“Ci vuole coraggio per proporre un testo sul diritto costituzionale regionale oggi che le Regioni, come è emerso anche dalle vicende della pandemia, hanno dimostrato la loro crisi”. Lo ha affermato il prof. Roberto Bin dell’Università di Ferrara, aprendo il convegno sul libro “Lineamenti di diritto costituzionale della Regione Sardegna”, presentato nella sala Transatlantico del Consiglio regionale.
In un intervento critico e a tratti severo, il prof. Bin ha rimproverato alle Regioni di aver perduto la loro “anima costituente” a favore di una visione più politica che legislativa dalla quale sono scaturite pochissime leggi, non tutte fondamentali, il cui obiettivo principale è stato quello di introdurre “deroghe” all’ordinamento statale. In proposito, il giurista ha citato la legge urbanistica dell’Emilia Romagna che, da un lato, ha fissato il principio di mettere fine al consumo del territorio ma, dall’altro, ha indicato la scadenza del 2050 per il raggiungimento di tale obiettivo. Una legge simile, ha osservato, è stata bocciata in Germania, proprio perché non teneva conto del fatto che prevedere un termine tanto lontano faceva venir meno il senso di una programmazione che non può che essere rivolta alle nuove generazioni.
Con questo volume, ha concluso, si imbocca un’altra strada, quella di costruire una autonomia fondata su presupposti diversi e su una legislazione regionale che, settore per settore, prova a riappropriarsi della sua “anima”.
Subito dopo il saluto del presidente del Consiglio regionale Michele Pais in collegamento da Torino, dove stava partecipando ad un incontro istituzionale. Pais ha sottolineato l’utilità del contributo della cultura giuridica al miglior funzionamento delle istituzioni, soprattutto per quanto riguarda gli ambiti non compiutamente disciplinati dallo Statuto speciale Mi auguro quindi, ha aggiunto, che la collaborazione con le Università sarde, anche attraverso tavoli tematici nei quali impostare la necessaria riflessione sullo stesso Statuto e sulla legge 1 sull’organizzazione della Regione, si sviluppi in modo sempre più incisivo nell’interesse delle stesse istituzioni e della comunità regionale.
I lavori del convegno sono poi ripresi con l’intervento della professoressa Anna Maria Poggi dell’Università di Torino, secondo la quale il libro è tanto coraggioso quanto “doveroso” perché analizza la specialità regionale senza nascondere i problemi ma individuando una prospettiva.
Le Regioni speciali, ha continuato, hanno cercato di caratterizzarsi come un “laboratorio istituzionale” ma poi hanno progressivamente perduto questa originalità quasi rassegnandosi ad un appiattimento generale che ha finito per toccare anche i partiti autonomisti. Tuttavia, ha detto ancora, esistono ancora spazi per l’affermazione dell’autonomia regionale, a condizione che si punti sull’identità culturale senza tralasciare alcune questioni di fondo, sia economiche che di sistema. Fra queste, la Poggi ha ricordato l’insularità (“non esiste al mondo un’isola senza uno Statuto speciale”) riconosciuta anche dalla sentenza della Corte costituzionale n.6 del 2019 secondo la quale la stessa insularità costituisce uno “svantaggio” che lo Stato deve compensare, in termini di sostegno economico e promozione dello sviluppo. Così come, ha continuato, lo stesso Trattato istitutivo dell’Unione europea richiede politiche specifiche per le aree insulari del continente.
E’evidente però, ha rilevato la costituzionalista, che né lo Stato né l’Unione Europea hanno fatto per intero la loro parte perché, ad esempio, la materia della continuità territoriale che tocca da vicino gli interessi vitali della Sardegna, è sostanzialmente sterilizzata a livello europeo dalla normativa sugli “aiuti di Stato”; e da’altra parte è vero che anche le Regioni hanno perduto occasioni importanti dimostrando scarsa capacità di utilizzare bene i fondi europei.
Nonostante i problemi di una politica nazionale e regionale di corto respiro e di un sistema di “regole” europee che non funzionano, ha concluso la professoressa Poggi, possiamo ragionevolmente aspettarci un recupero da parte delle Regioni della loro caratteristica di “laboratorio istituzionale”, nell’ambito di una più generale riforma dello Stato.
(Af)