Data: 01/01/1970 ore 01:00
Violenza di genere: approvata la mozione unitaria
La seduta del Consiglio dedicata alla discussione di una mozione unitaria contro la violenza di genere, alla presenza del capo della Polizia Franco Gabrielli, è stata aperta da un intervento di saluto del presidente Gianfranco Ganau.
In apertura, Ganau ha definito il fenomeno della violenza contro le donne «una vera e propria emergenza sociale», un problema strutturale e culturale che può essere risolto «solo con una strategia condivisa e coordinata».
La lotta alla violenza, quindi, secondo Ganau deve vedere in prima fila lo Stato e le istituzioni impegnate in un «grande lavoro di prevenzione» in grado di produrre un forte cambiamento culturale nella società.
Una società nella quale, ha aggiunto il presidente del Consiglio, trovano spazio troppi luoghi comuni profondamente sbagliati: «sono biasimate le donne che subiscono violenza, uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale, i riflettori si accendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri».
Ecco perché, ha sostenuto ancora Ganau, «la battaglia contro la violenza «è una battaglia di civiltà che deve diventare prioritaria nell’agenda della politica». Rivolto agli uomini, il presidente dell’Assemblea li ha invitati ad impegnarsi a fondo in una battaglia giusta «che non può essere delegata solo alle donne, continuamente minacciate non solo nella loro vita o nell’integrità fisica ma nella loro identità e libertà, nella loro dimensione sociale».
Tutto questo, ha concluso, «è violenza di genere e da qui dobbiamo partire per cambiare una realtà che, anche in quest’aula, riflette una società non equilibrata; abbiamo quindi il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma anti-discriminatoria della doppia preferenza di genere».
La scorsa legislatura, ha detto infine il presidente del Consiglio, «viene ricordata per il vergognoso voto segreto che bocciò la doppia preferenza, non permettiamo che questa sia ricordata per non aver avuto neanche il coraggio di portarla in aula».
Successivamente il presidente Ganau ha dato la parola al presidente della Regione Francesco Pigliaru.
Dopo aver citato i dati più recenti del femminicidio in Italia, «che provocano sdegno e angoscia di fronte ad una guerra che fa migliaia di vittime e causa tante vite spezzate di famigliari e di bambini», Pigliaru ha auspicato una forte «strategia sociale» che ha bisogno di risorse adeguate, politiche sociali e finanziarie.
Alcune politiche di settore come l’aumento delle pene per alcune tipologie di reati, ha proseguito il presidente, «sono necessarie ma non sufficienti perchè la storia insegna che anche lo strumento più efficace rischia di essere mortificato da una cultura inadeguata ed occorre innanzitutto lavorare sulle prevenzione, attraverso i centri anti violenza e di ascolto per intervenire, dove si può, quando la vittima può essere salvata».
Soffermandosi sull’attività della Regione, Pigliaru ha sottolineato l’importanza di una serie di provvedimenti che riguardano il mondo della scuola, dagli studenti agli insegnanti ai genitori, gli investimenti in cultura, il potenziamento dei centri anti violenza e la creazione di opportunità di lavoro per le donne, mettendo l’accento sul fatto che «la Giunta ha investito ingenti risorse su programmi contro il bullismo, il cyber bullismo e la parità di genere», sostenendo che la Sardegna «è sulla strada giusta».
Per quanto riguarda i centri anti violenza, il presidente della Regione ha ricordato che le risorse destinate a queste strutture per il 2017 sono state aumentate rispetto all’anno precedente, assicurando un impegno ancora maggiore per «combattere scoraggiamento delle donne ed aiutarle a conciliare lavoro e famiglia». Un buon inizio, ha sintetizzato ringraziando le consigliere regionali di quanto hanno fatto, dentro e fuori dall’Aula, per la diffusione nella società sarda di una maggiore sensibilità sul tema della violenza di genere, «con una coraggiosa forma di testimonianza civile ed un contributo significativo alle istituzioni autonomistiche e tutta la nostra comunità».
La buona politica, ha concluso, «è fatta anche di parità di genere nelle istituzioni; com’è vero che la crisi della democrazia si combatte con più democrazia, è vero anche che questo obiettivo può essere raggiunto con più partecipazione femminile e con la partecipazione di tutti al governo della società».
Dopo l’intervento del presidente Pigliaru, il presidente del Consiglio ha dato la aprola al Capo della Polizia Franco Gabrielli.
Dopo aver manifestato il suo grande orgoglio per essere ospite del Consiglio regionale della Sardegna, «un territorio cui ogni italiano è sinceramente affezionato», Gabrielli non ha nascosto la sua amarezza perché «la presenza di un rappresentante delle istituzioni è diventata occasione di lotta politica». Non sono, ha chiarito, «un funzionario del Governo ma dello Stato, nominato con un decreto del presidente della Repubblica, e l’amarezza si allarga perché il mio sogno è che questo paese impari a trattare temi così importanti come la sicurezza come patrimonio comune e come argomento da utilizzare nelle per campagne elettorali». Respingo inoltre, ha aggiunto, «le frasi oltraggiose con cui mi si accusa di pensare più alla sicurezza dei miei uomini che alla violenza contro le donne, perché il mio lavoro è quello di garantire la sicurezza di tutti».
Affrontando il tema oggetto dell’incontro, il Capo della Polizia ha affermato che « la violenza di genere si manifesta attraverso tante forme di sopraffazione proprio nei luoghi che dovrebbero essere di maggior tutela e protezione delle donne». Ma di questo fenomeno, ha spiegato, «si parla troppo in coincidenza di fatti di cronaca che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica, con tanto clamore e giudizi strumentali che poi rifluiscono nell’indifferenza; questo è un primo grande elemento di criticità perché questi fatti non possono essere relegati alle pagine di cronaca».
Anzi, ha sostenuto, «devono essere sempre al centro della nostra attenzione prima di tutto sul piano culturale, perché nessuna vicenda criminale ha un rapporto così stretto con la cultura ed i reati di genere hanno radici in una sub-cultura che rende la donna una cosa senza libertà e senza autonomia, con un legame che per aspetti richiama alcune vicende della protezione civile, in cui emerge un concetto proprietario di quello che è intorno a noi, una idea di essere padroni del territorio a prescindere».
Quanto ai dati, secondo Gabrielli «sono leggere con intelligenza perché possono presentare insidie, cito per esempio i dati di una agenzia europea del 2014 secondo i quali il fenomeno della violenza contro le donne si manifesta in modo più elevato proprio in Paesi dove c’è maggiore sensibilità su questo tema, senza dimenticare che la stessa lettura dei dati è condizionata dalla resistenza di molte vittime a far mergere gli episodi di violenza; in altre parole, anche il calo degli omicidi ci impone di non adagiarci, perché accanto alla diminuzione dei numeri in assoluto la percentuale delle donne-vittime resta costante».
Così come, ha proseguito, «sono in aumento i cosiddetti reati-sentinella: percosse, maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, stalking, tipologie di reati che in Sardegna presentano un andamento sostanzialmente in linea col dato nazionale».
I numeri, a giudizio di Gabrielli, «danno quindi indicatori utili ma i nostri strumenti più efficaci restano prima di tutto la cultura e la formazione, anche perché la violenza sulle donne non ha estrazioni sociali o antropologiche ma attraversa tutta la società, e in tutta la società è presente la difficoltà e la resistenza vittime a denunciare per cause di varia natura, dal contesto familiare alla paura di perdere figli o per semplice vergogna, per cui dobbiamo combattere una battaglia per mettere in primo piano le vittime che non possono o non riescono a denunciare».
La Sardegna, ha poi aggiunto, «è un esempio di buone pratiche con la rete anti-violenza fa buone pratiche ed anche noi lavoriamo sulla cosiddetta vittimizzazione secondaria, cioè quella di chi ha subito violenza e teme di subirne ancora magari sotto forme diverse; è una realtà complessa che spesso le vittime in difficoltà nell’entrare in un ufficio di polizia come se fosse un fatto negativo; perciò è fondamentale il lavoro dei centri di ascolto e anti violenza e, nel nostro ambito, la formazione di operatori di polizia chiamati a lavorare fuori dagli uffici, e ad analizzare questi reati con nuovi protocolli, nuove modalità di intervento e l’inserimento in apposite banche-dati di episodi apparentemente isolati».
Per quanto riguarda la legislazione di settore, il Capo della Polizia ha l’ha definita molto positiva, sia perché ha intercettato fenomeni nuovi come lo stalking e il cyber bullismo, sia soprattutto perché ha privilegiato «un approccio non solo repressivo, ad esempio con l’istituto ammonimento, come strumento pre-giudiziario, che può contribuire a mettere in luce un contesto potenzialmente a rischio con un lavoro in progress». Mai come in questa materia, ha avvertito il Capo della Polizia, «la battaglia si vince insieme ed il frutto di questo sforzo comune è che, dal 2011, sono aumentate del 33% le denunce per maltrattamenti significa che si sta affermando un sentiment della vittima che si avvicina con fiducia nelle istituzioni e manifesta la sua condizione ma questa fiducia va mantenuta e consolidata con azioni di tutto il sistema, dalle istituzioni alla società civile».
«Noi ci siamo e ci saremo», ha concluso Gabrielli, in una comunità che ci deve vivere «non come soggetto di repressione ma come baluardo di legalità».
Al termine dell’intervento del Capo della Polizia ha preso la parola la consigliera del gruppo Misto Anna Maria Busia, prima firmataria della mozione contro la violenza di genere, sottoscritta da tutti i capigruppo del Consiglio.
La Busia ha iniziato il su intervento con una citazione dell’intellettuale sarda Nereide Rudas secondo la quale «in un epoca moderna o post moderna ci sono ancora uomini rimasti indietro che, pur non essendo nati in contesti familiari vuoti, esprimono una realtà in cui si manifesta una superiorità nei confronti delle donne».
Le istituzioni, ha sottolineato la Busia, «devono trovare soluzioni e strumenti efficaci per combattere la violenza contro le donne, perché al di là dei numeri, troppe donne hanno subito violenza nella loro vita, da un partner attuale o precedente, spesso in età adolescenziale e con minori che assistono a queste tragedie, donne sperate e divorziate, disabili o con problemi di salute». Di fronte a questo fenomeno, ha proseguito, «i miglioramenti statistici non devono illuderci, perché è vero che c’è maggiore consapevolezza della necessità di combattere la violenza, ma sono ancora troppi i segnali negativi e non si intacca lo zoccolo duro del problema; c’è ancora troppo sommerso soprattutto nel contesto familiare ed un’alta percezione di paura di subire nuove violenze».
Sul versante legislativo, la Busia ha messo l’accento sul Piano straordinario nazionale che prevede un ruolo importante della Regioni con nuovi strumenti e risorse, ricordando però che «al Senato, dopo il voto unanime della Camera, è ancora ferma una proposta di legge per la tutela degli orfani delle vittime di violenza, è una legge nata in Sardegna dopo la richiesta di un uxoricida di vedersi assegnata la pensione di reversibilità; una legge bloccata per ragioni che riguardano assenza da quest’Aula di una parte politica, ma che va approvata al più presto».
Al presidente Pigliaru, ha concluso la consigliera, «chiediamo soprattutto che renda più veloce la spesa delle risorse, per l’osservatorio e la cabina di regia, un sistema integrato di raccolta ed elaborazione dei dati, il coordinamento del lavoro in tutti gli ambiti territoriali, in un quadro di leale collaborazione fra soggetti nazionali e regionali interessati». La Busia ha ringraziato infine i presidenti della Regione Pigliaru, del Consiglio Ganau ed il Questore di Cagliari, ricordando in riferimento all’assenza dall’Aula dell’opposizione che «noi sardi siamo solitamente più ospitali ed anche noi proviamo grande amarezza».
Subito dopo il presidente Ganau ha sospeso brevemente i lavori che poi riprenderanno in seduta formale.
Dopo la pausa, il Consiglio ha iniziato la discussione della mozione.
Il primo intervento è stato quello del consigliere Domenico Gallus (Misto) ha dichiarato di essere presente a titolo personale perché, pur collocandosi all’opposizione, non ha condiviso scelta di restare fuori dall’Aula.
Sulla mozione, Gallus ha affermato che «la violenza di genere attraversa purtroppo tutta la società a cominciare dalla famiglia, dove si apprendono le prime differenze di genere e la stessa appartenenza sessuale, con uomo e donna che sono categorie complementari reciprocamente escludenti che poi si riflettono nella società comportamenti, linguaggi, ruoli; il genere, in altre parole, è un carattere appreso e non innato».
Quello maschile, ha detto ancora Gallus, «occupa purtroppo una posizione privilegiata e la vita è scandita dall’accentuazione delle differenze, con messaggi importanti che tendono ad occupare uno spazio fisico ed è qui che si annida la violenza». L’uguaglianza va quindi affermata, ha concluso, «come momento di costruzione di una società capace di riconoscere le uguaglianze e ristabilire un buon equilibrio fra le sue componenti».
In questi anni si sono fatti molti passi avanti ma non bastano, ha continuato, «come vediamo in Consiglio regionale ma anche nella famiglia, nella scuola e nella società, dove resta forte l’impatto di una violenza di genere che va vista come questione sociale e, come emerge dai documenti dell’Oms come problema di salute pubblica, con effetti negativi, sotto molteplici aspetti, per lo sviluppo delle comunità». Il femminicidio, ha concluso, «è un dramma inaccettabile in una società avanzata, per cui bisogna partire da famiglia e scuole per educare i ragazzi al rispetto e all’uguaglianza, con una azione più forte delle istituzioni e delle altre agenzie educative che mettano al centro la persona affermando una mentalità nuova».
Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu, dopo aver assicurato la firma del suo gruppo alla mozione ed aver espresso gratitudine per l’impegno delle colleghe che, sulla lotta alla violenza contro le donne, hanno qualificato tutto il Consiglio in questa legislatura, ha sottolineato i positivi risultati già raggiunti. Siamo stati fra i primi in Italia a costituire l’osservatorio, ha ricordato, «ed i primi a presentare proposte a sostegno degli orfani delle vittime, dimostrando con i fatti come vogliamo caratterizzare il nostro impegno sociale». Ribadiamo qui il nostro impegno, ha aggiunto, »ricordando però che prima della repressione c’è la necessità di un cambiamento culturale; chiediamo che sia discussa al più presto la legge sulla parità di genere che con deve essere confusa con altre riforme elettorali».
In conclusione, il capogruppo del Pds ha motivato l’assenza dall’Aula del suo gruppo con il fatto che «il Capo della Polizia, in realtà, ha contributo al dibattito solo per i dati che ha fornito, ma il governo Italiano non ha neppure un ministero per le Pari Opportunità per le pari opportunità ma solo un semplice dipartimento, per cui a nostro giudizio non era utile restare in Aula». Quanto agli obiettivi della Regione sulla materia, «per noi sono positivi fermo restando che il dibattito su questa mozione ha oscurato i contenuti di tante altre mozioni importanti per la Sardegna e questo per noi è negativo».
La consigliera del Pd Daniela Forma ha affermato che «il fenomeno della violenza sulle donne ci richiama ad una nuova strategia delle istituzioni, dopo la convenzione di Istambul che ha equiparato violenza (non solo sessuale) contro le donne ad una violazione di diritti umani, tracciando un percorso politico, culturale, di innovazione e di civiltà, fatto non solo di leggi ma di una nuova coscienza collettiva». C’è, ha sostenuto, «uno spazio molto ampio su cui lavorare per raggiungere l’uguaglianza di genere, una sfida da vincere per cambiare una società ancora profondamente maschilista in cui le donne vittime di violenza sono spesso sopraffatte da vergogna e sensi di colpa». Il Consiglio deve ripartire dalla sotto rappresentanza del genere femminile, ha concluso, «perché sono ancora troppo poche le donne nel sistema Regione, servono atti concreti, che anche gli uomini devono condividere senza la paura di essere coraggiosi».
Il consigliere Emilio Usula (Misto-Rossomori) ha definito la mozione apprezzabile «sia per il contenuto che per impegno delle consigliere regionali, però non posso non ricordare ultima finanziaria quando un mio emendamento per aumentare i fondi ai centri anti violenza venne respinto, limitando le risorse ad appena 900 mila euro per tutto il territorio regionale, c’è una contraddizione evidente».
Il consigliere di Mdp-Art.1 Luca Pizzuto ha parlato di «un tema molto rilevante per cui sbagliamo ad occuparcene solo sulla spinta di fatti rilanciati dai media; la libertà della società si fonda soprattutto sulla liberazione della donna perché la prima forma di oppressione non è dell’uomo sull’uomo ma dell’uomo sulla donna». Oggi, ha lamentato, «la tv ci bombarda con immagini che raffigurano la donna come oggetto a disposizione dell’uomo; questo va messo fortemente in discussione e devono cominciare a farlo gli uomini, per ribaltare gli schemi di una società profondamente oppressiva». Pizzuto ha poi ringraziato il presidente Ganau che ha parlato nel suo discorso di uomini non violenti, dicendosi che convinto che «le azioni della Regione debbano rappresentare un modello educativo nuovo in grado, fin dalla prossima finanziaria, di mettere la Sardegna all’avanguardia nelle politiche di cambiamento».
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha dichiarato che «il tema in discussione ci tocca profondamente, per tutte le vicende di donne minacciate perseguitate ed uccise che hanno attraversato la storia, e per quelle di oggi con il femminicidio che rappresenta la parte preponderante degli omicidi, consumati in un contesto come quello della famiglia che si rivela il luogo più pericoloso per donne e bambini». Alla domanda se si sta facendo abbastanza per combattere questo fenomeno, ad avviso della Pinna, «bisogna dare purtroppo una risposta negativa, servono più azioni positive e politiche integrate su educazione, formazione professionale, ed opportunità di lavoro per le donne, un cambiamento culturale, insomma, che metta al centro l’identità di ogni persona». La Sardegna ha un’ottima legge, ha ricordato, «ma l’applicazione ma migliorata perché i tempi di erogazione delle risorse sono trotto lunghi e con consentono ai centri anti violenza di programmare bene l’utilizzo delle loro risorse».
La consigliera ha proposto infine, con un emendamento orale, di integrare il dispositivo della mozione con quattro punti, dedicati ad intese col mondo della scuola con insegnamenti collegati all’educazione di genere, misure di promozione di nuovi modelli comportamentali, sostegno ad attività formative e culturali in tema di uguaglianza e contro razziamo e omofobia, formazione del personale delle agenzie educative, dalla scuola allo sport».
(Af)
Dopo l’on. Pinna ha preso la parola il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che si è detto “disponibile a individuare risorse aggiuntive nella prossima Finanziaria regionale, se dovessero servire. Valuteremo anche se ci sono risorse non spese e per quale ragione. Sarà questo Consiglio a decidere in ultima analisi dentro la manovra finanziaria. Certo però è che abbiamo bisogno di cultura e di valori, soprattutto per la parte maschile della società. Per questo la scuola è così importante: dobbiamo fare una grande animazione verso le scuole di tutti i territori e promuovere il programma Iscola della Regione, in particolar modo con riguardo al bullismo e alla parità di genere. I bandi di Iscola sono aperti, cogliamo questa opportunità perché le risorse ci sono già”.
Il presidente Ganau ha poi messo in votazione la mozione così come emendata dall’onorevole Rossella Pinna nel suo precedente intervento. La mozione è stata approvata e il presidente del Consiglio regionale e ha poi dichiarato conclusi i lavori.
Il parlamento sardo tornerà a riunirsi martedì 21 settembre alle 10.