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Riformatori sardi: “I debiti della sanità ricadranno sulla prossima Giunta”

Data: 09/10/2018 ore 16:00

La sanità sarda è alla deriva sia dal punto di vista finanziario sia dal punto di vista della qualità dei servizi. La Giunta Pigliaru non porterà a zero il debito di 681 milioni di euro, ma lo farà ricadere sulle spalle delle prossime Giunte regionali e maggioranze. Ne sono convinti i Riformatori sardi che oggi hanno convocato una conferenza stampa per spiegare la situazione in cui verrà lasciata da questa Giunta regionale la sanità della Sardegna e per ricordare che appoggeranno la mozione di sfiducia nei confronti dell’assessore Luigi Arru all’esame dell’Aula nella prossima seduta.

Franco Meloni, responsabile del Centro studi dei Riformatori sardi, non ha dubbi: “La spesa sanitaria annuale è uguale a quella degli anni precedenti”. Meloni ha analizzato i dati contenuti nel Disegno di legge 549 (Assestamento di Bilancio), approvato dall’Esecutivo regionale il 25 settembre scorso e che ora dovrà essere approvato dal Consiglio regionale. “Nel testo è scritto che il debito finora accertato è di 681 milioni, esclusi quelli del 2018 che dovrebbero essere altri 150 milioni”. Secondo i Riformatori per portare la cifra a zero, “la Giunta prevede 182 milioni nell’Assestamento di Bilancio 2018, altri 266 milioni di ammortamenti sterilizzati saranno rimborsati grazie a una sorta di mutuo che accenderanno per 25 anni, e altri 300 milioni saranno inseriti nella Finanziaria 2019 togliendoli agli altri settori”. Secondo i Riformatori, quindi, la Giunta porterà a zero il debito della sanità spostando però l’onere di pagarlo alla prossima maggioranza, visto che la Finanziaria del 2019 non sarà gestita da questa Giunta che terminerà il suo mandato a febbraio. Meloni ha, poi, sottolineato che a questo mutuo si aggiunge quello da 700 milioni per le infrastrutture, contratto a inizio legislatura, e quello di 500 milioni per il copertura dei residui perenti. “La Giunta Pigliaru lascerà, quindi, alle future generazioni debiti per 1,5 miliardi di euro”.

“Emerge un debito molto maggiore di quello dichiarato – ha affermato Michele Cossa, vice capogruppo in Consiglio regionale dei Riformatori sardi – dopo anni che l’assessore Paci si vanta di aver risanato i conti della sanità. I sardi hanno assistito tra l’altro al decadimento del servizio sanitario pubblico, nonostante i costi impegnino più della metà del bilancio regionale, ossia circa 3,5 miliardi”. Cossa ha, poi,  continuato parlando di un dato che ha definito “raccapricciante”: “Nelle regioni meridionali, e in particolare in Sardegna, ci si ammala meno di tumore rispetto altre Regioni d’Italia ma si muore di più. Vuol dire che un cittadino di Milano ha più probabilità di ammalarsi di tumore ma ha più possibilità di guarire perché può contare su un servizio sanitario efficiente”.

Pierpaolo Vargiu, ex parlamentare dei Riformatori, ha poi spiegato quali sono le due date che hanno determinato i problemi della sanità di oggi. La prima è  il 2006, quando l’allora presidente della Regione Renato Soru ha siglato il patto con il Governo Prodi accollandosi i costi della sanità e “rinunciando a uno dei diritti di cittadinanza, ossia il diritto alla salute, non era più a carico dello Stato ma della Regione Sardegna”. La seconda è il 2016 quando il presidente Pigliaru ha concluso un accordo con il Governo: ha rinunciato a “qualsiasi vertenza contro lo Stato e ha accettato il pareggio di bilancio che ha fatto sparire il tesoretto di 350 milioni di euro l’anno del Patto di Stabilità, che veniva usato per tappare il buco della sanità sarda”.

Dure le critiche del coordinatore regionale Pietro Fois e dell’ex primario di Ginecologia del Policlinico di Monserrato, Gian Benedetto Melis, alla Rete ospedaliera, che tra l’altro – ha ricordato – è stata bocciata dal Ministero della Salute in base al DM 70 “in parte scritto nel 2015 dal manager dell’Azienda unica ospedaliera della Sardegna”.  Fois ha sottolineato che la sanità sarda, in questi cinque anni, non è diventata più efficiente, le liste d’attesa sono sempre più lunghe e i costi sono lievitati. Melis ha ritenuto, inoltre, incomprensibile il fatto che la nuova Rete ospedaliera abbia declassato l’Azienda mista di Cagliari a struttura di primo livello, come l’ospedale di Isili, mentre per la formazione degli studenti della Facoltà di Medicina è necessaria una struttura di secondo livello. Durante la conferenza stampa non sono mancate le critiche alla vicenda del Mater Olbia. (eln)

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