Il legame tra la Sardegna e la terra di Argentina è antico. Ad esso si intrecciano questioni affettive, ma anche dolorose scelte esistenziali, caratterizzate da un fenomeno migratorio che ha attraversato quasi ininterrottamente la fine del 1800 e buona parte del secolo appena trascorso. I sardi d’Argentina, come oggi per lo più vengono definiti, sono uomini, donne e bambini che hanno percorso la loro vita nel perenne dilemma se mantenere o meno la loro identità e le loro radici.
Oggi sappiamo che gran parte di loro, dei loro figli e nipoti, continua a sentirsi in qualche modo intimamente legato all’Isola, anche solo per averla sentita nei racconti strazianti dei loro nonni e dei loro genitori. Sono storie che si intrecciano con la memoria collettiva del popolo sardo, da sempre abituato ad attraversare il mare per andare a cercare fortuna e lavoro in posti lontani. Storie legate a scelte politiche, a scelte di resistenza estrema, come il fenomeno dell’emigrazione antifascista tra gli anni Venti e gli anni Trenta del Novecento. Sono storie legate al golpe militare, alla tragedia di una nazione che festeggiava per le strade di Buenos Aires la vittoria della Coppa del Mondo di calcio, mentre si consumava il dramma dei desaparecidos, tra i quali vi furono anche gli argentini di Sardegna.
Fino ad arrivare al dramma della recente crisi economica, alla difficoltà di condurre una vita dignitosa. Nuovi fallimenti e nuove tentazioni di fuga, come se non ci fosse mai una vera fine al fenomeno dell’emigrazione. Per questo dico che il convegno di oggi, al quale avrei voluto apportare personalmente il mio contributo, è un evento che ha il compito di attraversare una parte importante della storia sarda.
L’emigrato in Argentina è sempre stato, nell’immaginario collettivo, un emigrato estremo, davvero lontano da tutto e da tutti. Perché degli Stati Uniti si parlava, di quel paese, posto alla fine del mondo, invece no.
L’attenzione delle Istituzioni regionali su questo tema deve essere sempre alta, così come elevato deve rimanere il dialogo e il confronto della classe dirigente con i circoli dei sardi all’estero, che rappresentano spesso l’unico legame con la terra madre. L’unico luogo dove ancora è possibile esplicare una qualche forma di identità.