Celebrazioni de Sa Die de Sa Sardigna in Consiglio regionale

Cagliari, 28 aprile 2023 – Con l’esecuzione dell’inno sardo “Su patriotu sardu a sos feudatarios” di Francesco Ignazio Mannu, interpretato da Maria Giovanna Cherchi, si sono aperte in Consiglio regionale, le celebrazioni de Sa Die de Sa Sardigna, la festa del popolo sardo in ricordo della insurrezione popolare del 1794 con la quale vennero cacciati da Cagliari i piemontesi e il vicerè Balbiano.

Subito dopo il presidente del Consiglio Michele Pais ha letto il messaggio di saluto del presidente della Camera Lorenzo Fontana all’Assemblea sarda: “La rievocazione di questa pagina affascinante di storia – ha scritto Fontana – rappresenta un’importante occasione per esprimere il senso di appartenenza alle proprie tradizioni storiche e culturali che contribuiscono a creare un senso di appartenenza collettiva».

Anche il presidente Pais, nel suo discorso ufficiale, ha sottolineato l’importanza della ricorrenza a trent’anni dall’approvazione della legge istitutiva de Sa Die (14 settembre 1993): «Tre decenni in cui si rinnova l’orgoglio della gente di Sardegna, in cui ci si richiama a valori comuni di unità e di condivisione, in cui si celebrano i valori più alti dell’autonomia, della cultura e di una storia millenaria – ha detto Pais – la legge n. 44 istitutiva de “Sa Die” venne pensata per ufficializzare e solennizzare il ricordo di uno dei momenti più significativi della storia moderna della nostra Isola. Il provvedimento segnò l’avvio di una nuova stagione politica più attenta ai temi delle identità, generò una profonda riflessione sulla necessità di pensare a un nuovo modello di gestione dell’istituto autonomistico e incentivò lo studio della nostra specialità rapportandola al mutare dei tempi. Da allora, ogni 28 aprile, le istituzioni isolane, la società civile e il mondo della cultura rivivono con orgoglio quello che è il giorno che ricorda il riscatto dei sardi dall’oppressione e dalla tirannia piemontese alla fine del Settecento».

Una giornata che oggi si riempie di  nuovi significati e diventa quanto mai attuale visti i temi all’attenzione del dibattito politico: specialità, autonomia differenziata, rapporto con le altre Regioni.

«Il dibattito sul regionalismo differenziato può e deve rappresentare un’occasione di rilancio della nostra Autonomia e della nostra specialità. Guai se non fosse così. Dobbiamo opporci con ogni mezzo al paventato neocentralismo che potrebbe mettere in discussione le prerogative sancite e conquistate con il nostro Statuto. È necessario rendere, però, lo Statuto speciale della Sardegna più moderno e più adatto alle esigenze e alle sfide che si stanno aprendo anche in ambito europeo e che devono vedere la Sardegna protagonista».

Per il presidente del Consiglio è necessario però un cambio di passo nell’attuazione delle prerogative previste nello Statuto: «Per attuare la specialità sono necessari interventi coordinati e permanenti tra lo Stato e la singola Regione speciale – ha sottolineato Pais – ma anche risorse aggiuntive necessarie per colmare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità, che non possono essere affrontati con i soli strumenti autonomistici».

Il presidente si è quindi soffermato sul nuovo confronto con lo Stato nel quale la Sardegna può far leva su nuovi strumenti per rivendicare in modo pacifico la propria autonomia, a partire dalla nostra condizione di insularità: «Siamo consapevoli che la tirannide da sconfiggere è oggi rappresentata dalla arretratezza delle infrastrutture materiali e digitali e da tutti quei fattori che impediscono lo sviluppo, creano povertà o impediscono la piena espressione delle potenzialità culturali di cui la nostra terra è ricca. Un passo avanti è stato fatto nel 2022 con l’approvazione da parte del Parlamento della proposta di legge per l’inserimento del principio di insularità in Costituzione. Un passo importantissimo, ma solo un primo tassello. Ora, i sardi, devono pretendere interventi sistematici, inseriti in un piano strategico, affinché il principio di insularità trasformi “l’essere isola” in opportunità».

Nel suo intervento, il presidente ha quindi ricordato gli eroi della sarda rivoluzione: Giovanni Maria Angioy, Michele Obino e Francesco Cilloco: «Sono trascorsi 229 anni dai fatti che oggi celebriamo. Quel 28 aprile 1794 ha dato un’impronta nuova alla storia della nostra terra perché proprio quel giorno i sardi hanno creduto nella libertà, hanno difeso con forza i propri diritti, hanno lottato per l’autodeterminazione.

L’auspicio è che ogni giorno, in futuro, ogni sardo creda sempre più fermamente e combatta democraticamente per gli ideali da portare avanti, per il bene della nostra Sardegna. E gli ideali per cui lottare si devono formare sin dalla più giovane età. Protagonisti della formazione dei giovani sardi devono essere le famiglie, le scuole di ogni ordine e grado, la società civile organizzata».

Pais ha poi voluto ringraziare la delegazione dei Circoli degli emigrati sardi presente in aula: «A voi rivolgo un particolare saluto e uno speciale ringraziamento per aver voluto presenziare a questa cerimonia. La vostra presenza testimonia il forte legame che nutrite per la Sardegna nonostante la distanza fisica che vi separa ordinariamente da questa Isola. Sono certo che nei luoghi in cui vivete sapete esprimere al meglio il vostro essere sardi. Siete come “cellule di Sardegna” nel mondo, ambasciatori della nostra identità e della nostra cultura: per questo le Istituzioni vi ringraziano e vi rendono omaggio in questo giorno di festa».

Il presidente ha quindi concluso il suo intervento richiamando l’incipit dell’inno sardo di Francesco Ignazio Mannu: “Procurade ‘e moderare, Barones, sa tirannia. Chi si no, pro vida mia, torrades a pe’ in terra! Declarada est già sa gherra contra de sa prepotentzia, E comintzat sa passentzia in su pòpulu a mancare».

Subito dopo ha preso la parola il presidente della Regione Christian Solinas che ha pronunciato il suo intervento interamente in lingua sarda: «Quando nel 1993 il Consiglio regionale ha approvata la legge istitutiva de Sa Die si è comportato come un vero Parlamento – ha detto Solinas – poi nel 1997 si è approvata anche la legge sulla lingua riempiendo il vuoto presente nello Statuto di Autonomia».

Il presidente della Regione ha quindi ricordato la Dichiarazione per la sovranità del popolo sardo approvata il 2 febbraio del 1999: «Certo, era solo un’affermazione di principio ma rappresenta comunque un buon viatico nel confronto attuale con lo Stato sull’autonomia differenziata. Qui deve essere chiaro che la Sardegna deve poter contare su forme e condizioni particolari di autonomia che possono essere stabilite  solo con lo Statuto nel rispetto dell’art. 116 della Costituzione».

Solinas ha quindi ricordato anche l’iniziativa legislativa (primo firmatario Piero Marras) portata avanti dal gruppo sardista a metà degli anni ’90 per rivendicare il diritto del popolo sardo di essere nazione con il riconoscimento dei suoi simboli: bandiera, lingua, territorio. «A 30 anni di stanza – ha proseguito il presidente – si può stilare un bilancio: Sa Die rappresenta il collante morale e spirituale del nostro sentimento nazionale. La dichiarazione sulla sovranità contiene un passaggio fondamentale che afferma la nostra identità storica, geografica e linguistica che è uscita indenne da anni di dominazioni. E’ un passaggio che sottolinea la nostra volontà chiara di essere popolo e nazione dentro la Repubblica italiana».

Il presidente Solinas ha quindi ricordato il clima politico che si respirava negli anni in cui venne istituita Sa Die de sa Sardigna: «Si parlava allora di federalismo, sappiamo come quel progetto sia naufragato sotto la spinta neocentralista. «E’ quello che sta avvenendo oggi di fonte alla proposta di autonomia differenziata, la cosiddetta riforma Calderoli, contro la quale si sta alzando un muro. Riemerge un inguaribile sentimento di “conservatorismo gattopardiano”. Eppure questa potrebbe essere l’occasione per riaffermare la nostra integrità di popolo e rivendicare uniti e compatti i nostri diritti storici, per fare una proposta non subalterna che esalti la nostra identità e il nostro diritto di essere protagonisti del nostro sviluppo».

Solinas ha quindi ricordato il pensiero del professor Giovanni Lilliu che definì la “costante resistenziale” un fil rouge che unisce i sardi di ogni epoca nel modo di intendere la loro appartenenza a una comunità nazionale. «Sa Die si muove intorno a un cenacolo di personaggi importanti come Giovanni Battista Tuveri che ha rappresentato l’avanguardia del pensiero federalista sardo generando una forma embrionale di sardismo, una coscienza di popolo che mancava nella società sarda. E’ grazie alla sua opera che i sardi hanno appreso il valore dei concetti di unità e autonomia quando si trasformano in azione politica concreta». Concetti utilissimi, anche oggi, alla vigilia di una riforma importante per l’autonomia differenziata. Sentimenti, secondo Solinas, che rivelano la nostra volontà di essere sovrani nei progetti, nelle scelte e nel governo dell’Isola. «Oggi è ancora più urgente una rivendicazione positiva della nostra specialità. E’ qui che si afferma la differenza tra le regioni con Statuto differenziato e le regioni a Statuto speciale. Il regionalismo differenziato si muove in un sistema tradizionale di autonomia in senso statalista e quindi in forma ottriata. La specialità invece trae forza dai sistemi federali dove è importante l’equilibrio tra i diversi livelli di governo, statale e regionale, entrambi autonomi e sovrani, dove c’è una cessione di sovranità regionale solo per determinate materie che non possono essere gestite a livello locale».

Solinas ha quindi concluso il suo intervento citando il sociologo britannico Anthony Smith, principale studioso delle origini etniche e culturali delle nazioni che individuava il concetto di nazione in quello di una comunità umana dotata di un nome e autodefinita dai suoi membri che condividono miti, memoria, simboli, valori e tradizioni, che stanno dentro una patria storica e diffondono una specifica cultura pubblica rispettando usi costumi e leggi condivisi. «E’ un’idea che è stata sempre presente nella storia millenaria della Sardegna – ha detto Solinas – lo diceva anche il professor Giovanni Lilliu: una nazione ha bisogno di miti fondativi e Sa Die è riuscita ad individuare una data esemplare nel 28 di aprile che celebra la ribellione e il sogno di libertà del popolo sardo. Parafrasando Lilliu possiamo dire che Sa Die rappresenta in modo ideale il simbolo della costante resistenziale che meglio caratterizza la Nazione sarda». (psp)

Successivamente è stata eseguita una serie di brani storico artistici dal titolo “Alternos, scene dall’esilio”, con colonna sonora di tamburi (Tumbarinos di Gavoi) e launeddas (Brinca), testi originali di Michele Pio Ledda, e interpretazione dell’attore Daniele Monachella che dà voce al protagonista Giovanni Maria Angioy.

L’ambientazione è quella della fine del ‘700, per l’esattezza l’estate del 1796, il 16 giugno. In un porto della Sardegna Angioy si imbarca per l’esilio. Accanto a lui, idealmente, tutte le persone che nel bene e nel male hanno influito sulla sua vita e sulle situazioni storiche legate ai “moti angioini”.  Le figure che circondano il grande intellettuale sardo appartengono al suo passato e lo aiuteranno a compiere il difficile passo dell’esilio. La trama è divisa in 21 racconti che ricostruiscono in un modo abbastanza libero, anche se aderente ai fatti realmente accaduti, le vicende della Sardegna di quegli anni.

Al termine, il presidente ha dato la parola ai presidenti dei gruppi consiliari.

Francesco Agus (Progressisti) ha lamentato la revisione del cerimoniale che, gradualmente, si è discostato dal “piccolo discorso sullo stato dell’Unione” per diventare una cerimonia con poco spazio ai gruppi, oltretutto senza la presenza del presidente della Regione. In questo momento assistiamo ad una debolezza sostanziale delle istituzioni regionali, nel quale è complicato anche tenere le riunioni del Consiglio regionale, bloccato da mancanza del numero legale, e delle commissioni: questo è un danno per tutti, per il governo, l’opposizione ed i cittadini, ed è un problema da risolvere. Inoltre, le poche leggi approvate spesso non sono rispettate ed  impugnate; l’ultima, con motivazioni legate al contenimento della spesa pubblica in campo sanitario, nonostante i costi del settore siano interamente a carico della Regione, e nonostante altre leggi identiche di Regioni ordinarie abbiamo superato invece il vaglio della Corte Costituzionale. Quando arriverà il Ministro Calderoli, ha concluso, gli daremo una copia dello Statuto che forse il Governo non conosce: oggi la Sardegna è in pericolo come ieri e solo uniti riusciremo a contenere i nuovi profittatori.

Annalisa Mele (Riformatori) ha avvertito che le rievocazioni istituzionali possono essere un arma a doppio taglio col rischio di scadere in vuoti rituali e, da questo punto di vista, Sa Die non deve essere una mera celebrazione del passato, di una ribellione che fu seguita da una dura restaurazione. Come donna oristanese, ha aggiunto, non posso che fare riferimento ad Elonora D’Arborea, danna d’azione e di pensiero che rappresenterò bene l’intera Sardegna, rendendosi protagonista di una alta lezione di dignità, etica e politica, rivolta al bene pubblico. Storicamente, come il movimento di Angioy fu un fallimento ma risvegli l’orgoglio nazionale sardo soprattutto nelle periferie, altrettanto accadde nel Montiferru dove una nuova insurrezione naufragò costringendo all’esilio ed alla latitanza i suoi promotori. Oggi Sa Die deve cercare di rappresentare al massimo livello un giorno di comune sentire, ha detto infine, cercando ciò che unisce come la battaglia sull’insularità in Costituzione, che deve diventare un nuovo inizio del rapporto Stato-Regione, anche per dare speranza ai giovani costretti ad emigrare perché privi di un progetto di vita nella loro terra.

Alessandro Solinas (M5S) ha sottolineato che con Sa Die celebriamo il riscatto ed il sacrificio del popolo sardo e dobbiamo riflettere sui grandi temi del dibattito su autonomia e specialità perché, con disegni lontani dagli interessi dei sardi, l’autonomia è a rischio come tutta la Sardegna ed il suo futuro, e per fronteggiare questo pericolo la politica e le forze sociali sono chiamate ad uno sforzo comune e condiviso capace di superare appartenenze politiche per difendere i diritti di un popolo. Questo dibattito, ha concluso, ci deve vedere uniti e soprattutto presenti, con al centro il Consiglio regionale, più volte non rispettato dal presidente della Regione.

Giovanni Antonio Satta (Misto) ha ricordato che un giornale on line cagliaritano ha parlato di questa ricorrenza come un giorno inutile, ma non è assolutamente così perché, invece Sa Die è una grande  occasione per tutto il Consiglio di difendere il popolo, che deve essere difeso ancora oggi dall’attacco di nuove servitù che, piano piano, ci stanno mandano fuori dalla nostra terra. La cacciata dei piemontesi, ha detto soffermandosi sulle radici storiche della festa, non è stata una alzata di testa dei sardi ma la ribellione giusta contro gli “stranieri” che avevano affossato la Sardegna, segno che non essere padroni a casa propria è sempre sbagliato e pericoloso, se manca il rispetto per l’autonomia. Leggi bocciate, collegamenti, strade, e ferrovie sono temi che in qualche modo ci rimandano alla vicenda storica di Sa Die, che ha permesso ai sardi di lottare per la libertà senza aspettarsi niente dagli altri; anche noi dobbiamo alzare la testa e fare di tutto per difendere la nostra autonomia, solo così facciamo il nostro dovere ed onoriamo la nostra storia.

Fausto Piega (Fdi) ha parlato di giornata di riflessione che partendo di solide basi storiche celebra la Sardegna nei suoi migliori caratteri identitari con i quali custodire e tramandare con fierezza la tradizione e, nello stesso tempo, guardare al futuro con energia positiva, concretezza e responsabilità, per essere all’altezza delle nuove sfide che i sardi hanno di fronte. Il nostro pensiero, ha proseguito, deve essere rivolto soprattutto ai giovani, lo stiamo facendo con una nuova legge di sistema che la Sardegna aspettava da vent’anni che ha già ottenuto il consenso del mondo associativo giovanile; noi crediamo sia giusto riportate i giovani al centro della politica sarda, anche attraverso il coinvolgimento e la partecipazione alla vita della Regione.

Michele Ennas (Lega) ha sostenuto che il ricordo degli eventi rivoluzionari è sempre vivo, con al centro la figura di Angioy, grande protagonista delle lotte contro le ingiustizie e in difesa dell’autonomia. Quel ricordo richiama alla nostra mente molti significati attuali, perché ancora la Sardegna oggi viene vista come terra di conquista in quadro di rapporti sempre più difficili con lo Stato. Qualsiasi battaglia richiede grande unità, ha aggiunto, non su cose marginali fondate su valori volatili, ed in modo particolare impegno, abnegazione, dignità, senso critico, rispetto delle tradizioni, senso di appartenenza: di qui l’appello al popolo sardo ed al suo grande patrimonio identitario per una nuova stagione di unità che potrà consentirgli di difendere al meglio la propria terra. (Af)

Dopo l’on. Ennas ha preso la parola l’on. Alessandra Zedda, a nome anche di Forza Italia. “Consentitemi un abbraccio al nostro popolo degli emigrati, che abbiamo atteso per qualche anno a causa della pandemia”. L’oratrice ha affermato che “questa giornata trasmette un sogno di libertà che ancora oggi è vivo ed è vivo dal 1993, quando Sa Die è stata istituita, quel momento iniziato nel 1794 ma che viviamo ancora oggi. E’ un tema fortemente popolare, viviamo il senso identitario della storia della nostra autonomia e specialità. Il senso di ciò che siamo stati e che saremo, restando legati alla nostra madre terra”.

Ha proseguito Gianfilippo Sechi, capogruppo dell’Udc, esprimendo il senso di “una grave oppressione sul popolo sardo, rappresentata da ostacoli che non ci consentono di crescere”.  L’oratore ha citato Angioy e “la necessità di ricordarlo insieme al suo desiderio di concorrere con la sua azione politica alla felicità della sua patria. Ecco, anche noi dobbiamo avere lo stesso scopo”. Per Valter Piscedda, che ha parlato “a nome del gruppo Pd,  è opportuno fare gli auguri a tutti voi nell’occasione dei primi 30 anni di questa festa. Certo, avrei voluto fare gli auguri al presidente Solinas, che però ancora una volta è assente e non mi soffermerò a fare polemiche”. L’on. Piscedda ha aggiunto: “Questa giornata simboleggia il percorso per il riconoscimento della sovranità del nostro popolo e non possiamo ignorare il fatto che molte delle condizioni di allora, che portarono alla rivolta, sono presenti oggi come la crisi economica, la discriminazione rispetto al resto della nazione e la limitata autonomia delle istituzioni locali. Ci sono enormi fratture all’interno dei nostri contesti sociali e il 18 per cento dei sardi rinuncia a curarsi perché non se lo può permettere. Questi sono i tempi dei sardi, di una Sardegna esclusa dall’Europa sotto il profilo energetico e dei trasporti. Diamo gambe all’insularità e non svendiamola”.

A seguire l’onorevole Eugenio Lai, che ha parlato a nome dell’Alleanza rossoverde: “La forza che rappresento non ritiene che questa possa essere una giornata di retorica né si può giustificare una posizione favorevole all’autonomia differenziata, come quella espressa dal presidente Solinas. Noi siamo contrari a nuove e vecchie servitù, alle diseguaglianze tra i sardi e con il resto d’Italia. Vogliamo una politica che recuperi l’etica, come chiedeva Berlinguer, e sappia difendere i sardi”.

Dai banchi del centrodestra l’on. Giovanni Satta ha parlato per il Psd’Az  precisando in premessa che “il presidente Solinas non ha il dono dell’ubiquità e non ha lasciato questa assemblea per altre ragioni se non per gli impegni istituzionali dei festeggiamenti di questa celebrazione”. Poi ha proseguito: “I temi del 1794 sono presenti ancora oggi, frenati come siamo dal governo di Roma su temi come l’energia, la continuità territoriale, l’urbanistica. La nostra autonomia è incompiuta e abbiamo l’occasione con l’autonomia differenziata di chiedere conforto nei prossimi giorni proprio in quest’Aula al ministro Calderoli”.

In chiusura ha preso la parola Maria Paola Secci presidente Cal, secondo cui “le parole del procurade ‘e moderare sono le più adatte a descrivere la situazione che stiamo vivendo nella nostra isola. La scarsa affluenza alle urne e la mancanza di servizi fa sì che i cittadini si sentano abbandonati, a prescindere dall’appartenenza politica di chi governa. E si sentono abbandonati proprio da noi governanti. Siamo chiamati noi rappresentanti dei cittadini a dare risposte concrete ai sardi, soprattutto ai più fragili tra i sardi”. (c.c.)

Il presidente Pais ha presentato i gruppi che si sono esibiti con “brani in lingua sarda e nelle varianti storiche e alloglotte”: il Gruppo Zeppara di Sassari, l’Associazione culturale gallurese Coro Gabriel, il Coro della Chiesa di San Carlo Borromeo di Carloforte e i Cori di Alghero (l’Associazione Akademia Cantus Et Fidis – Coro Matilde Salvador; Associazione Musicale “Lo Frontuni”; Coro Pro Arte, Coro Polifonico algherese). Si è poi esibita la cantante Maria Giovanna Cherchi, che ha interpretato la Canzone Pedras fittas di Bachisio Bandinu e Gabriele Oggiano.

Al termine delle esibizioni il presidente Pais ha espresso “un sentito ringraziamento a tutti i partecipanti, ai colleghi, agli attori e ai cori che, con gratuita generosità, hanno accolto l’invito a partecipare a questa importante celebrazione. Con le loro esecuzioni hanno rievocato immagini, storie, luoghi della nostra terra richiamando ancora una volta la composita identità e i valori di un Popolo che nel corso della storia ha saputo riscoprire radici comuni e cogliere nella speranza del riscatto dall’isolamento e dal sopruso il comune obiettivo da raggiungere”. (eln)

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