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Celebrazioni 73esimo anniversario Festa della Liberazione

Ozieri, 23 aprile 2018     

Buon giorno a tutte e tutti,

anche quest’anno il Consiglio regionale della Sardegna ha deciso di celebrare il 25 Aprile sul territorio, grazie alla città di Ozieri e al suo sindaco per averci voluto qua oggi a ricordare la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.

Grazie ai dirigenti, alle insegnanti e agli insegnanti per la loro sensibilità e disponibilità e grazie soprattutto agli studenti che oggi sono qua in così gran numero.

A voi in particolare rivolgo il mio intervento perché, come non mi stancherò mai di ripetere, solo attraverso la trasmissione dei valori fondanti della nostra Repubblica alle giovani generazioni, possiamo sperare che il nostro paese continui a essere una grande democrazia dove diritti, uguaglianza e libertà non possano mai essere messi in discussione. Perché un Paese che non ha una memoria storica è un paese facilmente esposto a qualunque genere di estremismo.

Voi avete l’onere di costruire il domani, a noi adulti l’onore di trasmettervi gli strumenti per poterlo fare.

E allora voglio partire da quelle scritte razziste apparse sui muri della vostra città, “Appesi negri +Mura + Giordano. Vergogna”, alle quali voi avete risposto compatti con un fragoroso “NO”. È stato bello vedervi così numerosi in quella piazza a sostegno degli amministratori e dei ragazzi e delle ragazze migranti ospitati qui a Ozieri.

Abbiamo bisogno di buona politica come quella che l’amministrazione comunale sta portando avanti, assumendosi con grande responsabilità la gestione di problematiche complesse che certo non possono essere lasciate sulle spalle delle singole comunità, ma di fronte alle quali non possiamo girare lo sguardo.

Fa invece un pessimo lavoro la politica che usa linguaggi violenti e sopra le righe, alimentando le paure, l’intolleranza, la guerra tra poveri, dimentica di cosa è stata l’Europa sotto il nazismo e il fascismo, delle leggi razziali, dei campi di concentramento, delle camere a gas, delle donne, uomini, bambini e bambine sterminati.

Dimentica dei proclami sulla razza ariana, sulla sua superiorità, sul suo diritto di vita sulla vita degli altri.

E allora, ragazzi, io vi chiedo con il cuore di essere migliori di noi, di accogliere questi giovani che ci sembrano così diversi ma che sono esattamente come voi, pieni di paure e incertezze, di sogni e di speranze.

Questi ragazzi fuggono dalle guerre, che molte volte noi stessi abbiamo creato e alimentato, fuggono dalla fame in un continente bellissimo e ricchissimo che noi abbiamo a lungo sfruttato senza lasciare niente in cambio.

E allora studiate la storia, leggete i giornali, informatevi con tutti gli strumenti che oggi il mondo vi dà. Parlate con i vostri insegnanti e con le persone di cui avete fiducia.

E soprattutto fatevi domande, siate avidi di risposte e cercate di farvi una vostra idea.

Restare umani è lo sforzo che dobbiamo compiere per costruire un altro mondo possibile che sia giusto e di pace.

Ricordate che quello che accade nel mondo ci riguarda sempre e parlare di immigrazione significa guardare in faccia le grandi questioni del futuro: sostenibilità, lavoro, risorse del territorio, diritti umani, equilibri demografici, sicurezza, futuro vostro e dei vostri figli.

È nell’indifferenza che si sono consumati i fatti più tragici della nostra storia. Non è certo un caso che Antonio Gramsci, con le parole chiare e forti di chi ha vissuto in prima persona il drammatico evolversi della dittatura nazifascista, ha voluto significare il suo odio verso gli indifferenti perché come scrisse, «l’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita». Quel monito, quella sua distanza ostile verso gli indifferenti, resta un lucido insegnamento anche per la fase storica che viviamo, perché – come diceva Gramsci – dovete chiedervi sempre: «Se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?».

Dovete condannare sempre chi tra di voi inneggia al fascismo: svastica e saluto romano non sono un gioco, sono simboli del periodo più terribile che l’Europa abbia vissuto, dove le persone venivano imprigionate per le proprie idee politiche, per l’appartenenza ad un credo religioso, per l’orientamento sessuale o semplicemente perché per il forte di turno non era persona gradita.

Dovete essere cittadini consapevoli non stare alla finestra a guardare.

Si dice che la nostra è una terra povera e che poveri siamo noi che ci viviamo, si dice che non possiamo accogliere perché abbiamo già fin troppi problemi.

Io dico, invece, che la nostra è una terra bellissima ricca di storia e che un futuro ci deve esser per forza.

Non fatevi fermare da chi dice che in Sardegna non ci sono opportunità, e ricordate che solo studiando potrete costruirle, non solo per voi stessi ma per la vostra comunità e per il vostro territorio.

Ricordatevi che l’isola non è un limite e che oggi è parte non solo dell’Italia e dell’Europa, ma del mondo intero.

 Siate cosmopoliti, imparate le lingue, abbiate voglia di confrontarvi con i vostri coetanei di tutte le parti del mondo, si può fare da casa oggi e questa è la più grande delle opportunità che la tecnologia vi offre. Partite, se potete, volete e se è necessario, per ampliare le vostre conoscenze, senza timore.

E chi invece vuole rimanere qui lo faccia, non per rassegnazione, ma con l’obbiettivo di migliorare la nostra Regione, si metta a disposizione di un sogno di Sardegna che meglio corrisponda alle proprie esigenze.

In una terra così ci sarà posto per tutti.

Gianfranco Ganau

Presidente Consiglio regionale della Sardegna

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