Buona serata a tutti,
per un attimo stando qui con tutti voi, in questo meraviglioso clima di festa e di allegria, mi sono illuso di far parte di un paese normale, di un paese dove i cittadini sono tutti uguali, di un paese attento ai diritti civili e umani della sua gente.
Per un momento mi è sembrato di far parte di una democrazia matura e progredita che accoglie le diversità e rifiuta l´omologazione e dove laicità, parità e dignità sono principi invalicabili. Un paese, insomma, in cui tutti si sentano parte della società, con uguali diritti e uguali doveri.
Ho patrocinato il Pride come presidenza del Consiglio Regionale e sono qua perché mi sembra una cosa importante, una cosa normale, in realtà è il fatto che qualcuno si meravigli la vera anormalità.
Ma l’Italia non è ancora un paese normale perché non può essere normale un paese in cui le donne sono offese nella loro autodeterminazione personale e genitoriale.
Non è normale una società dove si dichiara che le cause della criminalità siano iscritte nel DNA dei cittadini di etnie e nazioni diverse e non nel loro sfruttamento, nella loro povertà, nel loro essere emarginati.
Non è normale una società dove le istituzioni sbarrano le porte ai bisogni reali delle persone, alle loro esigenze, alle loro forme di amore, impedendone lo sviluppo pieno e sereno.
Non è normale una società che cerca di associare la pedofilia all’ omosessualità, una società dove le persone sieropositive devono nascondere la loro malattia, una società che non garantisce piena cittadinanza alle persone diversamente abili.
Non è normale uno Stato che non applica la propria Costituzione là dove garantisce i diritti fondamentali delle cittadine e dei cittadini, il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il diritto alla felicità. E che non si stanca, invece, di emendarla continuamente.
Qui, di fronte a me, ci sono troppe persone a “cittadinanza dimezzata”, prive dei diritti che spettano alle cittadine e ai cittadini eterosessuali. Persone alle quali è vietato sposarsi, adottare figli, unirsi civilmente, ereditare.
In Italia le persone Lesbiche Gay Bisessuali Trasgender Intersessuali e Queer continuano a subire discriminazioni in famiglia, sul lavoro, nella scuola, nella società senza potersi avvalere di alcun strumento giuridico specifico che le tuteli. PAUSA
Ho sempre pensato che i diritti di parità e di libertà non fossero materia negoziabile ma purtroppo mi rendo conto che non è stato così.
Sono passati 20 anni dal primo gay pride e ne sono passati 66 dall‘ entrata in vigore della nostra Costituzione che, al secondo comma di quell’ art. 3 che stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione…”, affida ” alle Istituzioni repubblicane il dovere di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana…..
Ebbene le istituzioni hanno fallito, non sono state all’altezza del ruolo che la Costituzione gli affida; in questi 20 anni, in questi 66 anni, il nostro paese non ha fatto segnare alcun passo avanti.
E questo nonostante i continui richiami e le crescenti pressioni da parte dell’Unione Europea.
Quella stessa Unione che inseguiamo ciechi nelle politiche economiche di austerità ma che ci lascia indifferenti quando ci parla di diritti negati.
Voi con la giornata di oggi avete dimostrato, ancora una volta, che la società civile è molto più avanti del potere che la rappresenta, avete creato una rivoluzione pacifica che vi vede uniti a tutti coloro che credono in un mondo più giusto ed equo. Al muro di indifferenza, di chiusura, di emarginazione voi avete opposto il vostro essere persone, cittadine, cittadini, il vostro essere famiglia, il vostro essere genitori.
L’ Italia è rimasta ferma mentre il vostro movimento è andato avanti anche perché le vostre battaglie e le vostre rivendicazioni appartengono a tutte le persone che stanno dalla parte della laicità dello stato e delle istituzioni, che chiedono pari opportunità e pensano che una società è migliore solo se è migliore per tutti.
Per questo vi chiedo di continuare a lottare e ad incalzare le istituzioni senza curarvi del colore politico.
Noi, le Istituzioni, abbiamo il dovere di dare segnali chiari, di dire parole nette, di essere coraggiosi, abbiamo il dovere di essere interpreti delle esigenze di libertà, laicità e progresso che voi e chi vi sostiene continuano a pronunciare da decenni, inascoltate.
Certo l’avanzamento dei diritti necessita di leggi nazionali come quelle che sono già vigenti negli altri Stati europei ma sono convinto che non sia più il momento di delegare. Credo che, a livello territoriale, anche le Regioni e i Comuni abbiano rilevanti competenze e possano intervenire per migliorare le condizioni di vita delle persone Lesbiche Gay Bisessuali Trasgender Intersessuali e Qeer, degli immigrati, delle donne.
E questo, sia attraverso azioni dal forte valore simbolico, come l’approvazione del Registro delle Unioni civili, sia attraverso azioni concrete nel campo dei servizi sanitari, della formazione, dell’istruzione e della sanità che riescano a combattere le discriminazioni e a creare coscienze collettive inclusive.
Se lo Stato rimane immobile abbiamo il dovere di provare, almeno, a costruire una Sardegna più giusta.
Alghero, lì 28 giugno 2014