Sig. Sindaco, il mio saluto personale e quello del Consiglio regionale a Lei, a tutte le autorità presenti, e a tutti coloro che hanno voluto condividere con noi questa giornata di celebrazione dei 71 anni della Liberazione dell’Italia dal nazi- fascismo e dei 70 anni del voto delle donne. Un saluto particolare ai più giovani, agli studenti qui presenti, che ringraziamo per la disponibilità, perché a loro spetta il compito di custodire, difendere ed estendere i valori che la lotta di liberazione ci ha consegnato.
Ringrazio il Sindaco e l’amministrazione per aver voluto condividere con noi quest’ iniziativa. Grazie all’ANPI e alla sua vice-presidente che ci onora con la sua presenza.
Anche quest’anno abbiamo scelto di celebrare la liberazione fuori dalla cinta del Consiglio regionale convinti che l’istituzione debba fare uno sforzo maggiore nel suo compito di rappresentanza dei cittadini. E siamo qua a Carbonia perché questo territorio che ha subito, forse più di altri, le conseguenze nefaste della crisi, merita tutta la nostra attenzione. Non è un caso se i nostri padri costituenti hanno posto, nell’art. 1, il lavoro come fondamento reale della nostra Repubblica.
Il lavoro come valore, perché consente il naturale sviluppo della persona, perché è con il lavoro che si acquista la possibilità e il diritto di assicurare a se stesso e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Oggi, giornata della liberazione, il mio pensiero non può non andare alle tante donne e ai tanti uomini che lottano per il proprio lavoro, alle tante vertenze irrisolte, ai lavoratori dell’Alcoa.
Dobbiamo fare uno sforzo maggiore per uscire al più presto possibile dalla crisi, creando attività produttive e posti di lavoro dignitosi e sicuri che allevino quella che è e che resta una vera e propria emergenza sociale.
Dobbiamo impegnarci perché quel valore non rimanga mera annunciazione, perché anche io come Smuraglia, presidente dell’ANPI, non accetterò che quell’articolo possa considerarsi implicitamente abrogato.
Abbiamo ritenuto importante celebrare insieme al 71esimo anniversario della Liberazione, il 70esimo del voto alle donne perché siamo convinti che solo una società con pari opportunità sia una società non solo giusta, ma migliore e abbiamo chiesto a Marisa Ombra di farci l’onore di essere qui, per raccontarci cosa vuol dire essere donna e partigiana, cosa vuol dire lottare per diritti e conquiste che oggi sembrano scontati e cosa vuol dire vedere che c’è ancora tanta strada da fare.
Abbiamo bisogno del punto di vista dei protagonisti della Resistenza, che guardate non sapevano come sarebbe andata a finire, perché decenni di celebrazioni liturgiche finiscono per dimenticare gli uomini e le donne, e le loro reali motivazioni.
L’Italia è arrivata molto tardi al suffragio universale, solo nel 1946 veniva rimosso il divieto di elettorato passivo e attivo per le donne che il 10 marzo, in occasione delle amministrative, esercitarono per la prima volta il diritto di voto.
Pensate che donne straordinarie come Grazia Deledda poterono vincere il Nobel ma non votare.
E ancora oggi il nostro paese non ha concluso quel percorso culturale di emancipazione e liberazione, che vedeva nel suffragio universale il primo passo verso le pari opportunità, verso l’uguaglianza.
Abbiamo fatto passi importanti nel nostro paese, il divorzio, l‘aborto, la violenza sessuale come reato contro la persona, ma il processo culturale è ancora lungo.
Continuamente riemergono rigurgiti reazionari che invocano l’abolizione della legge sull’aborto, che pretendono di far tornare indietro il paese.
E di pochi giorni fa la notizia vergognosa della condanna da parte del Consiglio d’Europa dell’Italia perché è troppo difficile accedere ai servizi di interruzione di gravidanza.
Ancora oggi la retribuzione media delle donne è inferiore a quella degli uomini.
I dati sui licenziamenti per maternità sono allarmanti.
Rimane irrisorio il numero di donne nelle istituzioni e solo la scorsa legislatura la regione Sardegna ha bocciato con il voto segreto di un parlamento di uomini, la doppia preferenza di genere.
Il femminicidio: 100 i casi dall’inizio dell’anno, ogni 3 giorni nel nostro paese viene uccisa una donna perché è donna.
Oggi, vorrei che non fosse solo una giornata di commemorazione ma vorrei che servisse per fare nascere in voi e anche in me la voglia di diventare tutti partigiani, cioè la voglia di essere protagonisti in prima persona del cambiamento, della conquista di quei diritti, contenuti nella Costituzione, ispirati dalla lotta di resistenza, non ancora realizzati.
Basterebbe ricordare la vivacità o se si preferisce la virulenza della partecipazione politica di massa e degli scontri ideologici dell’immediato dopo guerra a segnalare come merito secondario della Resistenza l’aver permesso una ripresa della parola dal basso. Se non un nuovo senso dello stato, crescono comunque un protagonismo popolare, un desiderio di partecipare alla vicenda collettiva mai sperimentati nei 20 anni precedenti, dove il fascismo aveva in gran parte spoliticcizato e appiattito la società, occupando tutti i settori vitali della vita collettiva: la piazza, la cattedra, l’informazione.È indispensabile capire cosa erano gli italiani, e indispensabile non trascurare il fatto che la stragrande maggioranza degli accademici italiani, degli insegnanti di ogni ordine e grado, giornalisti, uomini di cultura hanno chinato il capo, quando non aderito intimamente, alla retorica, all’estetica, alle leggi razziali , ai sogni imperiali, al progetto culturale e pedagogico fascista.
Persino un uomo straordinario come Giame Pintor, simbolo per noi della Resistenza scrivono “……che non si sarebbero mai impegnati nella lotta antifascista se la guerra non fosse arrivata in casa”.
Mi rendo conto che per voi sia difficile capire perché oggi per usare le parole di Marisa Ombra viviamo la brutta politica e perché il fascismo, la guerra, la resistenza vi sembrano troppo lontani.
Ma guardate, abbiamo bisogno di riprendere le file della storia, abbiamo bisogno di indignarci di nuovo.
Perché quello che sta accadendo nel mondo non è purtroppo troppo diverso da quello che accadeva allora. L’Italia fascista coloniale e trionfale che si risveglia in guerra.
I tempi di quella e di questa gioventù hanno qualcosa in comune.
Quello che sta accadendo nel mondo non può lasciarci indifferenti.
L’Europa che ha vissuto la tragedia della guerra, che ha conosciuto il nazismo è impreparata e reagisce istericamente chiudendo le sue frontiere a chi fugge dalla guerra, a chi è perseguitato.
E quei profughi, ragazzi, avevano, anzi hanno i vostri stessi sogni, le vostre stesse ambizioni e speranze: un amore, l’istruzione, un lavoro, un futuro.
Le immagini di questa umanità disperata che ci chiede aiuto ci riportano alla mente quelle di allora.
Oggi, dimentichi della storia nel mondo, si ergono troppi muri. Allora i muri dei ghetti, i muri dei campi di concentramento, oggi i muri in Palestina, in Messico, in Spagna e ultimi i muri alle nostre frontiere, tra gli stati della civile Europa.
Abbiamo alimentato troppe guerre divisi tra interventisti e non interventisti, chiamandole missioni di pace: l’Afganistan, l’Iraq, la Libia, e ultima in ordine di tempo la Siria.
Quello che sta succedendo ci scuote quando arriva a Parigi, a Bruxelles, perché capiamo che la guerra può arrivare sino a noi, ma la morte di 500 profughi annegati non fa più notizia.
Non siamo capaci di piangere per questo esodo biblico.
La nostra generazione ha forse la responsabilità di non aver compiuto sino in fondo la lezione che ci ha consegnato la storia.
Dovete esser migliori di noi.
Dovete fare politica.
La Politica, quella vera, è una cosa bella, significa essere a disposizione della comunità, operare per l’interesse comune , per la realizzazione dei diritti universali, per l’uguaglianza sociale. Questa è la politica che bisogna fare, dentro o fuori dei partiti. Spetta a voi riportare a piena dignità una delle azioni più nobili dell’individuo: operare per gli altri. Per questo dovete fare politica.
Dovete studiare la storia e informarvi sul presente, dovete essere avidi di conoscenza e dovete reagire all’apatia di un Europa dormiente perché un paese colto, informato, reagisce alla storia, la scrive e non la subisce.
Non dovete mai dimenticare che nessuna vittoria è irreversibile, che la nostra democrazia è un bene delicato che attecchisce come diceva Tina Anselmi attraverso “la responsabilità di tutto il popolo” e che la pace e la libertà di cui avete goduto come generazione, proprio grazie alla Resistenza, sino ad oggi, non sono eterne ma vanno difese e conquistate ogni giorno. Per questo serve il vostro impegno.
Buona Festa della Liberazione a tutti!
Gianfranco Ganau
Presidente Consiglio regionale della Sardegna
Prima di lasciare la parola a Marisa Ombra vorrei invitare qua sul palco Modesto Melis per ringraziarlo dell’opera instancabile di divulgazione che compie. Da oltre trent’anni è impegnato a raccontare agli studenti nelle scuole della nostra isola la sua esperienza da deportato durante la seconda guerra mondiale. A lui, alla sua esperienza e testimonianza, il Consiglio regionale della Sardegna vuole rendere omaggio….