatamente in quell'area, e può in qualche modo essere interessata dai parchi naturali. Io credo che il punto più importante sia invece quello riguardante gli incentivi. Così si può intervenire concretamente sulla crisi. E' giusto quindi, come ha fatto il documento della Giunta, richiamare lo Stato ai propri impegni e ai propri doveri verso la Sardegna. L'articolo 13 viene sempre citato, è citato anche in questa occasione. C'era l'impegno, Presidente - e bisogna riprendere questa cosa con maggiore forza - del Governo a emanare un decreto per l'attuazione dell'articolo 13 e c'era anche l'impegno del Parlamento, mai realizzato, per varare la nuova legge di rinascita. Io credo che uno dei punti centrali deve diventare questo della nuova legge di rinascita, dell'attuazione dell'articolo 13. Lo Stato deve dare il suo concorso per la rinascita. Noi abbiamo bisogno di superare il grave divario che si sta accentuando - basta leggere i giornali di questi giorni - tra la Sardegna e le altre aree del Paese.

Dobbiamo rilanciare, Presidente, come è stato detto in qualche altro intervento, la piattaforma giusta proposta nell'ordine del giorno-voto del 19 marzo di quest'anno. Bisogna dare continuità a quelle giornate di lotta, soprattutto alla giornata di lotta che ha visto tutta la Regione scendere in lotta a Roma per rivendicare un giusto riconoscimento verso questa nostra Isola. Quel documento del 19 marzo è ancora valido, bisogna rilanciarlo e riproporlo. Ma, mentre chiediamo solidarietà allo Stato, la Regione deve fare la sua parte e noi siamo impegnati perché la Regione faccia la sua parte, entri in campo con tutta la sua forza, metta in mora lo Stato, e intanto anche qui da noi dobbiamo superare i ritardi gravi che notiamo in alcuni settori. C'è uno slogan, che è stato proposto in Commissione e che a me convince poco, quello del "fai da te". Certo, possiamo cercare di fare da noi. Il "fai da te" va bene, però questa è una regione che ha bisogno della solidarietà dello Stato che è prevista nella Costituzione e non può essere negata.

E' necessario superare i ritardi. Secondo me, lo dico alla Giunta, bisogna operare per snellire ancora le procedure, per dare più efficacia alla spesa. Noi abbiamo leggi buone arenate, leggi buone in grave ritardo nell'attuazione. Penso alla legge numero 28 modificata, migliorata e ancora non efficace come dovrebbe essere, eppure interverrebbe in modo serio sulla disoccupazione. Si stanno predisponendo e stiamo per approvare le direttive, ma se penso a quando abbiamo iniziato il dibattito sulle modifiche alla legge numero 28, devo sottolineare un ritardo grave che dobbiamo e dovete recuperare. Si attivi la spesa, utilizzando subito le somme non spese con l'equilibrio territoriale che è necessario, si utilizzino subito i fondi strutturali attivabili e disponibili, e soprattutto, e questo vale per noi consiglieri, per il Consiglio, si approvino le leggi di settore che servono a rilanciare l'economia, a sostegno di una nuova imprenditoria locale. Abbiamo la possibilità di approvare le leggi a favore dell'artigianato, del turismo, dell'agricoltura, del commercio, dobbiamo farlo con celerità.

E' necessaria, signor Presidente della Giunta, signor Presidente del Consiglio, una nuova mobilitazione dell'intero Consiglio regionale. Io esprimo uno stato d'animo di disagio in questa situazione. Non c'è la tensione adeguata alla gravità della situazione; spesso c'è un distacco dalla realtà dai drammi che sta vivendo la gente; spesso c'è del distacco, e se me lo consentite - lo voglio dire con estrema chiarezza - c'è un distacco dalla realtà, e soprattutto - l'ho detto in Commissione e non vale per tutti, forse è ingeneroso, e non ho tutti gli elementi della situazione - un distacco tra Giunta e Consiglio regionale, un distacco grave. Questo distacco è dato dal fatto che tutta una serie di iniziative, di provvedimenti, di emanazione consiliare, di iniziative di consiglieri che vengono portate aventi non sempre trovano la puntualità e la diligenza necessarie da parte degli Assessori. C'è un settore dove questa carenza è molto grave, non lo dico perché in assenza dell'Assessore competente, non mi piace porre il problema, però siamo di fronte a una negligenza grave che richiederebbe le dimissioni di quell'Assessore, ma solo che questo aprirebbe un problema difficile in Giunta e di rapporti col partito che lo esprime. Non è pensabile che ci sia questo ritardo, e che si affrontino in questo modo problemi che sembrano particolari e di piccola dimensione, ma sono i problemi della vita quotidiana della gente. Bisogna recuperare, altrimenti si accredita la tesi che c'è stato un errore in una scelta di fondo che è stata fatta recentemente in Consiglio, e la cosa non tocca i presenti, io sono stato e sono d'accordo con quella riforma, sono stato e sono d'accordo con le scelte che abbiamo fatto, però non vorrei che continuasse a circolare tra i lavoratori sardi, tra i giovani, tra quanti aspettano i provvedimenti, la tesi che il Consiglio regionale ha fatto male a spogliarsi di competenze proprie.

Io non penso questo, ma dobbiamo dimostrare in questi mesi, con i fatti, che la scelta che abbiamo fatto sul tipo di rapporto istituzionale tra Giunta e Consiglio è una scelta giusta e che comunque può essere utile. Io non mi rivolgo solo ai presenti, mi rivolgo in generale alla Giunta, forse la critica è ingenerosa, ma devo dire che ci sono episodi che possono portarci a dire che forse era meglio quando era peggio. Io non voglio dire questo, non voglio arrivare a questa conclusione; mi auguro che la situazione vada avanti in altro modo, perché c'è bisogno di creare una situazione di tensione nell'Esecutivo e nel Consiglio, e d'altra parte bisogna ancora lavorare per superare la logica dei piccoli calcoli di bottega.

Noi dobbiamo concludere la legislatura con un crescendo di iniziative, facendo dei problemi del popolo sardo la ragione del nostro lavoro in Giunta e in Consiglio.

Signor Presidente, lei è protagonista di un discorso politico importante, e anche altri in questo consesso; è importante la riflessione tra i partiti e nei partiti tutti sulle prospettive: alternativa, regionalizzazione, rinnovamento. Questo tentativo mi trova pienamente consenziente. Sono formulazioni belle che possono essere veramente importanti e foriere di grandi risultati. Nella sinistra, che pure è ancora spesso troppo divisa e frantumata, comincia comunque a muoversi qualche cosa, e questo è importante. Nella Democrazia Cristiana è in atto un travaglio sul ruolo e sulla prospettiva anche in Sardegna e anche questo è importante, anche se mi sembra che sia un po' più a rilento questo processo. Non vorrei che fossero iniziati però i ritiri e gli allenamenti per il nuovo campionato, prima di concludere quello in corso; non vorrei che si concentrassero tutte le attenzioni sul futuro adagiandoci sulla situazione attuale. Il futuro sarà migliore, signor Presidente, se non verrà edificato sul deserto, se quello che possiamo fare, tutti noi oggi, lo facciamo, altrimenti è inutile pensare a un futuro migliore. Il futuro non deve essere edificato sul deserto, non ci deve essere nessuna fuga in avanti, tutte le intenzioni politiche vanno bene, si lavori per questo, io sono perché si lavori per creare una situazione di alternativa e di alternanza da dare in mano al popolo sardo, però si lavori oggi per realizzare quello che è possibile realizzare. I partiti lavorino pure per l'alternativa, nel frattempo questa maggioranza, la Giunta, il Consiglio, motivino ognuno il proprio ruolo operando bene sul presente. Questa è l'attesa dei sardi. Questa maggioranza, nata per intervenire sull'emergenza, dimostri la giusta sensibilità e unitarietà sull'emergenza, sull'emergenza delle emergenze, quella sociale, quella economica, sul dramma che stanno vivendo migliaia e migliaia di lavoratori e altri che rischiano di vivere un altro dramma grazie alla politica del Governo. Questa è una cosa importante, c'è stata una verifica, meno male non è durata, come succedeva in passato, settimane e mesi, è stata veloce; sono state puntualizzate alcune cose, non so quante, non ho partecipato, era opportuna, si sono visti alcuni problemi, si è constatato che il programma si sta realizzando. Io credo che questa sia una considerazione giusta, ora si vada avanti sugli altri problemi, da quelli istituzionali a quelli economico-sociali. Questo, mi permetto di dire, vale anche e principalmente per il mio partito, che nella maggioranza ha un ruolo importante, senza vocazioni di nessun genere. Ed è giusto che non abbia vocazioni di ordine integralista, però è un partito di maggioranza, e ha un ruolo importante, quindi deve assolvere anch'esso a questa funzione di stimolo. Il Governo deve essere messo con le spalle al muro, in questo senso dobbiamo organizzare la lotta e tutti noi abbiamo una funzione.

Concludo, Presidente, io credo che il primo compito che abbiamo sia quello di mettere in mora il Governo e i Ministri nemici della Sardegna, siano essi sardi o no. Io credo di non esagerare se interpreto lo stato d'animo di molti lavoratori che hanno letto le dichiarazioni di Savona, e dico che il Consiglio regionale dovrebbe chiedere le dimissioni del ministro Savona dal Governo: è un nemico della Sardegna e se ne deve andare. Io spero che questo appello venga accolto e che venga dal Consiglio, in questo senso e per gli obiettivi che ci siamo proposti a sostegno della nota del Presidente della Giunta, un appello alla mobilitazione, alle forze sociali, alle amministrazioni. Il Consiglio deve essere, come è stato sempre, un momento alto di unità del popolo sardo. In queste settimane va accentuato ed esteso il confronto-scontro con il Governo, con le aziende pubbliche a partecipazione statale e no. A questa mobilitazione noi dobbiamo dare tutto il nostro contributo. O c'è questa mobilitazione o si va incontro ad una grave sconfitta. Siamo ancora in tempo per evitarla.

PRESIDENTE. Per illustrare la mozione numero 133 ha facoltà di parlare l'onorevole Serrenti.

SERRENTI (P.S.d'Az.). Signor Presidente, cari colleghi, signor Presidente della Giunta, io credo di non poter essere smentito se affermo che la Regione sarda sta vivendo in questi giorni, in questi mesi, la crisi più terribile che abbia mai conosciuto dal 1948 ad oggi. Certo, le situazioni sono diverse, forse gli effetti della crisi non sono ancora arrivati al loro apice, non hanno ancora prodotto il massimo dei guasti che possono essere percepibili, io credo però che il perdurare di questa situazione, se le forze politiche sarde non saranno capaci di fronteggiarla, porterà certamente a un dramma che parte della Sardegna sta già vivendo e che, ripeto, non a tutti evidentemente è chiaro come può esserlo ai lavoratori che sono in cassa integrazione, come può esserlo ai lavoratori che stanno perdendo il posto di lavoro e lo sanno, come può esserlo a chi sa di non poter…

(Interruzioni)

Signor Presidente, io ho difficoltà a parlare ad una Assemblea che si sta occupando di altro. Chiedo scusa, però purtroppo non riesco ad esprimermi se non ho un po' di silenzio e di attenzione, anche perché io ho ascoltato gli altri, devo dire con molto interesse.

PRESIDENTE. Prego i colleghi di prendere posto.

SERRENTI (P.S.d'Az.). Dicevo, signor Presidente, che la classe politica sarda si deve attrezzare e si deve attrezzare in fretta. Noi sardisti fummo facili profeti, quando qualche anno fa sollevammo il problema; sembrava una esagerazione sul piano politico quando decidemmo, in segno di protesta, per stimolare una maggioranza che sembrava avulsa dai problemi della realtà sociale ed economica della Sardegna, di occupare quest'Aula, cercando di portare le forze politiche a confrontarsi sui problemi che noi vedevamo nitidi. Devo dire che, al di là del successo che questa iniziativa ha avuto in mezzo alla gente - voglio ricordare che decine e decine di consigli comunali e provinciali hanno seguito il nostro esempio - non abbiamo trovato altrettanta sensibilità in altre forze politiche che, al di là della visita generica che qualche collega ci ha fatto in quella occasione, trattandosi in modo simpatico con noi, non hanno dimostrato una presa di coscienza dell'utilità di questo atto e soprattutto delle ragioni per le quali il Gruppo sardista aveva preso questa iniziativa. L'occupazione durò per diversi giorni, riuscimmo a convincere il Presidente del Consiglio a convocare una riunione del Consiglio solenne, una parola che ho sentito molto spesso, una riunione del Consiglio alla quale parteciparono, oltre agli onorevoli colleghi, anche i deputati, i senatori, molti rappresentanti delle istituzioni e personalità della vita politica e civile della Sardegna.

In quell'occasione si prese l'impegno, solenne anche questo, di avviare una serie di iniziative che noi sardisti ritenevamo improrogabili e, almeno sul piano verbale, anche altri Gruppi condividevano la nostra posizione. Cioè il problema non era più affrontare il Governo e lo Stato in una sterile trattativa, che non avrebbe portato da nessuna parte, perché sapevamo che la crisi era una crisi che veniva da lontano e non poteva essere, come dire, risolta attraverso una prassi consolidata e direi superata del modo di fare politica che è quello di andare a Roma ancora una volta a piatire, a chiedere qualche finanziamento in più (e a dire il vero abbiamo avuto qualche finanziamento in meno), a chiedere più attenzione ai Ministri di turno, che di attenzione, certo, ne hanno avuto e alcuni di loro sono addirittura venuti a prendere visione di persona di una situazione che, per loro, poteva sembrare sovrapponibile a quella di altre realtà italiane. Non dimentichiamo che la crisi non è solo crisi sarda, ma colpisce per buona parte il territorio dell'intero Paese e sappiamo anche perché. Credo che le cronache dei giornali ci abbiano dato ampie motivazioni del perché di questa crisi. Bene, evidentemente i Ministri di turno, quando sono venuti in Sardegna, hanno preso atto che tutto sommato si tratta di una crisi di carattere generale di livello europeo, anzi, direi di più, mondiale, e che cosa si può fare? Ma, noi sardisti, ci illudevamo che una classe politica che dice di ispirarsi all'autonomia fosse in grado di prendere iniziative diverse, che non si esaurissero in una sterile contrattazione con il Governo e con lo Stato, ma che andassero oltre. Noi siamo una regione autonoma che ha fatto dell'autonomia il supremo valore politico, morale, civile e culturale. Ebbene, questo avrebbe dovuto imporre ad una classe politica seria e responsabile, che a questi valori appunto si richiama, iniziative di tipo diverso, e quell'ordine del giorno, io vorrei ricordare, di questo parlava. Dicevamo che avevamo bisogno immediato di un rapporto di potere diverso tra noi, lo Stato e il Governo, nella sostanza che si dovevano capovolgere i rapporti, ponendoci non più in una posizione di dipendenza dallo Stato centrale, ma valorizzando la nostra autonomia, aumentando la nostra quota di autonomia e ponendo tutta una serie di rivendicazioni allo Stato non solo di natura economica, ma di grande sostanza politica.

Mi si potrà obiettare che il problema della Sardegna è un problema economico. Se chiudono le imprese, se chiudono gli artigiani, se l'agricoltura sarda non è più competitiva, che cosa c'entra questo con l'autonomia? E' fortemente legato all'autonomia, io ritengo. Non dimentichiamo che tutto il sistema industriale, quindi buona parte dell'economia sarda, viene da una graziosa concessione che, in altri tempi, lo Stato e i Governi hanno fatto alla Sardegna, le Partecipazioni statali, che hanno dato qualche migliaio di posti di lavoro, ma hanno dato anche tanta dipendenza; i sardi, attraverso quello strumento, sono stati più ricattati, sono stati impossibilitati a portare avanti una loro battaglia per l'autodeterminazione, perché dipendevano dall'ENI, dipendevano dalle altre Partecipazioni statali, in mano salda ai Governi e ai partiti che hanno governato, che ne hanno fatto appunto strumenti di ricatto. Questo abbiamo detto in quell'ordine del giorno che, una volta approvato, è poi caduto nell'oblio. Lo abbiamo tutti, o buona parte di noi, dimenticato; siamo andati avanti in questa regione con gruppi politici che si sono preoccupati più di partecipare alle quote azionarie del potere e che hanno intrapreso una battaglia interna durata fino all'autunno del 1992, quando - l'onorevole Cabras lo ricorderà - anche noi sardisti fummo chiamati a partecipare ad un confronto che doveva dar vita ad un nuovo Governo della Regione che vedesse la partecipazione di una grande maggioranza - devo dire che poi una grande maggioranza si è fatta, dato che vi partecipa l'80 per cento del Consiglio regionale -, una grande maggioranza politica che fosse in grado di affrontare i problemi della Sardegna in modo originale, in modo diverso e nel segno di cui io parlavo.

Bene, io ricordo che allora l'onorevole Presidente della Giunta si impegnò con noi dicendo: "Certo, faremo la battaglia per lo Statuto, faremo la battaglia per la legge sulla cultura sarda - anche questa è una cosa che incide nell'economia - faremo la battaglia per la zona franca". Noi le dicemmo che non saremmo entrati in questa maggioranza, ma abbiamo dato la nostra disponibilità per realizzare quegli interventi che ritenevamo fossero alla base della soluzione dei problemi veri della Sardegna, ma non ci avete dato neanche il piacere di potervi aiutare, perché fino adesso - è passato un anno - nessuna di queste cose è pervenuta in quest'Aula. Abbiamo continuato a fare ordinaria amministrazione. Certo, io mi rendo conto che il Piano dei trasporti discusso stamattina o la legge sugli artigiani non sono cose di poco conto, però restiamo all'interno comunque dell'ordinaria amministrazione, perché queste leggi potranno produrre effetti senza dubbio benefici per l'economia sarda, ma noi non risolviamo così il problema. Qui il problema è ben più profondo, è un problema politico che riguarda, ripeto, i rapporti tra la Sardegna e lo Stato e nessuno di questi provvedimenti è in grado di modificare questo tipo di rapporto; nessuno è in grado di attaccare alle radici il problema Stiamo facendo ordinaria amministrazione, voi della maggioranza state facendo, attraverso queste leggi, le vostre clientele. L'anno prossimo ci saranno le elezioni regionali ed è chiaro che attraverso questi strumenti cercherete di perpetuare il vostro potere in un momento nel quale i partiti politici ormai sono alla deriva totale, stanno morendo, non morendo perché è cambiata la moda, ma perché hanno sbagliato tutto, perché i problemi della crisi nazionale, i problemi della crisi regionale dipendono da una classe politica che non ha saputo fare sino in fondo il proprio dovere, o lo ha fatto in modo parziale, o è stata in qualche momento miope, oppure ha voluto chiudere gli occhi e non vedere. Bene, signor Presidente, io credo che non possiamo andare avanti così, credo che non serva a molto continuare ad incontrarci con il Ministro di turno; i Ministri cambiano velocissimamente in questo periodo, alcuni durano poche settimane, non riescono neanche a capire quali sono i problemi. Io credo che noi sardi non possiamo andare avanti così. Dobbiamo deciderci. Questa grande forza che doveva nascere, nell'autunno del 1992 appunto, che era quella grande forza che doveva mettere assieme, al di là degli schieramenti, al di là delle etichette, tutta la responsabilità politica della Regione per affrontare i problemi, bene, io credo che sia arrivato il tempo di camminare su questa strada. Io credo che noi stiamo facendo un altro gravissimo errore. Stiamo vivendo in Sardegna, anche come partiti, in un atteggiamento di attesa, per vedere quello che accade oltre Tirreno, per vedere che cosa accadrà della cosa bianca, della cosa rosa, della cosa rossa, di Alleanza democratica. Si sente spesso parlare qua di un'ipotesi di sinistra sarda, si sente spesso parlare di un'ipotesi di centro sardo, si sente parlare di molte cose, naturalmente poi non si realizza nulla, si aspetta che si concluda fuori, che i partiti politici, o gli ex partiti politici o la nomenclatura degli ex partiti politici oltre Tirreno trovi una collocazione, perché è comodo, cari colleghi e amici, perché poi si segue a traino. Ripetiamo la storia di sempre, la Sardegna è una carrozza scassata di questa Italia, una carrozza che ormai sta navigando in un mare alla deriva sempre più verso il Sud, sempre più verso l'Africa, allontanandoci certamente dai paesi dello sviluppo, dall'Europa, e ci stiamo allontanando anche dall'Italia, perché io credo che se non oggi, presto, i sardi prenderanno coscienza che l'Italia è stata matrigna nei confronti della Sardegna, e non lo dico perché i sardi devono per forza essere lamentosi, ma perché sono convinto che la Sardegna ha un potenziale di sviluppo incredibile. Un milione e mezzo di abitanti su ventiquattromila chilometri quadrati di territorio, bene, non riusciamo a trovare una nostra via di sviluppo, non riusciamo a stare nemmeno come può stare la media degli italiani. Siamo nelle ultime posizioni dell'economia, dello sviluppo e della cultura. Perché questo? Le responsabilità, certo, sono responsabilità che hanno radici qui in Sardegna, ma di una classe politica che altro non è che articolazione, derivazione di una classe politica che ha interessi e poteri fuori dal territorio della Sardegna, e a quelli bada prima di tutto.

E allora l'appello politico: io credo che sia arrivato il momento, partendo da iniziative che possono maturare qua dentro, perché noi consiglieri regionali abbiamo anche questa responsabilità, da iniziative che possono partire dalla legge sulla cultura, che possono partire dall'esaminare presto le leggi - ce n'è una presentata da noi - per la riforma dello Statuto della Regione, di aggregare una nuova forza politica sarda. O noi abbiamo la capacità di far nascere una nuova classe politica fuori dalle etichette, indipendente culturalmente e intellettualmente rispetto alla classe politica del continente, una classe politica che abbia radici profonde, che sia radicata nel territorio, negli interessi della Sardegna, che sappia difendere gli interessi della Sardegna, così come altri partiti in altre regioni d'Italia difendono gli interessi del loro territorio. Non è un caso che Trentino e Val d'Aosta siano le regioni a più alto reddito. Eppure non hanno un grande potenziale se non nel settore turistico, ma io credo che sul piano turistico qualche cosa da spendere ce l'abbiamo anche noi.

Allora l'appello è questo: vediamo, colleghi, di incontrarci sulle cose, ma non intorno ad un tavolo per decidere se siamo rosa, se siamo rossi o siamo più bianchi, o discutere su come chiamarci. Abbandoniamo le strategie. Io credo che le elezioni regionali del 1994 faranno strame di questo Consiglio, di tutti noi perché ci presenteremo di fronte all'elettorato senza poter rendere conto di quello che abbiamo fatto del nostro mandato, qua dentro. Allora, si tratta di fare cose nuove, di incontrarci sul terreno delle cose concrete. Parlavo prima della legge per lo Statuto; su questo terreno noi vogliamo avere un confronto e lo vogliamo avere con i compagni socialisti, con i compagni del P.D.S., con gli amici della Democrazia Cristiana, con i repubblicani, con i socialdemocratici, con tutte le forze politiche. Su questo terreno non su altre questioni. Non ci interessa e non ci ha interessato neppure l'altra volta sederci per discutere sull'attribuzione delle Commissioni e degli Assessorati. Tutte queste cose non ci interessano. Vogliamo confrontarci sulle cose concrete. Questo è l'appello. Chiediamo, e lo chiediamo al Presidente del Consiglio, la costituzione di una costituente etnica per l'autogoverno del popolo sardo, attraverso appunto al discussione del nuovo Statuto che veda nascere qui in Consiglio regionale una nuova autonomia. I tempi sono maturi, lo sappiamo, già decisioni in altre sedi si stanno prendendo, noi siamo in forte ritardo, anche per ciò che riguarda il nostro contributo verso una riforma complessiva del Paese. Questo Paese, probabilmente, tra non molti mesi, non sarà più lo stesso, sarà diverso, sarà un Paese federale, e noi lo speriamo fermamente, dove le regioni quindi avranno un rapporto diverso con il centro. Non è arrivato ancora nessun contributo da parte nostra e noi speriamo che possa arrivare dalla Sardegna un contributo come questo. Chiediamo anche alla Giunta regionale di elaborare con la sua maggioranza, ma anche con la partecipazione degli altri partiti, una proposta di un piano straordinario da realizzarsi a breve e medio termine e di portare avanti iniziative che servano al rilancio del settore agricolo e zootecnico. Sappiamo quanto le normative CEE ci stiano limitando in uno dei settori che è stato storicamente un settore economico forte della Sardegna: l'agricoltura. Stiamo abbandonando ormai tutte le colture; stiamo abbandonando gli allevamenti, importiamo circa l'80 per cento, 1200 miliardi l'anno di prodotti agricoli, una cosa vergogna, ormai dipendiamo dall'esterno anche per il prezzemolo. Dobbiamo avviare, quindi, una volta avviata una riforma del comparto agricolo, una nuova politica per l'agro-alimentare. Dobbiamo creare condizioni nuove di sviluppo che non siano gli aiuti, pure importanti, che derivano da leggi recenti che abbiamo fatto in questo Consiglio, a favore della categoria degli artigiani, ma creare impulso nuovo perché l'artigianato possa diventare un settore importante. Abbiamo bisogno del contributo degli artigiani. Dobbiamo rilanciare tutte le iniziative per il lavoro giovanile. Il collega Lorelli auspicava che la legge numero 28 possa presto raggiungere un'efficacia diversa, ci abbiamo provato, ma ci vogliono programmi concreti. Noi abbiamo in questo momento duecentoquarantamila disoccupati, dei quali almeno duecentomila sono giovani e di questi una parte non ha mai lavorato. Abbiamo giovani che oggi non sono più giovani, perché hanno quarant'anni, trentacinque anni, che non hanno mai percepito uno stipendio. E' una cosa vergognosa, scandalosa. Dobbiamo affrontare i problemi del comparto turistico in modo completamente nuovo. Noi stiamo cominciando a pagare gli errori fatti in questi anni; mi risulta che sull'alberghiero abbiamo una diminuzione circa del 40 per cento, quest'anno. Già l'anno scorso, la struttura più grossa, quella delle Ciga Hotel in Costa Smeralda è entrata in grande crisi, rischia di licenziare tutti e di chiudere, perché anche in questo settore manca una politica soprattutto di infrastrutturazione nel sistema delle aziende turistiche. Non abbiamo mai creato una coscienza imprenditoriale in Sardegna, neanche in campo turistico. C'è un altro strumento, che noi riteniamo indispensabile, e chiediamo al Presidente della Giunta che su questo terreno si attivi subito. Io credo che qualsiasi attività economica si svolga in Sardegna all'interno delle rigide leggi del mercato abbia delle difficoltà. Allora, se è vero che questo Stato ha con noi qualche debito, se è vero che questo Stato ci ha tolto molto, e non devo fare richiami storici per dire che siamo stati usati spesso come carne da cannone, se è vero che questo Stato ha tutti questi debiti con noi, io credo che alcuni strumenti ce li debba dare. E' importante realizzare in Sardegna la zona franca per il consumo e per la produzione, perché riteniamo questo uno strumento economico importantissimo che può rilanciare in tempi molto brevi la Sardegna verso uno sviluppo ai massimi livelli, in brevissimo tempo. Tutte le altre questioni sono pezze che mettiamo per il momento e che difficilmente risolvono in modo assoluto e definitivo i problemi.

Chiediamo anche al Presidente della Giunta che si attivi perché si possano reperire le risorse finanziarie per questo rilancio dell'economia sarda, uscendo fuori dall'ambito dello strozzinaggio delle banche locali, perché di questo si tratta, credo che gli artigiani e i commercianti possano dirlo. Noi paghiamo gli interessi più alti d'Italia alle nostre banche. Quando un'azienda paga 60, 80, 100 milioni all'anno di interessi alle banche, voi capite che dà via il suo utile, non riesce più a sopravvivere. Io credo che noi dobbiamo reperire risorse anche fuori dalla Sardegna, siamo nel Mercato comune europeo, io credo che si possa trovare la possibilità di fare convenzioni con banche tedesche, inglesi, francesi, quelle che vogliamo; credo che nel mercato esista la possibilità di ottenere migliori condizioni di quelle che attualmente abbiamo. Chiediamo inoltre al Presidente della Giunta, e ho finito, che obblighi lo Stato a pagare il più grande debito che ha nei confronti della Sardegna; è un debito che noi abbiamo contratto nel 1948, quando lo Statuto sardo è diventato legge costituzionale, cioè è quello dell'articolo 13 dello Statuto mai attuato per la rinascita della Sardegna, un debito che lo Stato non ha mai pagato. Noi dobbiamo chiedere che questo debito sia pagato; certamente lo dobbiamo fare in modo democratico e corretto; non chiamiamo il popolo ad insorgere, però credo che bisogna, in modo duro, imporre a questo Stato assente, sfruttatore, inadempiente, di pagare i propri debiti. Lo Stato deve versare alla Sardegna quanto serve per creare le condizioni di una rinascita. E' attraverso il finanziamento dell'articolo 13 che noi possiamo affrontare un periodo di transizione nel quale i nostri operai, i nostri minatori, i nostri cassintegrati, i nostri pastori, i nostri agricoltori, i nostri artigiani, i nostri commercianti, possano sopravvivere, perché è certo che fino a quando noi non realizzeremo i grandi progetti, come quello di costruire un rapporto nuovo con lo Stato, di creare quindi un'Italia all'interno della quale la Sardegna sia federata e non dipendente come oggi, fino a quando noi non avremo fatto la zona franca, io credo che con quello che lo Stato ci deve dare con l'articolo 13, noi possiamo creare un momento di grande transizione e, in un rapporto politico nuovo, originale, creato in Sardegna tra le forze politiche, guardare al nostro futuro con un minimo di speranza. Se tutto questo non avverrà, credo che non passeremo alla storia di questa Regione; credo che gli studiosi fra cinquant'anni, quando andranno a leggere i discorsi che abbiamo pronunciato in quest'Aula, potranno senz'altro affermare che in Sardegna governava una classe politica demagoga, litigiosa, incapace di trovare soluzioni ai problemi dei figli della sua terra.

PRESIDENTE. Per la Giunta, ha facoltà di parlare l'onorevole Cabras, Presidente della Giunta.

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. Signor Presidente, colleghi del Consiglio, mi pare utile e opportuno, nell'esprimere le valutazioni della Giunta sul merito degli argomenti che sono stati affrontati dalle diverse mozioni, rilevare come le stesse mozioni, se pure originate da Gruppi diversi e se pure con valutazioni diverse nella parte in premessa, concludono quasi tutte nel dispositivo finale con un impegno della Giunta che, lo dico subito, la Giunta condivide e di cui assume fin d'ora le cose fondamentali. Credo che questo sia un elemento che va sottolineato, rispetto ad altre occasioni nelle quali abbiamo discusso di questo argomento, che serve a mettere in evidenza come, nonostante le differenze e nonostante le sottolineature, nonostante anche le critiche che sono emerse in questa discussione, rimanga in tutti i presentatori delle mozioni, rappresentata in maniera efficace da chi le ha illustrate, una tensione sostanzialmente unitaria su questa materia. Pur nella constatazione di insufficienze, così come sono state sottoposte all'attenzione del Consiglio, se pure alcune non condivisibili, comunque rispettabili nel merito e nel modo nel quale sono state sottoposte alla nostra attenzione, mi pare che vada sottolineata l'esigenza riconosciuta da tutti di mantenere, su questa materia, la più grande unità, così come siamo riusciti a fare sino a questo momento. Questo vorrei dirlo, esprimendo le considerazioni della Giunta su questo argomento, perché mi sembra opportuno e necessario sottolinearlo in una fase difficile come quella che stiamo attraversando nella quale, forse, ancora non per tutti noi è chiaro quale sarà il futuro, ma sicuramente nel presente, nelle analisi che sono state fatte, è chiara per tutti una differenza sostanziale rispetto a momenti analoghi nei quali abbiamo discusso di questi argomenti. E la differenza sostanziale sta nel fatto che una crisi di dimensioni come quelle illustrate per il sistema economico regionale in passato, non si è mai accompagnata a una parallela crisi di carattere politico presente nel sistema politico nazionale come quella che noi stiamo oggi vivendo. E come sempre abbiamo ricordato, parlando di questi argomenti, quando la politica è in crisi, a farne le spese, normalmente, sono sempre i più deboli, perché la politica, se è esercitata nella maniera più virtuosa e nella sua essenza più profonda, ha la grande funzione di far scattare i meccanismi che servono non a proteggere ma a salvaguardare le legittime aspirazioni, gli interessi di quelli che sono gli strati più deboli della società nella quale viviamo e, in un Paese, a tenere presenti e a salvaguardare gli interessi e le istanze che provengono dalle aree territoriali con ritardo di sviluppo, come si dice in economia, ma possiamo dire più propriamente con differenze nel tenore di vita e soprattutto nella prospettiva di sviluppo, così marcate come quelle che si registrano in Sardegna rispetto ad altre aree più forti del Paese, in particolare per quanto riguarda il problema del lavoro. La somma di questi due elementi si scarica su di noi e io credo che siano tutte giuste le critiche che prima di tutto abbiamo fatto noi al nuovo Governo che è seguito a quello precedente, per la verità con non grandi differenze per quanto riguarda la soluzione dei nostri problemi, e anche quando critichiamo aspramente, così come è stato fatto in questo dibattito, alcuni esponenti di questo Governo che ne rappresentano la linea di politica economica pro tempore, come si usa dire, con la speranza che poi ci sia sempre qualcuno che riesca a modificare, a meglio indirizzare una linea che vede la nostra Regione in difficoltà, questo va tenuto presente perché anche questo Governo è figlio di questa situazione nella quale la politica non si sa più che bussola abbia. Un Governo imbottito di professori, con tutto il rispetto per i professori, che non hanno una grande dimestichezza con i problemi di carattere politico, economico e sociale come quello che abbiamo di fronte, ha qualche difficoltà a capire i ragionamenti che noi cerchiamo di mettere sul campo, che per la verità avevano creato difficoltà anche ai Governi precedenti, ma l'impressione che noi abbiamo ricavato in questo primo rapporto che si è realizzato, è che proprio non si riesca a trovare la sintonia giusta, nel senso che non tutto può essere ricondotto alle valutazioni sul cosiddetto margine operativo lordo nell'esame dei conti economici delle diverse aziende. Questo purtroppo è il linguaggio col quale ci siamo dovuti confrontare nelle poche occasioni di confronto sia pure significative e importanti, che abbiamo avuto fino a questo momento. Quindi sarebbe ingiusto nei confronti del Governo non tenere conto che esso è figlio di questa situazione; alcune delle proposte che noi contestiamo così duramente non sono forse totalmente imputabili alla linea di politica economica o alla responsabilità esclusiva di questo Governo che nasce con un mandato molto limitato e che nasce - bisogna ricordarlo - con una fiducia del Parlamento, se si contano le astensioni, molto più grande di quella del Governo precedente; altro punto di grande contraddizione, che nessuno ha richiamato ma che io vorrei richiamare, del quale bisogna tenere conto quando facciamo le nostre valutazioni, i nostri ragionamenti. Questo per essere un po' più equilibrati nel giudizio, perché quando noi esprimiamo con forza una denuncia e un giudizio negativo, pur tuttavia ci rendiamo conto del contesto nel quale questo Governo è impegnato e del tipo di mandato che il Parlamento gli ha assegnato. E' un mandato che ha le caratteristiche che tutti conosciamo e che non ripeto per brevità. Allora, noi non possiamo che fare tesoro di questa situazione, tenendo conto che, secondo le previsioni più attendibili sul piano dei rapporti istituzionali, essa certamente durerà per lo meno fino alla primavera prossima, data nella quale tutti parlano di una convocazione di comizi elettorali per il rinnovo del Parlamento, e quindi, di conseguenza, per l'insediamento di un nuovo Governo. Siccome io voglio qui rappresentare, credo responsabilmente, una valutazione che sia collegata alla realtà dei fatti che abbiamo di fronte, credo che noi dobbiamo resistere fino a quella data, dobbiamo porci l'obiettivo di resistere per evitare che una politica che noi abbiamo definito di tipo ragionieristico, che questo Governo ha messo in campo e che tenterà di applicare, possa inevitabilmente portare allo smantellamento totale dell'apparato industriale e produttivo dell'Isola così come lo abbiamo conosciuto finora. Può sembrare una linea riduttiva, ma io credo che, se noi riusciamo a resistere fino a quella data, cioè fino a quando la situazione politica avrà una svolta in un senso o in un altro, e il Governo che ne verrà sarà un Governo che avrà un mandato politico, e quindi un aliena di politica economica che non avrà più l'ambito temporale così breve di questo che abbiamo di fronte, probabilmente potremo riprendere il confronto su un terreno che abbia una prospettiva di attuazione, rispetto alle cose che abbiamo detto finora e che abbiamo posto alla nostra attenzione, che faccia i conti con la realtà.

Io credo che si può fare di tutto, però questa mi sembra una considerazione, rispetto all'esperienza che abbiamo fatto, a quello che leggiamo, a quello che ci è dato di constatare, che noi consideriamo sicuramente prioritaria. Quindi, lo ripeto, è necessario resistere contro il tentativo che è in atto di smantellare, senza discutere di alternative, senza proporre altre cose -e io non ho fiducia che questo interlocutore possa cambiare linea, e se non sono stato chiaro, voglio essere ancora più chiaro - resistere perché il tutto non venga demolito e aspettare che arrivi un momento per noi più favorevole, o per lo meno perché si creino le condizioni per aprire una discussione su un terreno più appropriato. La proposta che è stata fatta dal Ministro non in sede collegiale, all'interno di questa linea che ho presentato, è questa: facendo i conti delle perdite delle varie aziende che operano nel sistema industriale sardo si arriva a "x" miliardi di perdita all'anno; moltiplichiamo per tre o per quattro - per quanto riusciamo a ottenere con una trattativa col Governo - queste perdite, creiamo un fondo a favore degli investimenti, e cerchiamo con questo fondo di impostare tutte le attività sostitutive che possano parzialmente occupare i lavoratori che verrebbero espulsi dal settore produttivo, chiudendo le fabbriche e le aziende che, come dicevo prima, ricevono un giudizio di non possibile recupero dal punto di vista produttivo.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Scusi, Presidente, quale Ministro ha fatto questa proposta?

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. Il Ministro dell'industria e del riordino delle partecipazioni statali e dell'energia.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Non è fesso. Ha fatto una bella proposta!

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. Ha fatto questa proposta. Io ho il dovere di dire che lui ha fatto questa proposta e, dirò di più, ha anche detto: se in Sardegna la classe politica ha coraggio, faccia sua questa proposta e vada con questa alle elezioni. Nel frattempo le fabbriche e i lavoratori devono aspettare che questa proposta produca risultati. Io credo che se noi la esaminiamo, ovviamente con il massimo di obiettività, il minimo che possiamo dire è che per costruire quello che c'è abbiamo impiegato due piani di rinascita, trent'anni anni grosso modo, anno più anno meno. Il primo processo di industrializzazione è iniziato con la prima legge sul piano di rinascita, all'inizio degli anni '60, e ora siamo agli inizi degli anni '90. E' vero che siamo nella civiltà della comunicazione, è vero che funzionano i computer, che c'è l'informatica, che i processi e le velocità sono cresciuti, ma credo sia assai difficile ritenere che ciò che, con tutte le difficoltà che noi abbiamo, si è potuto realizzare in un arco di tempo così lungo, e con tutte le risorse finanziarie, che attualizzate costituirebbero una massa rilevante di investimenti, possa essere sostituito con il meccanismo che il Ministro ci ha proposto. Quindi io mi sono permesso, devo dire anche a nome vostro, di dire che questa per noi non era una proposta accettabile, anzi che era meglio che non venisse neanche formalizzata. Ho il dovere di comunicarvela in questa sede, anche se noi ovviamente abbiamo ritenuto che la proposta non fosse accettabile.

Sulla base di questa considerazione, si rafforza ancora di più la nostra convinzione che in questo momento dobbiamo esclusivamente resistere, anche perché abbiamo la consapevolezza che, in materia di piccole e medie imprese, che sono l'altra parola d'ordine ricorrente a proposito di questa problematica, noi abbiamo fatto tutto quello che era necessario fare, ma forse abbiamo fatto anche di più. Probabilmente siamo l'unica regione del mezzogiorno d'Italia che in questi anni, magari perché abbiamo avuto un po' più d'intuito, magari perché c'è stato l'Assessore dell'industria di turno che ci ha pensato o un Presidente di Commissione che ci ha pensato, ipotizzando che le leggi per l'intervento straordinario nel Mezzogiorno sarebbero venute meno a un certo punto o sarebbero entrate in crisi, si è adoperata per fare leggi che producessero lo stesso tipo di incentivi finanziari prevalentemente a favore della piccola e media impresa, con risorse del bilancio regionale. E quante difficoltà stiamo incontrando per far sì che queste leggi producano non solo numeri, come dice Lorelli, qualche volta criticandoci e polemizzando amichevolmente con l'Assessore del bilancio, ma producano posti di lavori, producano occupazione! Fra l'altro, se questa piccola e media industria, di cui tutti parlano, non riesce ad insediarsi in un tessuto nel quale esiste la grande industria alla quale fornisce servizi o dalla quale preleva materia prima, come si può immaginare che questo processo si realizzi con più facilità se noi facciamo sparire tutto questo? Noi siamo circondati dal mare, non siamo, per intenderci, come l'Emilia Romagna o regioni similari, dove è vero che c'è un grande tessuto di piccole e medie imprese che si sviluppa, però a distanza di qualche centinaia di chilometri ci sono poli di concentrazione di grandi imprese industriali che, guarda casso, nessuno mette in discussione. Ecco perché noi abbiamo la consapevolezza di avere -anche su questo terreno, con insufficienze sicuramente, con difficoltà, con cose in più che bisogna fare e che bisognerà, anche esaminando la manovra finanziaria, perfezionare e migliorare - fatto dei passi in questa direzione, da soli, da qualche anno a questa parte, senza che ci siano questi autorevoli suggerimenti che tra l'altro sarebbero risolutivi, che abbiamo ascoltato in questa occasione.

La battaglia per la Sardegna centrale, pur con tutte le difficoltà e i ritardi, è un esempio di come noi abbiamo scelto, anni fa, non oggi, una strada che va in una certa direzione e ci stiamo battendo, scontrandoci spesso anche con una burocrazia regionale innanzitutto in questo caso - non bisogna sicuramente scaricare responsabilità su nessuno - che probabilmente non ha acquisito la cultura necessaria per essere all'altezza della situazione e della sfida che abbiamo di fronte, e ci impone dei ritardi nell'attuazione di molte proposte che, devo confessare, spesso facciamo fatica a superare. Quindi, in conclusione, io credo che la ricetta che c'è stata proposta è una ricetta che non può essere accettata, per un ragionamento pacato, non perché facciamo della propaganda, ma perché abbiamo fatto delle esperienze e non possiamo accettare di seguire una strada senza fare tesoro delle esperienze anche negative, e perché, consentitemi, abbiamo anche l'impressione, cerco di dirlo con molto equilibrio, che dietro ad alcuni ragionamenti sui conti aziendali ci siano valutazioni che sono esclusivamente politiche, o meglio di politica di grandi gruppi che sono in concorrenza fra di loro. L'esempio della cartiera di Arbatax è emblematico: noi abbiamo avuto in via informale, perché formalmente ci avevano pregato di non dirlo, contatti col poligrafico dello Stato, il quale sostiene, in base alle sue valutazioni, che il consumo della carta nei prossimi anni sicuramente crescerà. Il mercato della carta, ovviamente della carta in tutte le sue articolazioni, non è un mercato destinato a comprimersi come quello di altri settori. E' vero che c'è una situazione di crisi contingente, ma ci sono prospettive positive. Ovviamente, se ci si attrezza per fronteggiare le novità, cioè se gli impianti esistenti, per esempio, smettono di produrre esclusivamente carta da giornale e producono anche altri tipi di carta. In questo contesto, il nostro impianto produttivo di Arbatax, con gli investimenti necessari, è in condizione di immettersi nel mercato. Lo dicono i tecnici. Il comitato interministeriale per la programmazione industriale approva un piano fatto da tecnici nominati dal Ministro; ci sentiamo dire che quel piano è un piano fatto con leggerezza, che forse i conti economici aziendali che sono alla base di quel piano non sono attuabili o forse addirittura, nonostante noi garantiamo che questo si può rispettare, nemmeno la fornitura della materia prima, attraverso il ricorso all'azienda foreste demaniali, senza toccare altri settori, è sufficiente per rendere quell'impianto produttivo. Noi abbiamo il dubbio che dietro questo ragionamento ci siano valutazioni che non sono valutazioni di tipo aziendale. Si tratta di conflitti, di competizione fra produttori, e io mi permetto di dire anche fra aree territoriali. Ma è qui che ci deve soccorrere la politica, è qui che ci vuole l'autorità di un Governo e di un Ministro che scelga se mettere in difficoltà o se favorire il rilancio produttivo di un'azienda che è situata in un territorio come l'Ogliastra, dove ci sono 700 lavoratori impiegati direttamente, per non contare tutto l'indotto, con tutte le difficoltà che ci possono essere a sostituire questi lavoratori, o piuttosto creare una qualche difficoltà, con riduzione anche di produzione in altre aree del Paese, dove esiste un tessuto industriale molto più forte del nostro. Noi chiediamo questo, non chiediamo la luna, chiediamo che si faccia una valutazione su questo, e diciamo che la cartiera non può essere chiusa. Faccio l'esempio della cartiera per non farne degli altri, perché lo stesso modello di analisi può essere utilizzato e applicato per quanto riguarda gli altri settori produttivi.

Quindi, vorrei dire che noi non andiamo con una politica stracciona, come qualcuno ha detto, forse impropriamente, né andiamo al confronto con le idee poco chiare, perché ci siamo messi tutti a studiare, abbiamo cercato di documentarci, e quando ci parlano di margine operativo lordo sappiamo anche noi cosa vuole dire. Sappiamo anche leggere le cifre e cerchiamo di capire, ci documentiamo su tutti questi grandi numeri indicatori, sulle produzioni industriali e così via, e quindi alla fine ci confrontiamo su un terreno nel quale può essere che il problema ci sia, ma c'è un punto nel quale il Governo deve intervenire, ed è questo il punto che secondo noi è carente; il Governo fino a questo momento non ha mostrato di intervenire in questa discussione con l'equilibrio, e soprattutto tenendo conto di aspetti di carattere territoriale, che non ripeto perché sono stati efficacemente ripetuti dai colleghi che li hanno illustrati con dovizia di particolari, e che io faccio miei esattamente nello stesso modo nel quale sono stati illustrati.

La nuova legge di rinascita, quindi, per toccare un punto che è stato un po' il cuore dell'ordine del giorno, non può essere una legge che cerca di rifare quello che ha fatto la prima legge di rinascita, non possiamo ripartire da zero, la terza legge di rinascita non può proporsi di ricostruire tutto ciò che ha impostato la prima, ma semmai deve cercare di rafforzare, di allargare, di integrare quello che le leggi di rinascita precedenti hanno fatto. Questo deve essere chiaro. Quando noi chiediamo la terza legge di rinascita, il rispetto dell'articolo 13, non può essere per sostituire attività che magari sono state avviate con le risorse delle precedenti leggi. Ecco perché in Commissione, qualche giorno fa, io mi sono permesso di dire che a questo punto la Regione -Puligheddu l'ha battezzato un "fai da te" - deve prendere atto di questa situazione, deve anche fare tesoro delle capacità che ha acquisito nel tempo, di esperienza, di conoscenza dei dati e, per esempio, in materia di chimica, deve cominciare a guardarsi intorno, deve cominciare a capire se è vero che tutti sono interessati, oltre all'Enichem, alla chiusura dei siti di Cagliari o se c'è qualcuno che magari il sito di Cagliari lo vuole tenere aperto. Badate, la logica è la stessa che richiamavo sulla cartiera, non è molto diversa anche se parliamo di chimica e non parliamo di carta. A questo riguardo, noi abbiamo pensato, ad esempio, in assenza di una iniziativa del Governo in materia di piano chimico, da tutti richiesto come uno strumento necessario per affrontare i problemi in modo equilibrato, di rivolgerci direttamente ai nostri colleghi delle altre regioni chimiche interessate. Noi abbiamo cercato in questi giorni, cominciando su questa linea del "fai da te", di contattare i nostri colleghi della Sicilia, della Puglia, dell'Emilia Romagna, del Veneto, per affrontare con loro una discussione, perché anche loro sono preda dello stesso piano che non c'è, probabilmente con effetti meno devastanti dei nostri però è anche possibile che quella politica, che non riusciamo a far trionfare a livello centrale, possa ritrovarsi - non posso escludere che questo accada - in un dialogo tra regioni che si confrontano sullo stesso problema. Potremmo, per esempio, cominciare a valutare se sul terreno della chimica questa storia del sito chimico di Macchiareddu e degli altri, perché il dramma è che si comincia con Macchiareddu e si prosegue con gli altri, possa essere da noi affrontato con non solo la solidarietà ma anche con il concorso delle valutazioni che altri, che stanno vivendo problematiche simili alle nostre, possono fare su questo terreno e chissà che non venga fuori non il piano chimico, ma magari una proposta che tutti insieme siamo capaci di mettere sul tavolo del confronto col Governo, visto che le problematiche che stiamo vivendo sono più o meno le stesse, almeno per quanto riguarda le questioni industriali.

Vorrei rapidamente concludere, perché credo che la sostanza della valutazione che noi facciamo, così come è stato richiesto dalle mozioni presentate sullo stato dei rapporti tra noi e il Governo centrale sulla materia della vertenza Sardegna, sia sufficientemente chiara e, nonostante ciò, io credo che noi non dovremmo dire che ciò che abbiamo fatto, perché sono trascorsi due mesi, è sicuramente da dimenticare, che abbiamo sbagliato tutto, tutto ciò che abbiamo proposto, l'assemblea, la riunione del Consiglio, l'iniziativa della Giunta, lo sciopero! Io credo che non sia così e sarebbe sbagliato da parte nostra dire che tutto questo non ha prodotto risultati, non è servito a niente; credo che noi dobbiamo invece, sulla base della consapevolezza generale che c'è su questi temi, correggere il tiro, vedere se la fantasia di tutti ci suggerisce iniziative più incisive, ma mai dire che ci siamo imbarcati sulla nave per andare a Roma, abbiamo fatto una giornata di sciopero e questo è stato inutile. Questo non dobbiamo dirlo; io questo non lo penso, sono convinto che quella rimane una giornata di grande mobilitazione civile; siamo stati all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale in quella circostanza, devo dire con un grande consenso, che ancora forse non ha prodotto i risultati che noi ci aspettavamo. Non dobbiamo dare ai lavoratori il segnale che quando scioperano, quando occupano le fabbriche, tutto ciò non serve, tutto ciò è inutile. Io sono convinto invece che dobbiamo tenere più alta e più forte la tensione, cercare di essere forse più incisivi di quanto non siamo stati finora, ma facendo di più di quello che abbiamo fatto fino a questo momento, e integrando anche una serie di elementi che, come ricordavo prima, sono il frutto dell'esperienza che noi abbiamo fatto in questi tre mesi che ci separano dalla riunione del Consiglio, e in questi sei mesi che ci separano dalla costituzione della Giunta. Non dobbiamo dimenticare che in questi sei mesi abbiamo avuto referendum, crisi di Governo, paralisi di varia natura e quindi, come succede spesso, anche quando vengono presentate delle istanze, o decorrono i termini, dobbiamo considerare che i ritardi di fatto non sono strettamente collegati alla responsabilità della Giunta o del Presidente o del Consiglio regionale. Questo è il senso della nostra valutazione. Io ovviamente, mi astengo dal fare valutazioni di ordine politico, perché non mi sembra questa la sede, ma non mancherà l'occasione per potere approfondire il confronto che è stato richiamato in alcuni interventi.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'onorevole Dadea. Ne ha facoltà.

DADEA (P.D.S.). Signor Presidente, per chiedere una brevissima sospensione di dieci minuti, che ci consenta la presentazione di eventuali ordini del giorno a conclusione del dibattito e della replica del Presidente della Giunta regionale sulle mozioni presentate, e per valutare, naturalmente in tempi strettissimi, la possibilità di predisporre un ordine del giorno unitario.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'onorevole Cogodi. Ne ha facoltà.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Mi pare di ricordare che una norma di regolamento prevede la presentazione di ordini del giorno sia nel corso della discussione, sia dopo la sua conclusione. Almeno un ordine del giorno è stato presentato nel corso della discussione e sarebbe opportuno distribuirlo ai consiglieri. Non credo che, per un Consiglio che vuole conquistare il mondo, fare una fotocopia sia una cosa così difficile. E' stato presentato un'ora fa e non è stato ancora distribuito. Non ne capisco la ragione. In secondo luogo, mi pare di ricordare che un'altra norma regolamentare preveda il diritto di replica dei presentatori delle mozioni dopo l'intervento della Giunta, quindi chiedo di esercitare il diritto di replica e che eventuali sospensioni avvengano quando possono avvenire.

PRESIDENTE. Onorevole Cogodi, la discussione non è ancor chiusa, perché dopo l'intervento del Presidente della Giunta regionale, in sede di replica, ha diritto di parlare un firmatario per ciascuna mozione. C'è una richiesta di sospensiva dell'onorevole Dadea, l'onorevole Cogodi è contrario. La proposta dell'onorevole Dadea sarà messa in votazione.

Si dia lettura dell'ordine del giorno numero 1.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Ordine del giorno Cogodi - Ortu sullo stato della vertenza Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione della discussione delle mozioni riguardanti l'andamento della vertenza Sardegna,

PREMESSO che l'insieme delle questioni decise dal Consiglio regionale in data 19.03.93 e contenute nell'ordine del giorno-voto non hanno avuto alcun effetto pratico,

impegna la Giunta regionale

a proporre al Consiglio, entro 10 giorni, ricorrendo alla mobilitazione di tutte le risorse finanziarie ed istituzionali di cui la Regione dispone:

a) ipotesi risolutive dei principali punti di crisi delle produzioni ritenute economicamente valide nel contesto delle strategie di sviluppo;

b) un programma realistico di interventi straordinari per ridurre la disoccupazione ed impiegare i lavoratori in C.I.G.;

c) una riedizione del bilancio della Regione interamente funzionale agli obiettivi di cui ai punti a) e b).

Per l'ipotesi di manifestata impossibilità per la Giunta regionale di provvedere agli adempimenti di cui sopra,

il Consiglio regionale decide

la propria convocazione in via straordinaria e permanente perché si provveda ad elaborare e ad individuare i modi attraverso cui garantire la attuazione dei provvedimenti risolutivi di cui ai precedenti punti a), b) e c). (1)

PRESIDENTE. Metto in votazione la richiesta di sospensiva dell'onorevole Dadea. Chi è a favore alzi la mano.

(E' approvata)

La seduta è sospesa per dieci minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 20 e 55, viene ripresa alle ore 21 e 11.)

PRESIDENTE. E' stato presentato un altro ordine del giorno che è in riproduzione, di cui daremo successivamente lettura.

In sede di replica, ha facoltà di parlare l'onorevole Cogodi, firmatario della mozione numero 126.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Dico subito di essere tuttora non solo fortemente deluso, ma anche preoccupato per le dichiarazioni rese dal Presidente della Giunta. Fino a poco fa, avevamo l'impressione che vi fosse difficoltà a procedere, per l'assenza talora o per la sordità e l'insensibilità degli interlocutori talaltra, ma non che lo stato della vertenza che abbiamo chiamato con termine impegnativo. vertenza Sardegna - cioè le ragioni della Sardegna rivendicate e affermate nei confronti del Governo centrale - fosse a un punto così delicato da essere quasi un punto morto. Nel predisporre un ordine del giorno nel quale si chiede che la Giunta precisi, entro dieci giorni, quali sono le soluzioni possibili dal suo punto di vista, o almeno l'ipotesi che è in grado di presentare per affrontare i più gravi punti di crisi, da qualche parte si è detto che dieci giorni effettivamente sono pochi, e possono essere pochi dieci giorni, e scherzando un po' taluno chiedeva una proroga di 15, 20, 30 giorni. La Giunta, invece, riferisce al Consiglio e il Consiglio apprende, io ritengo per la prima volta - almeno l'opposizione l'apprende per la prima volta, la maggioranza è bene informata, è edotta della strategia di insieme, ed anche delle modifiche di strategia che la Giunta adotta di sicuro - noi apprendiamo, per la prima volta, che siamo passati dalla guerra o dal conflitto in attacco, promosso e condotto da noi, alla guerra di posizione, in trincea. Fermi in trincea fino all'anno prossimo - e onestamente mi pare eccessivo - perché c'è una crisi economica - dice la Giunta - che nel Paese coincide con una crisi del sistema politico e quindi dobbiamo aspettare che si ricomponga un equilibrio del sistema politico, che si presume, nella primavera prossima, deriverà dall'indizione dei comizi elettorali, dallo svolgimento delle elezioni e dalla formazione di un nuovo Governo. Fra un anno usciremo dalla trincea, per intanto resistiamo, fra un anno ripartiremo col nuovo Governo. Questa mi sembra la tattica che si presume avesse - se una tattica aveva in mente - uno stratega come Saddam Hussein che, per diverse volte, si è lasciato bombardare dal nemico cattivo Bush, perché sapeva che c'erano le elezioni americane, cercando di sopravvivere fino all'arrivo del nemico buono, e così si è beccato le bombe repubblicane e poi anche quelle democratiche. Io non so quale sarà la qualità del governo che l'Italia avrà nel 1994, però tutti noi conosciamo la qualità e la gravita della crisi che abbiamo oggi. Come può esistere e resistere una strategia di fuga nelle caverne fino all'anno prossimo? Nel frattempo che ne è della cartiera, della chimica, delle miniere, dei servizi, dei disoccupati, ma che ne è della Sardegna? Oppure credete davvero che, mentre la Giunta pensa queste strategie, chiamiamole orientali, medio-orientali, levantine…

(Interruzioni)

Il levante è un punto cardinale, il levante è l'Oriente.

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. In senso buono, perché ha molti significati.

COGODI (Rinascita e Sardismo). No, no, in questo senso. Credete davvero che si possa resistere un anno e poi riprendere la battaglia? Io non so se il Presciente, o chi per lui, dirà queste cose domani all'assemblea dell'Enichem, all'assemblea dei lavoratori del Sulcis che di nuovo si riuniscono, a quanti cioè in questi giorni hanno detto che non possono più campare. Una Giunta può campare, anche il Consiglio regionale può campare, c'è una pagina di giornale di qualche giorno fa che dice "Cabras al Congresso della CISL: perché viviamo alla giornata?" Si può vivere alla giornata, si possono dare anche le spiegazioni del perché si vive alla giornata, si possono dare anche le spiegazioni del perché si vive alla giornata, ma una Giunta regionale, in questa situazione non può avere l'ambizione di vivere alla giornata, non deve neppure - secondo me - azzardare giustificazioni e spiegazioni del perché viva alla giornata. Il problema è che bisogna dar risposte oggi, che bisogna avere la capacità di pensare, di immaginare, di inventare soluzioni. Ci sono voluti due mesi perché, attraverso lo strumento della mozione il Consiglio tornasse ad occuparsi dello stato della vertenza Sardegna e non è stata inutile l'attivazione di questo strumento. Certo il Consiglio è a ranghi ridotti, perché oggi è già mercoledì, il mercoledì sera siamo già in vacanza, il week end inizia il mercoledì mattina, cioè appena finisce quello della settimana prima, perché il martedì sera finisce quello della settimana prima. La gran parte dei consiglieri regionali sono andati via, perché tanto si doveva discutere di vertenza Sardegna e quindi di questione non rilevante, cioè si doveva discutere di cose che lasciano il tempo che trovano. Forse c'è in questo il senso dell'impotenza e della rinuncia. Potrebbe essere anche così, però, c'è qualcuno che intende rinunciare, e intende dare testimonianza, ma io non credo che rimarrà solo testimonianza. Io non ho neppure la paura, e ho concluso, e la preoccupazione, o meglio ancora la cautela che ha il collega Serrenti che ha detto: "Dobbiamo sviluppare un'azione di lotta, certo, non pensiamo che il popolo debba insorgere". Io penso che il popolo debba insorgere. E non capisco neppure perché il popolo non sia insorto contro uno stato di ingiustizie e di miserie che ormai si conosce. Ma, quanto andiamo a fare due passi qui intorno, a consumare un pasto parco o un caffè sotto i portici di Via Roma, ci rendiamo o no conto, tutti i giorni, che questo quartiere di Marina è ormai assediato dai vigili del fuoco che stanno sgomberando centinaia di famiglie da palazzi cadenti, dei quali qualcuno già caduto causando vittime, come quel buon uomo che tutti i giorni incontravamo sotto i portici intento a fare un giochino per attirare l'attenzione dei passanti e chiedere dei soldi per sopravvivere? Quel palazzo è a cinquanta passi dalla sede del Consiglio ed è a cinquanta passi dal Comune di Cagliari, capitale della Sardegna, che dovrebbe pur pensare a queste cose. C'è uno stato di difficoltà, di sofferenza, che non è di poche persone, ma è di moltissime, è della gente che vede il futuro precario, è di decine di migliaia di famiglie, in questa Regione, che hanno i figli che non trovano lavoro, che si sono dissanguate per permettere ai figli di continuare gli studi, ragazzi laureati che hanno trent'anni e non trovano lavoro. Sappiamo tutti che è così, e noi con una insensibilità che non ha giustificazione, che non ha attenuante alcuna, ancora pensiamo che stiamo facendo interamente il nostro dovere. Io penso che dobbiamo andare a trovare soluzioni radicali a questa situazione, che se è necessario diano esempio i consiglieri regionali. Non è giusto, non sarebbe neppure opportuno, e il messaggio può anche dare luogo ad equivoci, però io dico che dobbiamo partire dal dimezzare le nostre indennità, per pensare di ridurre di poco poco i privilegi altrui, e il nostro non è un privilegio perché è quanto serve per poter appena operare correttamente, diuturnamente, insomma sempre, come alcuni di noi che si applicano a queste cose. Però soluzioni anche radicali bisogna trovarne, perché io sono convinto che chi dispone di 20 milioni al mese i soldi non li mette in tasca, li mette nel cervello, e non ragiona più. Non si può più consentire una cosa del genere, perché questa insensibilità, questo modo di procedere, questi ritardi, queste interruzioni, questo beccarsi inutilmente, questo non darsi credito, questo andarsene, quando si discute di queste cose, dal Consiglio regionale, non è ammissibile dal mio punto di vista. Quanti ritengono tutto ciò ammissibile lo ammettano pure, però se lo tengano. Qui però, non è questione di rapporto politico, è questione anche di rapporto umano. Ecco perché io insisto, perché alla prossima tornata di lavoro del Consiglio, la Giunta faccia un supplemento di comunicazione al Consiglio e in questi giorni si adoperi a pensare e ad inventare soluzioni che siano vere e recuperi risorse dal bilancio regionale. Tagli tutto il superfluo, recuperi alcune centinaia di miliardi che sono necessari per intervenire nei punti di crisi più grave, per comprare materie prime, per far funzionare le fabbriche. Tra un anno, caro Presidente, non ci sarà più un'altra autogestione, perché non ci saranno più i tecnici e gli operai che sanno fare l'autogestione chimica, perché li stanno già trasferendo, sono già altrove. Non ci saranno più e anche questa grande risorsa umana e produttiva e di contestazione e di lotta, che è ricchezza e forza della vertenza Sardegna, non ci sarà più. Io non contesto che sia utile prendere le navi, scioperare, volantinare; facciamo questo perché lo vogliamo fare, lo facciamo sempre. Ci dovranno essere altre marce, altre navi, altre manifestazioni, altre proteste, ma c'è gente che non vivrà e non potrà vivere di questo, e non marcerà più e non protesterà più, perché, quando la protesta non paga, la gente la ritiene inutile.

Poi, per il concetto che abbiamo del popolo sardo, decidiamo, con un ordine del giorno distinto, che il popolo sardo è costituito da tutti i sardi, ad eccezione del Ministro dell'industria, il professor Savona, che cancelliamo dall'elenco dei sardi. Non è ammissibile ciò che questo Ministro propone come soluzione della crisi di questa Regione; propone di sommare le perdite teoriche di due o tre anni, che sono frutto della cattiva gestione quando non anche degli imbrogli e delle ruberie, dei governi e dei governanti, per costituire un fondo da utilizzare per riattivare lo sviluppo di questa Regione. "C'è boicottaggio politico - dice il Presidente - lo penso ma non lo dico". Presidente, lo pensi e lo dica, c'è un attacco politico violento contro la Sardegna, contro questa Regione e, io immagino, anche contro parti del Governo di questa Regione. Bisogna avere la capacità di reagire a tutto questo, di respingere il boicottaggio e l'attacco, di reagire con forza e con dignità. Ecco perché ritengo che la replica, della Giunta sia debole, che vada aggiornata, che vada irrobustita e innervata, che diventi una posizione politica condivisibile dal Consiglio. Allo stato delle cose non lo è, per questo dichiaro tutta la mia insoddisfazione. Dico allo stato delle cose, pensando che ci sia possibilità di maggiore riflessione ed anche di migliori proposte e capacità di azione da parte della Giunta.

PRESIDENTE. E' stato presentato l'ordine del giorno numero 2. Se ne dia lettura.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria:

Ordine del giorno Tamponi - Dadea - Fadda Antonio sulla vertenza Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

A conclusione della discussione delle mozioni riguardanti l'andamento della vertenza Sardegna,

PREMESSO che l'insieme delle questioni decise dal Consiglio regionale in data 19 marzo 1993 e contenute nell'ordine del giorno-voto non hanno avuto alcun effetto pratico,

impegna la Giunta regionale

a) a proporre al Consiglio nei tempi più brevi possibili, iniziative concrete tese al raggiungimento di alcuni obiettivi prioritari;

b) a proseguire il confronto con il Governo e con il Parlamento per dare concreta attuazione ai contenuti dell'ordine del giorno-voto del 19 marzo 1993;

c) a proporre ipotesi di intervento nei principali settori di crisi delle produzioni ritenute economicamente valide nel contesto delle strategie di sviluppo;

d) a predisporre un programma realistico di interventi straordinari per ridurre la disoccupazione ed impiegare i lavoratori in C.I.G.;

e) a prevedere una finalizzazione delle risorse del bilancio regionale indirizzate prioritariamente agli obiettivi di cui ai punti b) e c). (2)

PRESIDENTE. In sede di replica, ha facoltà di parlare l'onorevole Tamponi, firmatario della mozione numero 131.

TAMPONI (D.C.). Mi dichiaro soddisfatto.

PRESIDENTE. In sede di replica, ha facoltà di parlare l'onorevole Ruggeri, firmatario della mozione numero 132.

RUGGERI (P.D.S.). Signor Presidente, colleghi, condivido gran parte della discussione che si è sviluppata questo pomeriggio, che nasce appunto dalla presentazione delle mozioni. Resta però in me una preoccupazione foltissima; mi sembra che la discussione che si è sviluppata stasera sia in qualche modo fortemente sbilanciata, rispetto ad un situazione più complessiva che non riguarda solo il sistema industriale delle partecipazioni statali, che non riguarda soltanto la verifica della vertenza con il Governo. Il Consiglio, il Governo regionale devono rapidamente, nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, decidere interventi a favore della piccola e media impresa. Non so se a voi sia sfuggito, ma ieri per la prima volta è stato stipulato un accordo tra l'Associazione delle piccole e medie imprese e il Banco di Sardegna. Non so quale esito avrà questo accordo, che prevede una anticipazione al sistema delle piccole imprese per il pagamento della quattordicesima; ma questo fatto dà la dimensione della difficoltà e del livello di indebitamento del sistema delle piccole e medie imprese sarde.

Significa una cosa molto semplice, badate, se il Consiglio regionale nelle prossime settimane si affretterà, come sarebbe giusto in altri momenti, ma non credo in questa fase, a chiudere i lavori per iniziare la pausa estiva, noi rischieremo, e il Presidente della Giunta sa benissimo che cosa sto dicendo, di contribuire indirettamente alla sparizione non soltanto dei posti dell'Enichem di Macchiareddu e Porto Torres, ma rischieremo di far sparire centinaia di posti di lavoro, perché siamo ormai arrivati al limite delle nostre possibilità di intervento.

Il che vuol dire che questo Consiglio regionale, rapidamente, deve rispondere ad un impegno assunto quando noi modificammo l'articolo della legge numero 268 che suscitò tanti problemi in quest'Aula, a proposito dell'intervento in conto occupazione. Ancora non so se da parte del CIPE sia stata data una risposta positiva a questo provvedimento, il che aggiunge un'altra difficoltà. Se noi, entro questo mese, non approviamo le modifiche alla legge numero 66 che consente la duplicazione, la modifica alla legge numero 44 che consente un'estensione del consolidamento in un arco di tempo superiore, se non realizziamo quello che abbiamo detto nelle settimane scorse, e cioè la costituzione di un fondo in conto commesse, noi siamo di fronte a una situazione davvero disastrosa. Quindi, resistere nei confronti del Governo va bene. Il Presidente stasera ci ha informato di un'iniziativa che io condivido, cioè quella di avviare un confronto con le regioni interessate dagli insediamenti chimici, quindi la Sardegna, la Sicilia, le Puglie, l'Emilia e il Veneto, capace di superare antichi contrasti. Non dobbiamo dimenticare che la storia di queste regioni è anche una storia di contrasti, di gelosie, di difesa del proprio orticello, convinti che difendere Porto Marghera significasse realizzare lì il polo chimico nazionale. Poi non è andata così né per Marghera, né per Brindisi, né per Priolo, né tanto meno per Ravenna. La situazione di incertezza è in tutti questi impianti, perché non c'è una strategia del nostro Governo, per quanto riguarda questo settore fondamentale per la nostra economia. Eppure, badate, l'altro giorno è accaduto un fatto importante nel nostro Paese, che io voglio sottolineare anche se senza illusioni, che dimostra però che quando c'è un'azione incalzante, quando si crede nelle cose si ottengono dei risultati. L'Italia, l'altro giorno, nel mare Adriatico, realizzando una piattaforma per l'estrazione del petrolio, ha sperimentato una tecnologia unica al mondo almeno in questa fase, perché non si è mai estratto petrolio in territorio italiano a 850 metri di profondità; è la prima volta che si sperimenta una tecnologia di questo genere che apre una speranza. Se i dati dell'altro giorno troveranno conferma, questo significa che l'Italia è in grado, almeno in quel pezzo di mare in cui sono state fatte le ricerche, di produrre, almeno per i calcoli già fatti, tanto petrolio quanto ne consuma il nostro Paese in un anno. Si dice anche che il guadagno è di circa il 30 per cento, uno dei dati più interessanti per quanto riguarda i risultati di bilancio dell'azienda Italia. Ho voluto citare quest'episodio non perché questo rappresenti una sorta di miraggio, una sorta di svolta economica nel Paese, ma perché è la dimostrazione che in questo Paese ci sono le intelligenze, il problema è che forse oggi vi è molta distrazione da parte del potere politico e forse anche calcoli, che ovviamente il tempo stasera non mi consente, seppure velocemente, di illustrare. Allora, signor Presidente, io condivido quest'iniziativa, ma non deve limitarsi solo alla chimica, non deve limitarsi solo a un problema; proprio perché c'è un'assenza del Governo non solo nel settore della chimica, ma anche in tanti altri settori dello sviluppo. Noi dobbiamo anche in questi giorni, anche in queste settimane, anche alla vigilia delle ferie, non sospendere la trattativa, non sospendere il confronto.

Dobbiamo, lo dico responsabilmente, saper rinunciare anche a una parte delle ferie e dedicarci, anche nel mese di agosto, a lavorare, proprio perché la nostra presenza è fondamentale per evitare che si ingeneri quella sfiducia, che stamattina devo dire ho riscontrato anche fisicamente, la gente sta arrivando alla disperazione totale. Questa azione non può essere interrotta, va tenuta in piedi anche settimanalmente. Può darsi che diventiamo persino noiosi, però l'essere sul campo, con continuità, con una certa insistenza, dà anche la certezza che, in momenti come questi, noi davvero sappiamo svolgere pienamente il nostro compito, a partire dalle cose che spettano a questo Consiglio, che spettano a questa Regione, perché noi avremo fatto nei confronti del Governo centrale il nostro dovere se in queste prossime settimane sapremo produrre quei provvedimenti che aiuteranno una parte non indifferente del nostro tessuto industriale, della piccola e media impresa, che manifesta tutte quelle difficoltà che all'inizio ho rappresentato.

PRESIDENTE. In sede di replica, ha facoltà di parlare l'onorevole Ortu, firmatario della mozione numero 133.

ORTU (P.S.d'Az.). Per esprimere brevemente tutta la nostra profonda insoddisfazione per le dichiarazioni rese dal Presidente della Giunta. La crisi, onorevole Presidente, non è solo dell'industria; certo, la crisi dell'industria in Sardegna è parte rilevante e devastante dell'economia nostra, ma è un aspetto, direi, della crisi generale in ogni settore della produzione; dalla zootecnica all'agricoltura, all'artigianato, tutto è in dissesto. Ma 1a crisi è una crisi innanzitutto di valori, è una crisi del sistema politico. Lei attende nuovi scenari, onorevole Presidente, per poter riprendere un dialogo con le forze politiche, con il Governo d'oltre mare. Oggi non ci sono referenti, non ci sono punti di riferimento precisi a cui rifarsi, e questo purtroppo è anche vero, ma a noi non piace. La proposta di attendere, attendere questi nuovi scenari in una posizione passiva, in una posizione di attesa, quasi in atteggiamento da subalterni, attendere che gli altri assumano le decisioni e ci dicano su quali vie camminare, quali percorsi intraprendere, questa per noi è una politica che non può essere da noi accettata, la politica della rassegnazione, forse anche la politica del pianto, ma non la politica della ribellione, non la politica di soggetti attivi che vogliono disegnare con gli altri i nuovi scenari nei quali collocarsi per vivere la nostra vita economica, la nostra vita sociale. E' una proposta, pertanto, che riteniamo improponibile, una proposta non accettabile, soprattutto da chi è allo stremo delle risorse umane, allo stremo di ogni risorsa di vita. Con queste proposte, certamente non si riesce a mobilitare un popolo; con atteggiamenti rinunciatari, noi rinunciamo a quella lotta che lei stesso, Presidente, aveva indicato, una battaglia quasi campale con il Governo e con lo Stato. Si depongono le armi e non si vuol combattere. Lei sarebbe un buon Presidente, per tempi di pace, onorevole Presidente, lei sarebbe un buon Presidente per tempi di normalità, per tempi di guerra lei non è un buon generale, non riesce a trascinare le truppe con sé. Il popolo, su queste posizioni e con queste proposte, non può seguirla. Pensavo che il Presidente, fallito un percorso, fosse impegnato ad individuarne un altro più valido, più efficace per chiedere di seguirlo, questo non ha fatto. Bisogna, adagiarsi, bisogna attendere e aspettare che nuovi scenari si disegnino nell'orizzonte politico. La gente invece attende una guida politica per conquistare scenari diversi e più alti. Invece no, impassibile si siede, si adagia e attende, sapevamo sinora di un Cabras volitivo, deciso, grintoso, oggi abbiamo un Cabras invece che non ha più slancio, che ha rinunciato alla lotta, un Cabras temporeggiatore. Un'azione forte per conquistare tutti i poteri di autogoverno che ci consentano di fare da noi, questo dovrebbe essere uno dei compiti immediati del Presidente, del Governo della Sardegna, di questo Consiglio nel momento in cui si vanno disegnando quegli scenari nuovi che noi vogliamo costruire con le nostre mani e non lasciare che siano gli altri a costruirceli. Individuare e ricercare le risorse, immediatamente, nell'ambito delle finanze regionali e altrove, per impegnarle in azioni costruttive, in azioni produttive che diano la possibilità di restituire i quattrini, le risorse che ci verranno prestate.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa a discussione delle mozioni. Le mozioni numero 126, 131, 132 e 133 vengono ritirate dai presentatori.

Per illustrare l'ordine del giorno numero 1 ha facoltà di parlare l'onorevole Cogodi.

COGODI (Rinascita e Sardismo). L'ordine del giorno è semplice, non ritengo necessario illustrarlo. Voglio invece fare una dichiarazione di voto. Personalmente ritengo che i due ordini del giorno potrebbero anche essere approvati entrambi, perché l'ordine del giorno della maggioranza in realtà altro non fa che prendere una parte dell'ordine del giorno dell'opposizione, quindi del punto di vista dell'opposizione. Dal punto di vista mia personale e, per quanto posso rappresentare e rappresento, del Gruppo consiliare Rinascita e Sardismo, potremmo anche votare a favore di entrambi gli ordini del giorno, anche perché, questo voglio aggiungere, non vogliamo perdere, come dire, il gusto, la soddisfazione, di votare e quindi di vedere approvato dal Consiglio regionale un passaggio politico dell'ordine del giorno numero 2, là dove si premette che l'insieme delle questioni decise dal Consiglio regionale, con l'ordine del giorno-voto del 19 marzo 1993, non ha avuto alcun effetto pratico.

Se le cose decise dal Consiglio regionale quattro mesi fa, dopo mesi di vertenza Sardegna e di applicazione indefessa - dice la Giunta - nel rivendicare dallo Stato, nell'incontrare Ministri, nel viaggiare a Roma, non hanno avuto alcun effetto pratico, io questo passaggio lo voglio votare insieme alla maggioranza del Consiglio, perché sia decisione del Consiglio, perché è chiaro ed evidente che è una valutazione politica che il Consiglio fa. La Giunta ieri è stata verificata dai partiti ed è stata promossa, oggi viene verificata dal Consiglio e viene bocciata perché chi in un quadrimestre, cioè metà anno scolastico, non ha proprio prodotto nulla, alcun effetto pratico, io non credo che possa essere promosso, in ogni caso…

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. Al secondo quadrimestre si può rimediare, una volta ci sono riuscito.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Ma questo è già il secondo quadrimestre. Questa Giunta coincide con l'anno scolastico, il primo quadrimestre se lo è bruciato imparando, scrutando e conoscendo la situazione; il secondo, che era quello dell'applicazione - gli esami sono adesso, Presidente - il secondo non ha prodotto nulla.

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. L'anno scolastico è iniziato a gennaio.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Non è la metafora che vale e che decide; è il giudizio politico. L'ordine del giorno della maggioranza riprende una parte; il giudizio politico è condiviso pare da tutto il Consiglio, perché tra l'opposizione e la maggioranza, su questo giudizio c'è una convergenza sugli ordini del giorno, quindi questo è un giudizio quasi unanime del Consiglio, tolta la destra estrema, quindi è un giudizio rilevante, che ha il suo valore. La Giunta se vorrà ne terrà conto, se in trincea ci sarà un barlume di luce, se si potrà leggere un ordine del giorno, se non è proprio molto profonda quella trincea dove la Giunta ritiene di ripararsi per un anno.

Spiace constatare, invece, che la maggioranza non condivide la seconda parte dell'ordine del giorno, perché proprio la seconda parte dell'ordine del giorno è la più interessante sul piano politico e forse quella che meno contiene giudizi sulla Giunta, perché la seconda parte dell'ordine del giorno dice un'altra cosa, che mi pareva e mi pare condivisibile: che qualora la Giunta, in questa sua applicazione, seppure tardiva, nel trovare soluzioni da proporre al Consiglio, visto che finora la sua azione non ha prodotto alcun effetto pratico, incontrasse delle difficoltà - per manifestata impossibilità, non incapacità, non cattiva volontà, impossibilità cioè per la presenza di impedimenti materiali: vincoli di bilanci, atti di programmazione, legislazione imperfetta - qualora la Giunta incontrasse materiali difficoltà, cioè fosse messa nell'impossibilità di perseguire, con gli strumenti di cui dispone, gli obiettivi che vorrebbe proporre al Consiglio, il Consiglio dice: torniamo in Consiglio, approfondiamo le questioni e l'Assemblea legislativa aiuti la Giunta a rimuovere queste difficoltà, cioè elabori proposte, rimuova ostacoli, modifichi bilanci, adegui atti di programmazione, migliori leggi, cioè faccia tutto quello che la Giunta ritiene essere causa di impossibilità nel procedere, cioè tolga i massi dai binari; se la Giunta vuole però percorrere quei binari, cioè se vuole andare avanti.

Quindi, non ho capito perché la seconda parte dell'ordine del giorno viene censurata e cassata dalla maggioranza; questa parte si propone di dare alla Giunta stessa la possibilità di un'introduzione diretta col Consiglio, cioè di una attenzione straordinaria per le cose che si sono dette, per le cose che hanno detto molti colleghi, per le cose che ha detto da ultimo il collega Ruggeri sulla necessità di adeguare leggi che sono necessarie e indispensabili per soccorrere o comunque per sostenere le attività produttive soprattutto piccole e medie. Perché la maggioranza non vuole che la Giunta possa avere questo se ha una idea, se ha una proposta che vuole sorreggere con una migliore strumentazione approvata dal Consiglio regionale? Questo non si comprende; secondo me, c'è qualche area di riserva mentale che ha indotto la maggioranza, non si capisce perché, ad evitare dell'ordine del giorno proposto proprio la parte più propositiva e positiva e invece a fare proprio il giudizio politico negativo. Evidentemente questa maggioranza vuole dare un giudizio negativo della Giunta però non vuole fare nulla per superare questa situazione. Questo sarebbe il risultato matematico, meccanico di questa operazione.

(Interruzioni)

Logica non ce n'è; è tutto illogico quello che è accaduto con questa distinzione in due parti dell'ordine del giorno, ragione per cui io ritengo che voterò, e inviterei i colleghi a votare tutti e due gli ordini del giorno, perché davvero non li ritengo incompatibili l'uno con l'altro, si integrano e semmai, ripeto, una volta che si saranno dati i chiarimenti che si devono dare…

(Interruzioni)

Le mozioni di sfiducia non si fanno così; le mozioni di sfiducia, soprattutto quando c'è molta distrazione, è meglio scriverle in stampatello in modo che uno capisca e veda bene che è sfiducia, però è un giudizio politico abbastanza critico quello che è contenuto nell'ordine del giorno. Per il resto io ritengo che si possa ricomporre il quadro generale e che gli ordini del giorno si possano votare entrambi, modificando, se si vuole la prima parte dell'ordine del giorno numero 1, perché il termine di dieci giorni può apparire eccessivamente vincolante. Si può adottare come prima parte quella dell'ordine del giorno numero 2, lasciando però l'impegno per il Consiglio ad essere disponibile ad una attenzione e mobilitazione straordinaria sulle proposte eventuali della Giunta. Io creo che in questo modo si possa anche raggiungere un risultato positivo nell'insieme.

PRESIDENTE. Per esprimere il parere della Giunta ha facoltà di parlare l'onorevole Presidente della Giunta.

CABRAS (P.S.I.), Presidente della Giunta. Sulla base dell'intervento dell'onorevole Cogodi sull'ordine del giorno numero 1, che manifesta la volontà di modificare la parte dispositiva del primo ordine del giorno, rendendola analoga all'ordine del giorno numero 2, la Giunta propone di votare l'ordine del giorno numero 1 per parti. Dichiara di accogliere i punti a) e b) ovviamente correggendo le parole "entro dieci giorni", in "nei tempi più brevi possibili", così come proposto nell'ordine del giorno numero 2, perché effettivamente le due cose sono coincidenti. Accoglie invece per intero l'ordine del giorno numero 2.

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta ha proposto di accogliere i punti a) e b) dell'ordine del giorno numero 1.

Ha domandato di parlare l'onorevole Ortu. Ne ha facoltà.

ORTU (P.S.d'Az.). A nome dei presentatori dell'ordine del giorno numero 1 dichiaro di non accogliere le proposte dell'onorevole Cabras.

PRESIDENTE. Metto in votazione i due ordini del giorno a partire dal numero 1.

Ha domandato di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (MSI-D.N.). Io sono abbastanza d'accordo con l'onorevole Cogodi quando dice che questi…

USAI SANDRO (D.C.). Addio!

PORCU (M.S.I.-D.N.). Abbiate pazienza, aspettate… quando dice che questi ordini del giorno sono simili ed è proprio per questo che non voterò né l'uno né l'altro, perché mi sembra che nella loro similitudine, appunto, non siano rispondenti alla situazione tragica, che è stata delineata qua in quest'Aula. Io approfitto di questa mia dichiarazione di voto per dire al Presidente della Giunta, della cui personale intelligenza sono uno dei più strenui assertori in quest'Aula e fuori, che mi hanno colpito due passaggi della sua replica, il primo è l'accenno al Governo dei professori, che si è insediato Roma e che appunto per essere Governo dei professori è un Governo un po' sordo a determinate istanze di carattere sociale che vengono anche da una zona grandemente limitata come la Sardegna. E questo ci lascerebbe il campo aperto per un'analisi di quello che sta avvenendo nella società italiana di oggi e per dire che forse il linguaggio che noi usiamo anche in quest'Aula, in queste circostanze, è totalmente inadeguato, è vecchio, è preistorico rispetto alla realtà sociale, economica e politica che si sta delineando nel corpo di questa nazione. Si parla tanto di privatizzazioni, di sviluppo economico nuovo, di modelli più o meno americani, cari colleghi, tutte cose sulle quali noi, io personalmente, ho avuto sempre una grande diffidenza, e voi siete testimoni tutti della nostra diffidenza verso questo nuovo, che tante volte qualcuno ha voluto mitizzare oltre il lecito.

Però, voglio dire che questa è una realtà che esiste, e forse adesso noi ci troviamo a pagare un amaro prezzo per non averlo prima preveduto questa evoluzione sociale, economica e politica con la quale dobbiamo fare i conti.

Adesso noi chiediamo allo Stato di intervenire in nostra difesa, di salvare i posti di lavoro e di salvare le imprese in Sardegna. Ma quale Stato, colleghi del Consiglio, se lo Stato ha deciso di vendere tutto, di privatizzare? Da quell'orecchio, purtroppo, non ci vuole più sentire; il nostro ritardo è un ritardo culturale, onorevoli colleghi, che non si può risolvere con gli ordini del giorno, più o meno unitari, perché noi usiamo un linguaggio vecchio. E questo mi riporta alla seconda osservazione del suo intervento, che mi ha colpito, onorevole Presidente, lei ha detto che sono passati trent'anni esatti dal primo esperimento di industrializzazione della Sardegna, dagli anni '60 che tanto promisero ai sardi e che poco hanno mantenuto. Ebbene, trent'anni noi li abbiamo sprecati, onorevoli colleghi, generazioni di politici li hanno sprecati questi trent'anni, stiamo pagando gli errori di trent'anni perché non abbiamo voluto capire che quel modello industriale forse non era adatto alla Sardegna; e certamente ci sono delle responsabilità politiche in questo senso. Tutti in quest'Aula, maggioranza e opposizione, salvo forse la mia parte politica, si devono addossare le responsabilità che hanno avuto, perché negli anni '60 c'erano determinate Giunte, negli anni '70 hanno continuato queste Giunte e negli anni '80 pure, e siamo arrivati agli anni '90 ed è sempre la stessa minestra. Non è cambiato niente, lo stesso panorama politico che ha gestito prima e che sta continuando a gestire adesso. E allora cosa vuole dire questo? Vuol dire che forse quello che deve fare la Giunta non è rinverdire i fasti che non esistono più, semmai sono esistiti, dei sardi queruli che andavano a chiedere a Roma, che sono andati sempre a chiedere a Roma. Forse, non vi sembri ironia, onorevoli colleghi del Partito Sardo d'Azione, è arrivato il momento di dire che gli errori maggiori li abbiamo commessi qua in Sardegna, che siamo noi che non abbiamo capito niente, che è questa classe politica sarda che si deve assumere le sue responsabilità, che è una classe politica che si arrocca ancora una volta in difesa di situazioni e interessi che non sono difendibili.

Presidente, io ho quasi finito, vorrei dire che il nostro modello di sviluppo deve essere diverso, il nostro modello di azione deve essere diverso. Colleghi del Consiglio, è venuta qua, tre giorni fa, in visita in Sardegna la regina d'Olanda, Giuliana, che ha scelto la Sardegna come meta delle sue ferie estive, che ha scelto la nostra isola. Questo forse non significa niente sul modello di sviluppo che potevamo avere, che non abbiamo scelto e di decisioni di cui stiamo pagando ancora le conseguenze?

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'onorevole Ortu. Ne ha facoltà.

ORTU (P.S.d'Az.). Chiedo la votazione per appello nominale.

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 96 del Regolamento del Consiglio regionale questa richiesta deve essere fatta da otto consiglieri.

(Otto consiglieri si levano in piedi)

Votazione per appello nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione per appello nominale dell'ordine del giorno numero 1.

Coloro i quali sono favorevoli risponderanno sì; coloro i quali sono contrari risponderanno no. Estraggo a sorte il nome del consigliere dal quale avrà inizio l'appello nominale. (E' estratto il numero 31 corrispondente al nome del consigliere Lorelli.) Prego il consigliere Segretario di procedere all'appello iniziando dal consigliere Lorelli.

PORCU, Segretario, procede all'appello.

Rispondono sì i consiglieri: Meloni - Ortu - Planetta - Serrenti - Urraci - Cogodi - Demontis.

Rispondono no i consiglieri: Lorelli - Lorettu - Manca - Manchinu - Mulas Franco Mariano - Mulas Maria Giovanna - Muledda - Pes - Pubusa - Ruggeri - Satta Gabriele - Scano - Sechi - Serra - Serra Pintus - Serri - Tamponi - Tidu - Usai Sandro - Cabras - Casu - Corda - Cuccu - Dadea - Degortes - Deiana - Dettori - Erittu - Fadda Antonio - Ferrari - Ladu Leonardo.

Si è astenuto il consigliere Porcu.

PRESIDENTE. Poiché nella votazione dell'ordine del giorno numero 1 sono presenti 39 consiglieri e non si è raggiunto il numero legale prescritto per la validità della votazione, la dichiaro non valida e sospendo la seduta per un'ora.

La seduta riprenderà alle ore 23 e 19.

(La seduta, sospesa alle ore 22 e 20, viene ripresa alle ore 23 e 23.)

Votazione per appello nominale

PRESIDENTE. Siamo in fase di votazione dell'ordine del giorno numero 1, per appello nominale.

Prego i Segretari di procedere alla chiama dal numero 31, corrispondente al nome del consigliere Lorelli.

MULAS MARIA GIOVANNA, Segretaria, procede all'appello.

Rispondono sì i consiglieri: Ortu - Planetta - Cogodi.

Rispondono no i consiglieri: Lorettu - Manca - Manchinu - Mannoni - Mulas Franco Mariano - Mulas Maria Giovanna - Muledda - Oppi - Pes - Ruggeri - Sanna - Sardu - Satta Gabriele - Scano - Sechi - Selis - Serra - Serra Pintus - Serri - Soro - Tamponi - Tidu - Usai Sandro - Atzeni - Cabras - Casu - Corda - Cuccu - Dadea - Deiana - Dettori - Erittu - Fadda Antonio - Ferrari - Ladu Leonardo.

Si è astenuto il consigliere Porcu.

PRESIDENTE. Poiché alla seconda votazione sono presenti solo 39 consiglieri e considerato che non si è conseguito il numero prescritto per la validità della votazione, la dichiaro non valida.

Ha domandato di parlare l'onorevole Dadea. Ne ha facoltà.

DADEA (P.D.S.). Presidente, solo per chiedere se il conteggio dei presenti in aula abbia tenuto conto delle disposizioni che sono contenute nel Regolamento interno, ai sensi dell'articolo 57, comma 8, che dice che i consiglieri che sono presenti in aula e che non partecipano comunque alla votazione, si considerano astenuti, quindi sono considerati agli effetti del computo del numero legale.

PRESIDENTE. Abbiamo considerato i consiglieri presenti nell'emiciclo.

Ha domandato di parlare l'onorevole Tamponi. Ne ha facoltà.

TAMPONI (D.C.). Presidente, volevo dire che mi è sembrato di aver capito che in aula erano presenti 39 consiglieri, che abbiano votato 38 essendosi astenuto 1. Sembrerebbe invece che in aula ci fossero altri consiglieri che, sembrerebbe, non abbiano votato e non si siano astenuti.

PRESIDENTE. Onorevole Tamponi, le ripeto che abbiamo considerato i consiglieri presenti nell'emiciclo. Convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Sospendo la seduta per cinque minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 23 e 41, viene ripresa alle ore 23 e 47.)

PRESIDENTE. Comunico che i lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina alle ore 12 con lo stesso punto all'ordine del giorno.

Ha domandato di parlare l'onorevole Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.S.). Signor Presidente, è accaduto un fato gravissimo in quest'aula. Non so se ci siano precedenti, ma certamente su un argomento di questo genere io non mi sarei aspetto una chiusura di questo tipo, e un disimpegno così massiccio; le chiedo, signor Presidente, che domani siano pubblicati i nomi dei consiglieri assenti e che non siano giustificati. Io non ci sto, lo dico con molta fermezza e anche con rammarico, ad essere confuso in un indistinto attacco alle istituzioni, al Consiglio regionale che non si occupa dei problemi della gente.

PRESIDENTE. I partecipanti alla votazione risultano dal processo verbale del quale si dà lettura all'inizio della seduta. Domani mattina alle ore 12 si darà lettura del processo verbale e gli atti del Consiglio sono pubblici, come i consiglieri sanno.

CUCCU (P.D.S.). Bisogna che la gente sappia perché è accaduto questo.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'onorevole Cogodi. Ne ha facoltà.

COGODI (Rinascita e Sardismo). Sullo stesso argomento per dire che l'opposizione ha chiesto il voto per appello nominale proprio perché risultasse certificato non solo il numero ma anche quali consiglieri erano presenti e quali erano assenti, perché nel corso di tutta la seduta odierna si è verificata una presenza in aula che ha oscillato fra i 18 e i 26 presenti, mentre il Consiglio discuteva argomenti di estrema rilevanza. Riteniamo che sia diritto della minoranza, diritto dei singoli consiglieri utilizzare tutte le norme del Regolamento, e che l'unica cosa grave sul piano politico sia che la maggioranza, una maggioranza peraltro molto larga, non sia in condizioni di garantire la maggioranza stessa e che sia diritto di ogni consigliere partecipare al voto votando positivamente o negativamente o di non partecipare al voto. La gente lo deve sapere, la gente deve sapere tutto, e lo strumento perché la gente sappia sono i verbali del Consiglio regionale, dove risultano non soli i numeri ma anche i nomi e la sequenza dello svolgimento della riunione del Consiglio regionale per tutta la giornata.

PRESIDENTE. La seduta è aggiornata a domani alle ore 12.

La seduta è tolta alle ore 23 e 51.