Il risultato del referendum confermativo sulle modifiche della Costituzione, di cui anche il Consiglio regionale della Sardegna era stato proponente come capofila di 15 Regioni, ha dato un risultato chiaro e netto nel Paese e nella nostra Isola.
Le preoccupazioni sui contenuti della Riforma, più volte manifestate dal Consiglio regionale in questi due anni, sono state condivise dalla larghissima maggioranza dei Sardi, chiamati ad esprimere la loro opinione attraverso il voto referendario.
La bocciatura delle modifiche proposte alla Costituzione, che avrebbero limitato fra le altre cose la specialità e l’autonomia della Sardegna, rendono oggi più necessaria di ieri la revisione del nostro Statuto e la definizione di un nuovo rapporto con lo Stato che confermi la unitarietà, la solidarietà e la universalità di alcuni beni, quali principi fondamentali del nostro Paese da nord a sud.
Archiviato quindi il referendum e preso atto di un risultato che non si presta ad equivoci occorre, fuori da strumentalità di carattere elettorale, riprendere in Sardegna il filo della discussione sugli argomenti che secondo le forze politiche, sociali, economiche, culturali e le Istituzioni, debbono costituire la proposta di un nuovo Statuto.
La materia è molto complessa e il dibattito avviene in una fase delicata della vita del Paese dove le ragioni antiche e più moderne del nostro Regionalismo Speciale devono essere rappresentate nella forma più coesa possibile, ben argomentate e coerenti con un disegno di Stato unitario, appena confermato dalla volontà popolare, nel quale non c’è posto per gli egoismi regionalistici, ma ci sia, invece, pieno riconoscimento delle Specialità, della nostra Specialità e delle sue ragioni storiche, oggi rimesse in discussione sia per negarne l’attualità e la fondatezza, sia per omologarle ad un disegno nel quale tutte le regioni d’Italia sono “Speciali”.
Se i termini sono questi e se i gruppi dirigenti della Sardegna non avessero chiaro il livello dell’impresa, i tentativi e i testi prodotti avrebbero vita difficile in Parlamento e rischierebbero di essere un semplice esercizio di ingegneria statutaria e costituzionale che ci esporrebbe a inutile frustrazione.
Preoccupa quindi che si riapra fra le forze politiche e le forze sociali una discussione più attenta ai contenitori che ai contenuti.
Rischiamo così di disperdere energie e intelligenze, di ragionare e dividerci sullo strumento più adeguato per scrivere lo Statuto (Consulta o Costituente) senza che si vada più in là di una generica annunciazione nel merito dei temi che intendiamo affrontare (principi, competenze e funzioni, rapporti con lo Stato e con le altre autonomie…).
Le posizioni in campo hanno elementi di forza che non sono inconciliabili, qualora si intenda ricercare punti di incontro e raggiungere l’obiettivo sul quale tutti concordano.
Il Consiglio regionale con una sua legge (L.R. n. 7 del 23 maggio 2006) ha istituito la Consulta per la scrittura di una proposta di Statuto che conclusivamente verrà approvata dal Consiglio stesso. La proposta concilia l’esigenza di una partecipazione ampia e rappresentativa (giusta e necessaria) con quella di mantenere in capo all’Assemblea una primaria potestà legislativa nella materia statutaria.
Questa impostazione non è stata condivisa dalle opposizioni che si attestano sulla richiesta di istituzione di una assemblea Costituente, peraltro già percorsa senza fortuna nella passata legislatura, ventilando la possibilità di estraniarsi dal processo, in nome di una partecipazione popolare più ampia attraverso l’elezione dei Costituenti.
Il Presidente ha avviato, come prevede la legge che è tenuto a rispettare, un irreversibile procedimento perché tutti i soggetti (Università, CREL, Consiglio delle Autonomie, Consulta degli emigrati…) facciano pervenire le proposte di designazione dei propri rappresentanti e si proceda quindi alla elezione dei consultori.
Estraniarsi dal processo o peggio assumere posizioni di contrapposizione sarebbe una grave danno per l’obiettivo che pure dichiariamo essere primario: il Nuovo Statuto.
E’ in questo senso che mi sento di rivolgere un appello ai quei gruppi politici dell’opposizione più perplessi, perché partecipino attivamente con il prezioso contributo di idee di cui sono capaci e che sono certo arricchirà il confronto e la sintesi conclusiva.
La condivisibile esigenza che viene manifestata per un coinvolgimento popolare in una riforma così importante può e deve trovare ascolto e soluzione spostando l’attenzione dal contenitore (Consulta/Costituente), ai contenuti (il testo del Nuovo Statuto) e chiamando, sul testo che verrà elaborato nella Consulta, oltre alle assemblee degli eletti da cui potranno venire indicazioni e suggerimenti sul testo elaborato, anche tutto il popolo sardo perché si pronunzi attraverso un referendum consultivo che darà maggiore forza e sostegno alla difficile discussione che si dovrà sostenere in Parlamento.
Ho ripetuto più volte che questa legislatura deve essere una legislatura Costituente: ci sono tutte le condizioni se i gruppi dirigenti della Sardegna sapranno guardare in avanti ed evitare una inutile guerra di posizione su una materia che ha invece bisogno di grande unità.