Versione per la stampa http://www.consregsardegna.it/wp-content/plugins/print-o-matic/css/print-icon-small-black.png

Le regioni speciali hanno dato vita alla “Dichiarazione di Aosta”

Data: 02/12/2006


Aosta, sabato 2 dicembre 2006 – Un documento che raccoglie la voce forte e condivisa delle Regioni e delle Province a Statuto Speciale rispetto a quanto sta accadendo in Italia in materia di finanza e dei nuovi assetti delle Regioni a statuto ordinario. Questa la filosofia alla base della “Dichiarazione di Aosta”, il documento, che porta la firma dei capi degli esecutivi e dei Presidenti delle assemblee delle Regioni e delle Province autonome (per la Sardegna erano presenti i presidenti della Giunta e dell’Assemblea legislativa, Renato Soru e Giacomo Spissu), consegnato ai vertici delle Commissioni affari costituzionali del Parlamento riuniti a Palazzo regionale per un’audizione speciale dedicata ai temi delle Autonomie, in particolare in merito al rapporto tra le specialità regionali e le innovazioni emerse dal nuovo Titolo V, parte II della Costituzione.


“Quella di oggi – ha commentato il Presidente Spissu – è una tappa storica: per la prima volta si sono riuniti tutti i Presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome e i Presidenti dell’Assemblea e dei Consigli delle Regioni a Statuto Speciale e delle province autonome in una logica istituzionale. La Dichiarazione di Aosta è un rafforzamento e riconoscimento significativo delle autonomie speciali, la cui forza delle attività sta nella bilateralità dei rapporti politici e contemporaneamente nella capacità di collaborare tra loro. Il cammino delle riforme – ha sottolineato il Presidente del Consiglio Spissu – va ripreso con rapidità in un clima che eviti le contrapposizioni riscontrate in passato. Ritengo politicamente interessante che un do-cumento che stabilisce la futura azione politica sia stato sottoscritto congiuntamente dai presidenti di Regioni e Consigli”.



Nel documento, redatto congiuntamente, le speciali sottolineano come le autonomie speciali hanno rappresentato per decenni l’unica esperienza di regionalismo in Italia, preparando il terreno alla graduale effettiva estensione di poteri anche alle altre Regioni, a lungo rimaste solo sulla carta. Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome hanno intrapreso un’azione congiunta in materia di valorizzazione delle autonomie speciali. Per queste ragioni, le autonomie speciali ritengono necessario che vi sia un pieno e definitivo recepimento del loro partico-lare status derivante da fattori storici, istituzionali, territoriali, culturali, linguistici che le pone su un piano diverso rispetto alle altre Regioni, con diversa strutturazione dei rapporti con lo Stato, che devono caratterizzarsi per individualità e bilateralità.


Le speciali ritengono poi necessario sottolineare come esse costituisca-no un sistema integrato e omogeneo con gli enti locali, e in tale ambito, potrebbero prevedersi da parte di ciascuna regione sistemi differenziati anche attinenti a enti intermedi quali le Province in ipotesi non a costituzione elettiva ma di nomina secondaria. Da ciò discende che in relazione alle autonomie locali che sostengono gli oneri della finanza locale, lo Stato si debba rapportare con l’intero sistema.


Inoltre, il particolare ordinamento finanziario delle speciali deve essere coerente con il complesso dei poteri e delle funzioni loro riconosciute nonché con le peculiarità delle singole situazioni che ne caratterizzano i territori, da ciò discende che agli oneri finanziari sostenuti autonomamente deve corrispondere la relativa autonomia decisionale, e la compartecipazione alla perequazione deve tenere conto, ove ricorrano,delle situazioni di svantaggio strutturale ed economico; che debba essere conferita piena autonomia fiscale alle speciali, in base a specifiche norme di attuazione statutaria, e che debbano essere emanate norme di attuazione statutaria che disciplinino le forme di coordinamento tra il nuovo sistema di finanza pubblica complessiva e l’ordinamento finanziario delle autonomie speciali.


(segue il documento nella sua versione integrale)


 


 


Dichiarazione di Aosta
delle Regioni a statuto speciale e Province autonome
Presidenti delle Regioni e delle Province autonome
Presidenti dell’Assemblea e dei Consigli delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome


 


I Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, congiuntamente ai  Presidenti dell’Assemblea e dei Consigli delle medesime Regioni e  Province autonome, riuniti ad Aosta il 2 dicembre 2006, esprimono soddisfazione per la decisione delle Commissioni Affari costituzionali del Senato e della Camera di dare continuità agli approfondimenti ed al confronto sul tema del rapporto tra le specialità regionali e le innovazioni scaturite dal nuovo Titolo V, parte II della Costituzione.


Le autonomie speciali hanno rappresentato per decenni l’unica esperienza di regionalismo in Italia, preparando il terreno alla graduale effettiva estensione di poteri anche alle altre Regioni, a lungo rimaste solo sulla carta. Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome hanno intrapreso un’azione congiunta in materia di valorizzazione delle autonomie speciali.


E’ innegabile che l’autonomia speciale mantenga la sua originalità essendo fondata su fattori differenziali assolutamente singolari, diversi da Regione a Regione, che affondano le radici in ragioni storiche, istituzionali territoriali (insularità, territorio esclusivamente montano, frontalierità), culturali e linguistiche (minoranze linguistiche) senza pari – nonché irreversibili – e non in un mero atto di volontà statale di generale decentramento.


Tanto è vero che alcune di esse sono state riconosciute come autonomie territoriali ben prima della redazione della Costituzione e della stessa fondazione della Repubblica (Valle d’Aosta, 1945; Sicilia, 1946). Altre, inoltre, rinvengono il proprio fondamento in elementi esterni alla Repubblica, quali atti e fatti di rilievo internazionale (Trentino-Alto Adige/Suedtirol, Friuli Venezia Giulia), o antecedenti ed essa (Sardegna).


Gli speciali ordinamenti che ne sono conseguiti a tutela della particolarità delle singole comunità scaturiscono da un rapporto sostanzialmente pattizio con lo Stato, caratterizzato da particolari modalità convenzionali (Commissione paritetica; partecipazione al Consiglio dei Ministri; rappresentanza minima garantita in Parlamento – nel caso della Valle d’Aosta-, etc.).


Il modello originario di regionalismo duale, che si è successivamente sviluppato nell’esperienza costituzionale italiana, conferma la propria attualità. Le condizioni differenziate di autonomia riconosciute alle Regioni speciali rispetto a quelle ordinarie, spesso oggetto di un dibattito confuso e strumentale, costituiscono la conseguenza del più ampio novero delle competenze esercitate.


Peraltro, le differenze esistenti – sia sotto il profilo strutturale che funzionale – tra le varie autonomie speciali attestano l’imprescindibile considerazione individuale e singolare che va riservata ad ognuna di esse.


La specialità, inoltre, imprime la propria natura al complesso delle autonomie territoriali delle rispettive regioni.


In particolare, l’esercizio della potestà primaria in materia di ordinamento degli enti locali ha permesso di dare luogo ad un vero e proprio “sistema” regionale delle autonomie che, superando gli anacronistici schemi che preconizzavano rapporti diretti tra il singolo ente locale e lo Stato, ha dato luogo ad un’integrazione del tutto originale e senza pari in Italia, essendo simile invece a quella presente in alcune delle più avanzate forme di Federazione.


Questo è tuttavia solo un esempio dell’apporto delle autonomie speciali allo sviluppo della c.d. governance  in Italia, che rappresenta come il mantenimento e la promozione di tali forme di autonomia costituisca un interesse preminente della Repubblica.


I grandi temi relativi alle riforme istituzionali non sarebbero infatti oggi in discussione senza il contributo e lo stimolo ultra-decennale dell’esperienza delle autonomie speciali.


La territorialità del gettito, alla base del c.d. federalismo fiscale, la asimmetria delle forme di autonomia, gli organismi di raccordo con lo Stato ed altri temi solo ultimamente assurti alla ribalta italiana sono questioni da sempre ben note alle autonomie speciali.


L’invocazione, da parte delle altre Regioni, dell’attribuzione di analoghe prerogative costituisce finalmente, dopo molto tempo, un segnale positivo sotto il profilo della maturazione della coscienza regionalistica in Italia e pare denotare una certa inversione di tendenza verso modelli di regionalismo più avanzato che valorizza il ruolo avanzato delle autonomie speciali.


Le autonomie speciali sono peraltro contraddistinte, sin dall’inizio, da quel tratto fondamentale costituito dalla responsabilità nei confronti delle rispettive comunità da parte dei loro rappresentanti ed amministratori.


Ciò ha permesso lo sviluppo dei territori e delle comunità profondamente toccati dagli eventi bellici del secolo scorso e da altri fattori di problematicità, in parte strutturali, che sono stati superati o leniti con l’esercizio responsabile delle prerogative riconosciute. L’autonomia speciale è quindi strumento essenziale di recupero del differenziale economico.


Il nuovo ruolo dell’Europa comporta la definizione in sede comunitaria delle politiche di sviluppo alle quali le Regioni a statuto speciale e le Province autonome intendono concorrere direttamente, anche in ragione del ruolo transfrontaliero nell’area alpina o in quella euro-mediterranea che costituisce intrinseca vocazione delle autonomie speciali. Consegue quindi la necessaria valorizzazione di tale ruolo attraverso l’instaurazione di rapporti diretti con i territori contermini e la partecipazione diretta alla fase ascendente delle politiche comunitarie e la diretta attuazione della fase discendente da parte delle Assemblee regionali. Allo stesso scopo, va assicurata la rappresentanza di ciascuna autonomia speciale in tutte le sedi decisionali, ivi compreso il Parlamento europeo.


Le autonomie speciali ritengono pertanto necessario che vi sia il pieno e definitivo recepimento, in tutte le sedi competenti, dei seguenti principi cardine:


1- il loro peculiare status, derivante da fattori differenziali storici, istituzionali, territoriali (insularità, territorio esclusivamente montano, frontalierità), culturali e linguistici (minoranze linguistiche) le pone su di un piano diverso dalle altre Regioni, che comporta una speciale strutturazione dei rapporti con lo Stato, i quali non possono essere che connotati da individualità e bilateralità;


da ciò discende che:


– non possono essere imposte modificazioni degli ordinamenti delle autonomie speciali senza il loro consenso ed è necessaria anzi la costituzionalizzazione del principio dell’intesa e della natura pattizia degli statuti ai fini dell’indispensabile adozione delle modifiche statutarie. Appare infatti fondamentale e strategico che si instauri progressivamente un processo di revisione degli Statuti speciali (peraltro già avviato in alcune Regioni), ritenendo insufficiente un mero adeguamento degli stessi al mutato assetto costituzionale – ferma restando la specificità delle situazioni legate alla presenza di minoranze linguistiche e a trattati internazionali – ed invece necessario rafforzare lo sviluppo e la valorizzazione delle singole realtà regionali. Costituendo gli attuali statuti un minimum di garanzia incomprimibile, i medesimi non possono essere riformati in pejus ma solo incrementati, spettando la valutazione in merito all’opportunità e necessità di tale eventuale incremento in primis alle comunità interessate. Ciò vale, in particolare, per gli elementi costitutivi delle Regioni e Province autonome medesime, tra i quali il loro territorio. Corollario di quanto sopra è l’individuazione di meccanismi procedurali tali da dare certezze temporali sulla conclusione dell’iter di approvazione individuale delle leggi costituzionali di modifica degli Statuti speciali.
– il processo costituente di riscrittura degli Statuti speciali e delle correlate “leggi statutarie” rappresenta un’occasione di primaria importanza per adeguare le proprie istituzioni politiche ed amministrative alle nuove sfide cui debbono far fronte le Regioni nella gestione del proprio territorio e delle rispettive collettività, in chiave di collaborazione con le altre Regioni, con la Comunità nazionale e con l’Unione europea.
– l’aggiornamento degli ordinamenti speciali ed il recepimento delle eventuali maggiori forme di autonomia riconosciute alle Regioni a statuto ordinario va effettuato, innanzitutto, attraverso l’emanazione di urgenti norme di attuazione statutaria. Tra queste vanno incluse quelle volte a consentire il pieno spiegamento del ruolo della Regione quale rappresentante dello Stato sul proprio territorio in applicazione di principi già sanciti da alcuni ordinamenti speciali (Sicilia e Valle d’Aosta) che possono condurre ad imputare alla Regione le funzioni in atto esercitate dai Prefetti, dalle Sovrintendenze nonché quelle afferenti al Demanio.
– la rappresentanza delle autonomie speciali nei confronti dello Stato non può che essere singolare ed individuale. Eventuali sedi di rappresentanza collettiva, sono riconosciute liberamente da ognuna di esse, alle quali è riservata la piena facoltà di determinarne le forme, le modalità ed i limiti. Pertanto, alla luce di quanto sopra, non si palesa adeguato alle caratteristiche delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome alcun sistema “a maggioranza” e appare necessario prevedere nelle sedi di concertazione, quali le Conferenze, un’autonoma sessione esclusivamente dedicata alle autonomie speciali. Le predette peculiarità sotto il profilo della rappresentanza dovranno peraltro essere tenute in considerazione nell’ambito dell’attuazione dell’art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 in merito alla partecipazione delle autonomie speciali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. In tale ambito dovrà essere assicurata la specifica rappresentanza delle autonomie speciali correlata ad uno specifico sistema di votazione per gruppi. Ciò significa che la volontà della Commissione si forma validamente solo con il concorso favorevole di tutti i gruppi.
– In ogni caso, l’attuazione del predetto articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 deve essere considerata transitoria rispetto all’auspicata necessaria creazione della Camera delle Regioni, in quanto i soli Enti queste ultime, assieme allo Stato, dotati di potestà legislativa.  Ciò considerato che la Camera della regioni si delinea quale luogo privilegiato di confronto e raccordo istituzionale, di cui si è sentita profondamente la mancanza nell’esperienza regionalistica italiana.


2 –  Le autonomie speciali, dotate di potestà primaria in materia di enti locali, costituiscono un “sistema” integrato ed omogeneo con i medesimi e, in tale ambito, ben potrebbero prevedersi da parte di ciascuna Regione sistemi differenziati anche attinenti agli organi degli enti intermedi (Province) in ipotesi non a costituzione elettiva ma di rappresentanza di secondo livello;


da ciò discende che:


– in particolare, in relazione a quelle autonomie speciali che sostengono gli oneri della finanza locale, assumendosene pertanto la responsabilità e che hanno istituito organismi di concertazione istituzionale appositi, lo Stato si deve rapportare con l’intero sistema, non essendo possibile la frammentazione del medesimo.



3 –  Il particolare ordinamento finanziario delle autonomie speciali deve essere coerente con il complesso dei poteri e delle funzioni loro riconosciute nonché con le peculiarità delle singole situazioni che ne caratterizzano i rispettivi territori;


da ciò discende che:


– agli oneri finanziari sostenuti autonomamente, ed alla relativa responsabilità, deve corrispondere la rispettiva autonomia decisionale.
– la compartecipazione alla perequazione deve tenere conto, ove ricorrano, delle situazioni di svantaggio strutturale ed economico che connotano i territori delle autonomie speciali, superabili proprio in virtù del particolare ordinamento finanziario loro riconosciuto.
– va data piena attuazione all’autonomia fiscale delle autonomie speciali sulla base di principi stabiliti da specifiche norme di attuazione statutaria.
– vanno emanate norme di attuazione statutaria che disciplinino le necessarie ed adeguate forme di coordinamento tra il nuovo sistema della finanza pubblica complessiva, anche per quanto riguarda il patto di stabilità interno, e l’ordinamento finanziario delle autonomie speciali.



Aosta, 2 dicembre 2006


Il Presidente dell’Assemblea regionale della Sicilia



Il Presidente del Consiglio regionale della Sardegna



Il Presidente del Consiglio regionale della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste



Il Presidente del Consiglio regionale del Trentino – Alto Adige/Südtirol



Il Presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano



Il Presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Trento



Il Presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia Il Presidente della Regione Siciliana


 


Il Presidente della Sardegna


 


Il Presidente della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste



Il Presidente del Trentino – Alto Adige/Südtirol



Il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano



Il Presidente della Provincia autonoma di Trento



Il Presidente del Friuli Venezia Giulia


 



 

Condividi: