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Resoconto della seduta n. 235 del 05/05/1993

CCXXXV SEDUTA

(ANTIMERIDIANA)

MERCOLEDI' 5 MAGGIO 1993

Presidenza del Presidente FLORIS

indi

del Vicepresidente SERRENTI

INDICE

Mozione Scano - Amadu - Baghino - Carusillo - Casu - Cocco - Corda - Cuccu - Dadea - Deiana - Dettori - Erittu - Fadda Paolo - Fantola - Giagu - Ladu Leonardo - Lorelli - Lorettu - Manca - Salis - Marteddu - Mulas Francesco - Mulas Maria Giovanna - Morittu - Murgia - Onida - Pes - Porcu - Pubusa - Puligheddu - Ruggeri - Satta Gabriele - Sardu - Selis - Serra Pintus - Serri - Soro -Tamponi - Tidu - Usai Edoardo - Zucca sulla necessità di trasparenza circa l'appartenenza ad associazioni che svolgono attività di carattere politico, culturale, assistenziale o di promozione economica e l'eventuale affiliazione alla Massoneria (117). (Continuazione della discussione generale):

MURGIA ................................

PORCU....................................

MULAS MARIA GIOVANNA

PUBUSA .................................

ORTU ......................................

DADEA ..................................

TAMPONI ..............................

La seduta è aperta alle ore 10 e 01.

PORCU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana di giovedì 22 aprile 1993, che è approvato.

PRESIDENTE. Poiché non è presente alcun componente della Giunta, sospendo la seduta per dieci minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 03, viene ripresa alle ore 10 e 18.)

Continuazione della discussione della mozione Scano - Amadu - Baghino - Carusillo - Casu - Cocco - Corda - Cuccu - Dadea - Deiana - Dettori - Erittu - Fadda Paolo - Fantola - Giagu - Ladu Leonardo - Lorelli - Lorettu - Manca - Salis - Marteddu - Mulas Francesco - Mulas Maria Giovanna - Morittu - Murgia - Onida - Pes - Porcu - Pubusa - Puligheddu - Ruggeri - Satta Gabriele - Sardu - Selis - Serra Pintus - Serri - Soro -Tamponi - Tidu - Usai Edoardo - Zucca sulla necessitàdi trasparenza circa l'appartenenza ad associazioni che svolgono attivitàdi carattere politico, culturale, assistenziale o di promozione economica e l'eventuale affiliazione alla Massoneria (117)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione della mozione numero 117.

E' iscritto a parlare l'onorevole Murgia. Ne ha facoltà

MURGIA (Rinascita e Sardismo). Onorevole Presidente e colleghi, ho ritenuto doveroso intervenire, e lo farò brevemente, in questo dibattito soprattutto per spiegare il motivo per cui ho sottoscritto la mozione oggi in discussione. Nel dicembre 1992 quando la stessa fu presentata, sembrava quasi che firmare la mozione fosse necessario per non risultare massone agli occhi dell'opinione pubblica. Non firmare la mozione - io appartenevo al Gruppo sardista e firmatario della mozione era il solo consigliere collega Piero Marras - sembrava quasi la dimostrazione dell'appartenenza a una qualsiasi delle logge, per cui, soprattutto per precisare la mia posizione, ho ritenuto utile e doveroso firmare pur non condividendo completamente la stessa. Premesso che l'unica loggia che conosco e a cui appartengo e "Sa lolla campidanesa" per cui non sono sicuramente uno dei due consiglieri regionali iscritti alla massoneria, intervengo cercando di dare il mio contributo. Un dibattito analogo qualche anno fa si è svolto nel consiglio comunale di Cagliari. Il fatto di aver sottoscritto la mozione mi ha quantomeno suggerito un approfondimento del problema e quindi una lettura della storia della massoneria italiana di Aldo Mola, un libro di spessore non solo per il numero delle pagine, indubbiamente un libro di grande interesse che mi ha aiutato e reso più consapevole, una lettura dovuta, quale atto di responsabilità, nel mio caso di umiltà, per sfuggire alla superficialità su un tema non so quanto attinente ai problemi della Sardegna. Ormai in quest'Aula disquisire sui massimi sistemi sta diventando sempre più uno sterile esercizio e anche questa volta mi sembra che corriamo questo rischio.

La mozione in discussione oggi si è caricata, lungo il suo percorso, di molti significati e di molte valenze che mi pare travalichino le intenzioni di chi la sottoscrisse nel dicembre dello scorso anno. Di certo hanno trasceso le mie, soprattutto se si tiene conto degli ultimi avvenimenti, io mi rifaccio ovviamente alle vicende che hanno determinato una scissione nella stessa massoneria. Tutto vorrei tranne che essere messo sul podio del pubblico ministero, per uno di quei processi alla massoneria in quanto tale, che da secoli vedono accomunati zarismo e stalinismo, fascismo e nazismo. Il fatto che io non sia massone, che non senta alcun impulso ad avvicinarmi alle logge, non può né deve spingermi a prendere parte ad una santa crociata contro chi invece sente quell'impulso e quello stimolo. Tra l'altro a me sembra che, se questa crociata dovesse risultare lo sbocco del nostro dibattito, ripercorreremmo vecchie strade calcate ogni volta che società consolidate entrano in crisi. La tentazione di non capire da dove nasca una crisi e di dare responsabilità alla massoneria, perché di massoneria in questa mozione sostanzialmente si parla, ha pervaso la storia di questi ultimi secoli, trasformandosi in alibi per le peggiori avventure totalitarie dell'Europa, così che nel 1925 fu messa al bando dal fascismo in Italia, dal nazismo nel 1935, dal franchismo nel 1939 e fu soppressa dal regime stanilista, almeno in questo d'accordo con il precedente regime zarista. Naturalmente le cose non migliorano né per la gente né per il potere con questa messa al bando a dimostrazione se non altro dell'inutilità di provvedimenti simili. Nella nostra mozione non c'è naturalmente traccia di questa voglia di roghi; si pone un altro problema che è quello della trasparenza circa l'appartenenza alla massoneria e ad altre associazioni più o meno affini, ma non c'è dubbio che alcune circostanze, solo parzialmente derivate dalla crisi profonda della società sarda, hanno concorso ad affidare alla nostra mozione valenze più ampie. C'è per esempio una curiosità difficilmente valutabile intorno al nome dei massoni che, come indichiamo nel documento, stanno dentro questa istituzione. Se questa conoscenza risponde al sacrosanto bisogno di adottare regole scrupolose di trasparenza, come ulteriore contributo al superamento della crisi di credibilità delle istituzioni, noi faremo con la nostra richiesta una cosa buona. Se invece questa dovesse servire come alibi per chi in Sardegna ha ridotto quasi allo zero tale credibilità, noi avremmo compiuto un passo sbagliato. Io non so se davvero la massoneria sarda, nella quale hanno militato alcuni artefici dell'autonomia - io potrei fare i nomi da Bellieni a Mastino, a Simon Mossa, e potrei proseguire - quindi alcuni padri della stessa idea del sardismo, sia corresponsabile del degrado dell'istituzione autonomistica. Se qualcuno ha la possibilità di documentare questo fatto, non sarò certo io ad esprimere scetticismo ma so che la costruzione dell'autonomia è frutto di un quarantennio di subalternità delle classi dirigenti isolane alle loro omologhe italiane in un patto di solidarietà tra esse ben più che massonico. Ed è per questa consunzione, per questo degrado che ha ridotto vicino allo zero la credibilità della nostra istituzione più alta, nel nome della subalternità e della solidarietà tra le due classi dirigenti, italiana e sarda, coloniale e compradora,che si sono commesse le maggiori nefandezze nella nostra terra e non solo dal 1948 ad oggi, né le nuove classi dirigenti si sono comportate meglio in tempi più vicini a noi.

Ha avuto un ruolo la massoneria nel disegno che portò alla industrializzazione monoculturale della Sardegna? Ne ha avuto nel disegno che oggi, attraverso la legge sui parchi, parlo di quella italiana, tenta di illudere i sardi sulla bontà di un'altra monocoltura, quella turistica e ambientale, magari con l'esproprio del loro territorio? Ne ha avuto nel disegno di chi con miserevole piaggeria ha tentato di passare l'operazione "Forza Paris" come un possibile modello di sviluppo? Se parliamo di credibilità perduta è in quest'ordine di questioni che dobbiamo andare a scavare, per dare la possibilità alle istituzioni sarde di dare un colpo di schiena deciso, altrimenti la massoneria rischia di diventare ciò che dicevo all'inizio, un alibi non credibile se non per chi, per scelta ideologica o per paura dell'ignoto, è disponibile a partecipare alla caccia all'untore. Con questo io non voglio negare che la massoneria, al pari però di altre associazioni, inclusi certi partiti, non abbia dato luogo a temibili degenerazioni. Su questo bisogna indagare e colpire senza ritegno così come per altro la magistratura sta operando. Si proceda pure sulla strada indicata dalla mozione, si chieda a tutti i soggetti che abbiamo indicato una dichiarazione di appartenenza e agli organi direttivi della massoneria sarda la pubblicazione degli elenchi degli affiliati. Questa operazione di trasparenza è o può essere un buon passo per aprire la via alla credibilità e alla affidabilità delle istituzioni, ma a nessuno venga in mente di dare a una tale operazione valenze diverse.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (M.S.I.-D.N.). Signor Presidente, colleghi e colleghe del Consiglio regionale, si dice che in Italia sia in atto una rivoluzione politica e speriamo anche pacifica. Uno scenario politico che sembrava immutabile e fermo, per cinquant'anni, si è messo in moto con una velocità crescente; adesso corre veramente a velocità folli, e posizioni politiche che sembrano validissime oggi, risultano improvvisamente desuete e contestabili dopo qualche giorno. Questa contraddizione dei tempi della politica che diventano sempre più veloci e incontrollabili, la dobbiamo constatare anche per quanto riguarda la vicenda che ha portato alla discussione attuale. Devo ricordare che la proposta della mozione che stiamo discutendo nasce in un clima politico-regionale particolare, nasce nel clima delle proposte cosiddette referendarie che volevano portare all'introduzione del sistema maggioritario elettorale anche per quanto riguarda l'elezione del Consiglio regionale della Sardegna. In quei tempi chi come me aveva una visione popolare della politica (popolare in senso ampio) risultava fortemente turbato dal fatto che si volesse inopinatamente passare ad elezioni con sistemi maggioritari, da me visti come sistemi di carattere elitario che mal si conciliavano con la tutela di tutte le minoranze e con la rappresentanza ampia delle assemblee legislative che io ho sempre in mente. Ecco perché mi sembrava opportuno che in previsione di un passaggio a un sistema elettorale caratterizzato dalla presenza di forze dominanti dell'economia e nel campo della cosiddetta società civile, servisse appunto da contraltare a questo processo che portava al maggioritario un altrettanto incisivo processo che portasse alla chiarificazione di quelle zone d'ombra che ci sono state nella società. Voi capite, onorevoli colleghi, che quale che sia il risultato di una analisi storica sul ruolo della massoneria nella società italiana, e direi non solo nella società italiana, dovete ammettere che la massoneria ha sempre mantenuto un suo alone di mistero, diciamo non di segretezza ma di riservatezza, un alone che ha portato la gente ad essere diffidente nei confronti della massoneria, nei confronti dei suoi riti e nei confronti delle sue articolazioni, nei confronti del suo ruolo nella società e soprattutto nei confronti della sua gestione di una parte importante del potere che essa comunque, insieme ad altri soggetti, ha avuto l'avventura di gestire nella società italiana. Devo dire che questo della funzione, del ruolo dei cosiddetti poteri occulti, in un sistema elettorale improntato al maggioritario, mi sembrava uno dei fatti più pericolosi, più difficilmente controllabili, quindi ho accolto con particolare piacere allora l'iniziativa presa dai colleghi, che pure si schieravano apertamente in campo referendario, di presentare una mozione che servisse almeno in Sardegna a lanciare un sasso in questo stagno misterioso e servisse, per quanto possibile, a fare chiarezza sul ruolo della massoneria nella società isolana. Era, secondo me, un sano contraltare a quello che si andava facendo in campo istituzionale, perché se è vero che la politica doveva essere improntata a un'efficienza, a un decisionismo, a una capacità di governo che fino allora non aveva avuto, era chiaro che anche questa capacità di governo, questo desiderio di governabilità andava messa in capo a tutti i cittadini, al poter politico, e non riservata ai poteri occulti e alle lobby di qualsiasi genere, che pure secondo me avrebbero approfittato e approfitteranno del passaggio a un sistema di rappresentanza fatalmente ristretto per mettere il cappello su determinate istituzioni e su determinate funzioni della politica e degli strati sociali che essi vogliono in qualche modo rappresentare. Ecco perché, signor Presidente, cari colleghi, la mia firma a quella mozione, una firma convinta per i motivi che ho detto poco fa. Lungi da me l'idea di partecipare, come diceva poco fa il collega Murgia, a una crociata antimassonica. Devo dire che, nell'esperienza fascista, una delle cose che ritengo più dannose e criticabili è stata appunto - anche se non è la più importante - la persecuzione nei confronti della massoneria. Devo dire che forse, alla luce dell'esperienza storica, non era del tutto ingiustificato un atteggiamento reattivo del regime di allora nei confronti della massoneria, comunque indubbiamente non si poteva pensare di fare politica allora, e ancora meno si può pensare di farla oggi sulla base delle esclusioni e delle demonizzazioni e con la chiusura delle logge e delle sette. Però devo dire che se il principio della piena cittadinanza politica deve essere universalmente accettata sotto qualsiasi forma e sotto qualsiasi regime, se è vero come è vero che fece male il fascismo a perseguitare i massoni, è anche vero che, ancora oggi, a settant'anni da quell'esperienza permangono comunque nella società, delle tracce di oscurantismo che rendono difficile l'attività politica a personaggi che adesso sono scomodi, come forse era scomoda allora la massoneria. Mi riferisco per esempio - non vi sembri scandaloso ma lo devo fare - all'ultimo decreto legge governativo, quello di cui parlano oggi i giornali. Il democraticissimo Governo italiano di oggi, con decreto legge, ha chiuso i cosiddetti covi dei naziskin; non voglio fare paragoni, per carità, nessuno si offenda di questo, però voglio dire che chiudere dei covi non sulla base di comportamenti criminali personali o di gruppo accertati dalla legge, ma sulla base di un pregiudizio preventivo sull'attività che potrebbero svolgere mi sembra un atto di regime e mi sembra un atto che in qualche modo deve essere condannato, perché non si può a priori definire criminale chi ancora quell'atteggiamento criminale non ha tenuto.

Detto questo, signor Presidente, dimostrato che non si può dare un giudizio storico senza guardare la realtà dei fatti che si svolgevano in quel determinato periodo, per ritornare ai nostri giorni, mi sembra che il discorso sulla massoneria vada demitizzato immediatamente. Più che preoccupazione il discorso sulla massoneria mi provoca qualche volta, come dire, un sentimento di curiosità che rasenta l'ironia nel senso che mi fa specie pensare che distinti signori, padroni della finanza, professori universitari e alti esponenti della burocrazia statale o regionale e così via, se ne vadano furtivamente di notte in queste famose logge, di cui peraltro tutti conoscono l'ubicazione, si mettano un grembiulino - cosa che noi avevamo rifiutato quando eravamo piccoli - e si dedichino con compassi e altri strumenti del genere a fare strani riti. Devo dire che la componente ludica che esiste nella personalità di ogni uomo qualche volta viene fuori in maniera clamorosa. Ci sono dei distinti signori che sono impazziti qualche anno fa per gli war games, per le battaglie finte che si facevano sulla carta e quindi immagino che ci possano essere degli altrettanto distinti signori che possono anche compiacersi di andare in grembiulino a fare riti più o meno esoterici e misteriosi. Comunque devo dire che non mi sembra che nella società sarda la massoneria costituisca, adesso come adesso, un fatto pericoloso per la sua segretezza. Ahimè, a parte il fatto che viviamo nel paese di pulcinella, dove il segreto proprio non esiste, è anche vero che, cari colleghi, nessuno di noi ha ignorato mai che l'onorevole Armandino Corona fosse massone. Nessuno lo ha mai ignorato e devo dire che non lo ha ignorato nemmeno quando l'onorevole Armandino Corona saliva le più alte vette del cursus honorum politico regionale, e devo dire, altrettanto chiaramente, che nessuno ha ignorato che i vertici della Banca Popolare di Sassari fossero tutti quanti massoni e nessuno ignora l'influenza che hanno avuto i massoni nella gestione della cosa pubblica regionale sarda.

Più preoccupante appare questa voglia di riservatezza, che persiste negli strati medio bassi della gerarchia massonica dove, secondo me, meno forte è questa esigenza di riservatezza, di segretezza di quanto non risultai nei gradi altri. Perché appare preoccupante questa ricerca della riservatezza e della segretezza? Secondo me non tanto per una volontà eversiva che da questa segretezza potrebbe venire, ma per il fatto che, come ben dice Montanelli a proposito della P2, in Italia i discorsi sul nuovo ordine della società, sui nuovi equilibri politici che pure le logge massoniche potrebbero cercare di favorire, si traducono fatalmente in una rincorsa a fare buoni affari, a fare dei buoni intrallazzi con vantaggio economico per chi questi affari li favorisce e li pratica. Ecco qual è il discorso, signori del Consiglio, secondo me, una volta che verrà riportato ordine nella politica italiana, una volta che tangentopoli avrà percorso tutto intero l'itinerario che deve percorrere, una volta che saranno smascherati i vari comitati di affari, che un sistema ormai alla fine ha favorito, una volta che saranno smascherati coloro che fanno della corruzione e della ricerca degli affari la loro principale azione nel campo della politica, allora, anche l'interesse per la massoneria, anche questa corsa, che mi dicono c'è stata e ci sarebbe ancora, per diventare massoni, anche in Sardegna, finirà totalmente. Perché la gente si rivolge sempre alle associazioni e alle aggregazioni che in qualche modo la favoriscono, che in qualche modo ne solleticano l'istinto a fare degli affari. Quindi, secondo me, il discorso della massoneria, più che ad una tutela e ad una salvaguardia dell'ordine democratico nel Paese e nella Regione attiene ad un'esigenza di trasparenza, di chiarezza e di onestà nella gestione della cosa pubblica. Indubbiamente, cari amici, su questo punto dobbiamo essere precisi e incisivi, non è possibile che ci siano poteri occulti, lobby o comitati di affari che controllano in maniera nascosta la gestione degli appalti, la gestione delle grandi opere pubbliche, la gestione dei servizi pubblici. Non è assolutamente possibile perché questo a lungo andare provoca uno sfilacciamento dell'istituto democratico della società. Quindi è necessaria la massima chiarezza su questo punto. Sappiamo benissimo, onorevole Ladu - e voglio sottolineare la sua correttezza ed il coraggio per avere detto esplicitamente dei suoi rapporti con la massoneria - sappiamo benissimo che non si esaurisce nella massoneria il grande esercito dei furbi che ci circonda in quest'Italia, non si esaurisce nella massoneria il grande numero dei cittadini, dei cosiddetti benpensanti, che vogliono partecipare al comitato degli affari per fare affari lucrosi. Lo sappiamo benissimo ma, con altrettanta chiarezza, dobbiamo dire che finora la massoneria è stata, incontestabilmente, punto di riferimento di alcuni di questi affari. Ho portato prima l'esempio della Banca Popolare di Sassari su cui non si è ancora fatta del tutto chiarezza, ci sono delle indagini giudiziarie in corso sulla vicenda di questo istituto di credito. Noi, come classe politica regionale, come consiglieri regionali non possiamo non sottolineare il fatto che la Banca è andata a finire come è andata a finire e che comunque c'è una forte influenza massonica sui vertici, che la Magistratura e la Banca d'Italia hanno decapitato quei vertici e che migliaia di cittadini sardi, che avevano dato la loro fiducia a quell'istituto di credito, si sono trovati in cattive acque. Gli azionisti diffusi di quella banca hanno avuto delle gravi perdite in questa situazione. Non vogliamo criminalizzare nessuno, ma questi sono dati di fatto oggettivi che si scontrano contro una difesa che, con leggerezza, vorrebbe qualificare come secondari questi fatti. Noi vogliamo che ci sia la possibilità anche per noi consiglieri regionali e per tutti quanti i cittadini che lo vogliono fare, per le associazioni liberamente e apertamente costituite, quale potrebbe essere un domani anche la massoneria, di mettere il naso dove si svolge, dove ha inizio e dove ha il suo iter la funzione, importantissima per una società moderna, dell'economia e dei centri portanti di questa economia. Ogni tanto sulla stampa viene fuori un dibattito sulla funzione del potere economico, sulla funzione dei mass media che certe volte a questo potere economico sono completamente asserviti, ma sono dei dibattiti che non scendono in profondità, che non analizzano. Sembra che ci troviamo di fronte a zone d'ombra, a muri di gomma, a situazioni che non si vogliono chiarire del tutto. Non bisogna demonizzare nessuno, ma altrettanto civilmente bisogna porre in essere tutti gli strumenti, perché sia fatta chiarezza in tutti gli angoli nascosti della società isolana e dei poteri che questa società condizionano e in qualche misura guidano. Non concordo assolutamente con l'amico Pier Sandro Scano quando lui mette nello stesso calderone delle società cosiddette segrete, anche associazioni, come il Sovrano Militare Ordine di Malta, che mi sembra sia tutt'altro che un'associazione segreta. E' un istituto di diritto internazionale, ha ambasciate in tutto il mondo, è rappresentato presso tutti i governi del mondo, svolge un'attività alla luce del sole, non penso che i suoi aderenti siano circondati dal mistero e dalla segretezza. Anzi, devo dire che io ho visto molte volte dei distinti signori, con degli austeri mantelli medioevali, che partecipano alle funzioni religiose nella mia Sassari, a Cagliari, dappertutto. Mi sembra che sia anche un discorso da prendere con le pinze il discorso dell'Opus Dei perché io ho visto signori appartenenti all'Opus Dei che si facevano intervistare nelle televisioni. L'Opus Dei è un'associazione di carattere religioso. Come in tutte le associazioni ecclesiali, esiste una gerarchia, esiste un'organizzazione complessa all'interno di questa associazione; ma non mi sembra che ci sia difficoltà ad avere gli elenchi e tutti i dati inerenti a questa società. Del resto vorrei dire all'onorevole Cocco, del quale ho apprezzato l'intervento che ha svolto ieri sera in Consiglio, di spiegarmi come mai, dato che la Costituzione italiana classifica come illegali le associazioni segrete, in cinquant'anni di vigenza della Costituzione del 1948 non si è mai posto il problema della massoneria. Questo lo vorrei sapere. Non mi sembra contestabile dal punto di vista dottrinario quello che ha detto ieri l'onorevole Cocco, ma io devo sottolineare il fatto che nessuno, pure in presenza della norma costituzionale che vieta la segretezza delle associazioni, ha posto il problema dell'attività della massoneria. Salvo iniziative sporadiche e spesso propagandistiche di qualche magistrato così detto d'assalto, non mi sembra che il discorso sia stato portato vigorosamente a un suo compimento logico, che sarebbe stato quello di dichiarare o la massoneria fuori legge o la massoneria perfettamente legale perché priva del requisito della segretezza. Quindi non vorrei che questo discorso apparisse come una cosa inutile, una perdita di tempo da parte nostra. Io dico che anche questo esame, questa analisi della nostra situazione siano un tentativo utile nell'attuale dibattito sulla riforma istituzionale e sulla riforma più complessiva della cosa pubblica. Se un salto di qualità va fatto a livello di rapporti fra istruzioni e cittadino, portando quest'ultimo sempre più a decidere e mettendolo nella condizione di poter dire una parola determinante su tutte le questioni che riguardano la vita della società, così come un sano concetto di democrazia vorrebbe, mi sembra che sia chiaro che, accanto alla libertà assoluta dei cittadini di associarsi, debba esservi anche la libertà assoluta dei cittadini di sapere cosa c'è dentro le associazioni. A questo punto mi sembra di poter sostenere che, quando si critica la posizione dei partiti, perché anch'essi sono diventati dei comitati d'affari e non rappresentano quella cinghia di trasmissione ideale tra il cittadino e le istituzioni volute dalla Costituzione del 1948, con questa sorta di caduta del ruolo dei partiti e di delegittimazione assoluta della loro funzione nella società, bisogna che crescano altre aggregazioni e bisogna che la funzione delle associazioni sia di per sé stessa valutata e protetta. Va incoraggiata la funzione aggregante delle associazioni, di qualsiasi tipo esse siano, anche perché spesso e volentieri queste associazioni hanno un ruolo di supplenza nei confronti delle carenze delle pubbliche istituzioni. Noi sappiamo benissimo che nel campo assistenziale, per esempio, la funzione delle associazioni religiose, laiche, che svolgono attività di tipo assistenziale, è indubbiamente una delle cose più civili che si possano chiedere all'impegno sociale del cittadino al giorno d'oggi. Noi sappiamo benissimo che spesso e volentieri queste associazioni, parlo della Caritas, parlo delle Vincenziane, di tanti altri esponenti dell'associazionismo laico-religioso, possono essere un punto di riferimento preciso laddove manca effettivamente un intervento dello Stato in questa materia, dove è deficiente l'intervento della Regione o degli altri enti pubblici a risposta dei bisogni dei cittadini che attendono delle risposte concrete sul piano assistenziale e sul piano dello sviluppo dei servizi pubblici. Ecco perché non bisogna fare di tutta l'erba un fascio; bisogna cercare di distinguere bene le cose e bisogna cercare di favorire le istituzioni nel loro processo di rinnovamento. Mi sembra che spesso e volentieri non siano da deprecare le intenzioni nobili alle quali queste associazioni dicono di ispirarsi, ma bisogna deprecare il fatto che man mano che passa il tempo questi nobili intendimenti iniziali finiscono sempre per diventare dei paraventi dietro cui si nasconde la solita brama italiana, come dicevo all'inizio, di fare dei buoni affari. Quindi, ben venga se lo vogliamo, ma senza nessuna iattanza, senza nessuna polemica precostituita, un chiarimento anche sulla massoneria nella società sarda. Vi dico subito che non sono massone e che, in qualche modo, se mi permettete la battuta, mi sono anche sentito un personaggio politico e della vita sociale di serie B perché nessuno fino adesso mi ha chiesto di aderire alla massoneria, si dice che alla massoneria aderiscono tutte le parti importanti della società, dunque se nessuno mi ha chiesto di aderire non valgo proprio niente. Anche questo è uno status simbol, ma è stato sostituito da poco dall'avviso di garanzia: adesso chi non riceve un avviso di garanzia è come uno che non abbia ricevuto un invito a iscriversi a una loggia massonica, non vale proprio niente. Allora dico ai consiglieri regionali: andiamo avanti in questo senso. Io sono iscritto all'associazione invalidi civili, non penso che anche quella sia una massoneria, e devo dire che è una mia associazione naturale quella, e io desidero che queste associazioni, che radunano cittadini in gran parte bisognosi di essere assistiti, siano delle associazioni protette dalla legge, valorizzate, siano delle associazioni a cui venga riconosciuto il carattere preminente e primario nella organizzazione della società. Forse la fine dei partiti provocherà l'ingresso massiccio di queste associazioni nella vita sociale e nelle responsabilità politiche. Ecco perché, forse, è bene che a questo punto si faccia chiarezza anche sulle organizzazioni che devono prendere il posto dei partiti.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare l'onorevole Maria Giovanna Mulas. Ne ha facoltà.

MULAS MARIA GIOVANNA (P.S.I.). Signor Presidente, faticosamente, io credo, per tappe ma con coerenza e impegno, questo Consiglio tenta di ridisegnare alcune regole nel rapporto tra cittadini e eletti e cittadini e istituzioni, un rapporto quanto più possibile trasparente, visibile e quindi credibile. Sono fra i firmatari della lettera al Presidente del Consiglio, tra i firmatari della mozione, e quindi nessuna pressione, nessuna conversione dell'ultima ora e, soprattutto, nessun intento di demonizzare, di condannare aprioristicamente, di porre vincoli che non siano quelli che la nostra Costituzione, la nostra società democratica stabilisce, se non alcuni vincoli morali, che sono d'obbligo, che sono importanti, che sono determinanti perché questo Consiglio continui a esercitare in una società così divisa, frammentata, inquieta, il proprio ruolo.

La mozione, quindi, non ha, per quanto mi riguarda, e credo per tutti i firmatari, altro scopo se non questo, dichiarato, palese, esplicitato nella mozione. Non c'è nessun intento persecutorio quindi, come dicevo, né di demonizzazione ma l'obiettivo di una limpida dichiarazione di appartenenza, nel rispetto della libertà di scelta che a tutti noi è data. E' presente nella società civile un'articolazione diversa di strutture associative ma mi chiedo: perché alcune di esse sono ancora circondate da un alone di mistero? E' proprio la prima domanda che mi pongo ed è la domanda che mi sono posta quando ho apposto la mia firma insieme a quella di altri colleghi del Consiglio: perché il vincolo della segretezza in una società libera, democratica, aperta? Io credo che dobbiamo riaffermare qui che non è in discussione il concetto della riservatezza; la riservatezza è un fatto di costume tutt'altro che deprecabile per quanti confrontano liberamente le proprie opinioni all'interno di un qualunque contesto di aggregazione sociale, politica, culturale, sindacale e religiosa. Ma è invece in discussione il vincolo della segretezza, di tutto ciò che non è visibile, che non è palese, che desta in qualche modo sospetto, che induce alla cultura del sospetto.

Tra le varie associazioni, tra le varie scelte si tende poi a demonizzarne alcune e spesso si tende a scaricare su di esse responsabilità che noi sappiamo sono certamente più diffuse. Tra queste associazioni così dette segrete vi è la massoneria ed è spesso, forse in questo periodo più che in altri tempi, all'attenzione della cronaca, talvolta come elemento di destabilizzazione. Noi abbiamo ritenuto che questa esigenza di trasparenza e di richiesta di trasparenza a ciascuno di noi sia rispondente a quanto l'opinione pubblica esprime e si attende, soprattutto da quanti sono referenti del cittadino e della comunità nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione. Non è quindi in discussione la libertà di associazione del singolo, ma l'esigenza che chi ricopre cariche pubbliche istituzionali non debba dare adito a nessun sospetto, a nessuna paura, a nessun timore, perché in questo contesto c'è un rapporto diretto con gli elettori, c'è da parte del cittadino elettore un diritto a conoscere adesioni, opzioni, scelte culturali, ideali e politiche e quindi a valutare azioni, comportamenti e, perché no, anche scelte ideali dei propri rappresentanti.

Io non ritengo che si debba affrontare questo problema con atteggiamenti massimalisti odi condanna aprioristica né, peggio, che si debba diffondere la cultura del sospetto e del discredito nei confronti di chi si pensa possa avere aderito ad associazioni come la massoneria. Però, troppe notizie inquietanti sono apparse nella stampa in questo ultimo periodo, circa i presunti legami fra mafia e alcune logge massoniche in Sicilia. Sono dati pubblicati di recente. Troppi sospetti di presunti legami tra la massoneria e alcuni scandali politico-affaristici vengono più volte affacciati dagli organi di informazione e comunque io credo troppa preoccupazione desta quanto espresso dal Presidente della Commissione antimafia, l'onorevole Luciano Violante. Si deve dare credito ai pentiti? Onorevole Presidente, questa è materia che fa discutere molto in questi giorni, che divide l'opinione pubblica, che divide gli opinion leaders e spetta alla Magistratura certamente verificare accuse, dichiarazioni e accertare la verità per quanto attiene a episodi inquietanti della nostra storia recente.

Vi è chi ha ricordato in quest'Aula e lo ha fatto molto bene, come il collega Cocco ieri, che nella storia meno recente un'associazione come la massoneria ha avuto una funzione progressista. Veniva ricordato l'apporto significativo di questa associazione all'affermazione dei valori laici e libertari per la costruzione di uno stato di diritto. In una società democratica, in cui però il ruolo di diversi poteri o meglio del corretto esercizio dei poteri è in discussione, ma in una società in cui non è impedito iscriversi liberamente ad associazione alcuna, io credo che l'obiettivo sia quello di tentare di capire quanto anche la massoneria e non solo la massoneria è stata utilizzata per far prevalere forze e poteri occulti, per esercitare un ruolo deviato rispetto ai fini costitutivi nobilissimi, peraltro ricordati e che nessuno di noi può e deve sottovalutare. Io credo che proprio chi vuole salvare questa funzione storicamente importante non dovrebbe opporsi ad una sentita esigenza di agire liberamente alla luce del sole, tanto che molti dichiarano la loro appartenenza, tanto che l'onorevole Ladu lo ha fatto in quest'Aula e anche prima dell'intervento in Aula, e questo è apprezzabile. Quindi c'è chi non ha niente da nascondere, c'è chi non si vergogna di aver fatto questa scelta e credo che in questa direzione vada la svolta dell'ex Gran Maestro Giuliano Di Bernardo che, volendo rendere pubblici gli elenchi degli aderenti, chissà perché ha però dovuto fondare una nuova massoneria e l'ha chiamata esso stesso la Grande loggia regolare d'Italia. Ha definito il 1993 l'anno zero della massoneria. Perché questa esigenza se la massoneria non è un'associazione segreta? Perché parte dall'alto, da chi ha scelto di stare all'interno di quella associazione questa iniziativa importante e significativa sul piano morale? Perché oggi? Quale funzione ha avuto la massoneria in questi ultimi anni e quale ruolo intende esercitare oggi o vuole riconquistare? Quali sospetti vuole che siano allontanati da un'associazione che storicamente ha esercitato un ruolo di grande rilievo? Ecco perché, signor Presidente, non sarò certo io a stabilire l'equazione iscritto alla massoneria uguale censurabile o sospetto. Lungi da me questa intenzione anche perché una serie di persone irreprensibili, inattaccabili sul piano morale, già affermate, e intendo dire affermate anche socialmente e professionalmente prima di iscriversi alla massoneria, hanno scelto questo percorso associativo per cultura, per tradizione, per convinzione personale. Mi chiedo perché esse devono essere circondate da un clima di sospetto e di inquietudine e perché non si possa fare in Italia quanto avviene in altri Paesi del mondo, laddove, accanto alla targa che qualifica la sede della loggia o della associazione, ci sono i nomi degli aderenti, laddove dunque si afferma una libera espressione della propria scelta, dei propri convincimenti. Io credo che, anche da questa sede, bisogna sollecitare e anzi incoraggiare la possibilità di aggregazione ma come manifesta volontà di non nascondersi e di non nascondere niente, un sereno confronto con altre libere aggregazioni che esistono nella società civile e sono di ordine politico, religioso, solidaristico e quant'altro ciascuno voglia scegliere come campo di impegno e di partecipazione. A me pare che il nocciolo del problema sia qui, apparire anche agli altri come si è veramente, avere il coraggio delle proprie azioni, delle proprie opinioni e non scomparire in logge di cui tutti conoscono, in maniera più o meno corretta, come precisava l'onorevole Ladu ieri, i luoghi, i rituali sussurrati, le cerimonie cariche di simbolismo che però sembrano praticate da fantasmi o almeno da molti fantasmi perché molti si rifiutano di dichiarare questa appartenenza.

Ritualità, gesti e simbolismo non appartengono peraltro solo alla massoneria ma sono comuni a nobilissime professioni di fede politica e religiosa, praticate senza alcun vincolo di segretezza, sono un fatto culturale. Basta pensare alla chiesa, a tutto ciò che sottende alle celebrazioni e ai riti, ricchi di significato e anche di appartenenza a scelte molto precise. Mi riferisco quindi a riti religiosi e ad associazioni di diversa ispirazione, ad associazioni cattoliche quali le congregazioni, le confraternite, che sono cariche di gestualità, di simbolismo, di ritualità e a quanti vi aderiscono non in segreto ma con manifestazioni di impegno civile e religioso che si svolgono sotto gli occhi di tutti. Allora perché la massoneria - e non è in discussione qui solo la massoneria - o una parte di essa o perché l'Opus Dei, perché queste associazioni vogliono continuare ad essere circondate dal mistero? Io credo che tutto ciò che non si conosce, ma soprattutto ciò che non si lascia conoscere, fa paura, incute timore, spesso desta sospetto ed è questo timore, questo alone di paura e di sospetto che noi chiediamo venga rimosso e soprattutto non venga a gravare su quanti hanno responsabilità nelle istituzioni. E' questo l'intento della mozione, si chiede giustamente questo ai partiti politici che hanno deviato dal proprio ruolo. E l'attualità del dibattito politico e le reazioni dell'opinione pubblica ci fanno cogliere appieno il rischio di una pericolosa delegittimazione delle istituzioni democratiche in tutte le loro articolazioni. Si chiede, come diceva il collega Francesco Cocco, ieri, un segnale nuovo e diverso di responsabilità a cui non solo i partiti politici ma tutte le strutture associative laiche e religiose devono e possono concorrere, la responsabilità e l'impegno, signor Presidente, di rendere visibili i luoghi del potere, e soprattutto gli atti, le determinazioni attraverso le quali il potere stesso viene esercitato. In questo senso dicevo, e solo per il perseguimento di questo obiettivo, oggi vi è la necessità che le determinazioni che il Consiglio vorrà assumere diano un contributo a questo obiettivo.

Si chiede a ciascuno di noi semplicemente di poter dichiarare la propria appartenenza a strutture associatile diverse, di qualunque genere esse siano, quindi di agire alla luce del sole, quindi di rendere conto ai cittadini; non si tratta di un atto persecutorio né di una sanzione ma di un semplice e significativo atto di responsabilità verso quei cittadini ai quali si chiede fiducia e consenso per il mandato elettivo. E' un dovere di trasparenza ed è giusto finalmente che, nel nostro Paese, chi intende ricoprire cariche pubbliche, e si appresta ad esercitare un potere delegato, dichiari e renda pubblica la propria appartenenza. Siamo mossi, io credo, dal solo intento che in questo modo non abbia a crescere il divario già esistente tra le istituzioni e i cittadini ma perché invece, proprio attraverso il massimo della trasparenza, il massimo dell'impegno all'interno delle istituzioni rinnovate, si riconquisti la fiducia dei cittadini, si rafforzi il ruolo delle istituzioni democratiche e si abbia soprattutto a sconfiggere quella cultura del sospetto che tende ad accreditare solo in alcune direzioni responsabilità che, come dicevo, sono spesso più diffuse. Oggi più che mai è necessaria la trasparenza assoluta delle strutture associative che devono essere quindi controllabili, sottoposte ad una possibilità di verifica. Questo è il contributo che vogliamo dare, io credo che il Consiglio abbia il dovere di fare questo e credo che non si sottrarrà a questo impegno, così come non si è sottratto ad altre importanti azioni di rinnovamento in questi ultimi mesi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Pubusa. Ne ha facoltà.

PUBUSA (P.D.S.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, qualcuno ha messo in luce in questo dibattito la scarsa utilità dell'oggetto della discussione. Si è detto, e da taluni si dice, che ci sono cose più importanti da discutere, ci sono questioni più rilevanti su cui questa Assemblea dovrebbe deliberare. Io credo che questa tesi non sia accettabile, e tuttavia è difficile negare che ci sono altri argomenti che meriterebbero un ampio e approfondito dibattito, ad esempio io credo che meriterebbe di essere dibattuta dalle forze politiche regionali e dal Consiglio regionale la situazione politica regionale, e quando parlo di situazione politica regionale non mi riferisco ovviamente alle questioni che affaticano e affascinano i massimi reggitori della nostra istituzione regionale, cioè le questioni attinenti agli assetti o attinenti a questo o a quell'incarico, che peraltro hanno anch'esse una loro importanza. Mi riferisco alle questioni politiche più generali, e quando dico questioni politiche più generali non mi riferisco neppure alle osservazioni che nei giorni scorsi ha avanzato l'onorevole Soddu, allorquando ha intimato ai propri alleati di sinistra di non pensare, di non discutere delle future alleanze, in quanto questo avrebbe comportato delle drastiche prese di posizione della Democrazia Cristiana, non mi riferisco neanche a questo. Mi riferisco invece al fatto che oramai, onorevoli colleghi, viviamo in ambito regionale in presenza di assetti e di alleanze politiche che sono lontane, mi pare, anni luce dall'evoluzione che ha avuto il dibattito a livello nazionale a anche dallo sviluppo delle questioni politiche a livello nazionale. Siccome non sono ad uso ad infingimenti, dirò immediatamente ciò che penso, penso cioè che la Giunta Cabras e la Presidenza Cabras siano espressione di una stagione politica finita, siano espressione di assetti e di legittimazioni politiche appartenenti al passato e che quindi noi su questo, se non vogliamo rimanere al carro dei processi politici nazionali, dovremo aprire una riflessione. A Roma è caduto nel modo in cui sappiamo il craxismo; Amato, che aveva una legittimazione da quella stagione politica, è caduto, così come doveva cadere, miseramente; Ciampi avvia una fase di transizione della quale però tutte le forze politiche, soprattutto le forze politiche del progresso e del rinnovamento, dicono che deve trattarsi di una fase meramente transitoria, volta esclusivamente a recepire gli orientamenti emersi dal corpo elettorale nel corso del referendum per poi dare vita, con nuove Camere, alla stagione delle alternanze o comunque a una nuova stagione politica. Il P.D.S., il mio partito, a livello nazionale, dopo il 5 aprile dello scorso anno - badate, sembra di parlare di cose di tanto tempo fa - non solo ha negato a Craxi e al cosiddetto CAF la possibilità di riciclarsi tra Presidenza del Consiglio, Presidenza della Repubblica ed altri incarichi, contribuendo così enormemente alla evoluzione politica in atto, ma ha negato la fiducia e anzi ha avanzato una forte opposizione alla prosecuzione di quella stagione politica impersonata dal Governo e dalla Presidenza Amato; oggi continua in quell'opera di stimolo del rinnovamento non accordando la fiducia a Ciampi, ma consentendogli di andare avanti attraverso un non coinvolgimento nel Governo, ma una mera astensione condizionata ovviamente al realizzare nell'arco di due mesi l'operazione politica che tutti sappiamo.

Ebbene, signori, io utilizzo impropriamente questo dibattito per domandarmi in quale mondo noi stiamo vivendo, in quale contesto noi stiamo operando visto che, rispetto all'accelerazione che hanno avuto i processi politici nazionali, noi sembriamo vivere ancora in epoche storiche del passato. Ho votato la fiducia a questa Giunta facendola precedere da un intervento critico, personalmente ribadisco che, pur mantenendomi nell'ambito delle regole democratiche che governano una organizzazione, quindi il mio partito, esprimo e voglio che risulti agli atti la più ferma volontà e la più ferma necessità che questo quadro politico e questo assetto di governo vengano rapidamente superati, con un assetto di garanzia istituzionale che ci metta al passo con i processi di trasformazione e di evoluzione che stiamo vivendo a livello nazionale. Quindi, questo, tornando al nostro tema, è un argomento di discussione politica che io vedrei bene in quest'Aula, e che comunque vedrei bene, anzi mi sembra del tutto necessario, che si sviluppi nella società civile e in tutte le sedi in cui si manifestano le opinioni politiche. Detto questo, e venendo più specificamente al nostro argomento, io confesso che, dopo aver sentito l'intervento di ieri dell'onorevole Cocco, come dicevo a lui stesso, mi pare di essere come quell'apprendista che si mette in modo inopportuno a pennellare sul quadro dipinto dal Maestro. Ma anche qui vorrei fare una considerazione e lanciare un messaggio a questo Consiglio oltre che alle forze politiche e in particolare alla mia, e cioè dire: come è possibile che una personalità come quella dell'onorevole Cocco, che ha la capacità di fare interventi quali quello che ha fatto ieri, e che (metto prima di tutti me stesso nel mucchio) è difficile che altri riescono a fare, sia ridotto, nell'ambito di questa Assemblea e della nostra comunità regionale a un ruolo importante quale quello di consigliere, ma nessuno si sia accorto che, nell'ambito di questa Assemblea o nell'ambito degli esecutivi, avrebbe ben potuto ricoprire altri ruoli? Io credo che anche questo sia un segnale oltre a quello che indicavo al primo punto, del degrado delle nostre istituzioni e del nostro dibattito politico. Siamo in una loggia riservatissima e, purtroppo, io credo che dovremo ridurci al compito, peraltro utile, di fare i monaci, dico politicamente. Comunque, detto questo e venendo al tema, io penso che noi dovremo sviluppare una riflessione di carattere più generale sulla democrazia e sulla condizione in cui siamo vissuti e in cui gran parte degli uomini vivono, e cioè riflettere sul fatto che il problema fondamentale che la lunga battaglia per la democrazia ha affrontato e ancora oggi affronta, è quello di dare agli uomini due possibilità: la prima è quella di sfamarsi e di raggiungere un minimo di benessere, la seconda è quella di consentire loro di esprimere liberamente le loro opinioni.

Si tratta di due questioni che molto spesso noi banalizziamo, ma, cari colleghi, signor Presidente, se noi riflettiamo ci rendiamo conto che gli uomini hanno vissuto finora in questo pianeta senza poter parlare, nel silenzio, nella segretezza delle loro opinioni e hanno vissuto nell'impossibilità di soddisfare i loro bisogni fondamentali. Diciamo che la situazione è ancora questa, il 90 per cento degli uomini che vivono in questo pianeta, ancora oggi, alle soglie del 2000, non hanno risolto questi due problemi. Per loro parlano i fatti, ad esempio per gli uomini che vivono nel terzo mondo parlano l'indigenza in cui vivono, le condizioni in cui si trovano ad operare, ma non parlano essi stessi, non possono parlare, devono vivere nella segretezza. Ora i sistemi democratici hanno un'estensione molto limitata; il 10 per cento della popolazione mondiale, forse neppure, può dire di vivere in regimi che abbiano un grado di democraticità accettabile. La democrazia, anche in queste situazioni, mostra ancora le sue carenze e mostra di non avere risolto quei due problemi fondamentali: il problema della piena libertà e il problema della soluzione delle questioni attinenti all'uguaglianza o a una parziale uguaglianza del benessere. Le conquiste che si sono fatte vengono continuamente rimesse in discussione e fanno dei passi indietro.

Noi stessi ci dobbiamo rendere conto, onorevoli colleghi, che questa democrazia così limitata nel nostro pianeta e di così recente acquisizione anche nelle aree in cui si è sviluppata, è così fragile, è così soggetta a oscillazioni e a passi indietro da destare preoccupazioni per il suo radicamento e per il suo sviluppo. Sono problemi gravi che inducono a riflettere, ma sono anche problemi che ci devono indicare una direttiva, una prospettiva. Dobbiamo batterci perché, laddove è possibile, i sistemi democratici si affermino più decisamente, abbiano radici più robuste e profonde. Dobbiamo batterci perché il silenzio venga sempre più superato dalla possibilità di manifestare liberamente le proprie opinioni e l'eguaglianza delle condizioni materiali si affermi sempre di più risolvendo i problemi elementari delle popolazioni, oppure dobbiamo tollerare, con gli occhi rivolti al passato, situazioni che rispondono a condizioni non più attuali, o situazioni che oggi, nello stadio di sviluppo della nostra democrazia, necessitano di essere superate? Io credo che questo sia il quesito che ci dobbiamo porre, e credo che bisogna anche riflettere su un'altra questione di cui la storia ci dà continue prove, e cioè che il pensiero, anche il più rivoluzionario in una certa epoca storica, e le organizzazioni sicuramente rivoluzionarie e di progresso in determinate epoche storiche, se non hanno la capacità continua di aggiornarsi, se non hanno la capacità continua di adattare pensiero e organizzazione e modi di operare alle realtà in continua evoluzione, alle conquiste che esse stesse operano, finiscono inevitabilmente per diventare un'altra cosa e per perdere, in un contesto diverso, i meriti che hanno avuto in passato, cioè finiscono per essere dei pensieri e delle associazioni che dopo aver contribuito enormemente a modificare il corso della storia, diventano un peso per la storia. Gli esempi possono essere tantissimi. Ieri l'onorevole Ladu, nel suo contraddittorio intervento, prima ha criticato un consigliere con l'epiteto di leninista, dopo di che, in difesa del suo argomentare, ha citato Gramsci, che può essere considerato il più grande leninista italiano, perché lui stesso lo affermava. Questo cosa vuole dire? Vuoi dire che anche un pensiero rivoluzionario, qual era quello di Lenin, estremamente avanzato per i suoi tempi, se viene applicato nello stesso modo o con le stesse forme in epoche successive, finisce per diventare conservatore, ma questo non lo possiamo imputare certo a Lenin, che nel suo tempo si organizzava e pensava in un certo modo perché operava in regime zarista, non dimentichiamocelo, ma, quando prendeva esempi dall'occidente, si rifaceva alla Luxemburg che aveva un modo di pensare molto diverso dal suo. Cosa vuol dire questo? Vuol dire, cari frammassoni, che voi non potete continuare a dire che la storia vi dàragione perché avete avuto grande coraggio in passato; anche il partito bolscevico in passato ha avuto il grande coraggio di sfidare e battere lo zarismo, ma io credo che nessuno di noi si riconoscerebbe oggi nel partito che ha ereditato il bolscevismo del periodo di Breznev. Questo vuol dire che o voi riuscite ad attualizzare quel carattere rivoluzionario e innovativo, che la vostra organizzazione ebbe nel passato, e quindi diventate la punta dello schieramento democratico che dice che ci vuole trasparenza, oppure, anche se avete tutte le medaglie del passato, come le aveva per esempio Breznev (che pare le avesse non solo sulla giacca ma anche sugli indumenti intimi) sarete dalla parte della conservazione. Ora, in un regime democratico, che voglia essere effettivamente tale, non c'è dubbio che debbano essere applicati due principi fondamentali, il primo è che tutti i poteri pubblici devono essere esercitati in pubblico; Bobbio diceva con una frase molto incisiva: "Democrazia è potere pubblico esercitato in pubblico". Quindi tutte le questioni che attengono alla sfera pubblica devono essere pubbliche perché democrazia significa controllo da parte dei cittadini, possibilità per i cittadini di sindacare il comportamento degli organi pubblici in qualsiasi campo essi operino. Quindi tutto ciò che riguarda l'esercizio di funzioni pubbliche anche nei suoi presupposti deve essere dotato di questo carattere di pubblicità. La riservatezza deve riguardare le attività meramente private, cioè deve riguardare quelle attività che attengono esclusivamente alla sfera individuale delle persone, che non hanno alcuna connessione con l'esercizio di funzioni pubbliche. Chi assume l'onore, come suol dirsi, dell'esercizio di una pubblica funzione deve, in un regime democratico, avere anche l'onere di sottoporre tutta la sua attività che può in qualche modo incidere sull'esercizio di quei poteri alla pubblicità. Quindi io credo che il dibattito non vada spostato. Caro Ladu, tu non puoi dire - perché sbagli, e secondo me hai reso un pessimo servizio alla causa per la quale ti volevi battere, con le argomentazioni che hai portato - non puoi dire che qui ci sono dei liberticidi che vogliono attentare alla libertà di associazione, perché nessuno di noi pensa che si possano porre vincoli di alcuna natura alla libertà di associazione. Siamo tutti consapevoli, lo ricordava ieri l'onorevole Cocco con grande efficacia, che noi abbiamo una Costituzione che da questo punto di vista rappresenta un enorme passo avanti rispetto al passato perché la Costituzione dice che ci si deve e ci si può associare senza autorizzazione. Questo cosa vuol dire? Vuol dire in sostanza che i cittadini possono fare in gruppo, ciò che possono fare da soli senza che nessun potere pubblico possa interferire sul sorgere di quella associazione e sull'attività di quell'associazione. E noi siamo perché questa libertà si sviluppa in questi termini e in questo modo; non solo, ma siamo perché ciascuno possa associarsi per qualsiasi finalità lecita nel modo in cui crede più opportuno. A me i ritiri di vario genere non interessano, nel senso che per me chiunque può praticare i riti che meglio crede; per quanto mi riguarda se il rito mi piace e mi interessa aderisco, se il ritiro non mi piace e non mi interessa guardo con rispetto a chi lo pratica, posso anche sorridere o esprimere un giudizio critico, ma questo giudizio critico, ma questo giudizio critico non mi impedisce di pensare che quell'attività che a me può apparire del tutto paradossale sia però una attività del tutto legittima. Quindi bisogna sgombrare il campo, qui non c'è una battaglia tra forze conservatici o tra liberticidi e chi invece difende la libertà, qui c'è una battaglia tra chi dice che la libertà si deve esercitare in modo consono ai livelli ai quali è giunta la democrazia nel nostro Paese. Ma chi di noi potrebbe dire che il partito bolscevico doveva organizzarsi nella sua prima fase pubblicamente? Avremmo detto che era votato alla distribuzione immediata; e chi nega che le associazioni in passato dovevano essere segrete? Non esiste un'associazione di carattere democratico che fino a cinquant'anni fa potesse svolgere la propria attività pubblicamente. Non solo la massoneria ma le associazioni operaie, i partiti operai si sono tutti sviluppati in questo modo, però il dato di fondo che io colgo è che quelle associazioni, che si organizzavano in modo segreto per necessità, affermavano con forza la volontà di poter dire e di poter fare ciò che era oggetto della loro associazione in modo pubblico. Quante persone di vario credo, di tutte le idealità, hanno affrontato il carcere, la persecuzione, talvolta anche con il sacrificio supremo della vita, per affermare il diritto di professare liberamente, in modo manifesto, in modo non segreto la loro idealità e le attività della propria associazione? E siccome anche voi avete combattuto per questo io non capisco perché, oggi che questo lo potete liberamente fare, non volete farlo, e non capisco perché, nel momento in cui si apre un dibattito che ha come finalità esclusivamente quella di far fare un salto in avanti al nostro regime democratico, dicendo che tutte le attività pubbliche devono essere trasparenti ed esercitate in pubblico, voi continuate a difendere un qualcosa che appartiene al passato. Io credo che l'oggetto della discussione sia esclusivamente questo; quindi io evito di assumere atteggiamenti che in qualche modo possano dare adito ad un atteggiamento inquisitorio nei confronti di qualsiasi tipo di associazione; a me non interessa, purché siano lecite. Anche per quanto riguarda le lobby di interessi, come avviene in altri ordinamenti, io preferisco che invece di manifestarsi per le vie sotterranee attraverso le quali incidono sul potere, senza che si sappia che hanno inciso, possano organizzarsi e incidere sui poteri liberamente. Esistono ordinamenti dove le lobby sono disciplinate, dove quando qualche esponente di una lobby si reca presso gli uffici di un'assemblea legislativa, si sa che è il rappresentante di quella determinata lobby, che va lì a chiedere che i provvedimenti consentano di costruire anche su palafitte sul mare o che consentano di non costruire a due chilometri dalla costa. Si sa ed è bene che si sappia. Questo non vuole dire che quando chiediamo pubblicità neghiamo che quegli interessi, nel nostro ordinamento leciti, possano organizzarsi.

Detto questo, io credo che noi dovremo in qualsiasi modo evitare nei toni e nell'argomentare, dall'una e dall'altra parte, lo spostamento dell'oggetto della discussione. Noi chiediamo che tutte le associazioni siano pubbliche perché questo dice la Costituzione. Noi chiediamo che non esistano associazioni segrete, noi in particolare chiediamo, per il rispetto che abbiamo per la funzione che svolgiamo e per la delicatezza di questa funzione, che ciascuno di noi possa essere giudicato e che le nostre azioni possano essere comprese in relazione anche alle associazioni alle quali aderiamo, fermo restando che qualsiasi adesione a qualsiasi tipo di associazione è legittima e si deve poter sviluppare democraticamente. Penso, quindi, che la mozione con questo spirito possa essere tranquillamente votata e credo di poter tranquillizzare il collega Ladu…

(Interruzioni)

Non nel senso che tu intendi, perché so che sei tranquillo. Tranquillizzare nel senso che da parte nostra o da parte di chicchessia non c'è nessuna volontà di aprire processi, di contrastare libere forme di associazione in qualsiasi modo esse si svolgano. Noi chiediamo una cosa diversa perché crediamo in questo modo di dare un piccolo contributo, meno di un granellino, perché quei limiti di cui la nostra democrazia ancora soffre, quella fragilità che ancora la permea e che ci preoccupa possano diminuire e le radici di questa democrazia possano irrobustirsi anche se di un solo centimetro.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Ortu. Ne ha facoltà.

ORTU (P.S.d'Az.). Qualche perplessità, onorevole Presidente, al momento in cui è stata presentata la mozione oggi in discussione, confesso l'avevo. Oggi, queste perplessità sono state fugate. Pensavo a toni polemici accesi, ad un dibattito spigoloso, a toni e spirito di intolleranza e di atteggiamenti inquisitori. Bene, tutto questo per fortuna, per senso di responsabilità dei consiglieri che sono intervenuti, non è avvenuto; i toni sono stati smorzati, le argomentazioni serrate, responsabili, serie, cioè un dibattito sereno, che non ha demonizzato nulla e che tende a dare direttive e indirizzi nuovi anche alle forme di organizzazione nello spirito della Costituzione. Mi ha stimolato moltissimo in questo senso l'intervento, sempre brillante, di grande spessore culturale che ieri in quest'Aula ha svolto Francesco Cocco, da attento studioso e profondo conoscitore soprattutto delle vicende storiche del nostro popolo, inquadrando in questo contesto anche il nascere, lo svilupparsi e l'azione delle società segrete che certamente anche in Sardegna hanno operato fin dagli ultimi anni del '700; già, perché la società sarda, io penso, raramente è vissuta in splendido isolamento: le testimonianze della storia, della letteratura, direi anche dell'archeologia, ci convincono che i sardi hanno sempre avuto rapporti di carattere commerciale e soprattutto di ordine culturale con tutti i Paesi del Mediterraneo, da sempre, e sono questi rapporti, sono questi interscambi che arricchiscono e fanno crescere i popoli. Dicevo, il nascere e lo svilupparsi delle società segrete, dei primi nuclei giacobini che in Sardegna, alla fine del '700, ebbero a formarsi e a vivere. La partecipazione dell'Isola alle vicende politiche e culturali del tempo è abbondantemente documentata, c'erano intanto rapporti di ordine commerciale con Genova, con Livorno, con Napoli, con la Sicilia, con la Corsica e attraverso la Corsica con la Francia. Le Università rifiorivano a Cagliari e a Sassari e avevano ridato vigore alla borghesia intellettuale. Oltre la borghesia intellettuale, una borghesia commerciale, rappresentata soprattutto da personaggi esterni all'Isola e che in Sardegna avevano messo radici e bottega, i genovesi in primo luogo che curavano in modo particolare questo aspetto della vita in Sardegna.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERRENTI

(Segue ORTU.) Non che in Sardegna non ci fossero eruditi; ce n'erano, ma in un contesto di un'isola povera, spopolata e malsana. Ma certamente non mancavano le biblioteche e i libri; tra professori e funzionari molti erano coloro che non erano certamente teneri nei confronti delle istituzioni di allora e delle idee dominanti di allora e mettersi in contrasto con le istituzioni e con le idee dominanti era rischiare il cappio, senza dubbio, e tanti pagarono con la vita proprio il coraggio di essersi schierati con i deboli, col rinnovamento, col progresso, contro la conservazione, per cui la necessità di coltivare idee e organizzazioni che certamente tendevano ad essere coperte. La cultura francese era presente nell'Isola con pubblicazioni più o meno copiose e con queste idee, con i commerci, con gli scambi di ordine culturale in Sardegna penetravano le idee degli illuministi. Gli avvenimenti che vanno dal 1793, 1794, 1796, con al rivolta, la vera rivoluzione sarda, quella angioiana, si giustificano e hanno i loro presupposti proprio in questo quadro. L'Isola allora non era certamente immersa in un profondo torpore, c'era coscienza di intellettuali aperti alle nuove correnti di pensiero politico, economico e giuridico e attraverso di loro le idee dell'illuminismo conquistavano coscienze: Azuni, lo stesso Angioy, Mundula, gli Obinu di Santulussurgiu, Francesco Ignazio Mannu, basta rileggere quella che è la marsigliese dei sardi, l'inno contro i feudatari per rendercene conto. Ma lo stesso clero, soprattutto il basso clero, quello non legato alla nobiltà e ai potenti, il clero rurale era imbevuto delle massime della rivoluzione francese. Allora queste società segrete erano presenti? Forse no, bisogna aspettare altri tempi per giungere anche a constatare e a verificare la presenza di queste associazioni segrete anche nella nostra Isola. Molti ufficiali savoiardi, sardi che avevano partecipato alla guerra dei sette anni aderendo alle logge massoniche regimentali, che venivano organizzate nell'ambito dello stesso esercito, una volta tornati alla vita civile o tornati nelle loro comunità, diffondevano questo nuovo verbo. Certo, ci furono aspetti che noi oggi non condividiamo di quelle associazioni, per esempio in Corsica la prima loggia massonica istituita fu quella della "Perfetta unione" a Bastia e il nome stesso ci dice tutto. Nella concezione nostra di oggi e nella visione politica che noi abbiamo dell'autonomia e della libertà, certamente questo era un filone che non ci interessava e che fu combattuto anche allora nella stessa Corsica, quando, il 4 di giugno del 1791, migliaia di donne sotto la guida di un'altra donna, Flora Oliva detta la "colonnella", diedero l'assalto alla loggia "Perfetta unione" di Bastia distruggendo, danneggiando mobili, bruciando gli ornamenti simbolici e quasi tutte le carte. E questa è storia. Anche in Sardegna, noi avemmo in quel periodo dei movimenti che andavano certamente nel senso del progresso, della distribuzione di un certo sistema. Quando per esempio le donne a Cagliari insorsero, si ammutinarono perché a loro era negato il posto a teatro, riservato invece alle mogli e alle figlie dei funzionari piemontesi del potere in Sardegna. Uno spirito di resistenza pertanto al governo piemontese, che passava e arrivava attraverso quelle società che pubbliche non potevano essere ed erano segrete, attraverso i circoli giacobini e le prime logge massoniche! Le idee viaggiavano in questo modo. Per avere i primi documenti che ci confermano la presenza però delle logge massoniche in Sardegna, noi dobbiamo arrivare al 1826, quando un documento ecclesiastico del vicario capitolare di Oristano condannava le logge massoniche, segno che le logge massoniche in Sardegna erano giunte. D'altronde uno studioso della chiesa sarda, del pensiero e dell'opera della chiesa in Sardegna, il Pilia, afferma che la massoneria fu importata in Sardegna solo dopo il 1861. Ieri Francesco Cocco ricordava che Ottone Baccaredda era massone, Francesco Cocco Ortu, tanto per citarne un altro, non era massone, Francesco Cocco Ortu, nei confronti del quale certamente non ci fu molta tenerezza da parte del Partito Sardo d'Azione nel 1920-1921 perché rappresentava anche lui la conservazione, per i tempi che camminavano e che spingevano verso il rinnovamento. Eppure Francesco Cocco Ortu, discretamente invitato da un amico a far parte della massoneria - ecco il segno dei tempi - lasciò cadere l'invito per non compromettere, così disse, la sua indipendenza. Allora noi dobbiamo vedere la massoneria nel passato; giustamente, come affermava ieri Cocco, come oggi affermava il collega Pubusa, la massoneria e le società segrete in genere hanno avuto una loro giustificazione, una loro funzione giustissima e un loro modo di organizzarsi e presentarsi che era perfettamente in linea con il clima dei tempi. Oggi siamo in un contesto politico e sociale diverso e a questo contesto bisogna adeguare quelle che sono le nostre scelte, i nostri modi di essere, il nostro modo di porsi e di proporsi nei confronti della società. Una società, io penso, ha ragione di essere segreta in tempi di non libertà, altrimenti suscita molti dubbi e molte perplessità, addirittura qualcuno potrebbe essere indotto a pensare che voglia raggiungere fini non leciti o vietati dalla legge, anche se tutto questo può essere non vero. Io non sono d'accordo, per esempio, con quanto affermava un vescovo di Nuoro in tempi non lontani, negli anni 30, quando, conversando con Remo Branca, diceva che vaste proprietà nel nuorese si erano formate non attraverso l'abigeato ma anche attraverso delitti, l'assassinio e non certamente per vendetta. Non pochi delitti attributi ai banditi di Orgosolo, di Bitti e di Oliena e di Orune affermava monsignor Cogoni…

(Interruzioni)

Anche Oliena! Crobeddu era di Oliena. Affermava monsignor Cogoni, e lo riporta Remo Branca, non furono che frutto di sporchi interessi della massoneria locale e questo è assurdo, ma era un pensiero; la massoneria era anticlericale, perché il clericalismo era per la conservazione e non certamente per l'unità d'Italia e combatteva la massoneria che voleva l'unità d'Italia, anche attraverso la calunnia o attraverso l'interpretazione di fatti che certamente dovevano avere una interpretazione diversa. Quando furono diffusi "is goccius de is framassonis" e si affermava: "Deus si castidi de is ladronis, a giustaccoru e cappeddu" - cioè i borghesi, i signori, che erano col gilè e con il cappello - "ponei fogu a is framassonis chi si pappant su Casteddu". Era un invito al popolo a ribellarsi e a combattere i massoni, ma senza dare prove di quanto loro asserivano.

Oggi, io penso che, in un clima diverso e in un contesto diverso di libertà, all'ombra dei segreti, se segreti ci sono, non possono maturare e non possono che costruirsi le congiure, invece che la lotta politica, invece che l'affermazione delle idee, libera, solare, organizzazioni malavitose dove si coltivano gli interessi che non possono essere posti davanti all'attenzione della cittadinanza, interessi pertanto inconfessabili. In un sistema democratico la trasparenza è la condizione indispensabile perché la democrazia viva, per un controllo diffusi, efficace, direi popolare dell'amministrazione pubblica. Le molte grosse difficoltà del sistema democratico, qualche volta, possono essere state generate possono essere conseguenza anche del mancato controllo democratico. In un ordinamento che viene vissuto alla luce del sole, non ci può essere spazio per sette, per società segrete, e non parlo della massoneria perché ci sono altre società segrete che forse hanno più potere, più incisività e capacità di pressione sulle istituzioni di quanto non ne abbia la massoneria. Con solidarietà che nascono e vegetano nell'ombra e nella segretezza più assoluta, possono svilupparsi invece privilegi singoli o collettivi al di fuori ed anche in contrasto con le leggi.

Troppi misteri, da decenni a questa parte, gravano sulla vita pubblica in Italia, in questa repubblica sciagurata, e non si fa luce; gli intrecci oscuri con le società segrete hanno condizionato spesso la vita civile e posto in pericolo la democrazia, società segrete che nel tempo hanno assunto, e svolto ruoli diversi ed anche importanti. Perché non ricordare per esempio che per tutto il Risorgimento, quel Risorgimento scomunicato di cui ha parlato Vittorio Gorresio, sono state queste società che sono uscite dalla segretezza, dagli antri oscuri per creare però circoli di lettura, società operaie e via dicendo, che hanno vitalizzato la vita pubblica, la vita culturale, la vita politica in Italia? Oggi, bisogna impedire che le società segrete operino sulle strutture burocratiche e civili controllandole e pilotandole, che oggi società segrete pongano mano impunemente e senza saperne nulla sull'urbanistica, sulla sanità, sul grosso commercio, sulle finanze, avviluppando e strumentalizzando tutto al soddisfacimento di interessi ben circoscritti di pochi e a danno di molti. Ecco l'esigenza della società di oggi: portare alla luce del sole quanto non si individua e non si conosce perfettamente, attuare cioè la Costituzione, non si chiede altro, attualizzando i modi di essere delle organizzazioni al contesto della vita di oggi.

Io penso che il Consiglio non stia chiedendo la luna nel pozzo a nessuno e penso che le stesse associazioni che non hanno fini inconfessabili, come penso non ne abbia la massoneria, siano ben liete di operare, di vivere, di organizzarsi in un clima più sereno e più trasparente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Dadea. Ne ha facoltà.

DADEA (P.D.S.). Signor Presidente, collegi consiglieri, penso che possa essere motivo di rammarico la scarsa partecipazione ed anche un'ostentata indifferenza che ha contraddistinto il dibattito su un argomento così delicato e così complesso qual è quello contenuto nella mozione presentata dai quarantuno consiglieri regionali perché al di là di alcuni interventi, di diversi interventi di grande spessore culturale e anche ricchi di pathos quello che emerge anche dal colpo d'occhio che oggi fornisce la stessa aula consiliare, è appunto questa ostentazione di indifferenza. Non vorrei che tutto questo fosse in qualche modo il segnale di un'irritazione e di un fastidio che ha accompagnato la presentazione prima e la discussione poi di questa mozione. Sarebbe veramente un segnale molto negativo per questa Assemblea, eppure il confronto che si è sviluppato in Aula su un tema - come dicevo prima - così delicato e così complesso, quale quello che è stato posto dai quarantuno consiglieri regionali firmatari della mozione, sulla necessità di trasparenza circa l'appartenenza ad associazioni segrete quali la massoneria e l'Opus Dei, ha fatto comunque giustizia delle paure di quanti paventavano che dietro lo strumento consiliare si potesse nascondere una sorta di caccia alle streghe, di clima di intolleranza e di sospetto, una sorta di nuovo ed anacronistico spirito maccartista. Io sono sicuro che il dibattito ha sgombrato il terreno da queste paure e da questi timori ed ha posto al centro una questione di grande rilevanza e di grande attualità, il principio della trasparenza quale elemento essenziale e fondante dell'ordinamento democratico; il principio di trasparenza quale condizione essenziale di una corretta dialettica democratica tra cittadini ed istituzioni; il principio di trasparenza quale strumento essenziale per la valutazione e il controllo democratico dei pubblici amministratori, dei pubblici dipendenti, dei titolari di cariche elettive; il principio di trasparenza quale esatto contrario di tutto ciò che è occulto, di tutto ciò che è coperto, segreto, non visibile e non apprezzabile. Siccome però tutto ciò che non è visibile, tutto ciò che non è direttamente percepibile non è neanche democraticamente controllabile, ne consegue che il principio di trasparenza e con esso il suo esatto contrario, cioè la segretezza, costituiscono parte integrante della più vasta questione democratica che oggi agita il nostro Paese. Ecco, sta proprio in questo il nesso inscindibile tra democrazia e trasparenza, tra controllo democratico e assenza di segretezza, tra visibilità democratica e assenza di riservatezza e di occultamento della propria appartenenza. Sono proprio questi elementi che configurano la necessità ineludibile della trasparenza dei comportamenti e dell'appartenenza quale questione centrale della più vasta questione democratica, del principio di trasparenza quale problema fondante della questione morale che ha così pesantemente investito il nostro Paese. Ma pensiamo che sia veramente possibile rinnovare la politica e rifondare i partiti senza che alla base vi sia un intellegibile processo di trasparenza, di controllo e di visibilità democratica? Ma come pensiamo di poter ridare credibilità alle istituzioni e legittimità ai partiti senza che si ricostituisca quel rapporto di fiducia, di collaborazione e di rappresentatività, che non può che fondarsi su un principio di trasparenza che è la condizione primaria per un corretto controllo democratico?

Altro quindi che perdita di tempo, come qualcuno ha voluto far intendere! E' proprio l'assenza di trasparenza che consente il diffondersi di un clima di sospetto che finisce poi per coinvolgere tutti, ed è proprio l'assenza di trasparenza e di pubblicità che consente spesso di utilizzare il sospetto di appartenenza ad associazioni quali la massoneria e l'Opus Dei quale strumento di vera e propria lotta politica, sospetto che si alimenta proprio perché la condizione di segretezza rende non confutabile il sospetto stesso. Ma la necessità di affermare nel concreto il principio della trasparenza è diventata un'esigenza ineludibile, non più rinviabile, per la stessa organizzazione massonica, se è vero che proprio su questo tema si è determinata al suo interno una profonda divaricazione che ha portato, con le dimissioni del Gran Maestro Di Bernardo, ad una clamorosa scissione, e non appare secondario il fatto che la scissione di Palazzo Giustiniani si è consumata proprio sul terreno della necessità di una rifondazione della massoneria che consenta di riportare questa organizzazione (e sono le parole del Gran Maestro Di Bernardo) nell'alveo della regolarità e della legittimità. Proprio l'assenza della trasparenza e del rinnovamento crea le condizioni per le tentazioni occulte e per le logge deviate, quelle stesse tentazioni che hanno trasformato la massoneria italiana in un grande contenitore di comitati di affari e, nel caso della loggia P2, in una struttura eversiva; contraddizioni queste che sono riesplose con l'inchiesta portata avanti dal giudice Cordova, dalla quale è emerso che molte situazioni sfuggivano completamente al controllo di Palazzo Giustiniani. In particolare sono venute alla luce situazioni poco chiare in Sicilia e in Calabria, dove l'intreccio mafia-massoneria, se pure limitato alla massoneria ufficialmente spuria, si è trasformato in una vera e propria emergenza democratica. E' quindi la mancanza di trasparenza che crea il terreno di cultura dove si sviluppano tensioni occulte e deviazioni eversive. Del resto lo stesso Di Bernardo, nel denunciare la rottura con il sistema degli affari e delle interferenze politiche che aveva caratterizzato e caratterizza probabilmente tuttora l'attività delle logge, in una lettera di recente inviata ai 770 Maestri venerabili che vi sono in Italia, ha usato parole molto dure. Recito testualmente: "Nella società in cui vivono - scrive riferendosi ai massoni - non nascondono i loro nomi e i luoghi delle loro riunioni, rispettano le leggi dello Stato e i Magistrati che le fanno osservare". E allora pare assai stolto non capire che la stessa sopravvivenza della massoneria, così come acutamente faceva osservare il compagno Pubusa, la stessa sopravvivenza della massoneria è legata alla sua capacità di rinnovarsi, di assumere cioè in pieno il principio della trasparenza, della limpidezza e della pubblicità. Ma io penso che lo stesso ragionamento, fatte naturalmente le debite distinzioni, lo stesso ragionamento vale anche per l'Opus Dei. Non si tratta di mettere in discussione due delle massime espressioni di libertà del cittadino, quella di professare la propria fede religiosa e quella di associazione. La materia si intreccia inestricabilmente con le fondamentali garanzie di libertà dell'uomo, ancora prima che del cittadino, garanzie di libertà solennemente riconosciute dalla nostra Costituzione come inviolabili. Il problema infatti non è quello di intaccare o ledere uno dei punti più delicati e profondi dell'uomo, la libertà cioè di credere nel trascendente. Il problema è se la suprema necessità di rispettare il principio della libertà religiosa e quello di associazione degli aderenti all'Opus Dei possa diventare incompatibile o essere in qualche modo limitata o conculcata da un'elementare esigenza di trasparenza e di pubblicità dei suoi aderenti, e soprattutto se il diritto alla segretezza degli aderenti all'Opus Dei possa farsi scudo del patto sancito tra Stato e Chiesa che impedisce poteri non solo inquisitivi dello Stato verso la chiesa, ma che impedisce persino il pur legittimo diritto della conoscenza e della pubblicità dei suoi affiliati. Non può essere sufficiente quindi la risposta della Santa Sede che ha dichiarato testualmente che la prelatura Opus Dei è una istituzione della Chiesa pubblicamente eretta a norma dal codice di diritto canonico e dotata di statuti ufficialmente sanciti dalla Santa Sede, nei quali sono espresse anche le finalità ad essa proprie. Gli organi direttivi dell'Opus Dei sono pubblici e ben noti, così come le rispettive sedi. Ma fatta questa affermazione, detto questo, non si capisce come mai possa persistere un vincolo di segretezza per gli affiliati che confligge e contraddice le dichiarazioni ufficiali della Santa Sede. Infatti la pubblicità e la trasparenza sembrerebbero essere riservate solo agli organi direttivi e invece sembrerebbero non valere per i semplici affiliati. Ma il dibattito consiliare ha consentito di sgomberare il terreno anche da due considerazioni fuorvianti, e in parte anche mistificanti, che sono state qui agitate da alcuni interventi. La prima tende a creare una contrapposizione artificiosa tra la drammaticità della crisi economica e occupazionale che la nostra Isola attraversa e la discussione di un argomento ritenuto futile quale quello della mozione sulla massoneria. Come dire: ma perché invece di perdere tempo con diversivi da cenacolo culturale o da disputa bizantina, non vi impegnate a risolvere i gravi problemi che attanagliano il cittadino sardo? E' questa una contrapposizione perniciosa e mistificante che riecheggia un'argomentazione più volte citata, anche da autorevoli pulpiti, in questi mesi e in queste settimane, anche durante la stessa campagna referendaria e che tende appunto a contrapporre il tema delle riforme istituzionali, della riforma elettorale, della riforma della politica, della rifondazione dei partiti, ai drammatici temi della crisi economica e occupazionale, quasi che la necessità di una profonda riforma della politica e degli stessi partiti sia cosa indifferente rispetto alla possibilità di dare risposte certe e tempestive ai gravi problemi che quotidianamente assillano i cittadini, che sia in qualche modo cosa differente o indifferente dalla possibilità di dare efficienza ed efficacia al nostro sistema politico. La seconda argomentazione, più volte riecheggiata in questo dibattito, tende invece ad avvalorare la tesi secondo cui il principio di trasparenza violerebbe i diritti di libertà e di associazione garantiti dalla Costituzione che, voglio ricordarlo, all'articolo 18 afferma: "I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale; sono però proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare".

E' pur vero che il Parlamento soltanto il 18 gennaio del 1982, all'indomani cioè della grave vicenda legata all'associazione eversiva denominata loggia P2, ha provveduto a dettare norme di attuazione dell'articolo 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete, così come è altrettanto vero che solo alcune Regioni, tra cui la Toscana e l'Emilia Romagna, hanno provveduto a emanare norme regionali di attuazione dell'articolo 18 della Costituzione e a recepire, adattandola alla specifica problematica regionale, la normativa introdotta dalla legge 17 del 1982. E mi sembra altrettanto opportuno e giusto ricordare che l'unica proposta di legge su questa materia è stata presentata il 17 ottobre del 1986 dal Gruppo consiliare dell'allora Partito Comunista Italiano; la proposta di legge dettava norme in materia di associazioni segrete e norme per garantire la pubblicità della situazione associativa dei titolari di cariche elettive o di nomine o designazioni regionali. Inutile dire che la scorsa legislatura è trascorsa senza che la proposta di legge venisse discussa e neanche presa in esame dalla competente Commissione consiliare. Il Gruppo del Partito Democratico della Sinistra ha provveduto a presentare nei giorni scorsi una nuova proposta di legge che, modificando e integrando quella presentata nella scorsa legislatura, tende a introdurre nel nostro ordinamento norme dirette a garantire, contro possibili interferenze di associazioni segrete ed occulte, l'imparzialità e la trasparenza dell'azione della Regione, dei suoi organi e dei suoi rappresentanti. La proposta di legge prevede le norme di attuazione della legge 17 del 1982, adattandole alla specifica situazione regionale, prevede gli ambiti di applicazione, i provvedimenti disciplinari e le procedure relative. Ora, ferma restando l'esigenza di applicare in modo rigoroso il divieto costituzionale di appartenenza ad associazioni segrete o occulte, e senza peraltro scalfire il diritto costituzionalmente garantito di tutti i cittadini di organizzarsi liberamente e senza alcuna autorizzazione preventiva o successiva, la proposta di legge cerca di rispondere a un'oggettiva esigenza di trasparenza, particolarmente rilevante ai fini della valutazione e del controllo democratico dei pubblici amministratori; prevede la pubblica dichiarazione della situazione associativa dei titolari di cariche elettive o di nomine o di designazioni regionali. Tutto questo non comporta evidentemente alcuna limitazione dei diritti soggettivi di associazione di ogni cittadino, ma implica, questo sì, l'esternazione delle proprie scelte associative. Nessuna volontà persecutoria o criminalizzante quindi verso chicchessia, tanto meno verso la massoneria o verso l'Opus Dei o altre associazioni ancora, ma una profonda volontà di assicurare un legittimo quanto ineludibile principio di trasparenza, di visibilità e di pubblicità. Un'esigenza, quella della trasparenza, che diviene un obbligo morale per i pubblici amministratori e per i pubblici dipendenti i quali, proprio per essere esposti pubblicamente, hanno più di tutti gli altri interesse a mostrare piena trasparenza attorno alla propria persona. Ma la presentazione della proposta di legge non costituisce per il Gruppo consiliare del P.D.S. l'unico, concreto atto in direzione della trasparenza. Voglio ricordare, e mi pare opportuno ricordarlo in questa sede e in questo momento, che tutti i consiglieri regionali appartenenti al Gruppo del Partito Democratico della Sinistra e gli stessi Assessori regionali da noi espressi hanno firmato una dichiarazione pubblica, a disposizione di chiunque voglia prenderne visione, in cui si sottoscrive la non appartenenza ad associazioni segrete e in particolare si sottoscrive di non essere affiliati alla massoneria e all'Opus Dei. L'auspicio che noi rivolgiamo a lei, signor Presidente, e all'Assemblea tutta, è che la proposta di legge da noi presentata e le altre, che sono sicuro seguiranno su questa materia, possano essere tempestivamente esaminate dalla Commissione e da questo Consiglio regionale. Nel frattempo costituirebbe un significativo ed emblematico atto di trasparenza se anche gli altri consiglieri regionali, gli altri Gruppi consiliari, i funzionari del Consiglio regionale facessero altrettanto dichiarando pubblicamente l'appartenenza o meno ad associazioni segrete quali la massoneria, l'Opus Dei o altre. Penso che sarebbe anche questo un piccolo ma significativo passo verso la riforma della politica da tutti auspicata e sono sicuro che contribuirebbe certamente a dare maggiore credibilità alle nostre istituzioni e soprattutto a dare maggiore credibilità al nostro istituto autonomistico.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Tamponi. Ne ha facoltà.

TAMPONI (D.C.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, io credo che il tempo che questo Consiglio sta dedicando alla discussione di questa mozione non sia assolutamente un tempo sprecato. Credo che gli interventi che si sono susseguiti, anche di alto valore di carattere storico, politico e culturale, in questi giorni, dimostrino come non si possa limitare l'attività di una Assemblea elettiva comune questa ad esercitazioni accademiche, ma si debbano sviluppare attorno a temi di questa importanza un'attenzione e un dibattito che facciano riflettere tutti quanti sul senso innanzitutto della nostra presenza qui in questa Assemblea, del nostro ruolo di rappresentanti e del nostro ruolo di portatori delle istanze che emergono dalla società civile che rappresentiamo. Sono passati solo cinque mesi dalla data di presentazione di questa mozione e dobbiamo notare quante cose sono cambiate nel nostro Paese in questi cinque mesi. Sono cambiate nella società civile che rappresentiamo, sono cambiate nei partiti, sono cambiate nelle istituzioni, sono cambiate anche nella massoneria, perlomeno in quella che è la sua massima rappresentanza italiana: nel Grande Oriente d'Italia. E questo proprio a dimostrare come in questa materia non ci possono essere certezze, non ci possono essere condizioni preconcette, che tentino di portare avanti delle tesi difficilmente sostenibili da valutazioni di carattere generale. Per quanto ci riguarda, come democratici cristiani, come appartenenti a un partito di ispirazione cristiana e popolare quale è quello democratico cristiano, credo che in questi cinque mesi sia avvenuto un fatto semplicissimo che a molti non può essere passato inosservato. Il manifesto di adesione al nostro partito, preparato dalla segreteria Martinazzoli, ha riproposto senza indugio quella che già esisteva all'interno della Democrazia Cristiana quale condizione di incompatibilità per la doppia adesione. Per un democratico cristiano non è possibile la doppia adesione al partito, a questo partito, a quello che sarà il nuovo partito popolare, e l'adesione alla massoneria. Noi abbiamo già risolto questo problema e probabilmente sarebbe troppo lungo rifare l'analisi storica dei rapporti tra massoneria e mondo cattolico, dei rapporti e dei ruoli che la massoneria ha avuto soprattutto alla fine dell'altro secolo nel contesto del processo di unificazione nazionale, nel processo direi di realizzazione della piena partecipazione dei cattolici alla vita democratica del Paese. Quello che oggi non dobbiamo fare, secondo me, è limitarci a fare un'analisi storica della massoneria. Credo che non sia questo il nostro compito; e non possiamo nemmeno permettere che per parlare di massoneria poi, nello schematismo che spesso ci caratterizza, dobbiamo anche inventare un contrappeso, che possa bilanciare, visto da un altro punto di vista, magari laico, la presenza nell'area cattolica di altre associazioni che possono avere gli stessi connotati. Sarebbe semplicistico, ma io penso fuorviante, contrapporre alle tesi che si espongono sulla massoneria, tesi che possono avere una qualche valenza, direi diametralmente opposta, speculare, che riguardino per esempio l'Opus Dei. E' chiaro che noi non stiamo trattando di un problema che riguarda la nostra valutazione di carattere morale, di carattere politico, culturale, intellettuale sull'appartenenza alla massoneria. Noi non ci permettiamo minimamente di intaccare il principio, che la Costituzione sancisce e riconosce, delle massime libertà individuali, per cui ciascun cittadino può aderire a qualsiasi associazione, può manifestare il proprio interesse per forme associative nella piena libertà di coscienza e nella piena e autonoma adesione personale. Noi non lo valutiamo, così come non ci permettiamo di dare giudizi morali su coloro che invece si sentono impegnati su questo fronte, su coloro che si sentono di aderire ad alcune associazioni, ai loro valori, ai loro riti, alle loro prospettive. Il problema non è questo, il problema è che la garanzia dei diritti costituzionali deve valere per tutti. E deve valere anche, ricordiamoci, nel rispetto dell'articolo 20 - per coloro che citano l'Opus Dei con abbondanza - quando dice che il carattere ecclesiastico, il fine di religione e di culto di una associazione o istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. Io credo che per l'Opus Dei sia stato chiarito - del resto mi sembra che lo stesso Dadea l'abbia fatto - il carattere religioso della congregazione, si tratta di fatto di una congregazione come quella dei frati minori osservanti, o dei cappuccini o dei frati conventuali o dei mercedari o delle tante congregazioni che rappresentano l'universo religioso. Sarebbe quanto mai strano citare l'Opus Dei e non i mercedari o i benedettini, anche se questi hanno una tradizione e un'appartenenza, una presenza nel mondo religioso secolare che l'Opus Dei invece non ha. Del resto è in corso in questo momento un processo di beatificazione, di santificazione, dello stesso fondatore dell'Opus Dei, quindi è nel pieno dello spirito e della tradizione religiosa nella quale si riconoscono a questo individuo un valore e una presenza spirituale e religiosa, non tanto una presenza e un valore temporale e materiale. Altrettanto devo dire per quanto attiene il tentativo di coinvolgere altre associazioni. Ho sentito parlare qui dell'Ordine di Malta, mi pare che l'abbia fatto il collega Porcu poco fa. Credo che anche questa sia un'associazione di carattere ben diverso; gode della extraterritorialità e credo abbia una propria sede in Via Frattina a Roma, ha proprie delegazioni, propri ambasciatori. Ciò non toglie che i cosiddetti cavalieri, che sono anche animati da spirito religioso, da una tradizione religiosa, possano svolgere attività di carattere sociale, umanitario e riunirsi alla luce del sole come fanno abitualmente. Il problema di fondo è un altro, il problema è la trasparenza degli atti e dei comportamenti di coloro che partecipano alla vita pubblica. Stiamo parlando espressamente di noi, cari colleghi, non stiamo parlando degli altri; perché il senso della mozione era proprio questo. La mozione è stata predisposta con lo spirito di rendere trasparente, prioritariamente, il comportamento di coloro che sono deputati ad essere e ad operare nelle sfere del potere, siano essi rappresentanti elettivi, siano essi rappresentanti della burocrazia che opera e, direi, agisce spesso in un sistema interrelato con gli stessi politici, con gli stessi rappresentanti. E' un periodo in cui necessitano trasparenze; credo che la società civile ci stia dimostrando come spesso le mediazioni si debbano superare con ritmi e con procedure estremamente accelerate, quali si richiedono in questo periodo, e come si debba in un certo modo rivedere il comportamento della classe politica. Se c'è un corpo sociale, se c'è un corpo civile, c'è, dobbiamo dirlo, anche un corpo politico in questa società; se, poi, questo corpo politico in parte è ammalato questo richiede altri momenti di analisi, di approfondimento sulla cura e le procedure con le quali asportare le parti malate a questo corpo politico. Ma certamente non possiamo negare che l'esigenza di trasparenza e di chiarezza sia un'esigenza che oggi va messa in primo piano nei nostri interessi e nelle nostre attenzioni. Stiamo vivendo un periodo di trasformazione, e credo che questo Consiglio regionale ultimamente con scelte anche difficili in qualche circostanza, abbia dimostrato quale capacità ha di affrontare il nuovo, di proporsi come forza, come assemblea, come istituzione attenta ai processi di cambiamento che la società civile ci richiede. Ecco, questa è un'altra occasione, nella quale noi dobbiamo dimostrare che vogliamo muoverci sul piano della trasparenza, sul piano del confronto con la società che ci esprime, dando alla stessa società i mezzi e le capacità per giudicarci nei nostri comportamenti.

Se tutti i comportamenti non sono chiari, se qualche comportamento è coperto da appartenenze a logge, ad associazioni di qualsiasi tipo che hanno, direi, come privilegio quello della segretezza, credo che manchino ai cittadini alcuni elementi fondamentali per poter giudicare coloro che operano per raggiungere il bene comune, in termini individuali e in termini collegiali, perché il problema è anche collettivo. E allora, in questo problema collettivo, credo che la stessa massoneria, che oggi si cita così abbondantemente nel bene e nel male, nel contesto della società e delle vicende italiane, si sia posta questo problema, lo abbiamo verificato quando il Grande Oriente d'Italia, mi sembra sia noto a tutti, si è spaccato ultimamente proprio su questo concetto, sulla necessità di rendere pubblici gli elenchi, di rendere trasparente l'adesione alla massoneria. Io non voglio tutelare certamente gli interessi della massoneria, credo che i massoni, quelli convinti soprattutto, lo sappiano fare meglio di me, ma credo che sia interesse della stessa massoneria avere trasparenza, avere chiarezza nelle proprie adesioni e nei propri comportamenti. E' un problema che abbiamo posto a livello di partiti quando si parla di rendere pubbliche le adesioni, ed è un problema che riguarda complessivamente la società. Qualche autorevole commentatore nazionale dice che se la massoneria non avesse quest'alea di segreto, quest'alea che la coinvolge in questa nube di segretezza, di misticità connessa all'esoterismo che la caratterizza nei riti, probabilmente molti non ambirebbero ad essere associati alla massoneria. Ma certamente ci deve far riflettere che il fenomeno massonico sia un fenomeno unitario, basta pensare alla Sardegna, i dati che ci sono stati forniti parlano di circa 17 logge con una presenza massiccia a Cagliari (solo nella città di Cagliari ce ne sarebbero 13) per un totale in Sardegna di circa 700 aderenti. Ora ci dobbiamo chiedere con franchezza perché le logge trovano la massima rispondenza a Cagliari, sede del potere politico, del potere accademico, del potere commerciale e finanziario della Sardegna e che ha al proprio interno questa presenza così straordinaria di logge massoniche. E così ne troviamo presenti nei grossi centri e certamente molto meno presenti man mano che i centri diventano minori, periferici, rurali. Quindi cosa caratterizza questa massoneria? E' lecito il dubbio che la vicinanza con le strutture, i centri del potere sia una vicinanza che ne favorisce la nascita, ne favorisce la crescita e l'affermazione. Ma ciò che dobbiamo porci come dubbio, sono proprio i criteri con i quali si accede alla massoneria. Io ho conosciuto dei massoni e dico che sul piano personale non ho niente da dire, sono persone degne del massimo rispetto; ma ho conosciuto incidentalmente anche qualcuno che non è massone e che si finge massone e che mi dice: "Io quando trovo uno che so che è massone lo saluto con metodi particolari della massoneria" - non so come si stringa la mano nella massoneria, ma credo che ci sia qualche metodo particolare, non c'è il collega Ladu, se no ci potrebbe dire quale sia il rituale del bacio massonico - perché è importante farsi ritenere massone, far sapere in certi ambienti che ci può essere una colleganza perché questa fratellanza vera o presunta può produrre dei risultati.

Certo, anche la fratellanza, la solidarietà che c'è nei partiti, nelle associazioni, anche nel circolo delle bocce probabilmente, spesso porta gli aderenti ad essere più vicini, a coloro che svolgono le stesse cose dal punto di vista culturale, dal punto di vista ricreativo. Ma se alcune associazioni nascono prioritariamente per prefigurare condizioni di privilegio, di autotutela che escludono anche la capacità degli altri di godere delle stesse possibilità di affermazione in alcuni settori, siano essi scientifici, accademici o imprenditoriali, dobbiamo dirci probabilmente che non stiamo prefigurando condizioni di giustizia e di egualità nella società che vogliamo rappresentare. Allora, perché non rendere trasparenti questi elenchi? E' un dibattito che la massoneria ha affrontato e abbiamo visto che negli ultimi tempi al proprio interno questo dibattito ha prodotto anche fratture. Diceva un nostro collega autorevole (bisogna ricordare che alcuni massoni come il collega Ladu sono passati in quest'Aula anche ricoprendo degli incarichi prestigiosi) l'onorevole Corona, in un convegno a Sassari, diceva come Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia: "Del resto, se volete gli elenchi andate a prenderveli perché sono depositati in Parlamento". Io chiedo all'ex collega Corona, che è stato Presidente di questa Assemblea, se lui non voglia riconoscere a questa Assemblea legislativa, ad un'Assemblea che rappresenta una Regione, che si vuole definire quasi Stato, ad una Regione che riafferma la propria condizione di specialità e di grande autonomia, anche nel contesto del neoregionalismo che sta emergendo sul piano nazionale, se non voglia riconoscere direi quasi la stessa valenza che si riconosce al Parlamento nazionale. E perché non dare anche a quest'Assemblea gli elenchi dei massoni sardi, come al Parlamento sono stati dati gli elenchi dei massoni italiani? Io glielo chiederei proprio con questo tono, non in un tono conflittuale, ma in un tono dialettico che lo porti a valutare questa realtà che noi vogliamo rappresentare, questo ruolo, che vogliamo riconoscere a quest'Assemblea come massima istituzione democratica di questa nostra Isola che vogliamo rappresentare.

Queste sono le cose che volevamo dire che riguardano appunto il sistema dei poteri, dei rapporti tra i vari centri di potere, il sistema che impone oggi un'esigenza prioritaria di chiarezza e di trasparenza. Qualcuno ha citato Bobbio e credo che non sia superato citarlo ancora: "Oggi il potere se è trasparente è un vero potere democratico, se non c'è trasparenza la democrazia è a rischio". Credo che tutto ciò che è stato in questi anni e che si sta manifestando oggi, con drammaticità nello scenario politico e sociale nazionale che ci coinvolge tutti, sia dovuto prioritariamente all'assenza di criteri di massima trasparenza nelle decisioni pubbliche, nelle decisioni politiche, nelle decisioni amministrative soprattutto ai massimi livelli. La vigilanza, che probabilmente non ha caratterizzato negli anni scorsi l'atteggiamento di noi singoli e l'atteggiamento del Consiglio regionale tutto, la vigilanza sull'esercizio del potere, sui comportamenti di coloro che abbiamo deputato a esercitare il potere, credo sia oggi un impegno prioritario che noi abbiamo il dovere di recuperare. Lo dobbiamo ai cittadini, ma se non dimostriamo con azioni coerenti, precise e tangibili che noi per primi vogliamo che si vigili su noi stessi perché possiamo vigilare sugli altri e complessivamente sui vari comportamenti della società nelle sue varie interrelazioni, probabilmente non saremo capiti. Quello che il Consiglio oggi può fare è un atto di grande testimonianza che parta prioritariamente da noi stessi, dal comportamento dei singoli; non è un comportamento che può essere visto in chiave persecutoria. Io personalmente non voglio perseguire nessuno, non voglio criminalizzare nessuno, né il collega Ladu che dichiara di essere massone - ho il massimo rispetto per la sua adesione alla massoneria autonoma, per le sue scelte - né altri colleghi che eventualmente lo fossero o che ancora non lo hanno dichiarato, ma credo che dobbiamo chiederlo con chiarezza, come dobbiamo chiedere con chiarezza che ciascuno di noi dichiari a quali altre associazioni partecipa, di qualsiasi tipo esse siano, di carattere culturale, religioso, sportivo perché la gente sappia anche di che tipo di interessi siamo portatori e che interessi e che affinità ci leghino con le altre frange della società civile che noi vogliamo recuperare, con coloro che ci hanno eletti, più guidati da istanze emotive che da raziocinio e da valutazioni ponderate sui nostri programmi e sulle nostre capacità di portarli avanti e sul nostro sistema di vita e di comportamento. Noi dobbiamo dare questa forte dimostrazione, la dimostrazione che vogliamo riproporci all'attenzione del popolo sardo come Assemblea che si vuole non autolegittimare ma che vuole riverificare la propria legittimazione con testimonianze concrete che servano a mettere in discussione la nostra appartenenza, il nostro comportamento, la nostra scelta di chiarezza e di trasparenza, una trasparenza che facciamo prima di tutto su noi stessi singolarmente, che vogliamo fare collegialmente come membri di questa Assemblea perché al principio della trasparenza massima dobbiamo richiamare l'intera società civile sarda, l'intero corpo sociale che ci esprime e non solo il corpo elettorale. Dobbiamo richiamare ai valori più grandi della vigilanza la nostra società. Se faremo questo non avremo perso tempo e questa discussione, alla quale tanti hanno partecipato con impegno e con grande sforzo di contributo e di analisi, non sarà tempo perso. Non avremo fatto del male alle condizioni sociali ed economiche della Sardegna. E' mistificatorio dire che quando si parla di problemi di carattere generale si dimenticano, si trascurano o si maltrattano i problemi che riguardano lo sviluppo e l'occupazione. Noi facendo queste cose potremo affrontare probabilmente con maggiore chiarezza e con maggiore trasparenza anche azioni e compiti successivi, che riguardano le scelte che noi faremo sui processi di sviluppo, le scelte che noi faremo sulla capacità d'indirizzo della spesa di questa Regione, le scelte che noi faremo sui grandi temi che avremo di fronte il prossimo periodo e i prossimi anni. Ecco perché io mi auguro che questa Assemblea approvi questa mozione, e come Gruppo democratico cristiano di questo Consiglio, siamo disponibili chiaramente, ad approvare questa mozione, nello spirito che abbiamo detto e ci auguriamo che anche la Giunta si muova sulla stessa linea.

PRESIDENTE. Poiché non vi sono altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione.

I lavori del Consiglio riprenderanno stasera alle ore 17 con le dichiarazioni della Giunta.

La seduta è tolta alle ore 12 e 51.