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Resoconto della seduta n. 281 del 07/04/1998

CCLXXXI SEDUTA

Martedì 7 aprile 1998

Presidenza del Presidente Selis

indi

del Vicepresidente Zucca

indi

del Vicepresidente Milia

indi

del Presidente Selis

La seduta è aperta alle ore 17 e 44.

CONCAS, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana di martedì 17 marzo 1998, che è approvato.

Risposta scritta ad interrogazioni

PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alle seguenti interrogazioni:

"Interrogazione FRAU sulla necessità di un ufficio postale nel quartiere "Monserrato" di Sassari". (885)

(Risposta scritta in data 30 marzo 1998.)

"Interrogazione FRAU - MASALA sul personale della stazione navale della polizia penitenziaria di stanza nell'isola dell'Asinara". (911)

(Risposta scritta in data 30 marzo 1998.)

"Interrogazione LIORI - MASALA - BIGGIO - BOERO - CADONI - CARLONI - FRAU - LOCCI - SANNA NIVOLI - USAI Edoardo sul ventilato trasferimento da parte dell'ente poste del servizio 186". (922)

(Risposta scritta in data 30 marzo 1998.)

"Interrogazione CUCCA sulla diminuzione dell'organico del personale delle poste della provincia di Nuoro". (932)

(Risposta scritta in data 30 marzo 1998.)

"Interrogazione AMADU sui gravi disagi causati dagli esagerati aumenti dei canoni di affitto delle case IACP e sulla necessità di bloccarne gli effetti in attesa di una urgente revisione della materia". (933)

(Risposta scritta in data 30 marzo 1998.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

CONCAS, Segretaria:

"Interrogazione VASSALLO, con richiesta di risposta scritta, sul progetto di rimboschimento e valorizzazione ambientale dell'isola dell'Asinara". (977)

"Interrogazione MANUNZA - MARRACINI, con richiesta di risposta scritta, sulla pesca sportiva ed occasionale "da terra" nel Golfo di Oristano". (978)

"Interrogazione BONESU - SANNA Giacomo - SERRENTI, con richiesta di risposta scritta, sulla trasformazione dell'ISEF in Facoltà di scienze motorie". (979)

"Interrogazione LOCCI, con richiesta di risposta scritta, sul grave danno di immagine dei medici operanti nell'Azienda ospedaliera "G. Brotzu" di Cagliari in seguito alle notizie di stampa dei giorni scorsi". (980)

"Interrogazione LIPPI, con richiesta di risposta scritta, sulla attività produttiva della Società a partecipazione regionale Sarda Basalti". (981)

"Interrogazione PITTALIS - BALLETTO - CASU - GIORDO - GRANARA - LOMBARDO - MARRAS - OPPIA - PIRASTU - TUNIS Marco sui criteri adottati dal Presidente della Giunta regionale per l'indicazione dei componenti del Consiglio di amministrazione del Banco di Sardegna". (982)

"Interrogazione CUCCA, con richiesta di risposta scritta, sui ritardi nella prova selettiva per l'assunzione di personale presso gli uffici regionali con sede a Nuoro". (983)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

CONCAS, Segretaria:

"Interpellanza FANTOLA sullo stato di attuazione del Programma di interventi prioritari per fronteggiare l'emergenza idrica in Sardegna e sulla riforma, finora inattuata, del governo delle risorse idriche". (433)

"Interpellanza BIANCAREDDU - PITTALIS - MILIA - GIORDO - OPPIA sullo stato degli uffici e del personale dell'Ente Poste nel territorio della Gallura e del Logudoro". (434)

Annunzio di mozioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.

CONCAS, Segretaria:

"Mozione TUNIS Marco - PITTALIS - BERTOLOTTI sul rischio di cessazione dell'attività della DI.CO.VI.SA. S.r.l.". (144)

"Mozione MASALA - BIGGIO - BOERO - CADONI - CARLONI - FRAU - LIORI - LOCCI - SANNA NIVOLI - USAI Edoardo sulla previsione del Governo di imporre l'orario settimanale di 35 ore per tutti i lavoratori dipendenti". (145)

Commemorazione dell'ex consigliere regionale Francesco Asara

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, l'Aula è spesso chiamata a ricordare dei colleghi che ci hanno lasciato. Recentemente all'età di 63 anni è scomparso l'onorevole Francesco Asara, componente del Consiglio regionale della Sardegna per quattro legislature, dal 1969 al 1989. Ha sempre militato tra le file del Gruppo della Democrazia Cristiana svolgendo con grande impegno la sua azione politica e istituzionale con stile riservato e scevro. Assessore regionale nella ottava legislatura, è stato anche a più riprese vicepresidente del Consiglio regionale. Nativo di Tempio, l'onorevole Francesco Asara era estremamente legato alla sua zona di origine, la Gallura, stabilendo ad Olbia la propria residenza e impegnandosi con instancabile energia in campo politico. Egli ha sempre voluto porre al centro del proprio impegno e i problemi degli strati più deboli della società, con particolare attenzione alla sanità e all'assistenza sociale, per i quali si è speso sempre con impegno. Le sue capacità, unite alla generosità d'animo e ai tratti umani sempre riservati e schivi, l'hanno fatto apprezzare da quanti, compagni di partito e avversari, hanno avuto l'occasione di lavorare a contatto con lui. Estremamente intensa la sua attività istituzionale; eletto consigliere nell'ormai lontano 1969, all'inizio della sesta legislatura, è stato componente, in quella prima esperienza istituzionale, delle commissioni regionali autonomia e ordinamento regionale e successivamente dell'industria. Rieletto nella settima legislatura si è occupato di un gran numero di materie, dai problemi del bilancio regionale a quello dell'industria nella veste di componente delle rispettive commissioni consiliari, fino al settore dei trasporti in qualità di segretario dell'apposita Commissione. Nel '78 è stato eletto vicepresidente del Consiglio regionale, ruolo che ha ricoperto fino al termine della legislatura. Nel corso dell'ottava legislatura l'onorevole Asara è stato ancora vicepresidente del Consiglio e, successivamente, presidente per la Giunta per le elezioni fino all'82, anno in cui è entrato a far parte della Giunta regionale in qualità di Assessore dell'igiene e sanità, incarico che ha mantenuto per i successivi tre anni. Dopo la sua quarta rielezione in questo Consiglio, l'onorevole Asara ha proseguito il suo impegno nella Commissione consiliare sanità, per passare poi alle commissioni autonomia e riforma dello Stato di cui è stato vicepresidente. Intensissima l'attività legislativa svolta dall'onorevole Asara. Il suo nome è legato a importanti provvedimenti nel campo della sanità e dell'assistenza sociale, che sono diventati legge regionale. Fra queste le norme sullo stato giuridico dei dipendenti delle USL, i provvedimenti per l'accesso alle strutture sanitarie ad alta specializzazione e per la concessione ai cittadini residenti di contributi per i ricoveri fuori dall'Isola. I provvedimenti concernenti la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali, riordino dei servizi veterinari, le norme per i trapianti d'organo e per le provvidenze ai nefropatici, le disposizioni per l'Istituto zooprofilattico sperimentale e la disciplina delle funzioni per il servizio farmaceutico. A queste si devono aggiungere i numerosissimi interventi nell'ambito dell'attività consiliare ispettiva e di controllo, che si è concretizzata in una gran mole di interrogazioni e interpellanze su tutti gli aspetti della vita sociale della Sardegna. Ai familiari, al Gruppo politico che lo ebbe tra le sue fila, va il cordoglio dell'intero Consiglio regionale e mio personale. Sospendo la seduta per cinque minuti in segno di lutto.

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 52, viene ripresa alle ore 18 e 06.)

Discussione congiunta della mozione Amadu sulla gravissima situazione dell'informazione in Sardegna e sull'esigenza di un immediato intervento della Regione (37) e della mozione Cugini - Marteddu - Balia - Randaccio - Vassallo - Dettori Bruno - La Rosa sullo stato dell'informazione in Sardegna (141)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni numero 37 e 141. Se ne dia lettura.

CONCAS, Segretaria:

MOZIONE AMADU sulla gravissima situazione dell'informazione in Sardegna e sull'esigenza di un immediato intervento della Regione.

IL CONSIGLIO REGIONALE

TENUTO CONTO che altre voci libere dell'informazione in Sardegna hanno ridotto la loro presenza per oggettiva difficoltà, oggi TELEREGIONE, ieri L'OPINIONE DELLA SARDEGNA, avantieri SUPERTV; l'informazione in Sardegna accumula altre macerie e nulla è stato fatto a livello politico per salvaguardare tante professionalità e molti posti di lavoro;

VISTO CHE:

- oggi come ieri la Regione su questo fronte è latitante; che la Giunta regionale, al di là delle declaratorie di principio, non ha finora presentato nessuna proposta;

- in Consiglio regionale le forze politiche mostrano un disinteresse totale;

- le stesse istituzioni sono insensibili ad ogni istanza, che pure gli organismi di rappresentanza della stessa stampa sarda hanno presentato e sollecitato se è vero, come è vero, che si è dovuto accettare, senza colpo ferire e senza alcuna recriminazione, persino il "Commissariamento" del Comitato Regionale per il Servizio Radiotelevisivo che il Consiglio regionale avrebbe dovuto eleggere sin dal suo insediamento un anno fa;

CONSIDERATO che oltre alla denuncia e alla solidarietà che deve essere espressa ai giornalisti licenziati o collocati in cassa integrazione, che vanno purtroppo ad aggiungersi a quelli licenziati negli anni passati, dopo il fallimento di altre coraggiose iniziative editoriali, che non hanno avuto il necessario sostegno delle forze politiche, sociali e culturali isolane, si impongono iniziative serie e concrete che la Regione nel suo insieme, Giunta e Consiglio, non possono ulteriormente ignorare o dilazionare nel tempo;

EVIDENZIATO che deve essere ripresa quella che è stata definita la "Vertenza Informazione in Sardegna", che è stata al centro di dibattiti tecnici e culturali anche di recente, promossi nell'Isola dalle rappresentanze sindacali e professionali, che occorre coinvolgere nel "Progetto Informazione" che deve essere messo a punto e attuato in tempi rapidi;

TENUTO CONTO che a questi aspetti si aggiungono quelli della pubblicità istituzionale, che va ricondotta ad una gestione oculata e mirata attraverso un'analisi retrospettiva degli interventi e dei costi-benefici, e quelli connessi alla organizzazione e alla funzionalità stessa degli Uffici Stampa della Giunta e del Consiglio regionale e dei loro Centri di documentazione;

CONSIDERATO CHE:

- non è più possibile consentire, per fare solo alcuni esempi, che la Giunta e il Consiglio, ovvero la Regione nel suo complesso e nella sua entità unitaria, non abbiano ancora una strategia d'immagine istituzionale comune;

- si continuino a sperperare milioni inutilmente con comunicati pubblicitari a pagamento per informare cinque - dieci utenti su provvidenze regionali piuttosto che informarli con telegramma, come è avvenuto di recente da parte dell'Assessorato dell'agricoltura che ha speso diversi milioni per rivolgere un comunicato alle Associazioni professionali agricole;

- sia consentito al Centro di documentazione della Giunta regionale di dare, alla società umanitaria, tutta la memoria storia della Regione, ovvero tutti i documentari e i film che testimoniano la vita della Regione sin dal sorgere dell'autonomia;

- la struttura dell'Ufficio Stampa non è messa in grado di assicurare un'informazione totale e puntuale dell'attività della Giunta per carenza di organico e per chiarezza di funzioni e di responsabilità;

DATO ATTO che c'è, infine, tutta la problematica degli Uffici Stampa degli enti strumentali della Regione, che occorre ricondurre ad una visione unitaria di indirizzo e di organizzazione, attraverso il coinvolgimento degli organismi rappresentativi della stampa sarda ed una legislazione che affronti e risolva tutte le questioni di ordine giuridico, politico e programmatico. In tale contesto dovrà trovare, finalmente, una giusta collocazione e soluzione legislativa la problematica dell'editoria cosiddetta minore per garantire veramente la pluralità dell'informazione in Sardegna e la tutela di tutte quelle iniziative che garantiscono una presenza ed una diffusione di notizie e di cultura nel territorio facendo partecipare i cittadini alla vita pubblica isolana;

RITENUTO che debba essere dedicata con urgenza una specifica seduta del Consiglio regionale per trattare in maniera specifica ed esclusiva i problemi dell'informazione e della pubblicità in Sardegna, perché rappresentano cardini essenziali della crescita culturale e sociale dell'isola e presupposti irrinunciabili dei processi di sviluppo e di progresso;

RITENUTO ANCORA che a conclusione del dibattito, infine, le forze politiche presenti nell'Assemblea regionale debbano assumere, coerentemente con le convinzioni che verranno espresse, una deliberazione unanime che faccia finalmente chiarezza su tutte le questioni richiamate,

impegna la Giunta regionale

a predisporre, previe consultazioni con gli organismi professionali e di categoria, ed a presentare in Consiglio, entro 30 giorni, organici disegni di legge sulle provvidenze all'editoria minore; sulla disciplina e organizzazione dell'Ufficio Stampa della Giunta e degli enti strumentali, compresa l'attività editoriale della Regione; sulla disciplina e organizzazione del Centro di documentazione regionale, provvedendo a recuperare e a catalogare tutto il materiale documentale della Regione compreso quello assegnato alla società umanitaria; a disciplinare la pubblicità istituzionale comunque finanziata dalla Regione e dagli enti strumentali per un'attività di informazione e promozione omogenea e razionale;

impegna il Consiglio regionale

a nominare, entro 30 giorni, il Comitato Regionale per il Servizio Radiotelevisivo; a organizzare e dotare di adeguati supporti tecnico-professionali il proprio Ufficio Stampa perché sia adeguatamente rappresentata all'esterno l'immagine dell'Assemblea e della sua attività e perché sia di moderno supporto informativo e culturale dei consiglieri regionali, dei gruppi politici e dell'intera comunità sarda; ad istituire un organismo informativo-documentale di interscambio tra gli Uffici Stampa del Consiglio e della Giunta per iniziative di interesse comune.

Dà mandato

alla Seconda Commissione permanente perché avvii un'indagine conoscitiva sulla pubblicità istituzionale e sui notiziari pubblicati direttamente dalla Regione e riferisca al Consiglio entro tre mesi. (37)

MOZIONE CUGINI - MARTEDDU - BALIA - RANDACCIO - VASSALLO - DETTORI Bruno - LA ROSA sullo stato dell'informazione in Sardegna.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO CHE il mondo dell'informazione attraversa in Sardegna una grave crisi e che:

- la sede regionale della RAI è fortemente ridimensionata, non in grado di programmare ed esportare produzioni locali, mentre le TV private vivono gravi difficoltà con chiusure di emittenti e riduzione drastica degli organici, anche in quelle più affermate, una delle quali - Sardegna 1 - attraversa un momento delicatissimo con l'annunciato licenziamento dei giornalisti;

- le oltre ottanta radio locali sono alle prese con seri problemi finanziari e ora anche tecnici, dopo che il Ministero delle comunicazioni ha concesso alla Telecom di occupare frequenze in precedenza a disposizione delle emittenti;

CONSIDERATO CHE nel campo dell'informazione, che ha un ruolo chiave in un sistema democratico, si registrano serie distorsioni dovute soprattutto alla presenza di posizioni dominanti nel circoscritto bacino regionale, per la coincidenza in capo a un medesimo soggetto del ruolo di proprietario delle quote di maggioranza del quotidiano più diffuso, dell'emittente televisiva di maggiore audience, oltre che di un'altra tivù e di un'emittente radiofonica;

RILEVATO CHE anche l'annunciata apertura di un nuovo quotidiano a Sassari, da parte dello stesso gruppo editoriale, potrebbe rappresentare una ulteriore escalation nel processo di concentrazione poiché appare evidente l'interesse personale e diretto dello stesso soggetto nella fornitura delle attrezzature e nella stampa del giornale;

PRECISATO CHE nel panorama sardo al fenomeno della concentrazione si è ora aggiunta una situazione di ulteriore grave anomalia per la coincidenza in capo allo stesso soggetto del ruolo di editore monopolista e di un diretto ruolo politico;

SOTTOLINEATO CHE la sovrapposizione dei due ruoli chiama in causa questioni fondamentali per la vita democratica, quali la completezza e la correttezza dell'informazione, il pluralismo e il principio della par condicio nella sfera politica,

impegna la Giunta regionale

a proporre al Governo e al Parlamento della Repubblica:

1) di inserire nel provvedimento di riforma della legge sull'editoria una norma antitrust che vieti la formazione o il mantenimento di posizioni dominanti in ambito regionale, tanto nell'offerta di informazione quanto nella raccolta pubblicitaria e nel settore della distribuzione;

2) di modificare la Legge 7 agosto 1990, n. 250, che prevede misure di sostegno a favore dell'editoria cooperativa e politica in crisi e delle imprese radiofoniche, garantendo la finalizzazione degli interventi di questo tipo ad obiettivi di tipo sociale e/o comunitario;

3) di introdurre norme sul conflitto d'interessi tra il ruolo di editore e quello di soggetto politico;

4) di definire lo Statuto dell'impresa giornalistica che sancisca la distinzione dei ruoli fra editore, direzione e redazione delle aziende editoriali, mettendo fine alle attuali distorsioni che rappresentano peraltro una violazione della legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti e dei contratti collettivi nazionali di lavoro;

impegna altresì la Giunta regionale

1) ad assumere le opportune iniziative affinché l'Autorità nazionale per le comunicazioni attribuisca ai costituendi nuovi Comitati competenze e deleghe che consentano alle Regioni di incidere nel piano di assegnazione delle frequenze di radiodiffusione e nell'ubicazione delle postazioni degli impianti emittenti;

2) a sollecitare per il servizio radiotelevisivo pubblico una riforma di tipo federalistico, per attribuire alle sedi regionali capacità produttive e consentire il potenziamento e il rilancio della sede RAI della Sardegna, con un'autonomia funzionale che permetta la produzione di programmi e servizi da inserire nei palinsesti nazionali;

3) ad adottare indirizzi e criteri, affinché nelle comunicazioni istituzionali della Regione e degli enti regionali vengano valutate, in coerenza con i principi su richiamati, le questioni relative alle concentrazioni editoriali e ai conflitti di interesse. (141)

PRESIDENTE. Procedendo in ordine cronologico, ha facoltà di parlare il consigliere Amadu per illustrare la mozione numero 37.

AMADU (Gruppo Misto). Signor Presidente, colleghe e colleghi, come è facile leggere, la mozione da me presentata su un tema di grande e direi per certi versi vitale importanza per la vita democratica, per lo sviluppo sociale e culturale della nostra Isola, cioè sul tema della informazione, porta la data del 13 giugno 1995. Si calava, la mia iniziativa, in un momento di particolare crisi del sistema della informazione in Sardegna, con particolare riferimento ai problemi legati alla occupazione di molti giornalisti sardi rimasti in quel momento senza lavoro. Questa era la conseguenza di una serie di atti che portavano alla chiusura di alcune importanti voci libere che nei vari territori potevano portare notizie e informazioni, potevano suscitare la partecipazione, quindi la vitalità verso la vita politica, la vita sociale, culturale ed economica delle nostre popolazioni.

Sono passati tre anni, nonostante le prese di posizione, la rilevazione di importanti problemi e la indicazione di possibili soluzioni, ad oggi nulla in concreto è stato fatto. E questa è una delle ulteriori note negative che coinvolgono non solo sotto il profilo istituzionale, ma direi sotto il profilo politico in particolare, la maggioranza che governa questa Regione. E' un fatto certamente negativo; compare solo come presa di posizione politica la mozione presentata dai colleghi Cugini, Marteddu, Balia, Randaccio, Vassallo, Dettori, La Rosa, sullo stato dell'informazione, che più che una risoluzione che indichi soluzioni è un tentativo di stoppare qualche imprenditore o qualche iniziativa che sembra avere il consenso dei lettori. Per fortuna, nonostante questa confusione e quest'assenza di iniziative politiche, si cala in quest'assenza finalmente una novità sotto il profilo istituzionale, vale a dire le due proposte di legge numero 172 e 198, di cui sono anch'io firmatario, che tentano di dare una soluzione ad alcuni problemi che riguardano la comunicazione di massa, il pluralismo delle fonti di informazione, le innovazioni tecnologiche delle imprese del settore appunto dell'informazione, dell'editoria locale. Io credo che al di là delle proposizioni, delle dichiarazioni di principio e delle posizioni politiche occorre assumere alcune decisioni, e le decisioni più importanti sono quelle di fare in fretta, approvando la proposta di legge che reca provvedimenti a favore dell'editoria, a favore delle fonti di informazione, soprattutto di quelle minori, dando risposte alle tante realtà dell'informazione presenti in Sardegna. Non c'è dubbio, però, che il problema debba essere diviso almeno in due campi, se così si può dire: uno riguarda quello in senso lato dell'informazione, dell'esigenza di un maggiore pluralismo, quindi di una presenza non solo di ciò che fa piacere che si senta dire o di quello che interessa che dicano i giornali e le televisioni, ma soprattutto ponendosi dalla parte dei cittadini, dalla parte di chi ha necessità di avere informazioni, ecco, la necessità di far sì che ci sia una promozione, una incentivazione a chi è in grado di dare le informazioni le più possibili informanti, le più in grado di dare risposte e notizie serie ai cittadini. Perché troppo spesso abbiamo ascoltato disinformazione, abbiamo ascoltato notizie distorcenti la realtà. Allora quest'aspetto, signor Presidente e colleghi, deve essere in qualche modo affrontato, perché rientra anche in un'etica di comportamenti, in un'etica che una società moderna, una società civile si deve dare se vuole veramente crescere, se vuole veramente favorire la crescita non solo dei più grandi, ma anche dei più piccoli, dei giovani, di coloro che hanno bisogno di vedere giustizia anche nell'informazione. La necessità, ecco, di avere notizie giuste, trasparenti in grado di dare informazioni veramente informanti. Ma io ponevo un'altra questione che mi sta a cuore e che è molto importante, cioè che sia il Consiglio regionale, sia la Giunta regionale si dotino di uffici stampa in grado di funzionare veramente. Oggi assistiamo all'impegno di professionisti seri, capaci, ma che sia sotto il profilo numerico, sia sotto il profilo degli strumenti a disposizione non sono in grado di dare all'esterno tutta quella informazione, quella dovizia di particolari informativi che i cittadini e la società sarda attendono, che riguardano l'attività di questo Consiglio, che riguardano l'attività della Giunta regionale. Questo al di là del ruolo di maggioranza e di opposizione, del ruolo politico di parte, ideologico o comunque lo si voglia chiamare.

Allora credo che sia importante assumere impegni perché gli Uffici stampa del Consiglio regionale e della Giunta regionale siano messi in condizioni di funzionare veramente.

La seconda questione riguarda il problema della pubblicità istituzionale, vale a dire di quella informazione che viene sovvenzionata, che viene pagata con fondi della Regione, del Consiglio regionale, e dell'informazione degli enti strumentali della Regione. Si pensi ai tanti uffici stampa degli enti strumentali che funzionano, ognuno a compartimenti stagno, dando ognuno le informazioni che ritiene più utili. Questo non significa che dobbiamo condannare a priori chi oggi è impegnato in prima persona. Io credo invece che già in questa sede va espressa solidarietà a tutti, chiaramente prima ai giornalisti che non hanno lavoro, in secondo luogo ai giornalisti che, pur impegnati non sono messi nelle condizioni soprattutto dagli enti pubblici, e in particolare dalla Regione, di lavorare secondo criteri, secondo i crismi che la professionalità impone e richiede loro. Allora occorre che sotto il profilo dell'impegno della Giunta e del Consiglio regionale occorre una disciplina e una organizzazione del centro di documentazione regionale, occorre recuperare e catalogare tutto il materiale documentale della Regione compreso quello assegnato alla società umanitaria, signor Presidente, io non so che cosa si stia facendo, però è stato dato tutto questo materiale ad una benemerita società però occorre che tutto questo materiale venga in qualche modo messo in condizione di essere utilizzato, perché ce ne sia una fruibilità pubblica e ci sia una possibilità di utilizzazione in termini veramente i più ampi possibili. Sto chiedendo poi anche la più ampia collaborazione della società umanitaria, ci mancherebbe, anche questo deve essere fatto nei modi e nei termini giusti. Occorre però disciplinare la pubblicità istituzionale, quella comunque finanziata dalla Regione e dagli enti strumentali, perché sia finalizzata ad una attività di informazione e di promozione omogenea e razionale e soprattutto perché i fondi non trovino soltanto canali importanti o potenti, ma si rivolgano anche a quelle emittenti radiotelevisive locali che, pur avendo un raggio di azione limitato, però incidono localmente, incidono, hanno una presenza territoriale a livello di popolazione locale, molto importante, e possono influenzare e possono in qualche modo rivolgersi più di altre importanti realtà, alla popolazione locale ed essere quindi uno strumento di informazione, uno strumento di penetrazione e quindi di promozione. Io credo che la materia sul tappeto sia abbondante e sia qualificante. Debbo, come terzo punto, esprimere un ringraziamento al Comitato regionale sardo per il servizio radiotelevisivo, che pur essendo stato nominato in ritardo e nel momento in cui la mia mozione è stata presentata, nel giugno 1995, non era stato insediato, e io ponevo questo problema come necessità di approfondimento quindi l'inserimento di questo Comitato è stato importante, ha prodotto alcuni dati, alcuni documenti importanti, io credo che va dato corso alle indicazioni e ai suggerimenti di questo Comitato, che è composto da professionisti importanti che possono avere più grinta e deve porsi in termini forse più critici verso il potere regionale. Non mi permetto di dare consigli ai giornalisti che sono affermati, che hanno una grande esperienza, ma io credo che siano tempi nei quali occorre per darsi una smossa forse avere un po' di grinta, e credo che questo Comitato che è molto importante, che ha un grande mandato, che sta svolgendo un grande ruolo di coordinamento e anche di interpretazione dei bisogni che emergono dalle varie realtà dell'informazione in Sardegna, credo che battendo il pugno sul tavolo possa far sentire meglio e possa costringere questa classe politica che in questo ultimo anno di mandato deve recuperare molti gradi di credibilità, costringere questa classe politica regionale ad assumere atti importanti su questo tema e in questo campo, quando diversi mesi fa la mia mozione su diverse pressioni politiche, ovviamente anche da parte mia, fu posta all'ordine del giorno se ne interruppe la discussione e poi la decisione, io credo che ormai non possiamo andare oltre, il collega Ghirra che era anche intervenuto e poi aveva chiesto un rinvio, immaginando immediate soluzioni, ma sono passati mesi e mesi e queste soluzioni non sono arrivate. Rivolgo un invito anche al collega Ghirra, che nel campo dell'informazione è una figura importante, perché sproni tutti i colleghi, perché si arrivi finalmente a qualche esito, un esito che non sia però, cari colleghi, quello di bloccare qualcuno solo perché non fa comodo sul piano politico. Stiamo attenti. Qui stiamo parlando di libertà di informazione, stiamo parlando di pluralismo, stiamo parlando di pari possibilità e allora in un mercato che si affaccia all'Europa, in una società moderna che dovrà affrontare una serie di sfide e quella dell'informazione e della formazione dei cittadini e quindi della credibilità del potere pubblico nei confronti dei cittadini, si pongono questi temi in grande evidenza. Io credo che dobbiamo puntare non solo a una politica di vincoli nel campo dell'informazione, ma una politica che vincoli, questa volta sì, ad una informazione corretta in coerenza con quelli che sono i dati storici, i dati reali di ciò che avviene, senza che ci sia un limite alle opinioni, ci mancherebbe altro. Anzi questo significa consentire una pluralità di opinioni, consentire una pluralità di posizioni, una pluralità di diversificazioni. Allora andiamo verso una strada che la sfida di oggi ci pone che è quella di mettere tutti a pari livello, tutti in condizioni di partire assieme, e poi chi ha più fiato arriva, la capacità dell'informazione, la serietà, la possibilità di arrivare ai cittadini con temi concreti, che veramente toccano i cittadini, questo mi pare che sia una delle sfide che riguarda l'informazione, che riguarda l'operatore dell'informazione. Oggi abbiamo purtroppo tante realtà professionali del regionalismo in Sardegna che sono ai margini della vita sociale perché non hanno lavoro, perché evidentemente ci sono troppi problemi. Allora io credo che uno dei primi atti, che questo Consiglio deve compiere, è quello di dimostrare che c'è invece una volontà di cambiare pagina rispetto al passato e di porsi in un'ottica costruttiva sotto questo punto di vista. Io sono disponibile a qualsiasi soluzione, se occorre anche a rivedere la mia mozione, a ritirarla, a riproporne altre che abbiano un significato più complessivo e più compiuto, ma sono indisponibile a posizioni di ipocrisia politica, sia chiaro, signor Presidente, colleghi e colleghe, così come pretendo da me un atteggiamento di concretezza, così lo chiedo agli altri colleghi. Sono disposto anche a ritirare questa mozione, se serve a ripresentarne un'altra firmata da tutti che vada nella direzione che abbiamo indicato, in quella cioè di dare una qualche risposta che oggi pur tardi rispetto ad esigenze e a pressioni sociali che arrivano, io credo che siamo ancora in tempo per rispondere a tanti bisogni che nel campo dell'informazione la società sarda ci pone. Grazie.

PRESIDENTE. Per illustrare la seconda mozione, ha facoltà di parlare il consigliere La Rosa.

LA ROSA (Gruppo Misto). Signor Presidente, signor Presidente della Giunta, onorevoli colleghe e colleghi, vorrei in primo luogo sottolineare quanto sia importante e impegnativa questa tornata consiliare che si apre con la discussione di queste due mozioni sullo stato dell'informazione in questa Regione e che proseguirà con la discussione di un importante progetto di legge che attiene allo sviluppo dell'informazione e delle comunicazioni di massa della nostra Regione. Certamente però lo stato dell'informazione come ben si richiama la mozione numero 141 nella nostra Regione, attraversa un momento difficile, una lunga stagione di difficoltà e di crisi. Di questo parlava anche poc'anzi il collega Amadu, ma la crisi non investe soltanto piccole emittenti locali, pur importanti soprattutto per quelle comunità nelle quali queste emittenti operano, la crisi investe anche emittenti di maggiore importanza, che attraversano momenti delicatissimi con pericolo di chiusura e di licenziamenti. E la crisi interessa anche certamente l'emittente radiotelevisiva pubblica, in particolare perché fortemente ridimensionata e pertanto non in grado di programmare ed esportare produzioni locali, mentre come si sa si va verso una riforma che prevede la rete priva di pubblicità. E poi le emittenti radiofoniche locali numerosissime nella nostra Regione che però come sappiamo hanno vita grama, così come diffusa è la piccola editoria locale anche essa alle prese con problemi di sopravvivenza. Da questa fase di crisi dobbiamo lavorare per uscirne consolidando il ruolo fondamentale della informazione in una democrazia matura, come quella che noi crediamo di rappresentare. E dobbiamo quindi individuare quanto si contrappone a questo obiettivo, quanto non coincide con questo obiettivo e lavorare per rimuovere quindi gli impedimenti e gli ostacoli. Non coincide con questo obiettivo certamente la mancanza di una norma sullo sviluppo della comunicazione di massa, ma questo sarà oggetto proprio in questa tornata consiliare dell'impegno di questo Consiglio. Ma non coincide con questo obiettivo neppure certamente la registrazione di posizioni dominanti nel panorama della informazione nel bacino regionale. Quando si registra la coincidenza della proprietà di quotidiani, di emittenti televisive e radiofoniche, una forte concentrazione di questo tipo certamente non corrisponde al ruolo fondamentale della informazione in una democrazia matura. Non corrisponde appunto neppure al ruolo che questa informazione deve esercitare in termini di completezza, di pluralismo e di correttezza della informazione. E la situazione certamente appare ancora più grave e più problematica quando questa concentrazione dovesse anche coincidere con un impegno diretto nella politica. A questo punto non c'è più soltanto come dire un problema che riguardi la correttezza e la completezza della informazione, c'è un vero e proprio problema che riguarda il conflitto di interessi, c'è un problema di par condicio nella sfera politica. Si pone quindi per la nostra Regione una necessità di esercitare un ruolo di primo piano per l'importanza che il tema ha sia di iniziativa propria, con le norme che discuteremo e approveremo per lo sviluppo della comunicazione di massa, sia per la iniziativa che essa deve assumere nei confronti del governo nazionale che certamente è impegnato a discutere di questi stessi problemi e ad adottare misure importanti, e io spero positive. L'iniziativa della nostra Regione deve portare a riconoscere le prerogative delle regioni e della nostra Regione, anche nel campo della regolamentazione del sistema radio televisivo locale. Deve fare in modo che ci sia in questo settore una riforma di tipo federalistico, che garantisca alle regioni un ruolo propositivo e di partecipazione attiva alla organizzazione della società concessionaria e in particolare alla rete televisiva senza pubblicità; per fare in modo che le sedi regionali possano essere nelle condizioni di produrre potenziando e rilanciando così il ruolo pubblico del servizio televisivo e programmando servizi utili per la nostra Regione ma che possano anche essere esportati fuori dalla nostra Regione. Credo che la discussione sullo stato della informazione della nostra Regione debba e possa approdare, questo è l'auspicio, ad una posizione la più larga possibile e unitaria nel Consiglio. E in questo senso la disponibilità del collega Amadu mi sembra una disponibilità importante. Io credo che ci sia anche da parte dei firmatari della mozione numero 141 la disponibilità a valutare con estrema attenzione l'esigenza di pervenire appunto ad un documento unitario.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle mozioni. È iscritto a parlare il consigliere Ghirra. Ne ha facoltà.

GHIRRA (Progr. Fed.). Signor Presidente, colleghe e colleghi, il mondo dell'informazione, come noi tutti sappiamo, vive oggi in Sardegna una crisi grave e talvolta persino drammatica. L'irrompere sulla scena dei mass media tradizionali, delle nuove realtà rappresentate negli anni '70 delle radio e delle tivù private e la recente e permanente rivoluzione causata dall'introduzione di moderne tecnologie informatiche e telematiche si è accompagnata a distorsioni e ritardi che vanno superati e risolti nell'interesse stesso di una moderna democrazia. Viviamo in quella che è stata chiamata la società dell'informazione: dobbiamo governarla, non subirla, analizzandone tutti gli aspetti.

La Rai, l'azienda pubblica, è cresciuta decisamente sul fronte dell'informazione giornalistica, ma la sede regionale di produzione è praticamente scomparsa. Anche Radio Sardegna, che pure ebbe un ruolo centrale già nel dopoguerra nella crescita della cultura isolana, è oggi spenta. Radio Sardegna fu una palestra di produzione di programmi e di idee della quale oggi molto si sente la mancanza. Una Regione che si muova davvero su una linea federalista non può non battersi per ottenere dalla concessionaria del servizio pubblico il rilancio di una capacità di produzione autonoma della sede regionale, che non significa un ripiegamento nel localismo, ma semmai la possibilità di fornire a intellettuali e artisti di quest'Isola un campo di sperimentazione, di conoscenza e di diffusione del loro lavoro.

Le tivù private, che rappresentarono la grande novità della metà degli Anni Settanta, soffrono oggi gravi difficoltà. La chiusura di numerose emittenti ha ridotto il numero delle televisioni regionali e locali a 19, gli organici di giornalisti e tecnici sono oramai ridotti all'osso. Persino Sardegna 1, una delle più affermate, attraversa un momento delicatissimo. Peggio ancora stanno le 82 radio locali, sottocapitalizzate, oberate da seri problemi finanziari, in difficoltà nella raccolta pubblicitaria, e ora alle prese con gravi problemi dopo che il ministero delle Telecomunicazioni ha concesso alla Telecom l'occupazione di frequenze in precedenza a loro disposizione, tutto ciò con un aggravio di costi spesso insostenibile. Il Consiglio e la Giunta regionale hanno ora a disposizione un'importante scadenza per dimostrare un interesse più forte per le sorti del settore radiotelevisivo: presto l'Assemblea dovrà approvare la legge che istituisce il Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom), destinato a prendere il posto dell'attuale Comitato regionale per il servizio radiotelevisivo (Corerat). Prima di quella scadenza, occorre che Giunta e Consiglio, come già in parte hanno fatto, assumano una pressante iniziativa politica perché l'Authority nazionale per le telecomunicazioni, recentemente insediata, attribuisca ai nuovi Comitati competenze e poteri che consentano realmente alla Regione di partecipare alla regolamentazione del sistema radiotelevisivo locale, a partire dal Piano di assegnazione delle frequenze e dall'ubicazione degli impianti emittenti.

Nel settore della carta stampata le difficoltà sono ancora più evidenti. I numerosi periodici vivono giorni grami, e c'è da augurarsi che il Consiglio approvi domani la legge che prevede una serie di misure a sostegno del pluralismo dell'informazione locale. Le aziende più dinamiche troveranno in quel provvedimento misure volte a stimolare investimenti destinati all'innovazione e al potenziamento produttivo. Verranno inoltre introdotti precisi e trasparenti criteri affinché le comunicazioni istituzionali della Regione e dei suoi enti favoriscano il pluralismo piuttosto che l'affermarsi ulteriore di fenomeni di concentrazione.

Certo, noi tutti sappiamo che la Regione autonoma della Sardegna ha ben pochi poteri in materia di informazione, per ragioni storiche chiarissime. Lo Statuto speciale venne approvato dall'Assemblea Costituente il 26 febbraio di cinquant'anni fa, e allora il sistema dei mass media aveva ben minore sviluppo e pervasività rispetto a oggi. I padri costituenti, anche i più lungimiranti, non potevano certo l'avvento della società dell'informazione, né pensare a consegnare alla Regione autonoma i poteri necessari a evitare distorsioni in un settore delicatissimo. Ecco perché oggi questa Assemblea, e la Regione nel suo insieme, non hanno la possibilità di incidere con leggi proprie. Si potrebbe pensare, nel quadro di una incisiva riforma federalista dello Stato, di rivendicare per la Sardegna, sulla base delle nostre peculiarità storiche, etniche, culturali, poteri reali, incisivi, sull'esempio dei lander tedeschi. Resta tuttavia, a questo Consiglio, la possibilità di proporre al Parlamento il varo di provvedimenti che incidano sulle anomalie del bacino regionale.

Sono urgenti regole, risposte politiche e istituzionali, in una Sardegna nella quale cresce, non solo per gli operatori, l'allarme per le sorti dell'informazione. Tutto ciò non soltanto per i giornalisti, ma anche fra i cittadini, ben coscienti del ruolo chiave dei mezzi di comunicazione di massa in un sistema democratico moderno. E' un allarme che investe- seppure in modi e intensità differenti- anche i due quotidiani storici, L'Unione Sarda e la Nuova Sardegna, alle prese con una situazione di difficoltà che per L'Unione è ormai di vera e propria emergenza. Comune è il calo di vendite a favore dei grandi quotidiani nazionali, favoriti anche dal fatto che i vari Repubblica, Corriere della Sera, Stampa, vengano stampati in stabilimenti di proprietà della Nuova e dell'Unione.

Fatto è che quasi cinquantamila copie sono state perse dai due quotidiani dalla fine degli Anni Ottanta a oggi, e il fenomeno si è aggravato recentemente, soprattutto per quanto riguarda L'Unione Sarda. Il quotidiano di Cagliari, che sfiorò la media di centomila copie vendute non più di nove anni fa, si è ridotto nel 1996 ad appena 64.606 copie, sintomo di una pessima gestione imprenditoriale. I dati forniti da un'autorevole fonte di parte imprenditoriale, la Federazione italiana degli editori di giornali, sono inquietanti: rispetto alle quasi centomila copie giornaliere del 1989, L'Unione ha perso un lettore su tre, quasi tutte a vantaggio dei giornali nazionali. La Sardegna resta sopra le duecentomila copie vendute ogni giorno in edicola, ma la fetta dei giornali regionali (anche La Nuova Sardegna è calata a poco più di 61mila copie, contro le circa 80mila degli ultimi Anni Ottanta) si è ridotta drasticamente, facendo scivolare l'Isola al nono posto fra le regioni d'Italia per numero di copie vendute.

Dobbiamo interrogarci tutti sul perché di questa crisi. Le ragioni sono molteplici, ma di sicuro si può affermare che i lettori trovano sempre meno nelle edicole giornali che raccontino e indaghino la realtà sarda.

Occorre battersi contro la tendenza all'omologazione che un'idea sbagliata di modernità porta con se. Non è vero che globalizzazione significhi scomparsa delle identità. Anche sulla base di questa convinzione la Commissione Informazione del Consiglio regionale ha voluto convocare nell'autunno del 1997 i responsabili del Gruppo Caracciolo-De Benedetti, e si è espressa contro il rischio di snaturare l'autonomia non soltanto informativa ma anche aziendale della Nuova Sardegna. Il Consiglio si è espresso contro l'assorbimento per fusione societaria della Nuova nel gruppo Caracciolo-De Benedetti, ricordando all'editore Carlo Caracciolo presenti in prima persona, gli impegni al radicamento nell'Isola del quotidiano di Sassari da lui assunti all'atto dell'acquisto, nel lontano 1981. Quel gruppo ha comunque acquisito il cento per cento delle azioni della Nuova, rifiutando la richiesta di una società di giornalisti e lavoratori poligrafici di ottenere una quota del 4 per cento. Per il momento la Nuova Sardegna resta un'azienda autonoma, ma sarà bene tenere gli occhi aperti contro la tendenza a renderla una semplice divisione operativa di un grande gruppo nazionale, il che sarebbe in contrasto con gli impegni assunti solennemente dallo stesso Carlo Caracciolo con il Consiglio regionale.

Ci sarà dunque da tenere gli occhi aperti per quanti non rinunciano a difendere i propri spazi di autonomia. Sono ancora numerosi, i giornalisti e i poligrafici, anche nelle realtà nelle quali gli editori tentano di schiacciarli, sono ancora numerosi quelli che rifiutano il ruolo di megafono dei poteri forti (banche, editori, grandi speculatori immobiliari) che li vorrebbero simultaneamente ridotti a passivi operatori dei terminali, portavoce degli interessi extraeditoriali dei padroni dell'economia e della politica. Non basta però lo sforzo di tanti operatori dell'informazione a superare i limiti e le distorsioni gravi del sistema dell'informazione in Sardegna, sul quale è doveroso sollecitare al Parlamento regole chiare e nette sugli obblighi sociali e anche etici delle aziende editoriali. Lo scenario sardo rende indispensabile la definizione in Parlamento e nei contratti fra le parti sociali dello Statuto dell'impresa giornalistica, che sancisca la distinzione dei ruoli fra editore, direttore e redazione nelle aziende editoriali, mettendo fine alle costanti, e spesso impunite, violazioni della legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti e dei contratti nazionali di lavoro. E' insomma giusto, anzi doveroso, che gli editori guadagnino, ottenendo profitti da aziende sane ed efficienti; che i direttori siano gli interpreti di linee politiche concordate con gli editori e discusse con le redazioni, e che i giornalisti abbiano riconosciuti il diritto e il dovere di quell'informazione completa e pluralistica, indispensabili per i cittadini di una democrazia matura. Tutto questo, normale in qualsiasi Paese dell'Occidente democratico, ma anche nel nostro, sembra quasi un'utopia in Sardegna. L'epicentro del malessere è il gruppo Grauso, in particolare il quotidiano L'Unione Sarda, nel quale è successo di tutto negli ultimi quattro anni, con una escalation che ha toccato il suo culmine a partire dal mese di agosto del 1997, allorché il proprietario delle quote di maggioranza del quotidiano più diffuso (L'Unione Sarda), dell'emittente televisiva di maggiore audience nel settore privato (Videolina), dell'emittente radiofonica Radiolina, oltre che di un'altra tivù (Telecostasmeralda), e ora controllore indiretto di un quotidiano in edicola nel Sassarese, ha costituito un'organizzazione politica da lui stesso guidata. Ha così realizzato un singolare primato: una posizione dominante, un vero e proprio trust, nel bacino regionale sardo, e, contemporaneamente, un evidente conflitto di interessi fra il ruolo di proprietario di mass media e di leader politico, con un grave pregiudizio della libertà e del pluralismo dell'informazione. Ciò non soltanto perché la costituzione della nuova formazione politica è stata annunciata e promossa con una martellante campagna di sostegno sui media di sua proprietà. Una campagna che ora riguarda le elezioni comunali di Cagliari, e che vede L'Unione pubblicare quotidianamente da giorni pagine e pagine pubblicitarie senza neppure la prevista scritta informazione pubblicitaria, con una violazione evidente delle leggi alle quali tutti i partiti, vecchi e nuovi, sono sottoposti.

Il conflitto fra il ruolo di editore e quello di leader politico può essere chiarito con le parole di una fonte non spspetta. "La proprietà del giornale deve essere trasparente come una casa di vetro e caratterizzarsi per fini esclusivamente editoriali". "La completezza dell'informazione può essere raggiunta soltanto se vengono assicurate garanzie certe all'esercizio della piena autonomia professionale dei giornalisti". E ancora: "La migliore difesa da ogni intromissione nella proprietà del giornale, di interessi estranei e oscuri è l'equilibrio dei conti economici". A stilare questo bel manifesto dell'editore fu, nel maggio del 1985, Nicola Grauso, che firmò un interessante editoriale ai lettori dell'Unione Sarda, qualche giorno dopo l'acquisto del giornale di Cagliari.

L'autore di queste frasi ha tradito quegli impegni, ma credo che questo Consiglio possa condividerne lo spirito e la lettera, con quel no a qualsiasi coinvolgimento di un editore in interessi extraeditoriali, politici o economici che siano, e la corretta identificazione dell'imprenditore in chi ricerca legittimi profitti ma riconosce di avere una funzione pubblica rilevante. Oramai tutti questi impegni sono stati abbandonati, con una escalation che ha toccato il suo culmine negli ultimi mesi, con giornale e tivù utlizzati non già per informare ma branditi come clave contro quei politici regionali e nazionali non asserviti o asservibili. I mass media di un editore smemorato sono stati e vengono quotidianamente utilizzati quasi esclusivamente per attaccare amministratori e politici considerati ostili alle intraprese extraeditoriali di un imprenditore arrogante. Il Consiglio ricorderà l'impegno di quel gruppo a sostegno della società Video on line (ceduta a Telecom dopo aver accumulato ingenti passivi, spingendosi sull'orlo del fallimento). Ma quello fu soltanto l'esordio del capitolo conflitto di interessi fra il ruolo di editore e imprenditore in altri settori produttivi. Ben più grave fu l'atteggiamento del quotidiano di Cagliari sulla vicenda relativa alla cartiera di Arbatax, affittata alla società "Arbatax 2.000", anch'essa gravata da forti debiti dopo poco più di un anno di attività, e dichiarata fallita dal Tribunale di Lanusei nel mese di luglio del 1997. Al contrario, numerosi editoriali, spesso a firma del direttore del quotidiano, Antonangelo Liori, per qualche mese protagonista di un inedito doppio ruolo (responsabile della testata e amministratore delegato di Arbatax 2.000) hanno lanciato continue pressioni, talvolta intimidazioni, nei confronti di amministratori della Regione, e imbastito una tambureggiante campagna di denigrazione contro tanti assessori e consiglieri regionali dai quali si esigevano con insolenza atti e decisioni difficilmente compatibili con il quadro legislativo vigente, rivolti in particolare a ottenere finanziamenti pubblici di ingente entità, soprattutto nel settore della telematica e della forestazione. Un imprenditore presentatosi tredici anni fa come esponente di una visione dell'impresa moderna, che amava definirsi editore etico, è divenuto nei fatti il campione politico di quel blocco sociale di tipo assistenzialistico- parassitario che si dice industriale e si autodefinisce imprenditoriale, ma ha l'unico obiettivo di mettere le mani sulle casse regionali, sui forzieri della spesa pubblica.

Si tratta di una figura storica ben nota in Sardegna, quella di chi è prosperato grazie all'assistenza della spesa pubblica. Si tratta di sedicenti imprenditori, i quali, attraverso la protezione di importanti settori del credito e di settori della politica, tendono a spadroneggiare, confidando nella subalternità degli amministratori e di quei politici regionali sensibili a un'idea del governo intesa come fiancheggiamento dell'impresa assistita. A questo blocco cementato intorno alla vecchia politica va contrapposta una politica di cambiamento e di innovazione, che metta in campo, contro il grumo di potere assistenzialistico-parassitario, un'alleanza politica e sociale di progresso fondata sulle parti più vitali del mondo del lavoro e dell'impresa, sull'uso produttivo delle risorse ambientali e culturali della nostra Isola. Oggi che siamo alla vigilia della Conferenza sul lavoro e lo sviluppo appare evidente l'interesse, soprattutto delle giovani generazioni, a una svolta profonda in questo senso, e dunque lo smantellamento di una visione della politica e dell ' impresa fondata su una Regione clientelare e dissipatrice di risorse, una Regione dei favori e non dei diritti.

Anche all'Unione Sarda la cultura dei diritti è stata bandita, se è vero che i sindacati confederali, l'Associazione della stampa sarda e la Federazione nazionale della stampa denunciano da tempo gravi violazioni delle regole sindacali, e persino intimidazioni, rappresaglie e minacce rivolte a singoli lavoratori e giornalisti, colpevoli di non allinearsi agli ordini dell'editore, che dopo il varo del Nuovo Movimento ha trasportato questo stile di governo anche all'interno di Videolina. Quella tivù rimasta per vent'anni un organo di informazione pluralista è stata trasformata nell'estate del 1997 in un mezzo di diffusione privilegiato delle istanze del Nuovo Movimento, con programmi interi, servizi e interviste a getto continuo al servizio dell'editore leader politico, che sembra voler imitare quanti hanno costruito fortune elettorali sull'uso distorto di tivù e giornali. Noto è il caso di Cito, sindaco di Taranto, poi parlamentare, mentre in Friuli un altro proprietario di tivù e quotidiani locali, l'editore Melzi, sembra voler scendere in campo in politica. La questione del conflitto di interessi, sulla quale il Parlamento sembra intenzionato a impegnarsi per trovare un corretto equilibrio, non riguarda più soltanto Silvio Berlusconi, ma si sta propagando nel Paese, investe realtà regionali e locali.

In Sardegna, poi, a tutto questo si sono aggiunte questioni di stile e di buon gusto: si è letto di tutto, compresi minacce e insulti, spesso assai sgradevoli e ai quali sarebbe necessario dare non un avallo, ma una ferma risposta in tutte le sedi istituzionali, appellandosi anche all'articolo 289 del codice penale, che prevede pesanti sanzioni per gli attentati contro gli organi costituzionali e le assemblee elettive. Sono o no diretti a turbare l'esercizio delle prerogative e funzioni delle istituzioni autonomistiche le minacce e le aggressioni all'Assemblea regionale nel suo complesso? Al Presidente della Giunta, al Presidente del Consiglio, assessori, consiglieri, leader di partiti politici, deputati e senatori eletti in Sardegna? Un quotidiano che nella testata si autodefinisce indipendente è ormai diventato un vero e proprio organo di fazione, tradendo il patto di lealtà con i giornalisti, ma soprattutto con i suoi lettori, ai quali promette un'indipendenza che non c'è.

Il suo proprietario ha inventato un'ennesima trovata, dimettendosi dal ruolo di Presidente della Fondazione che controlla la maggioranza delle azioni dell'Unione Sarda. Ma resta il proprietario della maggioranza delle azioni, e dunque l'editore del giornale (come possa definirsi ex editore resta davvero un mistero neanche tanto buffo!), e in questa veste egli interferisce pesantemente persino sulla fattura materiale del giornale, ordinando la pubblicazione di articoli nel quotidiano e imponendo ai giornalisti delle sue tivù di recarsi a registrare con microfono e telecamera le sue esternazioni.

La sovrapposizione del ruolo di editore e quello di leader politico chiama in causa questioni fondamentali per la vita democratica. Parlando a Cagliari lo scorso 9 di marzo, lo stesso vicepresidente nazionale della Fieg, la federazione degli editori alla quale aderisce anche l'editore dell'Unione, ha detto con chiarezza di essere a favore di una legge del Parlamento che regolamenti il conflitto di interessi: "Sono il proprietario del Secolo XIX, il primo giornale della Liguria- ha detto Carlo Perrone - e per me sarebbe facile farmi eleggere sindaco di Genova. Ma la mia formazione culturale, i miei studi in Francia, patria di Montesquieu, mi fanno ritenere essenziale in una democrazia la netta separazione dei poteri".

E' evidente nella nostra Isola anche un problema di libertà nel mercato e di mercato. Non si tratta di un problema astratto, ma di entrare senza tentennamenti dentro quella cultura antimonopolistica che le grandi democrazie occidentali si sono date da decenni, se non da secoli. Proprio nel Paese del capitalismo più avanzato, gli Stati Uniti, per non parlare della Gran Bretagna, l'esigenza di temperare la libertà assoluta del mercato con precise norme antitrust ha trovato risposte precise nelle leggi, con l'obiettivo di evitare che la concentrazione di risorse pubblicitarie e di strumenti di informazione dia vita a posizioni dominanti in grado di condizionare pesantemente il pluralismo e persino la libertà di stampa. Il caso Sardegna è evidente, come è evidente che il pluralismo non può essere affidato alle gentili concessioni di un editore, ma deve essere garantito da dati e scelte oggettive.

Nell'Isola i lettori possono acquistare nelle edicole quotidiani nazionali in gran quantità, ma sul piano dell'informazione regionale e locale si registra una situazione quasi monopolistica. Si può parlare di duopolio se si pensa all'informazione scritta, con L'Unione Sarda egemone al sud e La Nuova Sardegna al nord, dove non pare abbia inciso in modo rilevante un quotidiano locale strettamente collegato al gruppo cagliaritano. A questo proposito è importante che il Consiglio chieda al Parlamento, fra breve impegnato nel varo della nuova legge sull'editoria, norme rigorose sulla trasparenza delle proprietà, per individuare, al di là di prestanome e società di facciata, i reali detentori dei pacchetti di controllo delle aziende editoriali. Anche nel settore televisivo la situazione è simile, c'è anche lì un duopolio: la Rai, concessionaria pubblica da una parte, Videolina e Tcs dall'altra, assai forti in un settore privato nel quale la crisi di Sardegna Uno e di Cinquestelle rischiano di lasciare spazi straripanti a chi ha già oggi posizioni di monopolio.

In questo quadro la Regione non può restare insensibile, ma è giusto che proponga al Parlamento nazionale di dare il via a norme antitrust, che vietino la formazione e il mantenimento di posizioni dominanti in ambito regionale, tanto nell'offerta di informazione (scritta, televisiva, radiofonica, telematica) quanto nella raccolta pubblicitaria e nel settore, delicatissimo, della distribuzione. Il caso delle concentrazioni pubblicitarie e della distribuzione non riguarda ancora la Sardegna, ma si fa evidente il rischio che anche alcuni grossi distributori (sta avvenendo nella Gazzetta del Mezzogiorno di Bari) entrino nella proprietà dei giornali, creando un ulteriore trust, così come avviene per la pubblicità. Il nodo è evitare gli intrecci tra i diversi settori che concorrono a formare la voce informazione: carta stampata, informazione televisiva, pubblicità, distribuzione. E' nell'intreccio il marcio.

E' sufficiente fare come negli Usa, dove l'autonomia della stampa è protetta dal primo emendamento della Costituzione, ma ciò non ha impedito al Congresso di prevedere rigide regole. Ad esempio - lo ricordava nelle scorse settimane un bel servizio de Il Sole 24 ore - non è possibile controllare contemporaneamente una stazione televisiva e un quotidiano nella stessa città. Nonostante la deregulation imperante anche nel settore delle telecomunicazioni, esistono precise regole antitrust anche a livello locale.

Anche la Gran Bretagna prevede una normativa simile. Il Broadcasting Act, e cioè la legge sull'Emittenza radiotelevisiva, regolamenta con precisione le possibilità e i limiti delle concentrazioni ai livelli regionale e locale. Sia la legge del 1990, sia le modifiche introdotte nel 1996 dettano precise norme, vietando incroci e intrecci fra le proprietà dei giornali e delle tivù: per l'esattezza, il proprietario di un quotidiano che copra più del 20 per cento del mercato regionale della Gran Bretagna non può avere licenza a trasmissioni televisive nella stessa area geografica di diffusione del quotidiano di sua proprietà. Sia la legge del '90 che quella del '96, questo mi farebbe piacere che lo ascoltassero i liberisti, sono state votate da una Camera dei Comuni governata da una maggioranza conservatrice e ultraliberista, guidata dal premier John Major, dunque una maggioranza non sospetta di alcuno spirito di sopraffazione rispetto all'iniziativa privata. Ma sono proprio, questo per i liberisti della domenica, i paesi che primi hanno visto nascere il capitalismo e difeso a oltranza la libertà del mercato, sono proprio loro a porsi il problema di evitarne le distorsioni monopolistiche. Ciò a maggior ragione in un settore così delicato come l'informazione, che la nostra come le altre Costituzioni tutelano come diritto fondamentale dei cittadini, ai quali va garantito un concreto pluralismo.

Servono dunque regole e garanzie, tanto più nel caso di giornali che si sono ampiamente approvvigionati negli anni di denari pubblici, che hanno ricevuto decine di miliardi, grazie alle provvidenze della legge sull'editoria, ottenute anche grazie a stratagemmi che hanno portato, nelle tasche di privati, fondi destinati a soccorrere l'editoria cooperativa e di partito in forte crisi e le imprese radiofoniche in difficoltà. La richiesta di leggi chiare sul fronte dell'antitrust e della trasparenza della proprietà non è dunque un'idea balzana. Nasce da esigenze serie, vanno vietati come avviene con la legge statunitense e quella britannica, gli incroci e gli intrecci fra diversi settori della comunicazione, ovviamente nessuna norma può o deve danneggiare singole testate. Nessuno può pensare che giornali storici (come il Secolo XIX di Genova, ma ciò vale per la Nuova Sardegna di Sassari o L'Unione Sarda) possano essere limitati nella loro crescita anche qualora superino fette di mercato. E' ovvio però che l'intreccio e l'incrocio con altri mezzi di comunicazione multimediale (televisioni, radio, aziende telematiche) debba essere regolato da norme chiare.

A questo proposito noi non possiamo limitare la nostra attenzione ai settori classici dell'informazione, proprio mentre il mondo della comunicazione è attraversato da una vera rivoluzione, che sta cambiando il nostro modo di vivere, di produrre, di lavorare. Il potere pubblico, le istituzioni, hanno l'obbligo di garantire anche ai cittadini sardi i vantaggi e le opportunità offerte dalle moderne tecnologie telematiche. Le grandi autostrade elettroniche possono trasportare una quantità eccezionale di informazioni (parole, immagini, suoni) in tempo reale, mettendo fine alle difficoltà legate ai sistemi di trasporto, abolendo nei fatti, o comunque ridefinendo, i concetti di centro e periferia. Dalla Sardegna, attraverso il telelavoro, è oggi possibile lavorare per aziende di altri Continenti, oltre che dell'Europa. Sconfinate sono poi le possibilità offerte dalla telemedicina, che può portare un notevole contributo, in termini di efficienza, ma anche di spesa, al nostro sistema sanitario, così fortemente condizionato da collegamenti stradali inefficienti. Viviamo, e vivremo, collegati su grandi reti telematiche, la più grande delle quali, Internet, collega già oggi sessanta milioni di esseri umani.

Va fatta, a questo proposito, un'altra operazione di verità. Internet non può essere propagandata da nessuno come un'azienda di sua proprietà. Singoli provider, come fu in Sardegna Video on line, uno dei tanti provider italiani, ma ce ne sono anche nell'isola, sono soltanto dei fornitori di accesso a Internet, non possono identificarsi con la rete. Se è vero che Video on line fu una felice intuizione, di sicuro non è stata una brillante operazione imprenditoriale. Aziendalmente si fermò sull'orlo di un fallimento, sul piano dell'occupazione non ha creato affatto cinquecento posti di lavoro, come un aspirante leader politico va dicendo e scrivendo, con un'operazione paragonabile alla disinformazia sovietica. Allorché Video on line stava per essere ceduta formalmente a Telecom, contava in tutto su 155 persone, ma non 155 dipendenti in senso stretto: fra loro c'erano alcuni in contratto di formazione e lavoro, oltre a un buon numero di giovani pagati - come si dice nei giornali - a borderò, e cioè rapporti di collaborazione con ritenuta d'acconto. Molti erano insomma in posizione di precariato, pochi e pochissimi sardi sono stati assunti da Telecom, altri vivono giorni grami in una cooperativa dall'incerto futuro.

Ma torniamo a cose più serie, e cioè all'esigenza che la Giunta regionale, due anni dopo l'approvazione unanime in Consiglio dell'apposita mozione vari finalmente il Piano telematico regionale, definendo i programmi, gli obiettivi, gli strumenti di attuazione, predisponendo, al suo interno, il piano di innovazione della pubblica amministrazione, un progetto di riqualificazione della formazione scolastica e professionale, un piano di innovazione della piccola e media impresa. Tutto ciò con l'obiettivo di consentire al sistema Sardegna di superare la sua forte arretratezza dal punto di vista dell'efficienza della pubblica amministrazione, che può e deve diventare una casa di vetro trasparente e funzionale, mettendo in rete l'amministrazione regionale e i suoi enti, le Province, i Comuni, le Comunità montane, le aziende e i servizi sanitari, le Università, il sistema delle biblioteche e dei musei. Tutti loro collegati al sistema delle piccole e medie imprese e alle grandi banche dati italiane ed europee: un sistema aperto, dentro il quale i cittadini possano interagire, per ottenere in tempo reale quelle informazioni che costano tempo e fatica, se non peggio.

In questa Regione, finalmente provvedimenti importanti come la legge statale 241 e quella regionale numero 40, varata nel 1990, potranno garantire concretamente ai cittadini tempi definiti e certezza nell'iter delle pratiche, realizzando così quella pubblicità e trasparenza degli atti amministrativi invocata da quanti hanno a cuore una moderna democrazia.

E' il tempo, e mi avvio a concludere, di una grande svolta politica e amministrativa, è il tempo di organizzare in Sardegna, sull'esempio di quanto sta facendo in Gran Bretagna Tony Blair, una grande campagna di alfabetizzazione di massa nella scuola, nel settore della formazione professionale, nella preparazione dei dirigenti e dei quadri della pubblica amministrazione e del sistema delle piccole e medie imprese.

Mi pare dunque opportuno dare il via al Piano telematico regionale in un quadro di grande trasparenza, contando in fase progettuale sul qualificato supporto tecnico e scientifico del Centro di ricerche e studi superiori per lo sviluppo, il CRS4, ampiamente finanziato dalla Regione e ampiamente ( e temo gratuitamente) utilizzato anche da iniziative private nell'Isola, stabilendo prioritariamente, insieme al sistema della autonomie locali, un grande progetto Sardegna. Importante può essere, nella fase di attuazione, anche il ruolo dei privati, perché non si parte da zero e numerose sono anche in questo settore le esperienze nell'Isola.

Ma anche in questo settore tutto deve essere regolato da norme chiare e trasparenti. Aziende che esplicitamente o segretamente siano riconducibili ai grandi monopolisti dell'informazione non devono essere sostenute finanziariamente dalla Regione, che ha l'obbligo di gare pubbliche e procedure limpide per centrare il nostro comune obiettivo: l'ammodernamento del sistema Sardegna, con una nuova frontiera nella quale è giusto impegnarsi. A mio parere, abbiamo il dovere di creare una sorta di continuità territoriale digitale che ci faccia superare con un balzo le nostre difficoltà nel sistema dei trasporti. Per far ciò, servono pochi ma chiari e netti segnali, quali l'eliminazione della tariffa urbana a tempo e quantomeno il dimezzamento delle tariffe interurbane. Anche così si potrà realizzare quella continuità territoriale digitale che può essere per la nostra Isola una vera e propria nuova frontiera dello sviluppo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lippi. Ne ha facoltà.

LIPPI (F.I.). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, colleghi, sono passati quattro anni, forse anche qualche cosina, no, pressappoco quattro anni dall'insediamento di questa legislatura, e io ricordo ancora che, proprio all'inizio della stessa, allorquando il Consiglio elesse quale Presidente dell'Assemblea, l'onorevole Gianmario Selis, ricordo ancora nell'intervento dell'onorevole Selis le parole che lui disse in quell'intervento richiamando proprio l'importanza di quello che era il sistema dell'informazione in Sardegna, e prese un impegno, un impegno sia nei confronti dell'Assemblea che evidentemente dei sardi, che hanno oggi tutti i diritti di essere ben informati, di affrontare quanto prima possibile una seduta e soprattutto di approvare una legge che in una certa qual maniera rispetto alle competenze che la Regione autonoma della Sardegna può godere, una legge che tentasse di riordinare nei limiti delle competenze questa complicata e delicata materia. Sono passati quattro anni, sono passati due anni di lavoro in Commissione, e finalmente oggi siamo qui a dibattere preliminarmente all'impegno che ci attenderà domani con la legge sulla informazione e sulla editoria, le mozioni che sono state presentate in questi ultimi mesi e che ben si legano al documento di legge che domani dovrà essere argomentato da questa Assemblea. Ma certo gli amici agricoltori e pescatori, oggi convenuti qui probabilmente per rivendicare alla Giunta e al Consiglio ben altri problemi rispetto a quelli della informazione, si chiedono come mai, in un momento di così grave crisi per la Sardegna, che li vede costretti a stare qua ad ascoltare noi poveri consiglieri regionali, che cosa abbia portato il Consiglio ad affrontare un così importante tema. Ebbene io credo che non vi è dubbio che al di là dei gravi problemi, della grave crisi che sta attanagliando l'economia della Sardegna, che sta mettendo in ginocchio alcuni segmenti importanti e trainanti per la nostra economia, il problema della informazione non possa essere oggi un problema per niente da sottovalutare. E credo che l'intervento che mi ha preceduto, quello dell'onorevole Ghirra, ne abbia dato la piena dimostrazione, di come a volte l'informazione possa essere una informazione faziosa e di parte, una informazione di comodo che tende solo ed esclusivamente ad evidenziare alcuni degli aspetti negativi di parte, tralasciando invece completamente quello che è il complesso mondo della informazione che probabilmente non riguarda solo l'editore de "L'Unione Sarda"; io voglio rassicurare il collega Ghirra, non diventerà sindaco di Cagliari, collega Ghirra, nonostante il direttore del quotidiano di Genova possa pensare che, scendendo in campo e presentandosi alle elezioni comunali di Genova, abbia la possibilità di diventare sindaco di Genova, le assicuro sin d'ora che l'editore de "L'Unione Sarda" pur scendendo in campo e presentandosi contro il candidato del centrodestra alle elezioni di Cagliari non vincerà. Quindi già stiamo sfatando. Io al di là di tutto e chiaramente voglio sperare che il collega Ghirra al quale mi lega una simpatia, per non dire una amicizia che è una parola grossa, spero che mi permetta di poter non polemizzare però riprendere alcuni passaggi del suo intervento, che ho ascoltato per intero con attenzione, e che in alcuni momenti è stato, non sofferto nella lettura da parte del collega Ghirra, ma probabilmente nel momento in cui lo scriveva certamente ponderato in alcune sue parti rispetto a quello che invece avrebbe voluto dire più liberamente e più apertamente. Ma non sempre è possibile dire per intero quello che uno ha dentro, quello che uno sente, quello che uno prova. Anche perché non va dimenticato che il collega Ghirra proviene proprio da quella redazione de "L'Unione Sarda" che anni addietro sponsorizzò fortemente, per certi versi anche con diversi interventi, l'acquisizione dell'attuale editore de "L'Unione Sarda" proprio della stessa testata. Operazione che venne condotta, anche questo va ricordato, con grande abilità da parte di un imprenditore del quale io non sono l'avvocato, primo perché non ne avrei i requisiti, secondo perché non intendo esserlo, ma comunque al quale va ascritto e riconosciuto un ruolo importante che lo stesso può aver recitato nel campo della informazione portando la Sardegna, soprattutto come ricordava prima il collega Ghirra, con l'operazione Video On Line al centro dell'interesse mondiale e quindi non relegando la Sardegna in un problema nazionale. Però vale la pena ricordare che l'editore Grauso all'epoca riuscì a scalare i vertici acquistando le azioni del giornale probabilmente è vero grazie al potere economico di allora, ma anche grazie ai servigi e agli aiuti di un noto partito politico che all'epoca, se non sbaglio, si chiamava Partito Comunista Italiano. Ma questa è storia di altri tempi; evidentemente c'erano altri amori, evidentemente c'erano altri rapporti, i cagliaritani ricordano ancora oggi i tanti tavoli che si consumavano nelle stanze dell'Ottagono tra Grauso, qualche altro noto personaggio cagliaritano e qualche segretario regionale di illustri partiti che allora governavano già la Sardegna. Ma, ripeto, è terminata la stagione degli amori ed è iniziato qualche altro tipo di stagione. Ma tralasciando il problema Unione Sarda perché credo che sia troppo importante l'appuntamento di oggi per banalizzare e concentrare tutta l'attenzione della assemblea e dei nostri interventi ponendo in discussione se L'Unione Sarda abbia in questi ultimi quattro anni condotto al suo interno una buona conduzione editoriale e giornalistica che l'ha portata nel frattempo a perdere non so quante migliaia di copie, così come ricordava prima il collega Ghirra. Evidentemente quando c'era il collega Ghirra il giornale aveva più prestigio perché poteva contare su una firma prestigiosa; quindi chissà probabilmente tra un anno se il collega Ghirra tornasse a scrivere su "L'Unione Sarda" è probabile che il giornale possa riacquistare tutte quelle copie che nel frattempo sono andate perdute. Ma credo che per il Polo delle libertà e soprattutto per Forza Italia l'attenzione alla quale si vuole portare la Giunta e l'intera Sardegna, proprio attraverso l'amplificazione che speriamo i mass media diano da domani o da stasera di questa discussione, sta su alcuni punti fondamentali. Il primo sul fatto che la Regione a nostro modo di vedere deve riuscire a porsi su questo problema al di sopra delle parti. Non è pensabile che la Regione nella espressione delle sue massime autorità, che sono il Consiglio, la Giunta e i due presidenti del Consiglio e della Giunta stessa, possano in una certa qual maniera condizionare l'informazione in qualsiasi modo e in qualsiasi forma. La Regione a nostro giudizio e quindi la Giunta regionale deve recitare un ruolo più alto e più nobile che deve essere quello di garantire il vero pluralismo della informazione, garantire quindi le condizioni di libera concorrenza nella certezza e nella assicurazione di un pluralismo della informazione che è utile e indispensabile per l'intera Regione. Sappiamo che in alcune parti della Sardegna i giornali vengono acquistati poco e letti poco, ci sono altri strumenti importanti che vengono utilizzati quali sono le radio, le piccole emittenti televisive, noi a queste realtà dobbiamo guardare, a queste realtà la Regione attraverso la Giunta deve riuscire nei limiti del possibile a garantire la loro sopravvivenza. Il mercato della pubblicità in Sardegna è quello che è, sappiamo che la stragrande maggioranza di queste realtà radiofoniche e televisive, piccole realtà da considerarsi a volte proprio piccole entità imprenditoriali sono quasi tutti, molte di queste, sono e restano quasi a conduzione familiare. E allora per anni si è sperperato denaro pubblico che doveva essere destinato a pubblicizzare, a veicolorare l'informazione della Giunta e degli assessorati attraverso le varie forme pubblicitarie; per anni questi strumenti sono stati utilizzati in maniera clientelare per assicurarsi i favori da alcune testate giornalistiche; da oggi in poi noi chiediamo maggiore rigore e maggiore attenzione da parte della Giunta perché ci sia realmente una ridistribuzione di queste risorse tra tutte le emittenti, tra tutte le testate, sia radiotelevisive che quelle della carta stampata. Questo è il primo aspetto che mi premeva sottolineare. Il secondo aspetto lo ricordava prima il collega Ghirra. Purtroppo, con un decreto ministeriale del 3 giugno '97, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 135 del 12 giugno, si sono destinate alcune bande di frequenze, utilizzate queste, anche se in via provvisoria, da emittenti radiofoniche private sarde, al sistema radiomobile pubblico analogico tacs, gestito dalla società concessionaria Telecom Italia Mobile. Già da tempo, caro Presidente della Giunta, questa Assemblea aveva votato all'unanimità un ordine del giorno, presentato da Forza Italia, nella quale si invitava la Giunta regionale a verificare se potevano esistere, in campo nazionale o internazionale, degli altri veicoli, oltre la Telecom Italia, disponibili a venire a fare telefonia in Sardegna. Credo che siano passati pressoché due anni, non credo che la Giunta si sia, o quanto meno non ce n'è mai stata data notizia, la Giunta si sia mai preoccupata di questo, oggi alcune nostre piccole strutture radiofoniche televisive, che garantiscono in tutta la Sardegna l'informazione, vengono penalizzate da un decreto ministeriale che le sta mettendo in ginocchio e che le sta portando verso la chiusura definitiva. Per questo chiediamo al Governo regionale un impegno verso il Governo nazionale per trovare una soluzione adeguata a salvaguardia di queste strutture. Il terzo problema che ci interessa sottolineare è il problema del servizio radiotelevisivo pubblico. E' un problema, anche questo, del quale si parla già da tempo. La richiesta, a nostro giudizio, che deve essere fatta da parte della Giunta al Governo, è quella che il servizio radiotelevisivo pubblico possa quanto prima diventare uno strumento di tipo federalistico, dove le regioni possano esercitare un ruolo propositivo e partecipativo, garantendo strumenti capaci di rendere autonomi e funzionali le sedi Rai regionali, e consentendo la produzione di programmi e servizi da inserire nei palinsesti nazionali. Questo deve esser e un impegno forte che la Giunta regionale deve portare avanti con peso, con determinazione a Roma, perché si rischia veramente di perdere professionalità, si rischiano di perdere, lo ricordava prima nel suo intervento, e mi piace citarlo perché nonostante tutto è stato un intervento articolato e molto completo, il collega Ghirra, ricordando che negli anni la Rai regionale, soprattutto la Rai radiofonica, ha esercitato un ruolo importante nell'informazione e nella comunicazione in Sardegna. Un altro punto, invece, che vorrei portare all'attenzione di tutta l'Assemblea, è il problema, anche se la Sardegna ne viene investita indirettamente, come parte istituzionale, ma sicuramente molti dei cittadini sardi seguono e seguono da anni, dal 1976, le trasmissioni di Radio Radicale, le dirette che dal Parlamento, attraverso Radio Radicale, dal 76 fino ad oggi, ci hanno concesso e ci hanno permesso di poter ascoltare direttamente quello che accadeva dentro il Parlamento italiano. Io credo che debba essere un impegno morale del Consiglio regionale, dell'Assemblea regionale, quello di inserire, di trovare il modo di inserire nelle mozioni che sono state presentate o negli ordini del giorno che saranno presentati, da qui a breve, collegati alle mozioni, il problema di Radio Radicale. Credo che debba essere uno strumento salvaguardato, uno strumento libero, uno strumento che per ventitré anni, si è sostituito degnamente al servizio pubblico, non riusciamo a capire perché, dopo ventitré anni, la Rai, il servizio pubblico, forse l'Ulivo, il governo dell'Ulivo, voglia sottrarre all'Italia intera una voce libera, una voce non condizionata, una voce che ci ha consentito veramente di poter in maniera anche a volte appassionata, seguire dibattiti in diretta dal Parlamento. Verrebbe semplice e facile fare anche una proposta per l'istituzione di una sorta di Radio Radicale anche per il parlamentino della Sardegna, ma probabilmente se riusciamo almeno a risparmiare questo ai tanti sardi che poi dal Palazzo, da quattro anni stanno aspettando risposte, senza invece averne, sicuramente faremo una cosa seria e una cosa degna per loro. Un ultimo impegno che crediamo che sia importante che la Giunta regionale vada ad assumere, deve essere quello di rendere pubblico ogni anno, a partire da quest'anno, attraverso la pubblicazione nei maggiori quotidiani sardi, i finanziamenti destinati alle emittenti televisive radiofoniche e alla carta stampata. Questo proprio per avere e mettere in atto quel concetto di trasparenza al quale prima si appellava anche il collega Ghirra, che ricordava che esiste una legge nazionale che per anni ha finanziato, a volte anche privati, a scapito di cooperative e giornali di partito. Era evidente anche qui il riferimento all'editore dell'Unione sarda, questo per dire che a volte l'informazione o la comunicazione non è per niente faziosa o di parte, ma quello che mi stupisce è che ci sia ancora, da parte di qualcuno, l'intenzione di voler sostenere che lo Stato italiano debba regalare soldi ai partiti per mantenere giornali di partito. Cioè io questa la trovo una cosa assolutamente assurda. Siamo in un mercato concorrenziale, chi riesce a stare sul mercato e ha i numeri per stare sul mercato, sta sul mercato; chi non ha i numeri, chiude. Queste, caro Ghirra, purtroppo sono le regole di mercato, né io né te le possiamo cambiare, né questa Assemblea regionale. Quello che noi possiamo fare e dobbiamo fare e siamo chiamati a fare è quello di garantire pari opportunità a tutti, e credo che per certi versi la legge che domani sarà presentata in quest'Assemblea e che credo abbia il collega Ghirra come relatore in Aula, sicuramente farà un passo avanti e darà più certezze e più chiarezza a un sistema che in Sardegna, nella limitatezza delle proprie competenze, fino ad oggi è mancato.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Paolo Fois. Ne ha facoltà.

FOIS PAOLO (Progr. Fed.). Altri prima di me hanno salutato con favore questa sessione consiliare, dedicata quasi interamente ai temi dell'informazione. Dapprima questo pomeriggio un dibattito che si va sviluppando sulle due mozioni che sono state presentate e che vengono illustrate, domani l'esame della legge contenente interventi a favore dell'editoria locale e della informazione e disciplina della pubblicità istituzionale. Tutti questi documenti, le questioni che sono da questi documenti affrontate toccano, e il dibattito che si va sviluppando lo conferma, un tema: quello del pluralismo della informazione, che tutti noi sentiamo come fondamentale in un sistema democratico per assicurare flusso di informazioni, accesso dei cittadini alle informazioni, la possibilità che tutte le voci libere possano circolare in una società democratica. Ed è giusto, quindi, che questo dibattito, le mozioni ed in particolare la mozione illustrata dal collega Ghirra e dal collega La Rosa, affrontino tutta una serie di questioni che intorno al tema del pluralismo delle informazioni ruotano. Lo spettro, il complesso, il ventaglio delle questioni cui queste mozioni, cui la stessa proposta di legge in esame domani dedica la sua attenzione, sono ampie, varie perché complessi, delicati e articolati sino i problemi che si pongono per quanto riguarda la questione dell'informazione. E questi problemi non si pongono soltanto a livello regionale, ma si pongono e sono stati posti soprattutto ai livelli nazionale, europeo e mondiale. Il collega Ghirra poco fa ha richiamato il concetto della globalizzazione nella informazione, dicendo che la globalizzazione non comporta la fine e la scomparsa delle identità. Questo è vero, ma soltanto se il processo e le implicazioni della globalizzazione vengono regolati, disciplinati, se c'è un sistema che contiene, che rappresenta un correttivo e un contemperamento a quei principi che invece, lasciati giocare liberamente, portando a quel sistema dell'informazione planetaria possono, troppo facilmente ahimè, portare ad una compressione dell'identità e delle voci locali, come tra un attimo dirò.

Ecco, quindi, la necessità di disciplinare questo fenomeno della globalizzazione che comporta seri rischi alla possibilità che ci siano dei sistemi di informazione a livello locale, che ci sia la stessa possibilità per tutti i cittadini, in qualunque bacino di utenza, di accedere a questi mezzi di informazione e di poter concorrere al flusso di queste informazioni. Perché quando si parla di informazione e di diritto di informare, di informazione, non sempre si distingue tra l'aspetto del diritto ad essere informati e il diritto ad informare. E, chiaramente, anche se Internet è stata presentata da tutti come il più democratico sistema per la diffusione delle informazioni, è vero anche che soltanto una determinata categoria di cittadini, non sicuramente quelli meno dotati di mezzi e di competenze, possono utilizzare questo metodo. Tanto che, proprio per correggere le storture e per dare a tutti le stesse opportunità, si fa strada l'idea di creare dei centri pubblici di comunicazione che, al pari di una sorta di biblioteche pubbliche, consentano a tutti, anche a quelli che non ne hanno la possibilità, di accedere a questo mezzo telematico e anche servirsene per lanciare messaggi. Ma soprattutto, direi, il problema dei correttivi si pone per quanto riguarda la libertà di informare. Qui una volta ricorre il mezzo Internet, con tutti gli enormi problemi che solleva e che ha sollevato, comportando delle proposte e già delle decisioni che tendono a contemperare il principio della libertà di informazione a livello planetario, per esempio il diritto del cittadino, della persona umana a vedere rispettata la propria privacy, i propri diritti fondamentali, a che certe notizie non vengano diffuse. Per non parlare poi dei diritti dei minori, con tutta una serie di casi di grande importanza che sono stati sollevati a questo proposito.

C'è poi il problema del potere che alcuni Stati ritengono debba essere ad essi ancora riservato, per limitare quei riflessi che la libertà d'antenna in generale ed Internet possono avere, a loro avviso, negativi sul loro territorio, il caso della Cina è stato ricordato proprio come il caso di un paese che vede con diffidenza questa informazione planetaria, che interpreta come indice di imperialismo culturale. Ma, soprattutto, poiché questo ci porta ad esaminare il caso che ci interessa oggi, vorrei ricordare come proprio nel momento in cui cadono le barriere dell'informazione a livello internazionale, ma soprattutto europeo, si fa strada la tesi che bisogna potenziare al massimo la diffusione dei mezzi di informazione di massa a livello regionale e locale.

Lunghissima è la serie degli atti internazionali che prevedono interventi a favore genericamente delle minoranze linguistiche, delle culture regionali e minoritarie, proprio perché più cresce questo flusso di informazioni che vengono da lontano, più aumenta l'esigenza di precostituire, di rafforzare dei sistemi informativi locali che riescano a contenere questi effetti giudicati negativi di un'informazione lontana dalla specificità di una determinata comunità, favorendo la circolazione di informazioni in un ambito più ristretto.

E allo stesso livello statale, sia pure soltanto per quanto riguarda enunciazioni di principio, la legge 249 del 1997 e il recente disegno di legge sulla disciplina delle comunicazioni numero 1138 (?) riconoscono da un lato che alla libertà di antenna, alla libertà di concorrenza deve di fatto essere accostato il principio del pluralismo delle fonti di informazione, ma soprattutto che devono essere affrontate delle misure a tutela delle minoranze linguistiche e delle culture regionali. Allora, ecco la giustificazione in questo quadro di un'attenzione particolare che il Consiglio regionale, che la Regione deve dare a questi problemi della informazione e del pluralismo dell'informazione in ambito locale. Noi rivendichiamo spesso costantemente per altri aspetti la nostra insularità, il fatto che anche per quanto attiene al nostro rapporto con la Comunità europea, con l'Unione Europea, ci debbano essere delle deroghe in nome della nostra insularità rispetto alle regole che circolano asetticamente e impersonalmente in tutto il territorio nazionale, sul territorio comunitario, è giusto che questo aspetto della nostra specificità, della nostra specialità, anche se non è soltanto un problema della Sardegna, ma di tutte le regioni, venga attentamente meditato e porti a delle conclusioni operative. Ecco, che cosa possiamo fare, che cosa abbiamo fatto per vedere di realizzare un pluralismo dell'informazione a livello regionale, posto che non basta avere un pluralismo dell'informazione a livello statale, non basta che ci siano più fonti di informazione anche a livello locale, ma bisogna che, all'interno di queste che costituiscono per così dire un sistema a sé stante, i principi del pluralismo circolino e siano affermati. Io credo che si debba distinguere tra due aspetti, il primo è quello degli interventi finanziari a favore del sistema dell'informazione in Sardegna, è quello che ci accingiamo a fare con la legge che verrà discussa e approvata, ritengo domani, sugli interventi a favore dell'imprenditoria locale e dell'informazione, e quello che peraltro questo Consiglio ha giudicato nel momento in cui, nell'ottobre scorso, ha approvato un'altra importante legge, quella sulla promozione e valorizzazione della lingua e della cultura sarda che va esattamente nello stesso senso, riprendendo quelli che sono, come ricordavo, degli orientamenti seguiti a livello europeo, per esempio, con la carta sulle lingue regionali e minoritarie. Ma l'altro aspetto è quello di studiare, di formulare proposte per quanto riguarda regole appropriate se non diverse, che integrino quelle nazionali o quelle europee, prevedendo tutti quei correttivi, tutte quelle indicazioni, tutte quelle soluzioni che la specificità del nostro mercato dell'informazione nell'isola comporta. Ed ecco allora su questo aspetto delle regole diverse, delle regole specifiche che sono appunto la diretta conseguenza della nostra specialità, l'utilità che appunto si affronti il problema del pluralismo dell'informazione, sotto il profilo di una disciplina antitrust a livello regionale, sotto il profilo della regolamentazione del conflitto di interessi a livello regionale, sotto tutti quei profili che permettano di affermare che, anche in un sistema particolare come quello dell'informazione in Sardegna, quei principi accettati a tutti i diversi livelli possano essere effettivamente funzionali. Certo su questo la Regione, pur essendo una Regione a statuto speciale, dispone di limitate competenze, infatti, per quanto riguarda le regole, la stragrande maggioranza delle indicazioni che si danno in queste mozioni, a parte gli interventi finanziari, sono di richieste che rivolgiamo al Governo perché provveda, perché decida, perché disciplini la materia in un determinato senso. Qualcosa sul piano della disciplina possiamo fare, ed è già con la disciplina della pubblicità istituzionale, noto con piacere che tutti gli interventi si sono soffermati su questo aspetto che costituisce una novità della legge che esamineremo domani, altre regole le adotteremo quando affronteremo, ad esempio, la questione della disciplina dei comitati regionali per le comunicazioni, che rientrano, sia pure nei principi fissati dalla conferenza Stato-Regioni all'interno della competenza della Regione e che svolgono, questi comitati regionali per le comunicazioni, proseguendo la lodevole opera del Corerat una funzione importane all'interno di un sistema che possa rispondere alle esigenze di una Regione a statuto speciale all'interno di un progetto di tipo federalista. Io credo dunque che questa discussione di oggi, questa discussione di domani, tutte centrate sotto diversi aspetti, con diverse sfumature sul tema del pluralismo dell'informazione, possono rappresentare un'importante occasione non soltanto per chiarire determinati punti che ancora non sono stati approfonditi, ma per arrivare, per quanto riguarda le competenze della Regione, a elaborare delle leggi che riflettano questa impostazione da noi data. Poi ottengano, attraverso le pressioni che ci riproponiamo di fare, dal Governo nazionale quelle aperture verso la specificità nostra, anche sul piano dell'informazione, che possono, ci auguriamo, preludere a un riconoscimento di maggiori poteri, anche all'interno del nuovo statuto di autonomia.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Balletto. Ne ha facoltà.

BALLETTO (F.I.). Grazie Presidente, colleghi, io sarei stato, e sarò, più contento quando si dovrà discutere della legge sull'editoria, con la speranza che con questo provvedimento si cerchi veramente di rafforzare il sistema del pluralismo. Mi sorprendo invece quando si deve discutere una mozione che è collegata con l'argomento dell'informazione ma che con il pluralismo, a mio modo di vedere, ha poco a che fare. Si tratta sostanzialmente di un attacco, di un processo a un editore, l'illustrazione della mozione per quanto, come dice il collega Lippi, articolata e lo era senz'altro, ha più il sapore di una requisitoria e di un atto di accusa. Io naturalmente in questo momento non voglio prendere le difese di alcuno, perché non mi compete, perché non mi spetta, e quindi vado solamente ad esaminare i fatti per quelli che sono. E allora viene da dire che la stampa e i mezzi di informazione, quando sono pubblici, sono legittimi, solo se sono di Stato o se sono di regime, e nei confronti dell'informazione pubblica non ci si scaglia evidentemente da parte di quelle forze politiche che dai mezzi di informazione pubblica ottengono sostegno per ogni loro azione, sia meritevole o sia riprovevole, come talvolta succede. Quindi mezzi di informazione pubblici appiattiti all'autorità governativa, appiattiti alle maggioranze che governano e che quindi hanno di libero solamente il fatto che liberamente tutti i cittadini contribuiscono al loro mantenimento. Quindi l'informazione privata, se è filogovernativa, è libera, secondo la concezione che emerge in quest'Aula e che evidentemente è stata fatta propria dall'Ulivo, è libera se è filogovernativa, non è più libera se invece è all'opposizione, e questo evidentemente non può star bene, tutto ciò che disturba in un sistema che va ad appiattire tutto, che va ad omologare tutto verso chi governa, verso chi esercita il potere evidentemente è qualche cosa che stona. Si è detto ed ho sentito che il gruppo Grauso esercita la informazione in Sardegna in regime quasi monopolistico o di oligopolio. Ma, nessuno può sottacere e nascondere a se stesso che se un imprenditore sopravvive ad una crisi che coinvolge non solo il settore specifico nel quale opera, ma investe l'intera economia e tutti i settori produttivi ed ha la forza e la capacità di sopravvivere, non per questo deve essere considerato un monopolista e non per questo deve essere considerato un soggetto che esercita in maniera distorsiva la informazione. Se questo è il concetto, se questi sono i principi, evidentemente di svolta liberale da parte del PDS ce n'è poca ed è sicuramente una svolta di facciata, affermazioni di principio che servono a rabbonire i ceti medi che pensano ed agiscono in maniera diversa e differente. Mi sorprende quando si parla di Arbatax 2000, perché Arbatax 2000 probabilmente rappresenta, e qui sarebbe bene che qualcuno facesse degli approfondimenti, rappresenta un insuccesso di una attività imprenditoriale che nasce, e può nascere perché non ho informazioni specifiche, anche da impegni che il potere politico può avere preso con l'editore, con l'imprenditore in quella circostanza, e che sono stati, come spesso succede in questa disastrata amministrazione, totalmente disattesi. E sarebbe opportuno che per verificare anche le responsabilità di promesse forse fatte, e di promesse se fatte non mantenute, ci metta il naso dentro per accertare e per verificare quali sono le responsabilità, dove stanno e in che misura devono essere ripartite. Allora io dico che se pluralità e pluralismo deve essere non si può certamente ottenere sopprimendo una voce, residua sì, perché ormai i soggetti che operano nel settore della grande informazione a livello regionale si sono ridotti sostanzialmente a due, parlando della informazione su carta, non si può certamente dire che la incapacità degli altri soggetti di rimanere sul mercato abbia esercitato o abbia dato origine a situazioni monopolistiche. Il soggetto che rimane sul mercato dimostra, come in tutti i settori nei quali si agisce e si produce, di avere capacità di stare sul mercato. E se gli imprenditori che sul mercato possono stare e sono capaci di rimanere con proprie forze, e utilizzando nella misura in cui esistono sostegni pubblici ma che sono indirizzati a 360 gradi nei confronti dei soggetti che in quel settore operano, non si può certamente, perché è voce di opposizione in questo momento, sostenere e dire che non è meritorio di quelle provvidenze che, per essere pubbliche, devono riguardare evidentemente tutti i soggetti. Nella misura in cui ci fosse da intervenire per ristrutturare un settore che ha bisogno di essere rivisto e di essere ridisciplinato evidentemente non c'è contrasto e non c'è opposizione da parte di chi vi parla, ma quando questi atteggiamenti rappresentano azioni di rappresaglia nei confronti di chi opera e di chi agisce in quel settore, a questo punto la mia voce di dissenso è totale. Pluralismo sì, anche per noi di Forza Italia, occupazione sì anche per noi di Forza Italia, però evidentemente ottenere l'occupazione non è una semplice questione di leggi, ma è una questione di creazione di condizioni perché l'occupazione ci possa essere. Pluralismo è la stessa cosa; bisogna creare le condizioni di base perché questo possa realmente sussistere, e non certamente questo fatto si può attuare se si sopprimono quegli editori che con una voce di opposizione creano problemi ad una maggioranza sfilacciata, ad una maggioranza lacerata e ad un esecutivo che in questi quattro anni ha dimostrato di saper operare poco e soprattutto di non sapere operare niente nei confronti dei propri rappresentati. Con questo, e mi avvio a concludere, voglio solamente dire che sono fortemente ansioso della conferenza sulla occupazione e sullo sviluppo per verificare se quei punti che erano stati lì indicati per affrontare l'emergenza della occupazione, così bene indicati dall'assessore Cogodi, allora Assessore del lavoro, siano stati in qualche modo sviscerati e in qualche modo portati ad attuazione se è vero come è vero che, da allora ad oggi, quel problema che si voleva affrontare è solamente precipitato, si è ingigantito e i disoccupati che allora erano 230 mila sono diventati 325 mila. Non vorrei che, parlando di pluralismo, si individuino così come è stato fatto nel 1988 le strade da percorrere per ottenere un pluralismo vero, ma poi all'atto pratico si faccia l'esatto contrario per sopprimere il pluralismo di informazione, per sopprimere quelle voci che possono portare libertà di informazione ai soggetti che tutto sommato, posto che libertà di altro tipo che sono quelle ad avere lavoro, ad avere rispetto, evidentemente questa Regione non è in grado di assicurare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Locci. Ne ha facoltà.

LOCCI (A.N.). Signor Presidente, le ruberò un minuto all'inizio del mio intervento per fare una proposta. Cioè io credo che si lavori male sapendo che ci sono decine e decine di famiglie che attendono il provvedimento sulla riconversione della pesca a sciabica. Provvedimento che è in attesa di essere deciso da diversi mesi e solo con l'accordo dei Capigruppo è stato inserito nell'ordine del giorno odierno. Io ho chiesto informalmente a tutti i Capigruppo la disponibilità ad aprire i lavori domani mattina, con l'esame dello sflot(?) quindi della sciabica e anche sulla proroga dei PUC, per poi proseguire con la necessaria calma e attenzione con la legge sulla editoria. Questo per non lavorare su un argomento così importante con la pressione che tutti subiamo rispetto a questi argomenti sia da parte di comuni che da parte delle categorie produttive. Quindi per chiudere chiedo, Presidente, che alla fine dei lavori voglia convocare una Conferenza dei Capigruppo per verificare se la mia proposta sull'ordine dei lavori possa trovare accoglimento. Grazie. Sulla questione in esame io credo che Alleanza Nazionale possa fare una prima osservazione sul tema. E cioè che nel delicatissimo tema della informazione, tema centrale per avere una democrazia moderna, organizzata ed equilibrata. La prima osservazione è che io credo che il primo male che occorre scongiurare nel campo dell'informazione è il silenzio. Io credo che ci si possa e ci si debba lamentare di eventuali eccessi, se vogliamo così nell'ambito dell'informazione tutto questo può essere anche giusto, tuttavia io credo che la prima questione da contestare sia invece una situazione di silenzio. La stampa, io credo che per anni ha addirittura condizionato il sistema politico italiano scegliendo, per esempio, di non parlare, di non trattare alcuni argomenti, di non dare spazio e di non dare voce … io chiedo ai colleghi un po' di attenzione.

PRESIDENTE. Per cortesia, un po' di silenzio.

LOCCI (A.N.). Credo quindi che la prima constatazione che noi dobbiamo fare è che la paura più grossa che abbiamo dell'informazione, e quando questa usa come arma il silenzio. Quando il silenzio è stato usato (lo dico anche al collega Ghirra) in maniera forse volontaria, in maniera scientifica per impedire di dar voce, per esempio alla destra italiana, noi non abbiamo avuto la possibilità in alcuni anni difficili, veramente difficili per noi, neanche di pubblicare un necrologio a pagamento in quotidiani che avevano voce importante dell'informazione, eppure allora, Presidente, non sentivamo levarsi le voci di libertà, le voci di pluralismo, le voci di equità. Abbiamo sofferto quegli anni e, da quella sofferenza, abbiamo imparato, per prima cosa, che il primo pericolo da respingere è l'informazione silenziosa, quella che non parla, quella che non vede, quella che non vuole comunicare. Per fortuna non siamo più in quella fase; è vero, l'informazione è in crisi, l'informazione offre situazioni di difficile analisi, l'informazione, veniva detto, è formata in Sardegna, per esempio nel campo televisivo, da solo 19 emittenti. Allora il problema e il ruolo che dobbiamo esercitare noi non è solo quello di constatazione, cioè quello di effettuare una verifica dell'esistente; il problema che abbiamo noi è chiederci dei perché: perché in una Regione come la nostra esistono solo 19 emittenti radiotelevisive? Allora una parte del ragionamento già lo svolgeva il collega Balletto, accennando al fatto che le televisioni, cioè non quelle di Stato ma tutte le voci libere che esistono nel campo televisivo, sono legate al mondo dell'economia, alla possibilità della raccolta pubblicitaria, sono legate al sistema economico isolano. Quindi dare pluralismo e dare più voce alle varie realtà esistenti e incentivarne delle nuove lo si fa soprattutto dando nuovo respiro all'economia di questa Sardegna. E non mi pare che fino a questo momento la maggioranza che ci governa abbia potuto dare risposte rispetto a questo problema. Si dice, io credo anche con toni anche molto forti, seguendo anche uno stile che viene deprecato e che oggi è entrato di moda in alcuni giornali e in alcune televisioni. Io non credo, collega Ghirra, che si possano trattare questi argomenti con la veemenza con cui l'ha fatto lei; io la conosco come collega tranquillo, forse, voglio dire, la vicinanza di questo problema l'ha indotta a trattarlo con la durezza con cui l'ha trattato; però io credo che il collega Ghirra abbia commesso un errore a seguire su questa strada, diciamo così, e quindi condurre una requisitoria rispetto a situazioni particolari piuttosto che interessarsi della situazione generale dell'informazione in Sardegna. Perché se fosse vero tutto ciò che dice il collega e che alcuni altri hanno detto, io da onesto politico di provincia mi domandavo: ma se questi organi di informazione sono così potenti, se questi organi di informazione controllano tutto e tutti, se questi organi di informazione sono capaci di permeare in maniera orizzontale e integrale nella società civile, ma come mai alle amministrative vengono eletti, su 10 sindaci, 7 del centrosinistra? Adesso vedremo, abbiamo le comunali di Cagliari, abbiamo pagine di giornali che illuminano i nuovi simboli, con tutte quelle problematiche che venivano messe in luce e vedremo se i simboli con animali simpatici, come le galline ed altri, saranno capaci di condizionare le menti, se saranno capaci di condizionare la democrazia e il rapporto democratico che esiste tra la politica, le proposte politiche e il consenso che si forma, speriamo liberamente, nell'ambito dei cittadini. Io credo che tutto questo ci darà anche delle risposte rispetto ai problemi che abbiamo posto. Non siamo invece d'accordo, Presidente, rispetto alla impostazione, e qui mi soffermo per alcuni minuti, poi ho finito, circa l'impostazione che è stata data al problema dalla maggioranza. Sostanzialmente e ancora una volta, noi vediamo, nell'impostazione della mozione, una targa, una targa culturale che è di sinistra, nella quale, ancora una volta, il centro è rimasto ingabbiato. Cioè vengono denunciate tutta una serie di situazioni quali le posizioni dominanti che sarebbero assunte in capo ad un imprenditore che conosciamo bene, che esiste, ma non ci chiediamo il perché di questa situazione. Denunciamo l'interesse personale, anche qui non affrontando il problema nella sua complessità, ma limitandoci a colpire una sola realtà dell'informazione, denunciamo il conflitto di interessi e, addirittura, la mancanza di quella par condicio che assolutamente non abbiamo mai condiviso né condividiamo oggi. Allora rispetto a questa situazione, però, il centrosinistra che cosa propone? E qui sta la differenza, tra la proposta politica del centrodestra e quella del centrosinistra. Di fronte a queste situazioni, il centrosinistra altro non fa che proporre divieti, cioè proporre una norma anti trust che vieti, cioè che impedisca, che limiti. Rispetto a queste situazioni si chiede, per esempio alla Giunta regionale, affinché le regioni possano incidere nel piano dell'assegnazione delle frequenze. E allora io dico ancora agli amici del centro, anche qui denota un antico vizio della sinistra, trattando un problema come quello dell'informazione e del pluralismo la sinistra che cosa fa dire? Fa dire due cose sostanzialmente: uno è quello di porre divieti, e possibilmente divieti dirigisti, l'altra questione è che chiede la possibilità di poter assegnare frequenze, quindi la logica della lottizzazione ancora viene a galla rispetto invece al tema delle informazioni che avrebbe meritato ben altro approfondimento in una mozione come questa. Altra questione: si chiede una riforma di tipo federalistico e, nello stesso tempo, dovrebbe essere finalizzata per consentire il potenziamento e il rilancio della sede regionale rai. Allora anche qui una grossa contraddizione; da un lato si chiede il federalismo, che è il decentramento, che è anche sussidiarietà, e dall'altra si fa una scelta centralista rispetto ad un unica fonte di informazione, rispetto alla pluralità dell'informazione. Dall'altra ancora si chiede l'istituzione di comunicazioni, una migliore comunicazione istituzionale dell'ente Regione, signor Presidente, in questo caso Presidente della Giunta e del Consiglio, per controllare meglio, per dirigere meglio le informazioni che vengono dalle istituzioni. Glielo leggo: "ad adottare indirizzi e criteri affinché nelle comunicazioni istituzionali della Regione e degli enti vengano valutate in coerenza alle questioni relative alle concentrazioni editoriali e ad i conflitti di interesse". Io non credo che anche nell'ambito delle comunicazioni istituzionali esista questo problema, in ogni caso questo è, diciamo così, il contributo del centrosinistra a un dibattito sulla informazione in Sardegna. E allora io dico che Alleanza Nazionale su un tema delicato come questo dice che noi dobbiamo spostarci dalla politica dei divieti, dobbiamo spostarci dalla politica delle lottizzazioni su un tema così delicato come quello della informazione. Allora la destra moderna, la destra italiana, quella che rappresentiamo in quest'Aula, invece avrebbe preferito una mozione nella quale si fosse parlato di pluralismo, di come favorire la nascita di nuove emittenti televisive, di nuove emittenti radiofoniche, e constatato il fatto che in questa situazione economica, bada bene collega Ghirra, sì, sarà anche prima Repubblica, ma sempre centro sinistra era anche quello che ha determinato la situazione economica attuale e quella nella quale alcuni imprenditori assistiti, a cui tu hai fatto riferimento, forse accedevano ai finanziamenti. E allora il centro sinistra però ci deve dire se vuole dialogare con noi di pluralismo e su come raggiungere effettivamente il pluralismo, se in una situazione economica come questa si constata che c'è il duopolio, per dirla brevemente "La Nuova Sardegna" e "L'Unione Sarda" da un lato e "Videolina" e "Sardegna Uno" dall'altro, che tipo di rimedi propone il centro sinistra rispetto a questa situazione di fatto? Questa è la domanda, è la sfida che la destra democratica rivolge al centro sinistra. Non ci bastano i divieti, queste non sono proposte per una società moderna. Noi chiediamo alla sinistra e al centro sinistra quali proposte abbiano nei loro programmi perché si arrivi al pluralismo, perché si favorisca la nascita di nuove emittenti, perché si favorisca la nascita di nuovi giornali. E allora rispetto a questi temi quali sono le vostre proposte? Questo è il tema nel quale vogliamo misurarci con voi. Noi desideriamo una società delle comunicazioni pluralista, noi desideriamo che ci sia completezza e imparzialità dell'informazione, nella quale ci sia apertura alle diverse opinioni, non abbiamo paura né temiamo, desideriamo il confronto sui temi che si praticano nella politica, desideriamo che nell'informazione trovino spazio tutte le tendenze politiche, tutte le tendenze sociali, tutte le tendenze culturali, tutte le tendenze religiose. E allora rispetto a questo volete rispondere con i divieti? Oppure preferite misurarvi su un terreno più serio? Allora diteci quali sono le vostre proposte, diteci come volete ampliare l'attuale informazione, quali tipi di strade preferenziali volete dare a qualche imprenditore che vuole misurarsi sul terreno dell'informazione. Per esempio, vogliamo misurarci su un tema, facciamo una proposta di tipo federalista, vediamo se possiamo provare a ragionare su questo tema. Siamo disponibili a dire allo Stato e al Governo di mandare in Sardegna una quota del canone RAI che paghiamo e favorire attraverso quella quota, che paghiamo come tutti i cittadini, questa volta sì per avere un'informazione monopolista e ulivista, allora vediamo se su questo siamo d'accordo per mandare risorse in Sardegna e che vengano erogate a favore di quegli imprenditori che vogliono misurarsi nel campo della economia, nel campo della informazione e se questo può dare, per esempio, impulso a nuove possibilità di ingresso del pensiero e della complessità della nostra società civile. E su questo vogliamo conoscere da voi come sono stati usati fino ad oggi tutti i fondi che avevate a disposizione (si parla di 20 miliardi di pubblicità istituzionale), ecco, con questi soldi che cosa avete ottenuto nell'ambito dell'informazione? In cambio di quella pubblicità che cosa avete chiesto? Avete chiesto servizi inconfessabili? Avete chiesto un ampliamento dei servizi culturali? Avete chiesto che venissero assegnati spazi a tutte le forze politiche esistenti, a tutte le confessioni religiose che si praticano nell'Isola, a tutte le espressioni culturali che esistono in quest'Isola? O forse vi siete solamente preoccupati di distribuire a pioggia questi pochi soldi che diventavano sempre improduttivi e scegliendo i beneficiari di questi quattrini fra i vostri amici?

Allora è su questi temi che noi vogliamo misurarci per verificare se esiste in Sardegna una classe dirigente, se esiste ancora una maggioranza capace di misurarsi con i grandi temi e i grandi temi della politica isolana e vogliamo misurarci, così come ha fatto l'onorevole Cugini, al quale rinviamo noi questa volta la sfida, sui problemi e sui programmi per verificare se questa maggioranza è capace, su temi così importanti, di avere un suo progetto chiaro che sia un progetto veramente di rinnovamento, che sia un progetto che sappia rilanciare questa terra, che sappia mettere in circolo le informazioni e la cultura di cui siamo titolari, o se invece, di fronte a ipotesi come queste, siete solo capaci di produrre testi di mozioni o ordini del giorno di livello veramente non molto considerevole come questo. Francamente, da una macchina da guerra come il centro sinistra ci saremmo aspettati di più.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS (F.I.). Dico subito che sarò brevissimo, perché gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto mi pare che si trovino in linea, perlomeno quelli del centro destra, con quello che è il mio pensiero. L'unica cosa che mi pare di dover rilevare è che prima di presentare le mozioni la maggioranza dovrebbe fare attenzione se è il momento e se è il caso di presentarle, oppure se farebbe meglio a non presentare mozioni, perché queste mozioni rappresentano un autogol per la stessa maggioranza, ma non per i partiti che compongono la maggioranza, quanto per la Giunta che è sostenuta da questa maggioranza. Infatti bastano poche frasi per capire quali sono gli intendimenti della mozione.

Si fa il processo prevalentemente a due cose importantissime: uno è l'editore Grauso, del quale non mi soffermo a parlare perché tanto si è detto in questa sede stasera, soprattutto lo si è accusato della sua malagestione, ma pare che i risultati non siano quelli che vengono riportati in questo Consiglio, soprattutto per quanto riguarda l'attività editoriale e radiotelevisiva, a meno che di mala gestione non si voglia parlare quando "L'Unione Sarda" perde 34 mila copie, ma io questo lo metto molto in collegamento con la situazione economica della Sardegna: 230 mila disoccupati che salgono a 320 mila, circa 50 o 60 mila copie in meno vendute da "L'Unione Sarda" e da "La Nuova Sardegna" sono a mio avviso l'espressione di questo aumento della disoccupazione, aumento del numero delle persone che non possono permettersi di spendere 45 mila lire al mese per comprare un quotidiano in Sardegna. Caro Ghirra quest'analisi io penso che tu l'abbia fatta.

GHIRRA (Progr. Fed.). Non è un problema di soldi.

FLORIS (F.I.). Non l'hai forse però svolta come elaborazione completamente mi pare in seno al Consiglio. L'altro punto sul quale si richiama la mozione è il rapporto Stato-Regione. Uno Stato che non vede altro che federalismo, tanto si sente parlare di federalismo, poi nel momento in cui deve attuare il federalismo si tira indietro, o perlomeno fa di tutto per evitare che il federalismo abbia vera attuazione in Italia. RAI 3 è l'esempio classico. La programmazione, che era un punto culturale importante per la televisione di Stato, in sede regionale è venuta meno, ma questo non dipende solo dal desiderio centrale, caro presidente Palomba, questo dipende anche da lei, perché lei avrebbe dovuto nel rapporto Stato-Regione, insieme ai suoi colleghi presidenti delle giunte regionali, trovare diversa collocazione per la televisione pubblica, per RAI 3 e la sede regionale e, soprattutto, in considerazione della peculiarità nella quale noi ci veniamo a trovare: siamo in un'Isola, siamo un territorio praticamente distaccato, geograficamente distaccato dal resto della sede nazionale, una delle possibilità che abbiamo è quella di inserirci in un contesto telematico quale può essere considerata anche la televisione, non è necessario che i centri di produzione stiano tutti a Roma a Napoli o nel resto dell'Italia, lei avrebbe dovuto ottenere per Rai 3 una particolare attenzione per quel che riguarda la Sardegna. La Sardegna sarebbe dovuta essere il centro di programmazione del sud. Non vogliamo Ministeri, ma la Sardegna avrebbe potuto avere questo, ma su questo tema e sul tema della telematica o dei rapporti collegati alla telematica, caro Presidente, siamo molto insoddisfatti, perché non è solo Rai 3 che abbandona la Sardegna, abbiamo la SIP che abbandona la Sardegna, abbiamo tutte queste realtà che quotidianamente ci vengono poste davanti e che laddove potremmo avere nuova occupazione, potremmo essere il centro pilota nazionale, non è necessario stare a Roma per condurre la radiotelevisione, basta essere in un punto in cui l'informatica sia adeguata, per cui si possano avere interscambi per via proprio etere, per cui Cagliari vale Roma. Però su questo rapporto Stato-Regione, mi pare che molto avremmo da dire, ed ecco che quella che noi andiamo a discutere oggi è una mozione contro una persona, o mozione anche a favore della Giunta, perché la Giunta si impegni a mio avviso altro non è che un atto di accusa nei confronti della Giunta stessa che fino ad oggi è stata carente in quello che doveva essere il suo dovere prioritario, far valere le ragioni del sud, far valere le ragioni dell'isola, far valere le ragioni della Sardegna. Su questo, caro Presidente, mi pare che tutti quanti gli abbiano detto che sono insoddisfatti, ed ecco perché quando si presentano delle mozioni a mio avviso bisognerebbe fare attenzione che l'effetto delle stesse non ricadano contro la maggioranza. Grazie Presidente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vassallo. Ne ha facoltà.

VASSALLO (R.C.-Progr.). Signor Presidente, lo stato dell'informazione in Sardegna, molto si è detto, molto si è parlato in quest'Aula, penso che parecchi contributi anche di carattere positivo su cui condivido le osservazioni e gli intendimenti. Questo dibattito mi sembra che ben si inquadra in una fase di problematica che riguarda il lavoro, l'informazione e l'occupazione. In effetti questo settore non è immune dal problema del lavoro, e non è stato immune ai grossi problemi delle ristrutturazioni, in effetti il settore dell'informazione, attraverso gli adeguamenti tecnologici, ha operato una forte espulsione degli operatori del settore, soprattutto di poligrafici e degli stessi giornalisti. Un processo inarrestabile per un certo senso, che ha attraversato in parallelo sia la stampa stampata che il sistema radiotelevisivo. Bisogna rilevare soprattutto per il sistema della radiodiffusione che vi è la necessità di superare la logica centralistica che ha operato ultimamente il Ministero delle telecomunicazioni. Voglio fare un riferimento a un'osservazione che faceva poc'anzi l'onorevole Locci quando dichiarava che questa maggioranza, questa Giunta, si vuole appropriare anche delle frequenze. Evidentemente l'onorevole Locci non conosce e non ha approfondito il problema che stiamo affrontando, soprattutto il problema che riguarda la radiodiffusione. In effetti il 3 giugno 1997 fu pubblicato dal Ministero delle telecomunicazioni un decreto che imponeva alle radio di modificare la propria gamma di frequenza su cui potevano riporre la loro informazione. Questo decreto ha avuto effetto per il motivo che quelle stesse frequenze furono date alla Telecom, per cui una banda che era assegnata prima alla radiodiffusione, veniva assegnata alle telecomunicazioni, alla Telecom.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MILIA

(Segue VASSALLO.) Questo primo decreto ha provocato nel concreto un adeguamento delle apparecchiature della radiodiffusione per diffondere nell'etere i propri messaggi con un dispendio di energia e di denaro, perché questo adeguamento ha comportato un forte impiego di denaro nell'ordine di 40-45 milioni ad emittente. Voi capite che cosa questo significhi, soprattutto per le piccole emittenti private. Successivamente, proprio recentemente, il 20 marzo c'è stato un altro decreto che impone alle stesse emittenti di modificare ulteriormente le frequenze e questa volta sembrerebbe in maniera definitiva. Dico sembrerebbe perché in questa nostra Italia di definitivo sembra che non ci sia ancora nulla, questo fatto provoca di per sé un grosso problema nella trattazione dei tempi di adeguamento delle frequenze e nella stessa possibilità concreta delle emittenti di potersi adeguare, oltre ad un problema di carattere economico per cui siamo di fronte a un problema di carattere tecnico e per cui da qui nasce la richiesta, che vi è anche nella mozione presentata dalla maggioranza, che il problema delle emittenti e delle frequenze non sia solamente centralizzato per cui concentrato al Ministero delle comunicazioni di Roma, ma che in maniera democratica, in maniera pluralistica vengano coinvolti anche i nuovi comitati che devono essere costituiti a livello regionale, che su questa materia, a nostro avviso, devono avere competenze e deleghe che consentano alla nostra Regione di incidere nel piano di assegnazione delle frequenze, per cui che permetta una razionale distribuzione delle frequenze e nelle stesse ubicazioni degli impianti delle emittenti. Vedete, se non si conosce, oggi noi abbiamo in Sardegna una serie di tralicci che sono costati svariati miliardi che giacciono su alcuni monti e sono completamente inutilizzati, per cui non si capisce perché dobbiamo avere, e peraltro sono installati in punti strategici e potrebbero servire e danno un servizio veramente notevole, per la massima diffusione di queste emittenti, invece siamo costretti a vedere anche le puntazioni (?) del paesaggio, vedere tutto un insieme di tralicci perché ognuno mette il suo traliccio e non si capisce perché una cosa di questo tipo, così peraltro anche semplice che lo detterebbe il buon senso non si possa razionalizzare il settore. Per cui vede, caro amico Locci, onorevole Locci, non è un problema di appropriarsi della distribuzione delle frequenze, ma è soprattutto la necessità di appropriarsi di una competenza che possa dare una risposta concreta alla nostra radiodiffusione che in Sardegna è altamente penalizzata anche per la formazione geografica e territoriale della stessa isola. Gli stessi problemi non li troviamo in Lombardia, in Piemonte, perché hanno conformazione geografica completamente diversa e dove i problemi sono di sicuro di meno rispetto a quelli che abbiamo noi. Oltre a questo che cosa dobbiamo rilevare? Dobbiamo rilevare e mi sembra che in questo senso stiamo facendo un passo in avanti, se le proposte di legge in campo che si discuteranno nei prossimi giorni, domani o dopodomani, che sono già all'esame dell'Aula, si esiteranno i provvedimenti legislativi che possono dare una risposta adeguata e un sostegno economico a questo settore, perché riteniamo che questo sia un settore che può mettere in campo forti potenzialità nel campo dell'informazione come nella crescita culturale e sociale dell'isola. Ormai la telematica, l'informazione, la carta stampata, i telegiornali, tutti i sistemi informativi in essere possono essere da una parte un grosso strumento in favore della conoscenza come dall'altra possono essere un grosso strumento sulla base dell'informazione della cultura della società e dell'evolversi della stessa società isolana. Qualcuno diceva che il sistema è limitato perché abbiamo un sistema economico isolano debole, per cui questi sistemi sono controllati dal capitale, da soggetti imprenditoriali, per cui la proposta era quella di aumentare il sistema imprenditoriale per aumentare il sistema della editoria per aumentare il sistema della informazione. È curiosa questa teoria. Peraltro non capisco come si possa misurarci su un tema di questo tipo in questo modo che non condivido assolutamente. Perché vedete che vi sia la necessità di una crescita economica e sociale della nostra società, e pertanto anche un aumento del sistema economico isolano, mi sembra che sia da tutti condiviso, che però bisogna combattere il problema della disinformazione in Sardegna attraverso la creazione di nuovi sistemi di informazione veramente diventa un assurdo. Perché? Perché non mi sembra che la disinformazione, o la poca informazione può essere affrontata attraverso la creazione di altri giornali o di altre televisioni; peraltro per altri giornali il sistema potrebbe essere anche semplice, invece di fronte al problema televisivo il problema è un tantino più complicato rispetto alle possibilità delle stesse frequenze che si possono utilizzare per fare una degna informazione. Per cui il problema non è mettere in campo altri mezzi di informazione, il problema è quello di mettere in campo un sistema di informazione, quello che c'è, che garantisca la pluralità, che garantisca la trasparenza della informazione. Condivido una cosa di quanto detto dall'onorevole Locci, quello che non si dice, nel senso che molte volte la disinformazione avviene anche attraverso il sistema della non informazione. Che cosa voglio dire? Che cose pur importanti trattate a vari livelli, da vari organismi istituzionali e non, molte volte sulle pagine dei quotidiani e della stessa televisione, o comunque nei sistemi informativi, non ne troviamo traccia se non in poche righe nella terza o nella quarta pagina, a volte nemmeno. Bisognerebbe chiederci il perché avviene questo, se sia solo frutto di disattenzione o sia invece frutto di scelta politica, di scelta di campo. Ecco quello che dobbiamo combattere, dobbiamo combattere perché l'informazione sia una informazione piena, perché la par condicio sia veramente applicata e non soltanto tra le varie forze politiche, ma io dico a volte all'interno delle stesse forze politiche. Per cui, vedete, non siamo di fronte ad una informazione lineare, una informazione che rispetta veramente e sancisce i principi della democrazia. È possibile fare dei passi avanti? Io sono convinto che sia possibile fare dei passi avanti se da parte degli editori, da parte di chi opera nell'informazione ci sarà una presa di coscienza di quelli che sono gli interessi generali e non gli interessi particolari alcune volte degli editori, altre volte di precise parti politiche. Vedete questo è un discorso che dovrebbe vedere tutti noi sensibili, nel senso che molte volte i rapporti si capovolgono nella acquisizione del controllo delle stesse testate. Per cui molte volte vediamo testate che cambiano completamente linea politica e orientamento e quindi smettono anche di fare informazione a seconda di chi le controlla. Proprio oggi leggevo le cronache sul giudizio dei sindacati su tre quotidiani diversi, il quotidiano "La Nuova Sardegna" e "L'Unione Sarda" e veramente se un lavoratore che guadagna un milione e cinquecentomila lire al mese avesse la possibilità di comprarsi tre quotidiani al giorno qualche domanda su come avviene oggi l'informazione in Sardegna se la dovrebbe fare. E si dovrebbe fare qualche domanda su quale è il giornale della verità, perché non è possibile che nello stesso giorno, in tre momenti contemporanei, si possano dire cose una completamente diversa dall'altra. Per non parlare poi dei titoli di testata che molte volte non corrispondono mai al contenuto dell'articolo stesso. Io molte volte ho chiesto perché succedeva questo e mi dicevano che il titolo di testata lo compone una persona diversa da quella che ha scritto l'articolo. Sarà cosa anche così ma questo non vuol dire che queste storture non debbano essere modificate e portare tutti noi e soprattutto chi fa informazione ad un pizzico di buonsenso maggiore. D'altra parte i nostri giornali e telegiornali l'unico appunto che posso fare è che molte volte sono portati a cercare di coprire uno spazio di informazione che è quello più da rotocalco scandalistico, nel senso che sempre più vediamo informazioni che prima trovavamo in questi rotocalchi scandalistici, per cui si cerca più di fare informazione attraverso lo scoop, con piccole cose che colpiscono l'attenzione della gente, forse è anche un metodo, io non lo ritengo giusto, ma forse è un metodo per colpire l'attenzione della gente e vendere, ma non so quanto questo sistema sia poi veramente al sevizio di una informazione equilibrata e giusta, e corrispondente alle esigenze di chi legge il giornale. Per cui un salto di qualità nel campo della informazione dobbiamo pretendere, dobbiamo rivendicare, dobbiamo manifestare. Questo è il nostro compito. Così come è nostro compito quello di mettere in campo tutte quelle azioni che possono permettere una più ampia diffusione della informazione e una più ampia diffusione della informazione democratica. La legge in discussione va in questa direzione. Probabilmente è un primo passo e risulta anche inadeguata rispetto a quelle che sono le aspettative dello stesso settore. Si tratta però di cominciare a fare questo primo passo e di migliorarla strada facendo. Vi sono alcuni problemi anche all'interno della azione del governo della Regione, degli enti della Regione. Si è parlato molto della pubblicità istituzionale, e io concordo con coloro che dicono che la pubblicità istituzionale non deve essere fine a se stessa, per cui quasi quasi a diventare, a cercare di cogliere le grazie di chi scrive sui vari quotidiani o di chi parla alle diverse radio o sulle diverse televisioni. È chiaro che questo della pubblicità istituzionale è un problema che il nostro Consiglio regionale e il governo della Regione si devono porre, perché se il problema è quello di fare informazione, di portare a conoscenza dei sardi e non altro delle informazioni che noi vogliamo trasmettere questo deve avvenire in maniera trasparente e più lineare possibile. È chiaro che alcune sbavature ci potranno sempre essere, però è altrettanto chiaro che non si può pensare che vi siano livelli di differenziazione abnormi tra la pubblicità che si fa verso una testata anziché verso un'altra. Per cui deve seguire criteri chiari, criteri che siano leggibili da parte di tutti e soprattutto da parte dello stesso Consiglio regionale che deve capire come avviene la spendita di questi soldi che devono essere finalizzati allo scopo per cui vengono stanziati e non soltanto per fare sostentamento a qualche giornale, a qualche radio o a qualche televisione. Un'ultima cosa, il rapporto che deve esistere, a mio avviso, tra informazione, concentrazione della informazione quando questa è in capo ad un unico soggetto. È chiaro che mi sto rivolgendo parlando in Sardegna dei soggetti che fanno informazione nella nostra isola. Però è indubbio che noi oggi siamo di fronte ad una grossa concentrazione che vede insieme carta stampata, televisione e radio. Certe situazioni di monopolio peraltro con forti concentrazioni tra il ruolo di politico, di editore o comunque il ruolo di azionista di maggioranza di alcune testate di carta stampata e di televisione, portano a fare alcune considerazioni rispetto a quella che è oggi l'informazione in Sardegna. Molte volte si è parlato di poteri forti, delle ingerenze nella cosa pubblica, dell'intreccio della politica affari informazione. L'ultima conosciuta io l'ho letta alcuni giorni fa in un giornale locale, peraltro l'avevo conosciuta attraverso la lettura di alcune delibere, riguarda la società Star plan (?), la società pro tempore amministrata da Liori, il direttore de L'Unione Sarda, peraltro ex amministratore di Arbatax 2000. Vedete, forse proprio dalla lettura e dalla conoscenza di ciò che è avvenuto in Arbatax 2000, da chi era controllata e dalle ultime vicende della Star Plan si capisce, forse, si può capire come si è determinata la linea politica del maggior quotidiano attualmente in Sardegna. E peraltro si può capire anche il livore che molte volte il suo direttore ha usato negli articoli di fondo del suo giornale per discreditare la classe politica sarda. Quali strumenti si possono usare per far finire questo stato di cose? L'onorevole Ghirra diceva che c'era anche lo strumento della magistratura; io penso che c'è quello strumento, però io penso che vi debba essere anche lo strumento della risposta politica, lo strumento della risposta politica ha un direttore che pensa, in accordo probabilmente col suo editore, attraverso il giornale e l'informazione che oggi si fa in Sardegna, pensa di poter dettar legge e pensa di poter schiacciare il potere istituzionale oggi presente nella nostra Regione. Un potere su cui si può criticare, si può biasimare l'operato, si può dire tutto quello che si ritiene giusto dire, però sempre nel limite della tollerabilità, nel limite della decenza, dico io. Perché? Perché peraltro quando si vede poi che queste dichiarazioni e questo livore probabilmente sono dettati da interesse di parte, forse veramente sarebbe il caso che chi le fa si astenga di farle, perché non si può utilizzare la stampa, un mezzo di informazione di massa, come quello che hanno a disposizione, a proprio uso e a proprio consumo. Ma su queste questioni sono convinto che il tempo detterà giustizia, nel senso che le questioni verranno approfondite e, dato che abbiamo la fortuna comunque di non aver soltanto un quotidiano, ma di averne più di uno, un certo bilanciamento rispetto all'informazione, quanto meno allo stato attuale, riusciamo ancora ad averlo. Un'ultima questione, qualcuno diceva: vi lanciamo una sfida a misurarci su questi temi. Vedete, la sfida è già lanciata, nel senso che quando si è presentata la mozione, si è presentata articolata su alcune questioni fondamentali, e una non era soltanto quella di mettere in risalto una situazione anomala rispetto al controllo dell'editoria e ai conflitti di interesse tra editore, tra il ruolo degli editori e il ruolo dei giornalisti e gli operatori del settore, per cui quello che sta avvenendo oggi in Sardegna, ma era soprattutto quello di dare una svolta ad alcuni problemi fondamentali, per segnare alcuni principi che, partendo dalla Sardegna, ma che coinvolgono in questo momento una discussione che va ad un livello più alto, come quello nazionale, possa permettere alla nostra televisione, soprattutto quella nazionale, di avere un ruolo, e mi sto riferendo alla televisione regionale, a Rai 3, a quei canali che in Sardegna dovrebbero assumere una dimensione veramente giornalistica, veramente federalista. Se poi il problema che poneva l'onorevole Locci del canone Rai a me poco veramente interessa, se a noi direttamente ci trasferiscono una parte del canone per aumentare la nostra televisione. Io sono convinto di una cosa: che qua vi sia l'esigenza, comunque, che l'informazione pubblica, quella regionale, assuma una dimensione diversa dall'attuale, nel senso che non può essere un'informazione marginale, così come risulta ora. Deve essere informazione e deve essere una televisione che ha capacità anche di produzione e capacità di incidere e di conoscere in quelle che sono l'informazione e la diffusione della cultura e della conoscenza e della valorizzazione della Sardegna. Una produzione capace di varcare anche i confini della nostra Regione e di inserirsi in quel modello generale di informazione che riesca a coinvolgere e a inserirsi anche nel contesto della radio diffusione televisiva nazionale. Così come è necessario, dicevo, assumere le opportune iniziative perché la comunicazione assuma, in Sardegna, carattere primario e la nostra Regione abbia competenza primaria. Questo non vuol dire che la Giunta regionale, il Consiglio regionale, avrà le competenze, eserciterà lei queste azioni, ma si tratta che i comitati che dovranno nascere e che devono essere espressione veramente pluralistica e democratica della nostra società, abbiano le deleghe dal Governo per esercitare appieno le loro funzioni. Così come bisogna adottare indirizzi e criteri affinché le comunicazioni istituzionali della Regione e degli enti regionali vengano valutati in maniera chiara e trasparente. Più di una volta qua si è detto e si è dichiarato che questo centro sinistra nel passato eccetera. Cari signori, cari onorevoli colleghi, il centro sinistra può aver avuto grosse responsabilità; una cosa è certa: siamo in una fase di svolta, siamo in una fase diversa, siamo in una fase nuova: pigliate atto di questo, pigliate atto che le cose sono cambiate e se volete contribuire insieme a noi a far migliorare le cose nessuno vi negherà questa facoltà, e per cui siamo anche qua in grado di recepire le cose giuste e coerenti che possono avere un senso rispetto agli interessi del Paese, rispetto agli interessi della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bonesu. Ne ha facoltà.

BONESU (P.S.d'Az.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema dell'informazione ritorna spesso, però quando ritorna non è che desti molta attenzione. E molta attenzione non destò nel 1948, quando si fece lo Statuto regionale. Forse si era convinti allora che, liberati da una dittatura, il problema della libertà di informazione fosse un problema semplice, e credo che l'esperienza, i 50 anni abbiano poi dimostrato che il problema dell'informazione non è un problema semplice, che la libertà di espressione del proprio pensiero, quando questo pensiero deve viaggiare, ha notevoli problemi di tutti i generi, in particolare soffre di problemi economici. Lo spunto di questo dibattito è dato da una mozione a firma di Cugini e altri della maggioranza, che francamente mi sembra non affronti il problema per il verso giusto, perché sembra che tutti i danni dell'informazione in Sardegna derivano dal fatto che un certo soggetto che fa anche politica ultimamente è proprietario di un giornale, di una televisione, più di qualche altro ammennicolo. Ma francamente credo che il problema non sia così limitato. Il fatto che l'editore dell'Unione Sarda e l'editore del manifesto fosse ex, ma considerata la scarsa trasparenza della proprietà dei giornali non lo sappiamo, abbia un certo peso nell'informazione in Sardegna, teoricamente è anche vero, però io credo che rientri nelle esperienze di tutti noi consiglieri regionali, che noi abbiamo un'informazione, in Sardegna, estremamente faziosa, e questo non riguarda soltanto i principali quotidiani, le televisioni, ma riguarda anche le piccole radio locali, i bollettini parrocchiali e così via. Mi sembra che abbiamo un tipo di informazione in cui chi fa informazione cerca di raggiungere un risultato politico immediato, occultando il pensiero di certe parti o di certe persone, distorcendo, raccontando pettegolezzi e non fatti, raccontando commenti e non fatti, pubblicando le smentite a notizie che non sono state date, e così via, per cui, in effetti l'informazione in Sardegna soffre di questo. Io credo che qualunque quotidiano, anche quelli di partito, che si pubblica a Roma o a Milano, sia sicuramente molto più obiettivo, credo che dall'Unità al Secolo d'Italia rispetto ai nostri mezzi di informazione sprizzino obiettività anche agli occhi di chi, come me, non condivide affatto le impostazioni ideologiche di quei giornali. Perché, per lo meno, se impostano una pubblicazione la impostano con coerenza con quanto credono; invece in Sardegna molto spesso si pubblica non per coerenza neppure a ciò che si crede, ma semplicemente per ricavarne, o credendo di ricavarne vantaggi strumentali. L'editore del Secolo XIX, è stato detto, dice che non si candida sindaco di Genova perché sarebbe sicuramente eletto. Io credo che sia una vanteria priva di qualunque fondatezza, perché per dimostrare che le cose non stanno così basta vedere le vicende dei quotidiani sardi: quando l'Unione Sarda aveva un tipo di gestione che andava verso il PDS, ebbene il PDS e i suoi alleati hanno riportato nella zona di Cagliari credo il peggiore insuccesso della loro storia, e si sono salvati in quelle valli riparate del nuorese dove non arrivava né Videolina né l'Unione Sarda. Poi, quando ha cambiato, con una virata a destra, inseguendo il vincitore di quelle elezioni, credo che abbia dato grossi vantaggi alla sinistra, almeno a giudicare dai risultati, e credo che con la terza via di voler correre in proprio probabilmente i risultati non saranno migliori. Basti pensare alla situazione d'altra parte anche a Sassari, dove la Nuova Sardegna, notoriamente schierata pro Ulivo, ha assistito per esempio nelle elezioni del 1994 a una disfatta che vedeva non solo l'Ulivo disfatto ma addirittura una specie di divinità locale che fu travolta dal malumore della gente, quindi il giornale non faceva sicuramente opinione, o per lo meno non faceva opinione vincente. Ma io credo che questo, al di là della faziosità generalizzata, sia anche l'effetto di un sistema di informazione che abbiamo in Sardegna, per cui se non lo pubblica Tizio, un Caio che lo pubblica c'è sempre; se non viene pubblicato in pagina regionale c'è sempre il corrispondente da Lotzorai che qualcosa la pubblica, abbiamo tante radio locali, 19 televisioni, giornali e giornaletti, in questo momento abbiamo addirittura 4 quotidiani, non so quanto durerà, per cui il sistema al di là delle faziosità singole a un certo punto funziona anche come informazione, e siccome la gente non la beve valuta questa informazione, che tutto sommato è faziosa ma pluralistica, e un'idea se la fa, anzi se la fa leggendo anche i due maggiori quotidiani che credo siano i maggiori imputati, perché siccome sono fatti talmente male che non li legge né l'editore né il direttore, pure questi quotidiani pubblicano quello non vogliono pubblicare finiscono per pubblicarlo, le notizie che non si vogliono dare o si vogliono dare distorte poi emergono nella loro realtà e effettivamente io credo che per esempio l'Unione Sarda involontariamente sia un grande esempio di pluralismo perché fra redattori e editore si scambiano quasi quotidianamente insulti e credo che la gente poi si faccia una opinione per conto suo. Il sistema, quindi, a mio avviso, non è viziato dal fatto che un editore scende in politica, perché questo editore è sceso in politica da parecchio tempo con quel giornale per parti politiche diverse, né dal fatto che l'altro editore, quello del quotidiano concorrente sia in politica da sempre, e fra l'altro qua per esempio si parla di antitrust regionale, ma nessuno è andato a dire che per esempio occorrerebbe una norma che vietasse a editori che hanno una posizione prevalente a livello statale di essere proprietari di testate locali, perché quando il Gruppo De Benedetti-Caracciolo, che mi risulta, almeno il primo, è tutt'altro che editore puro, ha questi mezzi di informazione nelle regioni, non solo utilizza questa posizione di prevalenza a livello statale, ma interferisce pesantemente credo con l'abbondanza di mezzi anche sull'informazione locale.

Il collega Ghirra ha torto quando dice che la tipografia de La Nuova Sardegna stampa Repubblica. E' il contrario, è la tipografia di Repubblica a Sassari, di proprietà del Gruppo De Benedetti-Caracciolo, che stampa incidentalmente, come sottoprodotto, La Nuova Sardegna, perché il peso economico del Gruppo chiaramente porta a far sì che un giornaletto locale, per quanto stimatissimo a Sassari e credo in tutta la Sardegna, non abbia certamente la valenza economica e il peso sull'opinione pubblica dei mezzi di informazione che l'editoriale l'Espresso, con tutti i collegati, ha. Per cui credo che individuare i danni della informazione in Sardegna nella sua politicizzazione sia un grosso errore. Noi sappiamo che Il Corriere della Sera, La Stampa, Il Giornale, la Repubblica, e così via, non sono neutri politicamente, non lo è neppure la RAI, che pure lo dovrebbe essere per statuto, perché chiaramente le forze di governo dominanti dominano anche la RAI, e in certi casi si nota anche in quella complessa organizzazione una presa di posizione conformistica nei confronti delle forze governative. Anche là sicuramente qualcosa sfugge al controllo, il cittadino dopo aver sentito RAI 1, RAI 2, RAI 3, e magari i programmi per l'estero, quando riesce a riceverli, un'idea se la fa anche dai notiziari della RAI. Non credo quindi che ridurre alla politicizzazione il problema della informazione sia ricondurre alla vera ragione la perdita, per esempio, di diffusione dei giornali. Io credo che effettivamente questa situazione di politicizzazione, questa utilizzazione spregiudicata, ma come vediamo non con grandi risultati, dei mezzi di informazione nella battaglia politica può imporre delle norme, perché noi siamo in un sistema come quello della legge del 1948 per cui il cittadino che vuole rettificare una notizia che non gli viene rettificata deve rivolgersi alla Magistratura, il processo si fa a casa del giornale, il che scoraggia chiaramente dal proporre processi fuori casa, chi è avvocato sa che dovrebbe essere sempre dichiarata la legittima suspicione quando è in ballo un giornale che vende il 90 per cento delle copie sulla piazza dov'è il tribunale; anche i giudici leggono il giornale, anche i giudici hanno paura del giornale del luogo. Per cui l'attuale sistema chiaramente non garantisce giustizia, dovendo spostare la sede del giudizio nel luogo dove il giornale ha sede. E la procedura poi è complessa, è vero che trattasi di processo per direttissima, ma sono processi per direttissima che durano anni ed anni, per arrivare molto spesso a risultati abbastanza scarsi, se non sotto il profilo simbolico. Io credo che occorra una riforma: depenalizzare le violazioni, l'attuale diffamazione, ma anche le scorrettezze, come la mancanza di rettifica, la mancata pubblicazione di rettifiche, affidandola ad un'autorità amministrativa che decida con sanzioni pecuniarie pesanti che inducano alla correttezza chi stampa e pubblica i giornali, garantendo effettivamente il cittadino dalle violazioni del proprio onore, dalle violazioni del diritto di far conoscere le proprie opinioni e non i commenti malvagi sulle proprie opinioni, perché questo è il danno all'obiettività dell'informazione. Qua si è fatta una legge sulla privacy, ma non si è fatta una legge veramente funzionale per garantire il rispetto delle opinioni e il rispetto delle persone. Questa può essere una riforma che chiaramente esula dalle nostre competenze ma dovrebbe portare appunto ad abbandonare la via penale come via principale, data la scarsa percorribilità e andare invece su vie amministrative. Chiaramente con autorità indipendenti che garantiscano ovviamente che nell'esercizio di questo delicato potere non si cada in faziosità altrettanto e forse più gravi. Ma il problema dell'informazione in Sardegna è in gran parte un problema economico, cioè il fatto che noi siamo un mercato estremamente ristretto, 1.600.000 mila abitanti, una popolazione con un grado di istruzione inferiore alla media italiana. Sono dei fattori che chiaramente limitano la vendita dei giornali e non limitano certamente l'accesso alle televisioni locali, che infatti sembra che sia uno dei maggiori se non il maggiore di tutta Italia. I giornali locali hanno avuto ampia diffusione, però chiaramente oggi vanno incontro a due problemi, l'alto costo del giornale perché per essere informati in questo sistema occorre anche acquistarne minimo due e quindi un limite economico in una situazione che vede 300 mila e passa disoccupati, la concorrenza dai giornali fatti meglio, che sono i grandi giornali di informazione del continente, fatti meglio anche sotto il profilo dell'obiettività. La concorrenza delle televisioni e delle radio che danno le notizie meglio, più rapidamente, con maggiore completezza e così via. Insomma gli editori che stampano i due principali quotidiani della Sardegna e i giornalisti che lamentano i danni che magari linee editoriali provocano, dovrebbero riflettere che il prodotto è sicuramente peggiorato negli ultimi anni, che il prodotto sicuramente non è appetibile dal lettore e molto spesso i giornali sono pieni di notizie ripetitive, di scarso rilievo per il lettore e sono pieni di tutto quel pettegolume anziché dei fatti. Stiamo assistendo anche adesso in preparazione delle liste per le amministrative, che i giornali sono pieni di commenti di sindaci che vengono dichiarati un giorno, smentiti il giorno seguente eccetera eccetera, non c'è un rigo sui programmi, sulle prospettive che possono avere le varie amministrazioni, sulla situazione che le amministrazioni uscenti lasciano e chiaramente il cittadino a forza di sentire pettegolezzi se li può sentire anche al bar o può addirittura non sentirseli e sentire in televisione il programma di varietà che sicuramente è più divertente che riproporre sindaci, assessori, alleanze eccetera, che poi si disfanno ogni giorno sulle pagine degli stessi giornali. Per cui io dichiaro di non condividere questa mozione, perché i problemi dell'informazione sono affrontati in modo distorto, mentre occorrono provvedimenti che rafforzino con le limitazioni chiaramente sull'obiettività che dicevamo, e che non possiamo correggere ma che rafforzino le strutture di diffusione e ne consentano l'accesso a quanti più cittadini è possibile. In questo senso io credo che faremo molto di più approvando la legge domani, probabilmente cercando anche di migliorarla, di una discussione che oggi mi pare lo stesso Consiglio abbia mostrato di apprezzare molto poco. Perché chiaramente se andiamo a discutere informazione della vita di 19 televisioni, delle 80 radio, dei giornali che devono mantenere un'autonomia e un'identità, il che non può certamente avvenire se l'editore sta oltre Tirreno, io credo che effettivamente avremmo fatto opera meritoria, ma se no questo dibattito di oggi rimarrà agli atti del Consiglio come tanti altri dibattiti sull'informazione che poi non sono approdati a misure concrete perché a misure concrete comunque non potevano approdare partendo da premesse sbagliate.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Marteddu. Ne ha facoltà.

MARTEDDU (Popolari). Signor Presidente, a proposito di informazione, io non so che cosa scriveranno domani i giornali di questa stanca chiusura dei nostri lavori di stasera sull'informazione. Ma insomma siamo abituati a queste cose. Io intervengo brevemente per riaffermare alcuni concetti che tra l'altro alcuni colleghi hanno già espresso. Il primo concetto è che noi non stiamo discutendo di una vertenza che riguarda i lavoratori dell'informazione, e quindi richiedendo una sorta di impegno da parte della Giunta regionale perché le emittenti che hanno difficoltà economiche si rimettano in piedi e i lavoratori che sono sulla via del licenziamento vengano riassunti. Certo è un aspetto importante, importantissimo, questo nel quadro della vertenza del lavoro in Sardegna, ma io credo, e lo dico per l'onorevole Amadu, che non vanno confuse le cause con l'effetto del problema. E' vero che quel tessuto di piccole emittenti muore, è un tessuto molto vivace che era cresciuto negli anni settanta-ottanta che ha rappresentato un vero punto di riferimento per la cultura di diverse aree della Sardegna. Ma ormai molto di questo ha un contorno e un sapore parrocchiale. Molte radio si reggono su interventi commerciali, ormai da cortile, io credo che così l'informazione che apparentemente può essere democratica e pluralista in Sardegna non può reggere, d'altro canto però io non sono disponibile neanche stasera a concentrare la mia attenzione e neanche parte del mio impegno su un problema, su una persona, su un fatto imprenditoriale. Mi interessa relativamente, la verità è che il cuore del problema è il rapporto tra politica e informazione, tra potere e informazione tra democrazia e informazione. È un problema, in Sardegna, credo che sia una emergenza ormai. Se ne erano accorti per la verità in passato anche lontano democrazie molto più evolute della nostra. Io ricordo un testo che ho studiato all'Università, sui persuasori occulti che era proprio uno studio che derivava dalla grande filosofia americana del New deal uno studio sulla capacità dell'informazione, anche quella più irrilevante, più bassa, quella da market informazione che decide, che plasma le coscienze e le intelligenze, che veicola le persone su scelte che, magari in una democrazia pluralista più avanzata anche dal punto di vista dell'informazione, non avrebbero fatto. Quindi il problema principale è quello di garantire il pluralismo dell'informazione quindi di porre in essere delle regole, e questo è il valore della politica e della democrazia, delle regole che evitino la concentrazione del prodotto informazione; d'altro canto io vorrei ricordare ai colleghi, lo dicevo prima così all'onorevole Bonesu, che sul tema della concentrazione del prodotto, c'è stato un grande dibattito in Europa e la stessa Comunità europea ha assunto decisioni che a noi ci hanno fatto anche male, che ci stanno facendo male. Insomma si è in qualche modo intervenuto per evitare la concentrazione sui beni di consumo più materiali, più elementari, dura lex sed lex, ma si è evitata la concentrazione, la produzione del latte, dei pomodori, dei prodotti agricoli, si è garantita sul piano dei beni materiali una diffusione incidendo sulla concentrazione con provvedimenti che ci hanno fatto male, hanno fatto male alla Sardegna, hanno fatto male all'Italia. Noi pensiamo che la concentrazione dell'informazione e quindi la capacità di veicolare in qualche modo le coscienze sia un fenomeno meno grave, meno importante, meno determinante per i destini del paese e anche nostro, della concentrazione dei beni materiali. Io credo che nessuno di noi possa pensarla in questo modo. L'informazione è un prodotto che va diffuso, che va reso democratico, che va reso pluralista, altrimenti la democrazia risulta anomala e anchilosata. D'altronde gli episodi ai quali siamo andati incontro in questi anni sono veramente innumerevoli, in un crescendo continuo, in una realtà come quella sarda per certi versi isola chiusa dove il rapporto tra giornali, informazione dettata dall'interno, è un rapporto altissimo rispetto alla informazione dettata dall'esterno. Io ricordo ai colleghi che per il 60, 70 per cento della Sardegna, la informazione che arriva sui temi della cultura, della politica, della cronaca nera è una informazione a senso unico. Il giornale che si legge nei paesi della Sardegna, in larga parte dei paesi della Sardegna, è il giornale, perché si chiama il giornale, nel senso che è o "La Nuova Sardegna" o "L'Unione Sarda"; cioè c'è un impossibilità direi strutturale a veicolare una pluralità di informazioni. È chiaro ed è normale, direi che è quasi ovvio che da questa condizione di base si vada in crescendo verso un delirio di onnipotenza che si radica, che si perpetua e che si esplicita attraverso una irresponsabilità in senso costituzionale, nel senso che c'è una profonda coscienza che non si deve rispondere a nessuno, che tanto c'è la impossibilità ad un prova pluralista sulle cose che si scrivono e che si dicono. Quindi la democrazia, la capacità nostra di poter esprimere le nostre opinioni, la capacità della società civile in Sardegna di poter accedere ad una informazione pluralista viene a mancare. Abbiamo assistito in questi anni ad episodi innumerevoli di questo genere, ad attacchi sconsiderati di tipo personale, alla incapacità delle istituzioni di poter porre su un terreno di democrazia vera, di pluralismo vero questo tema. Non c'è strumento di valutazione oggettiva, non c'è strumento di valutazione oggettiva su problemi anche abbastanza delicati e difficili. Ciascuno di noi poi molte volte è portato a pensare e a dire che, di fronte alla impossibilità di una informazione pluralista, l'unico codice che può essere messo in campo è il codice barbaricino come ordinamento giuridico. Naturalmente non lo facciamo ma siamo in presenza di una incapacità delle istituzioni e delle singole parti, e questo l'ho letto bene per esempio nel documento presentato da Alleanza Nazionale quando chiede un impegno perché tutte le parti politiche, religiose, civili abbiano un qualche modo di esprimere il loro pensiero. Oggi questo non c'è, lo stiamo chiedendo perché questo non c'è. Ma io mi riferisco per esempio a qualche episodio recente, le prese di posizione sul parco del Gennargentu senza lasciare nessuna ombra di dubbio sulle cose che si dicono, senza indicare soluzioni alternative, ma in qualche modo spingendo, io dico in modo delinquenziale, le popolazioni dell'interno, le amministrazioni locali a muoversi in un'unica direzione che è naturalmente contraria a quella che le istituzioni in qualche modo stanno costruendo con grande fatica. La risposta al documento dei redattori; è vero, onorevole Bonesu, che i redattori per esempio de "L'Unione Sarda" hanno una posizione totalmente contrapposta a quella dell'editore e del direttore del giornale. Lei avrà letto come l'ho letta io la risposta del direttore del giornale al documento dei redattori:"bla, bla, bla". Io francamente di fronte a episodi di questo genere rimango letteralmente esterrefatto. Siamo in presenza al delirio di onnipotenza che noi abbiamo consentito che si creasse, manca qui qualsiasi possibilità per noi di confronto democratico. Ma è ovvio ed è chiaro che poi il passaggio successivo è quello del trasformarsi in partito politico, perché dal delirio di onnipotenza si passa al delirio di formare un partito politico, legittimo naturalmente, democratico ma che è legato a quelle posizioni, che è strutturalmente legato a quelle posizioni. Allora se ci si trasforma in partito politico è normale ed è giusto che si applichino le prerogative costituzionali che per tutti sono garantite. Ma noi rimaniamo sul terreno della informazione; e che cosa dire del fatto che il vicedirettore di uno dei giornali, perché i giornali in Sardegna sono due non sono quattro o cinque, informa i lettori delle cose, tra virgolette, del direttore dell'altro giornale in questo balletto reciproco di fronte al quale noi restiamo in qualche modo esterrefatti. Noi possiamo anche apprezzare l'informazione che ci dà un giornale rispetto alle cose del direttore dell'altro giornale, ma voi capite, cari colleghi, che siamo di fronte ad una fortissima, pericolosissima anomalia.

Presidenza del Presidente Selis

(Segue MARTEDDU.) Ora noi potremmo anche concludere questo nostro dibattito in modo stanco e lasciando le cose come stanno, ma il problema esiste e si pone e si porrà sempre più con grande forza. Allora cerchiamo di dire qualche cosa di chiaro e di positivo sui problemi dell'antitrust e sui problemi del conflitto di interessi. Cerchiamo di mettere in piedi una volontà politica del Consiglio regionale, io credo unanime del Consiglio regionale perché le condizioni ci sono e ci sono larghissimi punti di convergenza tra le mozioni presentate e tra gli ordini del giorno presentati. Io credo che dobbiamo lavorare per arrivare ad un ordine del giorno unitario del Consiglio regionale, affrontando questi problemi con grande senso di responsabilità, ma sapendo che esistono e sapendo che si tratta davvero di una emergenza democratica. L'altro concetto sul quale mi sento di impegnarmi da subito è la globalizzazione e l'identità; ne parlava diffusamente anche l'onorevole Fois prima di me. Questa io non credo che sia una antinomia ma sia una intersecazione interessante e importante. È la frontiera del duemila. Allora la RAI non può essere una rete feudale, ma deve essere una rete federale, nel senso che deve costruirsi attraverso le culture, le informazioni, le professionalità che provengono dalle regioni del paese e quindi anche dalla Sardegna. Signor Presidente del Consiglio, lei si sta impegnando su questo tema, deve essere uno degli obiettivi fondanti il nostro impegno particolare in questo momento della legislatura, deve essere uno degli obiettivi che vorremmo raggiungere, quello cioè di vedere una rete nazionale di informazione che si costruisce attraverso le volontà e le professionalità e le informazioni che arrivano dalle regioni del paese e quindi anche dalla Sardegna. Punto tre del dispositivo della nostra mozione, signor Presidente della Giunta, e cioè l'informazione istituzionale. Io non vorrei che, rispetto a questi temi che abbiamo trattato prima, ci mettessimo nelle condizioni noi del gatto che si morde la coda. Andiamo a vedere quanto noi influiamo nel blocco del pluralismo della informazione. Quanto noi con le nostre scelte istituzionali, quanto in senso di quantum, quantitativo, influiamo nel non consentire scelte pluraliste a livello istituzionale. Può essere questo un argomento che dobbiamo verificare, viene chiesto nelle mozioni, in tutte le mozioni, viene chiesto anche negli ordini del giorno che altri Gruppi della opposizione hanno presentato. Può essere questo un primo segnale per mettere a punto una posizione unitaria del Consiglio regionale. Noi siamo disponibili ad un documento, ad un ordine del giorno che raccolga e metta insieme tutte le aspirazioni delle varie parti politiche, ma è chiaro che in una fase come questa, alla vigilia anche di appuntamenti importanti per la classe politica regionale, alla vigilia di appuntamenti importanti per la Sardegna, io credo che questa situazione, questa cappa di piombo, questa situazione di malessere diffuso, questa situazione di chiusura medioevale, dobbiamo squarciarla, dobbiamo con forza introdurre elementi di cambiamento, senza paure ma dicendolo con coraggio, perché questo è il nostro compito e questo il nostro dovere, e dichiaro, signor Presidente, la mia disponibilità a lavorare per un ordine del giorno unitario.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cugini. Ne ha facoltà.

CUGINI (Progr. Fed.). Sarò breve perché molte considerazioni che volevo fare nel mio intervento, sono state richiamate dai colleghi, in particolare l'ultimo intervento del collega Marteddu ha trattato la parte più attuale e riferita alla funzione dell'informazione in Sardegna sui fatti sardi. Però il tema che è stato introdotto dalle mozioni, non dalla mozione della maggioranza, ma anche dalla mozione che ha illustrato il collega Amadu, richiamano la nostra attenzione sull'informazione in Sardegna, senza nessuna estremizzazione, come in qualche intervento dei colleghi dell'opposizione ho sentito fare, è bene riflettere pacatamente sulla funzione dell'informazione in Sardegna, senza prendere partito, al di là della collocazione che abbiamo in Consiglio, ma trattando obiettivamente il tema. Il collega Ghirra, nel suo intervento, è vero, ha evidenziato alcune parti dell'informazione in Sardegna, riferita ad una situazione anomala, pesante, inaccettabile che stiamo vivendo, ma ha introdotto un insieme di argomenti che dibattito non può sottovalutare. Noi abbiamo interesse a che si tratti dell'informazione in quest'Aula perché abbiamo assistito, negli ultimi mesi, ad un crescendo di insulti, nei confronti di questo Consiglio, ad aggettivi utilizzati nei confronti dei consiglieri che, quando si è verificato, ha determinato una reazione corale. Al punto che molti colleghi e colleghe hanno proposto di denunciare l'autore di quegli insulti. Ed è proprio in quel momento che è nata l'idea di trattare questo argomento pacatamente in quest'aula, perché in quell'occasione l'iniziativa ha colpito tutti indistintamente. Ed è un'iniziativa ripetuta, un'iniziativa voluta, un'iniziativa studiata con un fine preciso: il fine è l'attacco all'istituzione sarda per proporsi in proprio, per rappresentare in proprio gli interessi propri, perché si pretende e si è preteso che quest'aula, in alcuni momenti delicati della vicenda economica della nostra Regione, si pronunciasse a favore di un'impresa che chiedeva finanziamenti pubblici per un'attività privata, e mancati i finanziamenti pubblici quell'impresa è fallita. Quell'iniziativa democratica del Consiglio regionale ha determinato una reazione, prima dell'editore e poi del direttore, contro questo Consiglio che porta, un giorno sì e l'altro pure, quel giornale a insultare o l'insieme del Consiglio o singoli consiglieri, di volta in volta. Allora noi questo tema lo dobbiamo trattare perché è un tema presente nella discussione politica in Sardegna; è un tema che impegna tutti e che tocca tutti. Il collega Marteddu, adesso, ha trattato la questione riferita al banditismo, e a trattato la questione riferita ad una discussione difficile che si fa al centro della Sardegna sui parchi. Senza prendere partito, anche qui, vi sembra che l'informazione sul banditismo, sul fenomeno, sulle finalità sia un'informazione corretta, che democraticamente possa essere apprezzata? L'ispirazione, in qualche caso l'istigazione a delinquere, non può essere da noi accettata. Poi è chiaro che possiamo trattare questo argomento senza forzature, dicendo davvero le cose come stanno e allargandolo alla Rai, alle TV private, richiamando l'attenzione di Telecom, e anche Sardegna Uno. Questo noi lo dobbiamo fare, perché è compito di questa Assemblea, e lo dobbiamo fare anche qui con la sobrietà che il caso richiama e per costruire una risposta positiva, non per contrapporci. C'è un parte che si è contrapposta, non c'è nessuno di noi che ha scritto che il direttore dell'Unione Sarda è un asino, nessuno di noi l'ha scritto, però il direttore dell'Unione Sarda l'ha scritto nei confronti di questo Consiglio. Allora noi diciamo, lo diciamo con la mozione, l'abbiamo sostenuto nel dibattito, che occorre intervenire affinché la Rai nazionale, la Rai nazionale che opera in Sardegna, possa produrre e esportare le produzioni che in loco vengono costruite. E questo è un tema che può trovare le opposizioni in disaccordo? Mi pare di no, mi pare che sia un'indicazione corretta, di valorizzazione delle competenze, di valorizzazione delle professionalità, di un impegno che noi vogliamo proporre alla Giunta perché intervenga nei confronti del Governo nazionale perché questo si faccia, però non può essere questo tema richiamato come una posizione estremista di una parte del Consiglio o di chi tratta questo argomento negli interventi. Perché non tutti i colleghi si sono trovati nelle condizioni di essere stati proposti per il licenziamento. Anche questo è avvenuto, in questi mesi. Proposti per il licenziamento solo perché in aula si è espressa un'opinione sull'informazione. Anche questo è un fatto che deve passare in secondo piano? E' giusto richiamarlo? Io penso di sì; l'abbiamo fatto in tantissime occasioni, per tanti lavoratori che si sono trovati in quella situazione, come è giusto richiamare una situazione che vive oggi Sardegna Uno e che può portare a un ridimensionamento degli organici. E' questo un tema di parte? Può essere attribuito a chi lo tratta o alla parte che lo propone all'attenzione? Mi pare di no. E allora penso che noi dobbiamo fare, ripeto con pacatezza, la nostra discussione per dire, senza remore, che nelle mani di una proprietà, di una singola proprietà, c'è un giornale, ci sono due televisioni, c'è un altro giornale a Sassari, c'è una radio. Voi pensate che questo tema, del quale si discute nazionalmente, si discute in europea e nel mondo, non è un tema che si debba trattare in questo Consiglio per evitare che questo si confermi, che si rafforzi, che limiti la democrazia? E diciamo anche che occorre operare, e questo è un impegno che chiediamo alla Giunta, nel dibattito, nella mozione, perché la pubblicità istituzionale non favorisca la concertazione, che favorisca il pluralismo dell'informazione in Sardegna, che aiuti le piccole emittenti, che aiuti i giornali locali, che determini un pluralismo vero dell'informazione che viene data nella nostra Regione. E' anche questo un ragionamento da parte, non sta nelle posizioni che vengono espresse anche dalle opposizioni in quest'aula? Anche questo è un tema che ha introdotto il collega Amadu nella sua mozione, che penso che possa essere richiamato senza creare scandalo o senza creare o determinare reazioni scomposte che non ci permettono di approfondire l'argomento. Poi chiediamo che si intervenga nei confronti del Governo per inserire nel provvedimento di riforma della legge sull'editoria una norma antitrust, che vieti la formazione e il mantenimento di posizioni dominanti in ambito regionale. E' anche questo un tema non attinente alla discussione che stiamo facendo noi? Credo di sì, anche questo, se liberato da posizioni preconcette, può trovare il consenso. Vi sembra normale, vi sembra fatto che quest'Aula non deve discutere che nei giorni passati il giornale più venduto della Sardegna abbia dedicato due pagine al Nuovo Movimento che prepara la lista per le elezioni di Cagliari? Voi pensate che questo sia un fatto di ordinaria amministrazione, che non interessa la politica e le istituzioni? Non vi pare questo un fatto che determina squilibrio tra le forze politiche? Anche questo credo di sì, se lo facesse per tutte le forze politiche che sono in campo, bene, noi gli saremmo grati, ma siccome lo fa solo per il Nuovo Movimento questo deve preoccupare, non per i voti che prenderà, decideranno gli elettori, è anche vero che non sempre la grande propaganda sui giornali coincide con il risultato elettorale, però stiamo parlando dei fatti così come sino a questo momento si verificano. E allora noi diciamo che questo deve essere evitato, deve essere impedito. Noi non diciamo che l'imprenditore Grauso non può fare un partito, non diciamo questo, può farlo, nessuno glielo può impedire, però diciamo anche che le istituzioni utilizzino le proprie risorse per evitare di dare sostegno ad un editore che dà ai giornali e alle proprie televisioni un'impostazione antidemocratica. Non può pensare di utilizzare risorse pubbliche per fini esclusivi di parte e di partito, noi siamo contrari. E siccome non stiamo parlando di un editore disattento e neanche di un direttore disattento, è nella cronaca di questi giorni, dei due maggiori quotidiani sardi, un'operazione che è stata messa in piedi con risorse pubbliche, per fortuna bloccata dal Comitato di controllo, che tende a favorire un'impresa. Anche questo è un fatto che deve essere impedito.

Siccome di questi fatti è piena la cronaca di questo periodo, noi vogliamo trattare l'informazione come fatto di democrazia e di pluralismo e vogliamo evitare che le risorse pubbliche vengano utilizzate e per l'editore e per le imprese dell'editore con la funzione che in tante occasioni è stata richiamata. Questo lo dico adesso perché noi saremo richiamati, perché questo ha stabilito la finanziaria ultima che abbiamo approvato, a presentare in Consiglio, perché questo è l'impegno, il piano telematico regionale. La nostra opinione, poi ne discuteremo, è quella di evitare che ci sia anche qui un provvedimento che possa favorire l'editore padrone e partito. Questo lo dico alla Giunta, che so che è attenta per non commettere errori di quel tipo, ma lo dico in Consiglio perché anche noi dobbiamo essere attenti per evitare che si possano fare errori di quel tipo. Noi dobbiamo muoverci una linea opposta che garantisca davvero il pluralismo, che valorizzi gli strumenti della Regione, che aiuti le piccole e le medie imprese, che determini la presentazione di un progetto che riqualifichi la formazione scolastica e quella professionale. Noi dobbiamo muoverci in una linea di democrazia e di pluralismo vero. Per questo abbiamo voluto presentare la mozione, perché riteniamo che si debba procedere ad un riequilibrio, ma non ad un riequilibrio che penalizzi le imprese, ad un riequilibrio che favorisca le imprese, che agevoli l'inserimento di nuove imprese, che eviti la concentrazione, perché sino adesso in parte è avvenuto così. Siccome questo l'abbiamo lamentato tutti, noi vorremmo che questo confronto, che per molti aspetti, per molte indicazioni è anche un confronto unitario, ci veda impegnati ad assumere un'iniziativa che valorizzi il pluralismo, che valorizzi l'informazione, che aiuti la piccola impresa, l'impresa associata in cooperativa che opera in questo settore, e l'aiuti a stabilire una corretta informazione in Sardegna, che l'aiuti a determinare un maggiore pluralismo, ma nell'aiutare la piccola impresa vogliamo anche evitare che ci sia un'ulteriore concentrazione.

So che altri non la pensano come noi, che altri hanno idee diverse da quelle che noi stiamo esprimendo, ma anche quando ci dovessimo trovare di fronte a posizioni e idee diverse credo che i fatti dei quali noi stiamo parlando oggi siano indiscutibili per quanto riguarda quello che è avvenuto. Ed è per questo che noi vogliamo procedere ad un documento, adesso il collega Marteddu diceva una mozione unitaria, se ci sono le condizioni per una mozione unitaria, ma noi dobbiamo evitare di darci l'obiettivo dell'unità rinunciando alla qualità della iniziativa, noi dobbiamo mettere avanti la qualità della iniziativa e determinare sulla qualità della iniziativa l'unità da parte del Consiglio regionale, perché se facciamo un documento, un ordine del giorno, una mozione che nasconde quello che sta avvenendo in Sardegna noi non facciamo una cosa utile per la Sardegna, non diamo un messaggio chiaro, non ci poniamo in questo momento difficile come punto di riferimento per un'informazione corretta.

E allora, l'istigazione a delinquere, l'informazione di parte, la deformazione, l'insulto diventeranno una costante nei prossimi giorni e non saremo in grado di costruire un argine vero per evitare che ci sia il deragliamento del convoglio della democrazia. Questo è il problema che abbiamo oggi noi, poi sappiamo che ci sono anche altri aspetti di carattere personale, sappiamo che ci sono iniziative, posizioni e anche aspettative attraverso le quali si pensa di poter salvare la propria baracca, ma sinceramente, signor Presidente del Consiglio, noi non dobbiamo essere messi in condizioni di stabilire i destini o di sostenere le scelte che autonomamente ha fatto l'impresa. L'impresa le ha fatte, ne risponda nei confronti dei propri soci, ne risponda e spero rapidamente anche nei confronti delle banche, ma non si appelli all'istituzione sarda per coprire gli errori che in questi anni sono stati fatti a danno della informazione e del pluralismo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (F.I.). Signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, le mozioni presentate oggi all'attenzione dell'Aula riguardano un problema che effettivamente esiste ed è grave, non solo in Sardegna, non solo nel Paese, ma anche nelle più antiche e consolidate democrazie occidentali: la libertà di stampa, libertà che perché non rimanga che un principio meno applicato degli altri ha necessità di un regime normativo tutto particolare, attento, flessibile, disposto ad adeguarsi ai cambiamenti velocissimi che questa società ci impone. Ben venga, dunque, la presente sessione consiliare, ma se si volesse una discussione fruttuosa bisognerebbe avere una base di partenza almeno minimamente valida e avere la serenità che la discussione si sta avviando con degli interlocutori che siano portatori di una visione perlomeno rispettosa delle regole, perlomeno capace di vedere il problema nella sua interezza, non certamente, come invece avviene oggi, con degli interlocutori che recitano un copione liso, che si arroccano in posizioni illiberali che temono chi non ha davvero necessità di essere temuto, che non pongono fiducia nella coscienza democratica della nostra società, cioè dei nostri cittadini. Quest'Aula mi è parso in certi momenti addirittura evocare qualche tribunale anche di triste memoria, qualche consigliere regionale attribuirsi addirittura potestà di pubblici ministeri, invocare articoli del Codice penale, istigazione a delinquere e quant'altro. Lasciamo fare ai magistrati queste cose, perché sicuramente le sanno fare molto meglio di noi.

MANCHINU (F.D.S.-Progr. Sard.). Anche peggio.

PITTALIS (F.I.). Questa evocazione che ho sentito soprattutto dai banchi del P.D.S. conferma, se mai ve ne fosse la necessità, qual è la strada che si intende perseguire, altro che la politica stasera in quest'Aula! Sono altri gli intenti che stanno nella testa di qualche parte politica.

Allora noi che rivogliamo riportare invece la politica in quest'Aula, allora volentieri vorrei porre a marchio di quest'intervento che ora svolgo una considerazione, soprattutto, colleghi della sinistra, di troppo libertà non è mai morto nessuno. Crediamo che sia opportuno ricordare proprio a chi ama farsi paladino della tolleranza che il dissenso più o meno organizzato non può e non deve fare paura. In ogni caso riteniamo che nessuno in questa sede, in questa casa comune che è l'istituzione Consiglio regionale, a nessuno, da nessuno e per nessuna parte politica possa essere consentito di piegare gli strumenti dell'istituzione a suo uso e consumo e per raggiungere con l'autorità, l'imperio e gli strumenti della democrazia di fare quello che non è riuscito con altri non meno subdoli metodi.

Appunto, colleghi, perché riteniamo che di troppa libertà non è mai morto nessuno. Siccome desideriamo esporre, in maniera esaustiva, sulla questione generale dell'informazione, il nostro punto di vista, crediamo sia preliminarmente opportuno chiarire alcuni presupposti. La mozione numero 141 che oggi discutiamo tra le altre, a firma dei colleghi Cugini, Marteddu, Balia, Randaccio, Vassallo, Dettori e La Rosa, cioè a firma del Partito Democratico della Sinistra, del Partito Popolare Italiano, dei socialisti, comunisti e vari, è uno dei più limpidi esempi di cosa un'istituzione non può e non deve fare. La mozione in questione parte da una premessa giusta, dice che la sede regionale della RAI è sottonumeraria, ridotta nel suo organico, impossibilitata a lavorare come dovrebbe. I colleghi hanno dimenticato di dire però che la sede sottonumeraria della RAI Sardegna riesce nel difficile scopo di assicurare una presenza fortemente soprannumeraria in termini di presenze e minuti di esposizione in video e in voce ai signori amministratori regionali della maggioranza, ai signori esponenti del centro sinistra di governo, ovvero sia ai signori firmatari della mozione di cui parlo. Non si tratta di una nostra idea, non si tratta di un'opinione, ma di dati reali sul numero dei minuti di presenza dei vari esponenti politici sardi e delle varie parti politiche nei servizi informativi, telegiornali e speciali di approfondimento del cosiddetto servizio pubblico, che forse a qualcuno è sparito addirittura dalla memoria, io in pochissimi interventi ho sentito, nella bocca soprattutto del collega Cugini, la parola RAI, servizio pubblico. E allora glielo voglio ricordare io, voglio ricordargli che abbiamo interpellato a tale proposito l'Osservatorio radiotelevisivo di Pavia e non indugeremo agli esiti di questa sessione consiliare ad informare nel più ufficiale dei modi il garante per l'editoria, la Commissione parlamentare di vigilanza sulla RAI, nonché i Presidenti di Camera e Senato, giusto per non trascurare nessuno. Quindi primo deficit della mozione, la RAI deve essere potenziata, ma il servizio deve essere imparziale, almeno in termini di presenza e minuti di esposizione. Sappiamo che una corretta informazione non la fanno certamente le parità matematiche di minuti, né i bilancini di presenza, ma crediamo con la medesima convinzione che la corretta informazione tanto meno la facciano le assenze, quelle che giustamente ricordava il collega Locci e le sperequazioni. La mozione prosegue poi occupandosi della grave situazione economico-finanziaria che vivono le emittenti locali televisive e radiofoniche e analizza in specie il caso di Sardegna 1. Ebbene, anche in questo caso i colleghi hanno dimenticato di dire qualcosa, cioè che i primi a porre alla pubblica opinione, al sistema politico, il caso di Sardegna 1, siamo stati proprio noi di Forza Italia con interrogazioni che ovviamente non hanno avuto ancora risposta, con mozioni che saranno impolverate in chissà quale cassetto e iniziative pubbliche di protesta quando la distratta classe di governo era soddisfatta delle vicende di Sardegna 1. Soddisfatta evidentemente con ogni sprezzo della democrazia e insulto di quelle stesse regole che oggi si invocano con accenti virginali, che il direttore di quel telegiornale, così preoccupato di dare spazio ai potentelli di turno, fosse contiguo alla maggioranza di governo di quest'Isola, anzi fosse così contiguo da farne addirittura parte. Ma non come supporter, come tifoso, come aedo, ne faceva parte stricto sensu, era infatti Assessore in una delle ormai dimenticate, non ricordo se era la quarta o la quinta, Giunte del presidente Palomba. Ripetiamo, l'Assessore del turismo, Costantino, Assessore non so più quando e non so più come, era direttore del telegiornale di Sardegna 1 e voi, voi del centro sinistra, stavate ben zitti, attenti a non farlo sapere troppo in giro. Nessuno mi risponda che Costantino si dimise da quell'incarico, lo fece, ma diversi mesi dopo. A chi servono conferme, potremo, quando vorrà, fornire prove documentali. Ma andiamo oltre. La restante parte della mozione è un insulto alle istituzioni, è un insulto a questo Consiglio regionale, la restante parte della mozione, lo ribadisco, è un vero e proprio insulto, righe che offendono il comune senso della democrazia e della libertà. E allora, tocca condensare in poche parole, ma poche davvero, il restante contenuto della mozione in esame: avete paura evidentemente di Grauso. E finalmente risuona in quest'Aula il nome che aleggia, questo convitato di pietra che ha tanto potere, ma tanto potere, da indurre i rappresentanti della maggioranza del centro sinistra a presentare una mozione solo per il signor Grauso. E' un fatto che non esito a definire vergognoso, e prima che qualcuno esperto in dietrologia a basso costo cominci a pensare a difese d'ufficio, alleanze future, complessi disegni strategici o altre castronerie, chiariamo subito il campo. Forza Italia non è interessata al signor Grauso, non è interessata al sedicente Nuovo Movimento, non è interessata a curiosi partiti di cui non si conoscono programmi, esponenti, idee e progetti. Forza Italia non è interessata ora e non lo è mai stata in passato, a differenza di qualche compare che con questo sedicente partito ha avuto incontri, abboccamenti, trattative e richieste di alleanze.

Detto questo, ripetuto che non ci interessa difendere nessuno e che della sorte politica di Grauso e del suo partito niente ci interessa, ribadisco che la mozione che avete presentato è davvero indiscutibile, e spiego perché. Una serena coscienza democratica grida al pensiero che una mozione, ovvero sia uno strumento che dovrebbe essere l'espressione degli indirizzi politici del Consiglio regionale alla Giunta, organo esecutivo, sia elaborata per una persona definita e per un gruppo editoriale privato. Tanto più che si attribuisce a Grauso un diretto ruolo politico, anche se a ben vedere l'unico suo ruolo finora è stato quello di aver pubblicato, come è stato ricordato, due disegnini a tutta pagina su "L'Unione Sarda" e annunciato di voler fare navigare su Internet i sardi. Sembrano, sembrerebbero nobili le preoccupazioni che ispirano i firmatari, e cioè il pericolo che si crei in capo ad un unico soggetto una situazione di monopolio della informazione, e invece non è quella la motivazione vera che è solo una grande, incredibilmente grande paura per le proprie scorribande politiche e per la propria visibilità sui giornali. La sola visione che ci sentiamo di condividere è che tutti i cittadini, buoni o cattivi, simpatici o antipatici, siano in grado di diventare se lo vogliano, lo credano e abbiano il consenso soggetti politici. Si candidino, si facciano votare e se i cittadini daranno loro il consenso siano a tutti gli effetti soggetti politici. Consiglieri regionali, esponenti politici, segretari di partito riteniamo che non lo si nasca per diritto divino né si può ragionevolmente pensare di morirci per opera di difese acritiche e francamente ridicole dello statu quo. Rifiutiamo complessivamente l'idea che si possa limitare la libertà e l'espressione di qualsiasi cittadino solo perché proprietario di un giornale e di una televisione. Tanto più che gli elettori, cittadini coscienti e non, onorevole Cugini, mandrie di bovini, saranno in grado di comprare, leggere e credere ad un giornale credibile, in grado di comprendere quando questo giornale si sia trasformato in un organo di partito. I capitali sono privati ed offrono un prodotto editoriale che si può scegliere di acquistare o non acquistare. E riguardo ai rilievi mossi sulla legge numero 250 del 1990, che prevede misure di sostegno, cioè soldi pubblici, a favore della editoria cooperativa, i firmatari chiedono che la legge nazionale sia rivista e che garantisca, cito testualmente "finalizzazioni ad obiettivo di tipo sociale e/o comunitario". Che cosa vuol dire? Che per togliere i soldi a Grauso dobbiamo stravolgere l'impianto di una legge nazionale grazie alla quale nello scorso anno hanno ricevuto denari pubblici nell'ordine: 44 milioni al settimanale fantasma "Cominform" dei comunisti unitari di Crucianelli e di Aresu; un miliardo e 100 milioni per la discussione del CCD; due miliardi e 100 milioni per "Liberazione" il giornale di Rifondazione comunista; 6 miliardi al "Popolo" organo del Partito Popolare italiano; due miliardi e 700 milioni per "La Voce repubblicana" del solitario Giorgio La Malfa, fino agli oltre 17 miliardi, ripeto, 17 miliardi de "L'Unità" il giornale del Partito Democratico della sinistra. Questi, colleghi, sono i veri termini della questione. Mi credano, la grave condizione della editoria in Sardegna non si risolve con divieti e proibizioni a danno di questo o di quel soggetto, sia esso anche soggetto politico, non si risolve certamente piegando gli strumenti del governo per persone singole il che denota una intollerabile debolezza della democrazia, una insopportabile inadeguatezza delle istituzioni e una vergognosa smania antidemocratica. Noi non abbiamo paura. Questo brevemente sulla mozione 141. Il grande fervore che la questione informativa comunque suscita ci pare davvero giustificato. Comprendiamo che solo in presenza di una informazione completa, autorevole, esaustiva, altro che informazione pluralista; detto così che cosa significa? Informazione pluralista purché sia filogovernativa, ancora chiedo ai colleghi del centrosinistra, no. Noi diciamo appunto che siamo per una informazione autorevole ed esaustiva che metta in grado il cittadino di vivere in una vera democrazia e quindi non solo una democrazia che esiste a fasi alterne e cioè ogni cinque anni quando gli si chiede di votare per questo o per quel candidato. I giornali colleghi sono uno spazio di dialogo, una palestra per l'incontro o lo scontro delle idee, e da questo scaturisce vivacità della vita democratica, autenticità delle posizioni, possibilità reale di scegliere. Non esistono dubbi crediamo su questi valori che sono la base dei principi democratici, la base della libertà, i valori sui quali nasce la nostra istituzione, questo Palazzo, e che giustificano la nostra azione. Sono principi che rendono la nostra azione politica effettiva e che ci consentono di non sembrare delle pantomime. Ma sono valori talmente ovvii e talmente condivisi, talmente consustanziali alla esistenza della democrazia che non è il caso né di lodarli, né di tesserne gli elogi. Sono parte di noi, almeno di noi liberaldemocratici, autenticamente liberaldemocratici. La vera discussione sulla informazione in Sardegna, il reale scambio di posizioni va incentrato, a nostro avviso, sulle iniziative che questa istituzione vuole e può prendere in merito. Ovvero costruendo delle realtà e incentivando la loro costruzione e non viceversa distruggendo altre realtà private, non confacenti al modello che si vagheggia nei sogni di gloria di qualche parte politica. Discutere significa a nostro avviso parlare dei ruoli del giornalista, del suo contratto collettivo di lavoro, del ruolo dei collaboratori esterni nelle redazioni che vengono pagati poco e male, questo certo dobbiamo ricordarlo, se e quando vengono pagati. Significa discutere con proposte oggettive e non con vaneggiamenti sulla formazione professionale della categoria o sui requisiti che è necessario detenere perché un minimo culturale garantito consenta di informare su quello che esiste e non su quello che non esiste. Significa fissare, questa volta sì, delle regole e dei paletti per i professionisti del settore perché si sappia che chi scrive in uno di quei giornali, che si chiamano indipendenti, spesso fa l'addetto stampa dell'assessorato tale o dell'ente regionale talaltro. Significa garantire ai giornalisti la possibilità di lavorare con la garanzia della indipendenza dal potere politico, cosa che certo non avviene quando per esempio l'Assessore della pubblica istruzione, sto facendo un esempio ma non c'entra niente l'Assessore Ballero, nega un finanziamento dovuto ai sensi di una legge regionale perché la destinataria è una televisioncina di provincia, non quella dove sono stati investiti risparmi e le competenze professionali dello stesso Assessore. Significa che la Regione finalmente assuma la veste di promotore delle attività dell'isola e cioè attivi una vasta rete di finanziamenti, anche di grande favore, alle imprese editoriali e giornalistiche. Ma lo faccia in maniera seria, pensando alla categoria e non disegnando le norme, faccio sempre per dire, su misura per case editrici di amici o per giornaletti insignificanti e destinati a non superare la tiratura delle cento copie a bimestre. E domani in sede di discussione ed esame del progetto di legge esporremo nei fatti specifici quali sono le misure che noi proponiamo ed illustreremo i molti emendamenti che suggeriamo al progetto di legge della Commissione. I finanziamenti e le agevolazioni ci devono essere per tutti , devono essere un diritto che noi creiamo e non una regalia che graziosamente elargisce l'assessore di turno. E le professionalità? Bisogna insegnare a costruirle a cominciare dagli uffici stampa delle istituzioni, vere e proprie cantine di amici e voci del regime. Bisogna rendere pubblici i finanziamenti e quelle cosiddette pubblicità istituzionali sulle quali sarà bene che si faccia un discorso lungo e approfondito domani. Bisogna lasciare la libertà a tutti di scrivere e manifestare il pensiero e a chi sia chiamato in ballo di rettificare e chiosare; ma soprattutto, cosa che proponiamo con l'ordine del giorno a firma del nostro Gruppo che abbiamo presentato, bisogna creare delle vere e proprie reti radiotelevisive pubbliche che facciano conoscere ai sardi il lavoro delle istituzioni. Una riforma di tipo federalistico va attuata anche con l'informazione. È stata richiamata a sproposito la questione sul parco. Forse se sul parco fosse stata data più corretta informazione non avremmo avuto nelle zone interne quel disagio sociale e quella rivolta contro questa istituzione, contro la Giunta regionale alla quale noi oggi assistiamo. Anche perché di voci in campo, noi riteniamo, non ce ne sono mai troppe. E nessuna va temuta, nessuna va osannata, nessuna va ostacolata surrettiziamente, tutte a nostro avviso vanno ascoltate perché, come dicevo in principio: di libertà davvero non ce n'è mai troppa. Spero che questo richiamo serva anche agli amici della sinistra che, per la verità, negli interventi di stasera ho sentito riecheggiare delle mosse e dei principi che sono illiberali e che, quelli sì, sono veramente un attacco alla libertà e alla democrazia.

PRESIDENTE. Chiedo alla Giunta se prima di intervenire è possibile fare una breve Conferenza dei Presidenti di Gruppo, o se ritiene... Allora se siamo d'accordo sospendiamo cinque minuti, facciamo una Conferenza dei Capigruppo e poi decidiamo l'iter

(La seduta, sospesa alle ore 22 e 01, viene ripresa alle ore 22 e 14.)

PRESIDENTE. Comunico l'esito della conferenza dei Capigruppo in merito all'ordine dei lavori. Ora, concludiamo la seduta qui, domani mattina i lavori riprenderanno alle ore 10 con questo ordine dei lavori: replica della Giunta, votazione degli ordini del giorno, il provvedimento sulla pesca, che conosciamo... prima i PUC, prima allora la proroga dei termini dei PUC, poi la pesca, poi il dibattito sulle leggi sull'editoria, dibattito generale e poi si aggiorna la seduta.

La seduta è tolta alle ore 22 e 15.



Allegati seduta













Testo delle interpellanze, interrogazioni e mozioni

INTERPELLANZA FANTOLA sullo stato di attuazione del Programma di interventi prioritari per fronteggiare l'emergenza idrica in Sardegna e sulla riforma, finora inattuata, del governo delle risorse idriche.

Il sottoscritto,

considerato che la Sardegna è destinata a convivere con cicliche situazione di emergenza idrica, non appena il livello medio delle precipitazioni diminuisce;

tenuto conto che anche quest'anno vi è la reale prospettiva che si creino le condizioni di estrema criticità nel settore dell'approvvigionamento idrico, specie nel settore agricolo;

rilevato come attualmente gli invasi artificiali del centro - nord Sardegna versino in una situazione particolarmente critica a causa dell'andamento assai sfavorevole delle precipitazioni e dei deflussi e a causa dei limiti di invaso imposti;

constato come tale critica situazione sia accentuata dalla poco oculata recente gestione delle risorse, non essendo stati tali invasi gestiti con il criterio di accumulare parte dei deflussi degli anni piovosi per fronteggiare annate più asciutte, come pare essere finora la stagione in corso;

tenuto conto che dai serbatoi in questione hanno origine importanti condotte acquedottistiche per uso civile e irriguo e che la situazione si presenta, allo stato attuale, meritevole della massima attenzione e richiede sia l'adozione di provvedimenti urgenti per la gestione delle scarse risorse esistenti, sia la programmazione di interventi infrastrutturali;

appreso, tramite i media, che il sistema del Flumendosa versa in ben diversa situazione, sia per un diverso livello di precipitazioni sia per una gestione più oculata e soprattutto unitaria dell'intero sistema,

chiede di interpellare il Presidente della Giunta regionale, anche in qualità di Commissario straordinario per l'emergenza idrica, e l'Assessore dei lavori pubblici per conoscere:

I. quale sia la linea politica della Giunta regionale in ordine al fondamentale e improcrastinabile problema della riforma del governo delle risorse idriche che, sin dalle dichiarazioni programmatiche della "prima Giunta Palomba", fu indicato come obiettivo prioritario ed imprescindibile e che ora è stato lasciato annegare nella stagnazione della politica regionale, seguendo la stessa sorte di ogni progetto di cambiamento;

II. quale sia lo stato di attuazione delle opere contenute nel Programma di interventi prioritari per fronteggiare l'emergenza idrica in Sardegna, predisposto dal Presidente della Giunta regionale in qualità di Commissario governativo per l'emergenza idrica, ai sensi dell'Ordinanza n. 2409/Fpc del 28 giugno 1995, con particolare riferimento alle opere effettivamente già appaltate o in via di esecuzione;

III. quale sia lo stato di attuazione delle iniziative contenute nel Progetto obiettivo n. 1 del su richiamato Programma, adottato dalla Giunta regionale con deliberazione n. 9/31 del 7 marzo 1997 e sul quale la Quarta Commissione consiliare permanente ha espresso, nella seduta del 30 ottobre 1997, parere favorevole, accompagnandolo con una rilevante serie di modifiche e integrazioni assai penetranti e incisive.

In particolare chiede di sapere:

I. se la Giunta regionale intenda mantenere le linee essenziali contenute nel disegno di legge n. 92 del 1995 "Governo e pianificazione delle risorse idriche della Sardegna", ovvero se intenda discostarsene e in quale modo, verso quali obiettivi e attraverso quale articolazione organizzativa;

II. se la Giunta regionale, anche in considerazione dell'obbligo d'istituzione e organizzazione del Servizio Idrico Integrato per il settore civile, intenda ulteriormente rinviare il centrale problema del governo dei grandi invasi e della semplificazione del sistema tariffario esistente, seguendo una logica e una impostazione totalmente contraria alle attese e agli interessi dei sardi. (433)

INTERPELLANZA BIANCAREDDU - PITTALIS - MILIA - GIORDO - OPPIA sullo stato degli uffici e del personale dell'Ente Poste nel territorio della Gallura e del Logudoro.

I sottoscritti,

appreso che il personale dell'Ente Poste in servizio nel territorio della Gallura e del Logudoro ha dichiarato lo stato di agitazione;

viste le numerose motivazioni addotte dai dipendenti ed in particolare la inadeguatezza dei locali a disposizione, nonché la gravissima carenza di personale, pari al 38% (Tempio meno 81 unità, Olbia meno 63, Ozieri meno 30);

considerato che i motivi richiamati impediscono ai dipendenti dell'Ente Poste di offrire al pubblico un servizio adeguato e concorrenziale come essi vorrebbero, nonostante, e comunque, si sia registrato in alcuni uffici, in particolare presso quello di Tempio Pausania, un incremento di produttività (legato alla coscienza, sensibilità ed attaccamento al servizio, dimostrata dal personale);

tenuto conto dell'approssimarsi della stagione turistica nella quale si può legittimamente prevedere un notevole incremento della richiesta di servizi;

valutata la pericolosa ricaduta per tutto il territorio della Gallura e del Logudoro della possibile sospensione dei servizi che il minacciato sciopero comporterebbe;

chiedono di interpellare il Presidente della Giunta regionale per sapere:

1) se egli sia a conoscenza dello stato di agitazione proclamato dai dipendenti dell'Ente Poste in servizio nel territorio della Gallura e del Logudoro;

2) se conosca i motivi alla base della vertenza, ed in particolare la carenza di personale e la inadeguatezza delle strutture, non conformi alla Legge n. 626;

3) se la Giunta regionale reputi accettabile, e per la Gallura in particolare vista l'affluenza turistica che il territorio richiama, che l'Ente Poste non offra la possibilità ai suoi dipendenti di garantire un servizio adeguato e concorrenziale, come essi vorrebbero;

4) se intenda farsi portavoce, presso le competenti sedi istituzionali, del profondo disagio e malessere che le citate carenze provocano fra il personale dell'Ente Poste e fra l'utenza che se ne avvale;

5) se non intenda, valutando la massiccia presenza turistica che si registra nel territorio, sollecitare autorevolmente un rafforzamento dei numerosi servizi dell'Ente Poste (posta celere, cai post, tempo reale, cambia valute, ecc.), allargando la loro offerta presso tutti gli sportelli ed in particolare presso quelli in cui è prevedibile una maggiore affluenza turistica. (434)

INTERROGAZIONE VASSALLO, con richiesta di risposta scritta, sul progetto di rimboschimento e valorizzazione ambientale dell'isola dell'Asinara.

Il sottoscritto,

considerato che tra l'Assessorato della difesa dell'ambiente della Regione Sardegna e il Ministero di grazia e giustizia fu siglato un protocollo d'intesa che prevedeva, nell'ambito di attuazione del progetto di rimboschimento e valorizzazione ambientale dell'isola dell'Asinara, l'utilizzo di alcuni civili e di numerosi detenuti;

preso atto del trasferimento di tutti i detenuti dall'isola dell'Asinara;

constatata la necessità che tale progetto abbia la dovuta continuità, anche in rapporto al numero delle persone in esso impiegate, al fine di garantire una prosecuzione delle attività lavorative, in linea con i presupposti che ne avevano a suo tempo determinato l'accoglimento, ed in virtù del fatto che oggi appare ancor più urgente un'azione di grande valenza ambientale con l'istituendo parco dell'Asinara;

accertato che con la dismissione del carcere, ed in attesa dell'istituzione dell'ente provvisorio di gestione del parco, risulta altresì indispensabile un'azione più incisiva ed efficace per la tutela del patrimonio agricolo e zootecnico e per il mantenimento dei servizi primari dell'isola;

considerato altresì che dare una soluzione ai problemi sopra citati significa attuare un limitato, ma concreto segnale ai problemi occupazionali della città di Porto Torres,

chiede di interrogare l'Assessore della difesa dell'ambiente per conoscere quali azioni intenda porre in essere, anche in rapporto all'Azienda Foreste Demaniali della Regione sarda, al fine di procedere con sollecitudine all'incremento del personale atto alla prosecuzione delle attività a suo tempo svolte dai detenuti, e quali iniziative intenda adottare per garantire i servizi primari dell'isola dell'Asinara. (977)

INTERROGAZIONE MANUNZA - MARRACINI, con richiesta di risposta scritta, sulla pesca sportiva ed occasionale "da terra" nel Golfo di Oristano.

I sottoscritti,

premesso che:

- alla pesca in argomento risulta interessato un bacino di utenza stimato in oltre tremila persone, composte in prevalenza da anziani, ragazzi e bambini di ambo i sessi, con un notevole picco di presenze femminili;

- che detta attività trova, anche attraverso le iniziative delle associazioni e società sportive di riferimento, un momento di sano agonismo, di evasione dalla noia del quotidiano, non altrimenti superabile in una zona fortemente depressa e carente di valide alternative e tutelabili svaghi;

- che la medesima attività appare in continua espansione, a riprova della valenza che le popolazioni che risiedono nel territorio attribuiscono ad un utilizzo del tempo libero ispirato alla natura e lontano e distante da altri possibili "riposi" negativamente coinvolgenti,

ritenuto che l'attività praticata dai "pescasportivi da terra" debba essere meritevole di particolare attenzione da parte della Pubblica Amministrazione, poiché la stessa non reca pregiudizio alla fauna ittica ed all'ambiente, ma, invece, lega profondamente l'uomo alla natura;

dato atto che le zone interessate (ulteriormente ridotte, peraltro, dal Decreto del Ministero dell'Ambiente di istituzione della riserva naturale marina denominata "Sinis - Isola di Mal di Ventre") si riducono sostanzialmente al canale peschiera stagno di Santa Giusta in località Pesaria, al canale scolmatore stagno di Cabras, lato destro e sinistro, alla laguna di Mistras ed all'ingresso di S'Ena Arrubia in località Sassu;

evidenziato anche che nel periodo da giugno ad ottobre, in relazione alla stagione balneare, vige il divieto di praticare la pesca sportiva in spiaggia, così come, per espressa disposizione dell'autorità marittima (con la quale, peraltro, parrebbe necessario un approfondimento sulla questione), la stessa attività non può essere praticata all'interno del Porto Industriale (e nelle zone di rispetto) ed all'interno del porticciolo turistico di Torregrande;

rilevato, infine, che, in ogni caso, non esistono regole certe per l'esercizio di detta pratica in tutto il compendio, talché, molto spesso, i benefici effetti di un momento di sano divago si traducono in negative tensioni ed in successivi gravi contrattempi derivati dall'azione di controllo operata dagli agenti della vigilanza (sulla base di norme certo non chiare e non sempre scritte) che si traducono in liti, multe e denunce all'autorità giudiziaria, sequestro di attrezzature, ecc.;

chiedono di interrogare il competente Assessore per conoscere il suo parere in merito e quali iniziative intenda adottare per favorire, certamente regolamentandola, la pesca "sportiva, dopolavoristica e diportistica " esercitata da terra nelle zone "terra - mare" di cui si è detto.

Si permette di suggerire, che, preventivamente al pacchetto di norme da emanare (da tutti fortemente invocate) venga sottoscritto un protocollo d'intesa (con l'ovvio coinvolgimento di enti, autorità ed utenti) che valga, salvaguardando l'ambiente, la fauna ittica ed eventuali superiori interessi coinvolti, a favorire la sana attività ricreativa di tanti cittadini ed impedisca il verificarsi ed il ripetersi degli incresciosi contrattempi tra gli stessi ed il personale della vigilanza, dei quali si è genericamente detto nelle premesse. (978)

INTERROGAZIONE BONESU - SANNA Giacomo - SERRENTI, con richiesta di risposta scritta, sulla trasformazione dell'ISEF in Facoltà di scienze motorie.

I sottoscritti, premesso che:

- la Regione, in attesa dell'istituzione di un Istituto Superiore di Educazione Fisica (ISEF) autonomo, è intervenuta, con la legge regionale 31 maggio 1984, n. 27, con un intervento finanziario annuo per assicurare il funzionamento a Cagliari di una sezione distaccata dell'ISEF avente sede a L'Aquila;

- tale soluzione ha garantito ai giovani sardi la possibilità di frequentare gli studi di educazione fisica e di conseguire i titoli di abilitazione al relativo insegnamento nelle scuole medie;

- con un decreto legislativo in corso di pubblicazione gli ISEF sono aboliti ed in loro luogo sono istituite Facoltà universitarie di scienze motorie, ma tale trasformazione deve avvenire senza oneri per lo Stato;

- tale fatto rende estremamente precaria la situazione della sezione dell'ISEF operante a Cagliari, che viene a perdere la capacità di operare quale struttura distaccata di una istituzione lontana, che da parte sua avrà grossi problemi per riconvertirsi avendo natura privatistica,

chiedono di interrogare l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport per sapere se abbia preso in esame la nuova situazione ed abbia avviato contatti con le Università sarde per istituire in Sardegna una Facoltà di scienze motorie e se siano stati analizzati i costi per tale istituzione. (979)

INTERROGAZIONE LOCCI, con richiesta di risposta scritta, sul grave danno di immagine dei medici operanti nell'Azienda ospedaliera "G. Brotzu" di Cagliari in seguito alle notizie di stampa dei giorni scorsi.

Il sottoscritto, premesso che:

- i medici dirigenti del Brotzu di Cagliari hanno presentato nei giorni scorsi al Direttore generale un documento nel quale si esprimeva vivo disappunto per il mancato rispetto della legge regionale n. 5 del 1995 nella parte in cui contempla la richiesta obbligatoria - ma non vincolante del parere del Consiglio dei sanitari quando si adottano provvedimenti di tipo medico-assistenziale;

- gli amministratori avrebbero adottato una delibera di intenti nella quale dichiaravano la volontà di stipulare convenzioni con medici universitari, senza rispettare l'iter predetto;

- questo fatto - unito al fatto che la direzione sanitaria ha emesso un ordine di servizio comandando i medici neurologi per le guardie interdivisionali della neurochirurgia (in una specialità chirurgica diversa e con problematiche particolari) - ha innescato vivaci polemiche all'interno dell'Ospedale Brotzu;

- in seguito a ciò il direttore generale avrebbe dichiarato alla stampa (La Nuova Sardegna del 24 marzo 1998), tra l'altro, "c'è gente che fa trenta o quaranta ore al mese e prende lo stipendio come se rispettasse l'orario. Il problema è che rifiutano di osservare l'orario di lavoro ecco perché temono controlli. Hanno la coda di paglia, come se per verificare gli orari avessimo bisogno dei carabinieri";

tutto ciò premesso chiede di interrogare l'Assessore regionale della sanità per sapere:

1) se sia a conoscenza della gravissima situazione determinatasi all'Azienda ospedaliera "G. Brotzu" di Cagliari circa la mancata applicazione della legge regionale n. 5 del 1995 e quali provvedimenti intenda adottare in merito;

2) se sia a conoscenza delle dichiarazioni rilasciate alla "Nuova Sardegna" del 24 marzo 1998 dal direttore generale dell'Azienda ospedaliera "G. Brotzu" di Cagliari;

3) se non ritenga che le predette gravissime affermazioni giustifichino l'invio di una ispezione al fine di verificare se le cose affermate rispondano al vero;

4) in caso affermativo, se non ritenga doveroso informare dei fatti le autorità competenti al fine di verificare eventuali responsabilità di carattere commissivo od omissivo;

5) in caso negativo, se non ritenga di dover intervenire prendendo tutti i provvedimenti del caso, nessuno escluso, al fine di restituire una immagine positiva dei medici che operano - talvolta con enormi sacrifici nell'unica Azienda ospedaliera di rilievo nazionale in Sardegna. (980)

INTERROGAZIONE LIPPI, con richiesta di risposta scritta, sulla attività produttiva della Società a partecipazione regionale Sarda Basalti.

Il sottoscritto,

verificato che l'iniziativa di cui all'oggetto è sorta facendo ricorso ai contributi a fondo perduto e ai finanziamenti agevolati previsti dalla Legge n. 221 (Riconversione delle aree minerarie con reimpiego della mano d'opera in esubero) e dalla legge regionale n. 21;

appurato che da oltre tre anni le undici unità lavorative impiegate presso la Sarda Basalti lamentano di non essere state inserite nel ciclo produttivo, non essendo a tutt'oggi avviata la produzione di granulati di basalto, venendo altresì utilizzati per mansioni che non attengono alla attività sociale, manifestando preoccupazione sul futuro dell'iniziativa e quindi della garanzia del posto di lavoro;

considerato che al 31 dicembre 1996 dai bilanci della società partecipata al 30% dalla Progemisa risulta una situazione economica finanziaria preoccupante, con investimenti per 4 miliardi e una situazione debitoria per pari importo;

considerato che l'area produttiva del Guspinese, nella quale dovrebbe operare la Sarda Basalti, da anni attraversa un grave stato di crisi occupazionale e imprenditoriale, accentuato dall'illusione derivante dall'insediamento di altre iniziative sempre a carattere regionale quali Terrecotte, Elephant e Ceramica Mediterranea, che ad oggi hanno regalato al territorio e alla Sardegna solo cassa integrazione e montagne di debiti,

chiede di interrogare il Presidente della Giunta regionale e l'Assessore dell'industria per conoscere la reale situazione della Società Sarda Basalti e l'effettiva prospettiva di produzione e di garanzia dei massimi livelli occupativi. (981)

INTERROGAZIONE PITTALIS - BALLETTO - CASU - GIORDO - GRANARA - LOMBARDO - MARRAS - OPPIA - PIRASTU - TUNIS Marco Fabrizio sui criteri adottati dal Presidente della Giunta regionale per l'indicazione dei componenti del Consiglio di amministrazione del Banco di Sardegna.

I sottoscritti,

premesso che è competenza del Presidente della Giunta regionale proporre al Ministro del Tesoro la rosa di candidati per la nomina a consigliere di amministrazione del Banco di Sardegna;

considerato che la lista coi nomi è stata inviata negli scorsi giorni al Ministro del Tesoro;

considerato che sulla questione si è sviluppata una polemica aspra tra i componenti della maggioranza politica di sostegno alla Giunta regionale che si accusano di reciproca lottizzazione;

considerato che il Banco di Sardegna rappresenta per l'Isola una realtà di grandissima importanza;

considerato che tale istituzione dovrebbe essere governata da rigidi criteri di competenza professionale;

considerato che non risulta che il Presidente della Giunta regionale abbia inteso proporre esperti nel settore economico e del credito,

chiedono di interrogare il Presidente della Giunta regionale per sapere:

1) quali siano i criteri che ha adottato nella scelta dei nomi da proporre al Ministro;

2) se risponda al vero che abbia utilizzato solo criteri di lottizzazione politica. (982)

INTERROGAZIONE CUCCA, con richiesta di risposta scritta, sui ritardi nella prova selettiva per l'assunzione di personale presso gli uffici regionale con sede a Nuoro.

Il sottoscritto,

premesso che in data 13 novembre 1997 è stata bandita una prova selettiva per l'assunzione di sei dattilografi e terminalisti per gli uffici regionali con sede a Nuoro per periodi lavorativi non superiori a un anno;

constatato che l'Ufficio provinciale del lavoro di Nuoro ha provveduto in data 18 dicembre 1997 a predisporre l'elenco dei nominativi ai sensi delle normative vigenti e che, a tutt'oggi, la Sezione I della Divisione I del competente Assessorato degli affari generali e riforma della Regione non ha ancora dato avvio alla selezione, recando grave pregiudizio oltre che per l'Istituzione regionale e il funzionamento dei suoi uffici periferici, per gli stessi lavoratori aventi diritto i quali, a norma delle leggi vigenti in materia di assunzione, vengono automaticamente esclusi dalle altre occasioni di lavoro presso le altre amministrazioni pubbliche,

chiede di interrogare l'Assessore regionale degli affari generali e riforma della Regione per conoscere i motivi di tale ritardo e quali atti intenda porre in essere per avviare finalmente la prova selettiva. (983)

MOZIONE TUNIS Marco Fabrizio - PITTALIS - BERTOLOTTI sul rischio di cessazione dell'attività della DI.CO.VI.SA. S.r.l.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che in data 24 marzo1997 è stata presentata una interpellanza sul problema relativo al rischio di chiusura della DI.CO.VI.SA. S.r.l. e conseguente licenziamento di 23 dipendenti;

DENUNCIATO che, a circa un anno di distanza, l'Assessore regionale dell'agricoltura non ha ritenuto opportuno né necessario fornire adeguata risposta in sede di Commissione consiliare competente;

RILEVATO che la Regione autonoma della Sardegna a partire dal 1965, anno di costituzione della DI.CO.VI.SA. S.r.l., ha erogato a beneficio di tale società circa 40 miliardi in contributi par realizzare la struttura produttiva;

OSSERVATO che, inoltre, recentemente sempre la R.A.S. ha erogato un ulteriore contributo di circa 4 miliardi, in base alla L.R. 33/95, dietro garanzia dell'attuale Consiglio di amministrazione della sopra indicata società di lavorare un consistente quantitativo di melasso dello zuccherificio di Villasor;

EVIDENZIATO che, malgrado le garanzie fornite, a tutt'oggi la DI.CO.VI.SA. S.r.l. non ha dato inizio ad alcun processo di lavorazione del melasso, attività che, se realizzata, consentirebbe di scongiurare il rischio di cessazione dell'attività produttiva dell'azienda ed il licenziamento delle maestranze,

CENSURA

il comportamento lassivo dell'Assessore regionale dell'agricoltura del periodo

e impegna la Giunta regionale

1) a convocare immediatamente i dirigenti della DI.CO.VI.SA. S.r.l. e tutte le organizzazioni sindacali per verificare che il C.d.A. dell'azienda programmi e realizzi attività produttive, in settori anche diversi dai sottoprodotti della viticoltura (melasso da bietola), le quali consentirebbero l'utilizzo delle professionalità che hanno fino ad oggi contribuito con impegno al buon funzionamento dell'azienda;

2) a costituire un organo tecnico ad hoc per verificare se i soci della DI.CO.VI.SA. S.r.l. (che beneficia di soldi pubblici) siano conferitori totali dei sottoprodotti, in quanto risulterebbe che attualmente essi conferiscano in parte presso impianti "fuori Sardegna";

3) ad adottare, comunque, una decisione definitiva che ponga fine alla situazione di precarietà dell'Azienda e al dramma dei dipendenti che desiderano conoscere per tempo quale possa essere il loro futuro. (144)

MOZIONE MASALA - BIGGIO - BOERO - CADONI - CARLONI - FRAU - LIORI - LOCCI - SANNA Noemi - USAI Edoardo sulla previsione del Governo di imporre l'orario settimanale di 35 ore per tutti i lavoratori dipendenti.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO CHE:

- il Presidente del Consiglio dei Ministri, On.le Romano Prodi, ha annunciato nella giornata del 18 marzo la presentazione di un disegno di legge finalizzato ad imporre un orario massimo di 35 ore settimanali per tutti i lavoratori dipendenti;

- tale provvedimento verrà esaminato dal Parlamento in assenza di un'intesa tra le parti sociali e quindi al di fuori del normale alveo della contrattazione che per tutta la storia della Repubblica italiana ha rappresentato la sede naturale per disciplinare l'orario di lavoro;

- l'aggravio dei costi di produzione per le aziende, negli intendimenti del Governo, verrebbe compensato con incentivi che rappresentano comunque risorse sottratte alle politiche di sviluppo delle aree depresse del Paese, agli investimenti infrastrutturali reclamati da anni da imprenditori e sindacati;

- la contrattazione collettiva nazionale ha costantemente assicurato nell'ultimo decennio una graduale riduzione dell'orario di lavoro senza anacronistici interventi dirigisti imposti per legge;

- già nel mese di febbraio importanti gruppi industriali avevano preannunciato la loro determinazione a trasferire gli impianti produttivi all'estero nel caso in cui il Governo avesse dato attuazione con provvedimento di legge ad una riduzione d'autorità a 35 ore settimanali dell'orario di lavoro;

- il rischio che molte aziende diano seguito a quest'ultima opzione è realistico e concreto, considerate le caratteristiche delle politiche degli investimenti produttivi nel mercato globale e l'evidente svantaggio in termini di aggravio dei costi di produzione, che subirebbero le imprese italiane rispetto a tutte le concorrenti europee ed extraeuropee, con la sola eccezione delle aziende francesi;

- ogni Regione ha il dovere di tutelare l'occupazione e il diritto delle imprese a competere senza inutili aggravi sui mercati nazionali e internazionali,

dà mandato al Presidente della Giunta regionale

I. di rappresentare al Presidente del Consiglio dei Ministri la più viva contrarietà nel merito e nel metodo di questa vicenda e l'invito a tornare ad un tavolo delle trattative, affidando alle sole parti sociali il compito di determinarsi liberamente su questa materia;

II. di rappresentare al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Governo la determinazione del Consiglio regionale a ricorrere tempestivamente alle prerogative riconosciute dall'articolo 75 della Costituzione italiana alle Regioni in materia di indizione di referendum abrogativo, nel caso in cui si procedesse comunque all'approvazione di una legge vincolante in materia di riduzione dell'orario di lavoro;

III. di valutare l'opportunità di coordinarsi con i Governi di altre Regioni europee, interessate da analoghi provvedimenti di legge imposti dai governi centrali, per intraprendere un'azione congiunta presso le autorità comunitarie, sollecitandole ad intervenire per impedire che vengano artificiosamente imposte scelte legislative lesive del corretto svolgimento di una leale concorrenza tra le diverse imprese operanti nell'ambito dell'Unione Europea. (145)