Convegno Grazia Deledda

Sassari, 25 maggio 2017

Buonasera a tutte e tutti,

è con piacere che porto il mio saluto e quello dell’intero Consiglio regionale della Sardegna a questo convegno che vuole celebrare e ricordare la figura di Grazia Deledda.

Un ringraziamento particolare va al Dipartimento di Scienze umanistiche e sociali dell’Università di Sassari e – consentitemi – all’onorevole Alessandra Zedda che ha fortemente voluto questo appuntamento.

Ricordare la figura di Grazia Deledda significa ricordare la più grande scrittrice italiana, ancora oggi l’unica donna italiana insignita del premio Nobel alla letteratura nel 1926 «per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano».

Scrittrice generosissima che mantiene ben evidenti in tutte le sue opere i legami con la Sardegna di quell’epoca, dove i suoi personaggi prendono corpo, operando in un mondo aspro che rappresenta perfettamente la nostra isola, affrontando dei temi che non vengono condivisi dai conterranei dell’epoca.

Ma la storia di Grazia Deledda rappresenta anche il modello di donna che ha saputo dimostrare una forza tale da superare i pregiudizi sociali, che ha saputo imporsi in un mondo letterario allora riservato solo agli uomini.

Grazia Deledda nasce a Nuoro il 27 settembre del  1871, allora un borgo di appena seimila anime, dove riuscì a sottrarsi alla condizione di emarginazione sociale cui erano condannate le donne sarde in una società dominata dagli uomini.

Autodidatta, le concezioni e le regole di allora non consentivano ad una donna di seguire studi superiori, la Deledda aveva ben chiaro cosa  fare ed aveva coscienza del proprio valore.

Il percorso non fu semplice: a 17 anni le prime pubblicazioni che raccontano amori passionali e fatali, pubblicate sulle pagine dell’Ultima Moda, scatenano le reazioni di un intero paese. La benpensante società nuorese si sentì offesa di ospitare nella sua comunità una fanciulla che bisognava mettere al bando per l’audacia che aveva manifestato raccontando storie non adatte alle giovanette, e per le scelte libere dalla rigida sottomissione alle regole  di un mondo patriarcale.

A 28 anni lascia Nuoro per Cagliari dove conosce il marito e si sposa con l’aspirazione di trasferirsi a Roma agognata “Gerusalemme artistica”, sogno che riuscirà a realizzare nel febbraio del 1900.

Qui, conscia ed orgogliosa della propria arte, alimenta la sua  ambizione di conoscenza e notorietà, intessendo con caparbietà una rete di rapporti che la mette al centro di un mondo culturale all’avanguardia.

È ospite ai tè della regina Margherita, circondata dal  fior fiore degli intellettuali dell’epoca, che tanto apprezzava i suoi romanzi.

Frequenta il salotto del sabato sera di casa Prini animato, tra gli altri, da artisti come Boccioni, Balla e Sironi.

Si pone al centro di un mondo culturalmente all’avanguardia per ingegni creativi di risonanza internazionale nel campo della musica, della scrittura e delle arti visive e diviene tramite prezioso per gli artisti sardi che si rivolgono a lei per entrare nel mondo artistico nazionale (è il caso di Giuseppe Biasi e di Mario Mossa De Murtas).

La sua strada la costruì pezzo per pezzo, promuovendosi come la migliore agente letteraria di se stessa. Donna capace di credere nelle proprie capacità e in qualche modo innovatrice nella comunicazione e nella promozione, come testimoniato dalla sua copiosa corrispondenza con critici e letterati.

Mantiene ancora oggi il primato di essere l’unica donna italiana vincitrice del Nobel per la letteratura, eppure, rimane colpevolmente ai margini e misconosciuta nei programmi di studio.

Per questo voglio ringraziare l’onorevole Elena Centemero, oggi qui con noi, che da undici anni porta avanti con convinzione una battaglia volta a promuovere la conoscenza dell’opera di Grazia Deledda, nonché prima firmataria della mozione parlamentare per la valorizzazione delle sue opere che, a 90 anni dal riconoscimento del premio Nobel, impegna il Governo ad una rivalutazione, conoscenza e studio nelle scuole dell’opera deleddiana;  un’azione mirata che sia in grado di promuovere il suo percorso artistico e di vita come parte integrante della nostra memoria, non solo letteraria ma anche civica, rappresentando ancor oggi  un modello di emancipazione femminile.

E a riguardo, proprio perché credo che il compito delle istituzioni sia anche quello di impegnarsi in azioni di questo tipo volte alla conoscenza e alla divulgazione, consentitemi di ricordare in questa sede la mostra che l’anno scorso il Consiglio regionale della Sardegna ha voluto allestire all’interno del Palazzo di via Roma a Cagliari, dal titolo “Stato di Grazia. Artisti e opere intorno a Grazia Deledda”,  a 80 anni dalla sua scomparsa e a 90 anni dal conferimento del Premio Nobel per la letteratura.

L’esposizione dedicata alla Deledda ripercorreva attraverso un racconto per immagini i momenti più significativi che hanno contrassegnato la vita e l’opera della scrittrice. Curato da Davide Mariani, il percorso espositivo proponeva anche alcuni inediti appartenenti al patrimonio del Consiglio regionale: i manoscritti e le corrispondenze tra la scrittrice sarda e l’intellettuale sassarese Luigi Falchi tra il 1891 e il 1928. La raccolta è stata donata alla Biblioteca del Consiglio regionale dagli eredi dello scrittore, poeta e giornalista, nel 1999. In mostra avevamo  anche una ricca  selezione dei suoi più celebri romanzi, esposti per l’occasione in edizioni d’epoca, come La via del male, Canne al vento, Marianna Sirca e L’incendio nell’oliveto. In tre mesi  la mostra ha richiamato oltre 4800  visitatori.

Ecco credo che iniziative di questo tipo, così come il convegno di oggi, si inseriscano a pieno diritto in un percorso virtuoso di conoscenza e divulgazione.

Non mi resta che augurare a tutti un buon lavoro.

Gianfranco Ganau

Presidente Consiglio regionale della Sardegna

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