Sassari, lì 25 Aprile 2016
Sig. Sindaco, il mio saluto personale e quello del Consiglio regionale a Lei, a tutte le autorità presenti, e a tutti coloro che hanno voluto condividere con noi questa giornata di celebrazione dei 71 anni della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.
Sabato, come Consiglio regionale, abbiamo voluto celebrare il 25 Aprile a Carbonia, un territorio che come il nostro soffre una crisi occupazionale senza precedenti, e lo abbiamo fatto coinvolgendo gli studenti delle scuole superiori, perché a loro spetta il compito di custodire, difendere ed estendere i valori che la lotta di liberazione ci ha consegnato.
Insieme al 71esimo anniversario della Liberazione abbiamo voluto celebrare il 70esimo del voto alle donne perché siamo convinti che solo una società con pari opportunità sia una società non solo giusta ma migliore e abbiamo chiesto a Marisa Ombra, partigiana e vice presidente dell’Anpi, di raccontare cosa vuol dire essere donna e partigiana, cosa vuol dire lottare per i diritti e le conquiste che oggi sembrano scontati, e cosa vuol dire vedere che c’è ancora tanta strada da fare.
Abbiamo bisogno del punto di vista dei protagonisti della Resistenza, che guardate non sapevano come sarebbe andata a finire, perché decenni di celebrazioni liturgiche finiscono per dimenticare gli uomini e le donne, e le loro reali motivazioni.
Sono sicuro che per gli studenti sia stato un giorno importante e che delle parole di Marisa Ombra si ricorderanno.
E devo dire che lo è stato anche per me.
L’Italia è arrivata molto tardi al suffragio universale, solo nel 1946 veniva rimosso il divieto di elettorato passivo e attivo per le donne, pensate che donne straordinarie come Grazia Deledda poterono vincere il Nobel ma non votare.
E ancora oggi il nostro Paese non ha concluso quel percorso culturale di emancipazione e liberazione, che vedeva nel suffragio universale il primo passo verso le pari opportunità, verso l’uguaglianza.
Abbiamo fatto passi importanti in Italia, il divorzio, l‘aborto, la violenza sessuale come reato contro la persona, ma il processo culturale è ancora lungo. Continuamente riemergono rigurgiti reazionari che invocano l’abolizione della legge sull’aborto, che pretendono di far tornare indietro il paese.
E di pochi giorni fa la notizia vergognosa della condanna da parte del Consiglio d’Europa dell’Italia perché è troppo difficile accedere ai servizi di interruzione di gravidanza.
Ancora oggi la retribuzione media delle donne è inferiore a quella degli uomini.
I dati sui licenziamenti per maternità sono allarmanti.
Rimane irrisorio il numero di donne nelle istituzioni e solo la scorsa legislatura la Regione Sardegna ha bocciato con il voto segreto di un parlamento di uomini, la doppia preferenza di genere. Una vergogna da cancellare al più presto.
Il femminicidio: 100 i casi dall’inizio dell’anno, ogni 3 giorni nel nostro paese viene uccisa una donna perché è donna.
Sono convinto che il 25 Aprile non debba essere solo una giornata di commemorazione ma debba servire per fare nascere in tutti noi la voglia di diventare tutti partigiani.
Abbiamo bisogno di riprendere le file della storia da dove ci siamo interrotti 70 anni fa, abbiamo bisogno di indignarci di nuovo, di dare continuità alle conquiste idealmente rappresentate nella Costituzione, ma non ancora attuate.
Perché quello che sta accadendo nel mondo non è purtroppo troppo diverso da quello che accadeva allora. L’Italia fascista coloniale e trionfale che si risveglia in guerra.
Quello che sta accadendo nel mondo non può lasciarci indifferenti.
L’Europa che ha vissuto la tragedia della guerra, che ha conosciuto il nazismo è impreparata e reagisce istericamente chiudendo le sue frontiere a chi fugge dalla guerra, a chi è perseguitato.
Le immagini di questa umanità disperata che ci chiede aiuto ci riportano alla mente quelle di allora.
Oggi dimentichi della storia, nel mondo si ergono troppi muri. Allora i muri dei ghetti, i muri dei campi di concentramento, oggi i muri in Palestina, in Messico, in Spagna e ultimi i muri alle nostre frontiere, tra gli stati della civile Europa.
Abbiamo alimentato troppe guerre divisi tra interventisti e non interventisti, chiamandole missioni di pace: l’Afganistan, l’Iraq, la Libia, e ultima in ordine di tempo, la Siria.
Quello che sta succedendo ci scuote quando arriva a Parigi, a Bruxelles, perché capiamo che la guerra può arrivare sino a noi, ma la morte di 500 profughi annegati non fa più notizia.
Non siamo capaci di piangere per questo esodo biblico, ne di dargli risposte credibili.
La nostra generazione ha la responsabilità di aver forse sprecato la lezione che ci ha dato la storia, vanificando la morte di chi ha combattuto per la nostra libertà, ma non è mai troppo tardi per risvegliarsi e per cambiare la storia.
Dobbiamo chiedere ai giovani di essere migliori di noi. Di fare politica dentro o fuori dai partiti perché se noi non siamo stati all’altezza, lo devono essere loro.
Bisogna studiare la storia e informarsi sul presente, bisogna essere avidi di conoscenza perché un paese colto, informato, reagisce alla storia, la scrive e non la subisce.
Non dobbiamo mai dimenticare che nessuna vittoria è irreversibile, che la nostra democrazia è un bene delicato che attecchisce – come diceva Tina Anselmi – attraverso la responsabilità di tutto il popolo e che la pace e la libertà di cui ha goduto la mia generazione, proprio grazie al sacrificio dei tanti che fecero la Resistenza, non sono eterne ma vanno difese e conquistate ogni giorno. Per questo serve l’ impegno di tutte e tutti, ma sopratutto dei più giovani.
Buona Festa della Liberazione a tutte e tutti!
Gianfranco Ganau
Presidente Consiglio regionale della Sardegna