CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XV LEGISLATURA

Nota stampa n.300

Data: 12/06/2018 ore 10:30

  • Votato il passaggio all’esame degli articoli del Testo unificato n. 36-167-228 (Disciplina della politica linguistica regionale)

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Al primo punto dell’ordine del giorno l’esame del Testo unico sulla lingua sarda.
Il relatore Paolo Zedda, ha aperto il suo intervento, interamente in sardo,  citando la lettera scritta alla sorella Teresina da Antonio Gramsci nella quale l’intellettuale comunista invitava i suoi familiari a non ostacolare i propri figli nell’apprendimento e nello studio della lingua sarda. «E’ una lettera profetica quella di Gramsci – ha detto Zedda – si parla della trasmissione della lingua madre alle generazioni future. Tra 100 anni la gran parte delle lingue minoritarie parlate nel mondo spariranno insieme al patrimonio culturale ad esse legato. E’ un’emergenza globale, questa legge mira a contrastare un fenomeno disastroso».
Il relatore del provvedimento ha poi ricordato gli ultimi rilevamenti Istat secondo i quali poco meno della metà dei sardi parla oggi la propria lingua: «Sono dati preoccupanti. I bambini  non usano più il nostro idioma. Se si va avanti così il sardo presto sparirà. Serve un impegno istituzionale e politico. Il nostro progetto si lega a quello europeo di salvaguardia delle biodiversità culturali».
Zedda ha poi proseguito indicando le altre ragioni che hanno spinto la Commissione ad elaborare il testo per la tutela e la valorizzazione del sardo: «La Sardegna ha un complesso linguaggio espressivo: la poesia improvvisata, il canto a tenore, i canti paraliturgici e quelli che accompagnano il suono delle launeddas. Tutte queste espressioni possono sopravvivere solo se sopravvive il sardo altrimenti sono condannate a morte». A questo, secondo il consigliere di Art1-Mdp, si aggiunge anche una ragione scientifica: «Le ultime ricerche dicono che una formazione plurilinguistica favorisce la capacità di apprendimento dei bambini. L’Unione Europea raccomanda, in tenera età, l’insegnamento  della lingua materna e di altre due a scelta. L’uso della lingua locale a scuola favorisce inoltre una formazione che parte dal locale e contrasta la dispersione scolastica». Da non trascurare, secondo Zedda, nemmeno l’importanza dell’uso del sardo nella promozione dei prodotti locali e del turismo.
Zedda ha poi ripercorso le tappe che hanno segnato l’evoluzione delle politiche linguistiche in Sardegna, dalla legge regionale 26 del 1997 fino alla legge statale 482 del 1999. «Nelle politiche linguistiche c’è un peccato originale – ha affermato Zedda – il nostro Statuto infatti non parla del nostro idioma, eppure il sardo è la lingua minoritaria più parlata in Italia. Occorre fare un passo in avanti anche per rivedere le leggi attualmente in vigore come la 26 che in questi anni ha mostrato la sua debolezza. Nel 2016 c’è stata un’importante novità con il via libera alle norme di attuazione dello Statuto che trasferiscono alla Regione le competenze sull’insegnamento del sardo nelle scuole, ciò ha spinto la Commissione ad elaborare questa nuova proposta di legge».
Il vicecapogruppo del Pd Roberto Deriu (Pd), pur condividendo l’esigenza di approvare una nuova legge di tutela e promozione del sardo ha sottolineato la necessità di modificare alcune disposizioni contenute nel Testo unico: «Il titolo della legge parla di “Disciplina delle politica linguistica regionale”, temo che il campo d’azione sia ben più vasto. Sarebbe meglio parlare di legge sull’identità culturale sarda, forse di più identità culturali della Sardegna».
Deriu ha poi ribadito di condividere “il nobile obiettivo” perseguito dalla proposta in discussione: garantire pari dignità al sardo rispetto all’italiano attraverso l’utilizzo pubblico della lingua, trasferendola da un piano domestico e popolare a uno ufficiale e colto: «La proposta di legge è interessante perché attua l’articolo 6 della Costituzione. E’ una materia delicatissima che la legge intende affrontare. Quel primo capo che riguarda l’identità linguistica è il cardine, il cuore della legge. Dopo lunghe discussioni siamo arrivati a un testo che probabilmente deve essere ancora emendato da quest’Aula».
Secondo Deriu, il punto più controverso della legge è quello che prevede l’istituzione di un’Agenzia regionale per le lingue: «Penso che su questo occorra fare un discorso laico – ha detto Deriu – costruire una nuova struttura burocratica mi pare pericoloso. Si fa riferimento a altre esperienze ma la nostra burocrazia sembra più grande e più costosa rispetto a quella di altre Regioni».
Il consigliere del Pd ha inoltre segnalato un altro aspetto che potrebbe creare qualche problema nell’attuazione della legge: «Sull’insegnamento del sardo nelle scuole credo che ci siano ancora difficoltà con le istituzioni scolastiche nazionali».
Sul Capo VII, Deriu è stato chiaro: «Sarà terreno di scontro. Non siamo d’accordo sul fatto che una legge che si preannuncia come strumento di politica linguistica si occupi di altre materie come l’arte, la cultura, lo spettacolo. Tutte le attività umane si realizzano in una lingua, grazie a questo escamotage potremmo ricomprendere qualsiasi cosa. Se si dice di voler fare politica linguistica si faccia politica linguistica».
Un appunto, infine, Deriu lo ha rivolto alla Prima Commissione colpevole di non aver fornito un parere sulla legge: «Lo ritengo grave. La commissione avrebbe avuto molto da dire per questo il testo dovrà essere integrato in Aula. Questa legge è opportuna, è un grande tentativo di elaborare una politica linguistica  – ha concluso l’esponente della maggioranza – ma  bisognerà arrivare a un testo ampiamente condiviso».
Mario Tendas (Pd) ha iniziato il suo intervento ricordando la ricerca sociolinguistica commissionata nel 2006 dalla Regione alle università di Cagliari e Sassari. «Da quella ricerca emerse che l’80% della popolazione era sardofono. A 10 anni di distanza meno della metà dei sardi usa la lingua locale e lo fa in modo saltuario. Ciò è legato all’interruzione della trasmissione intergenerazionale. L’utilizzo della lingua sarda è in forte regressione tanto da far temere, come sostiene l’Unesco, una sua futura estinzione».
Secondo Tendas, la proposta di legge approvata in Commissione a seguito di un lungo iter, si pone come obiettivo finale la tutela del sardo e delle lingua alloglotte parlate in Sardegna come il catalano, il gallurese e il tabarchino. «E’ una proposta che rispetta la normativa internazionale. La conservazione del sardo si inquadra nella Carta europea delle lingue minoritarie, in questa prospettiva contribuisce a garantire il diritto dei popoli ad avere una propria identità culturale su cui costruire il proprio destino».
Il consigliere del Pd ha poi sottolineato gli altri aspetti positivi della legge: dallo studio del patrimonio letterario alla salvaguardia delle varie forme espressive della cultura sarda: la poesia improvvisata, il canto a tenore e a chitarra, i riti paraliturgici, la polifonia sacra. «Tutte queste forme espressive mantengono il loro senso profondo solo se l’uso della lingua rimane vivo».
Tendas si è poi concentrato sul tema dell’insegnamento del sardo a scuola: «Serve a disegnare un percorso didattico più vicino ai ragazzi e conseguentemente a contrastare efficacemente la dispersione scolastica – ha affermato l’esponente del Pd – finora la pianificazione dell’insegnamento, cuore delle strategie, si è rivelata poco efficace e disorganica. In questi anni i risultati non sono stati soddisfacenti,. Questo nuovo provvedimento fa tesoro degli interventi della legge 26 e prova a migliorarla.
L’orario scolastico va incrementato, occorre inoltre formare gli insegnanti».
Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni intervenendo sull’ordine dei lavori ha chiesto chiarimenti sulla mancata istituzione dell’Osservatorio sulla lingua sarda previsto dall’art.5 della legge 26 del 1997: «Non mi risulta che sia stato costituito – ha detto Dedoni, mi sembra il caso che vengano messi in campo tutti gli adempimenti previsti dalle norme».
Il presidente Ganau, dopo un vivace scambio di battute con il consigliere Dedoni, ha difeso l’iter procedurale della legge: «Non c’è nessuna lesione di norme in merito alle procedure per la presentazione della legge in Aula».
Ha quindi preso la parola il consigliere Marco Tedde (FI) che ha espresso forti critiche sull’impianto del provvedimento: «Pur prefiggendosi obiettivi nobili la proposta di legge parte col piede sbagliato – ha detto Tedde –  è patologica sotto il profilo strutturale perché si fonda sul sardo e lascia da parte il catalano di Alghero e le altre parlate alloglotte. C’è stato inoltre un percorso di condivisione monco, abbiamo letto le critiche pesantissime degli esperti che pongono questioni serie delle quali parleremo nel corso della discussione».
Tedde ha poi convenuto sulla necessità di una rivisitazione dell’attuale quadro normativo. «E’ obsoleto, costituito principalmente dalla legge 26 e dalla 482. Le due leggi prevedono diverse tutele per le lingue minoritarie, c’è stata una evoluzione normativa ma è stata insufficiente. Anche il nostro Statuto è vecchio, non prevede infatti competenze in capo alla Regione Sardegna».
Il consigliere azzurro ha poi ricordato l’ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale nel 2015 con il quale si chiedeva la salvaguardia effettiva del sardo e del catalano all’interno della Carta europea delle lingue e il Decreto legislativo del 2016 con il quale lo Stato ha trasferito alla Regione le competenze sull’insegnamento del sardo nelle scuole. «Con questo Testo unico cerchiamo di fare un ulteriore sforzo. Si parla di identica valenza del sardo e del catalano indicati come lingue appartenenti al patrimonio immateriale della Regione. Siamo d’accordo su questi assunti: le lingue rappresentano le nostre radici, i nostri cromosomi, il  nostro patrimonio identitario e ci proiettano verso il futuro. C’è un macigno però: la presa di posizione di alcuni esperti, le accuse pesanti da analizzare e non da emarginare. Occorre discuterne».
Tedde, infine, ha invocato maggiore attenzione per il catalano di Alghero: «L’art 2 della legge parla di sardo e di catalano come lingue storiche della Sardegna e individua comuni politiche di tutela, ma così non è e così non può essere – ha affermato il consigliere di minoranza – il testo dimentica che il catalano è del tutto peculiare rispetto al sardo e per questo ha necessità di una focalizzazione indipendente: servono specifiche norme ortografiche così come deve essere chiaro il rapporto con le istituzioni culturali catalane. Distinta deve essere inoltre la certificazione linguistica, l’organizzazione degli sportelli e la toponomastica. Così com’è questa proposta non va bene». (Psp)
Dopo l’on. Tedde ha preso la parola l’on. Angelo Carta (Psd’Az), che ha definito “pseudo sardisti quelli che stanno avanzando critiche contro questa legge. In questo provvedimento ogni sardo può ritrovare se stesso e la sua variante linguistica: abbiamo elaborato uno strumento agile e facile. Cosa manca per valorizzare la nostra lingua? Secondo me nulla ma sarà il dibattito a  dimostrarlo e a dirci se il testo dovrà essere migliorato, anche dopo la sua prima applicazione sul campo.  Non si tratta di un tradimento della legge 26 del ’97 e non mi sento di tradire i miei valori di sardista votando a favore. E’ il nostro passaporto per l’Europa, un’Europa che oggi ha un giovane leader di destra che se la prende con i migranti e agisce da cinico opportunista. Nessuno come i  sardi ha patito il distacco dalla propria terra ed è l’Europa dei popoli, aperta, l’istituzione che noi dobbiamo tutelare”.
Per l’on. Cacciotto (Pd) “è importante il lavoro fatto finora dai colleghi, anche per quanto riguarda la comunità algherese e la sua lingua della quale ci siamo occupati soprattutto con il collega Tedde” mentre l’on. Emilio Usula (Rossomori) ha detto che “questo settore per troppo tempo è stato lasciato senza governo e nelle mani di esperti autoreferenziali che si sono proclamati tali”. Per l’oratore “non c’è sufficiente chiarezza sugli strumenti per tutelare la nostra lingua e per salvaguardarla. Mi sembra che questo testo vada invece nella direzione giusta: non verso la semplice tutela della lingua ma per la valorizzazione di questo grande patrimonio culturale costruito in millenni. La pubblica utilità della legge sulla lingua certifica la nostra identità ma sempre meno giovani parlano il sardo perché intere classi dirigenti hanno spinto il sardo verso il baratro dell’ineleganza. Auspico che questa legge metta in moto di un freno alla diminuzione dei sardi che parlano il sardo, che lo capiscono e lo scrivono. Se scompare la lingua si mettono le basi per cancellare la storia del popolo sardo”.
E’ intervenuto poi l’on. Zanchetta (Upc) “il lavoro svolto finora è stato impegnativo e apprezzabile, perché la materia linguistica è una babele: è utile togliere la cappa del pensiero unico sulla lingua sarda, un pensiero unico che aveva costruito una gerarchia linguistica. Saranno necessari emendamenti e ne proporrò e tra le parlate importanti della Sardegna va riconosciuto il gallurese e l’isulanu di La Maddalena”.
L’on. Ledda (La Base) ha detto: “Il mio movimento ha presentato una proposta elaborata con il Coordinamento pro sa lingua uffitziale. E’ una proposta concreta rivolta al Consiglio regionale e alla società civile sarda, con 35 articoli, che intendiamo sottoporre alla collettività dopo le prossime elezioni regionali a causa della attuale impraticabilità del campo politico. La proposta prevede la modifica dello Statuto e, tra l’altro, il passaggio delle competenze al presidente della Regione  e il riconoscimento con legge della limba sarda comune come lingua ufficiale della Regione, insegnata nelle scuole, oltre al riconoscimento e al finanziamento degli sportelli linguistici. Chiedo già sin d’ora il voto segreto in occasione del passaggio agli articoli”.
Ha preso poi la parola il riformatore Attilio Dedoni, secondo cui “la lingua ha una connotazione particolare e quando si legifera su essa non ci si rende conto di quali effetti produce tale attività legislativa. La lingua, quando è unica, insieme al territorio sono gli elementi della nazione e dello Stato”.
Per l’on. Stefano Coinu (FI) “è importante provare a ricomporre a unità una materia frammentata in mille dialetti ma non si può avere una sensibilità così spiccata in tempo elettorale. Al di là degli intenti, se si vuole tutelare tutto alla fine si rischia di tutelare niente. Se io parlassi in fonnese qui oggi mi capirebbero molto pochi, ne sono convinto.  Sono consapevole che questa legge difficilmente sarà approvata, anche con modifiche ed emendamenti. I sardi sono già divisi da soli, non hanno bisogno di dividersi ulteriormente in un’Aula poco attenta”.
Il Pds ha preso la parola con l’on. Gianfranco Congiu, che ha chiesto a nome del gruppo al presidente Ganau “qualche ora  per il deposito di emendamenti, abbiamo necessità di predisporre modifiche al testo. Il dibattito politico ci indica una strada: lavorare perché la lingua non muoia. La mia generazione più di altre ha subito il processo di italianizzazione e ha subito il taglio della nostra parlata: dagli anni ’60 è avvenuta la rimozione del sardo in favore dell’unità d’Italia, ameno semantica”.
Il presidente Ganau ha sospeso la seduta e ha convocato la conferenza dei capigruppo. (C.C.)
Alla ripresa dei lavori il presidente Ganau ha comunicato che in base alle decisioni della conferenza dei capigruppo il termine per la presentazione degli emendamenti è prorogato alle ore 20, mentre i lavori del Consiglio riprenderanno alle 16.00 con la discussione del Dl 507 sul personale. Per quanto riguarda gli emendamenti al Testo unico sulla lingua, infine, la commissione comincerà ad esaminarli da domattina alle 11.00.-
Prima del voto sul passaggio agli articoli del Testo unico sulla lingua, il presidente ha quindi dato la parola all’assessore della Pubblica Istruzione per la replica a nome della Giunta.
Nel suo intervento l’assessore Giuseppe Dessena ha ricordato che il principale obiettivo del Testo unico è quello di proporre una sintesi fra le tre proposte presentate «a testimonianza della ferma volontà comune di costruire una norma organica per disciplinare la politica linguistica dell’Isola, anche per consentire alla Regione di inserirsi efficacemente nel contesto nazionale ed internazionale». Si tratta perciò di uno sforzo molto importante, ha proseguito Dessena, «condotto nella fase istruttoria dalla commissione con un lunghissimo lavoro caratterizzato anche dall’ascolto del mondo associazionistico, da cui è scaturito un consenso molto ampio». Nella società sarda c’è comunque un dibattito molto vivo ancora aperto, ha detto ancora l’assessore, «che richiede al Consiglio di compiere un passo importante e di sistema sulla questione della lingua, andando oltre una fase aperta dalla Giunta fin dal 2014 con investimenti importanti che hanno però mostrato il limite di dover essere inseriti in un quadro normativo incompleto: ora siamo al passaggio fondamentale di una legge certamente complessa e molto attesa dai sardi, che certamente può essere ancora migliorata, un’occasione che va saputa cogliere».
Successivamente il presidente ha messo in votazione il passaggio agli articoli.
Intervenendo sull’ordine dei lavori, il consigliere Gaetano Ledda (Psd’Az-La Base) ha ricordato la sua precedente richiesta di procedere con lo scrutinio segreto.
Subito dopo il Consiglio ha approvato il passaggio agli articoli con 31 voti favorevoli e 27 contrari.
Al termine dello scrutinio il presidente ha sospeso la seduta riconvocando il Consiglio per le ore 16.00. (Af)

 

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