Il Presidente del Consiglio regionale Michele Pais ha aperto i lavori, questa mattina in Consiglio regionale alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, dell’incontro celebrativo in occasione del 150esimo anniversario della nascita di Grazia Deledda e del 94esimo anniversario del Conferimento del Premio Nobel.
L’intervento integrale:
Do il mio benvenuto al Presidente della Camera Roberto Fico, che ringrazio particolarmente per essere presente, ai Parlamentari, al Presidente della Regione Christian Solinas, alla Giunta, a tutte le consigliere e a tutti i consiglieri regionali, alle autorità religiose, civili e militari. Un particolare ringraziamento alla Provincia di Nuoro, al direttore artistico del Progetto “150 anni di Grazia. Una donna dei nostri tempi” e a tutto il Comitato istituzionale.
Sono onorato di presiedere questo momento celebrativo in occasione del 150esimo anniversario della nascita di Grazia Deledda e del 94esimo anniversario del Conferimento del Premio Nobel.
Celebriamo oggi una “figlia della Sardegna” che ha dato lustro alla sua Isola avendo saputo immortalare con uno stile raffinato e originale la cultura, la mentalità, le caratteristiche della nostra terra e dei suoi abitanti, vissute e osservate in un particolare contesto territoriale e in un dato momento storico ma al contempo descritte con una carica introspettiva dal valore universale con la quale la scrittrice ha raggiunto – come riporta la motivazione del conferimento del Premio Nobel – una “profonda comprensione degli umani problemi” che accomunano tutte le genti.
Grazia Deledda: una donna sarda, di straordinaria modernità, fuori dagli schemi, di grande ironia, capacità e caparbietà.
Il suo valore è stato riconosciuto a livello universale ma non abbastanza valorizzato anche nella nostra Isola.
Una grande scrittrice, premio Nobel nel 1926 e ancora oggi unica donna italiana ad aver conquistato il più ambito riconoscimento della letteratura internazionale.
Le opere di Grazia Deledda, nonostante i riconoscimenti a livello mondiale, non hanno ancora avuto il giusto spazio nel mondo della scuola. È arrivato il momento di fare il possibile affinché le sue opere vengano integrate all’interno del nostro sistema culturale e formativo: Grazia Deledda deve entrare a pieno titolo nei programmi degli istituti scolastici di tutta Italia.
La Deledda, figlia di un ambiente duro e difficile come quello della Barbagia dell’800, aveva sempre amato profondamente la sua famiglia e la sua terra.
Sono nata in Sardegna – raccontava – la mia famiglia era composta di gente savia ma anche di violenti e artisti primitivi, aveva autorità e anche biblioteca. Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni, fui contrariata dai miei”.
Ed anche la critica ufficiale del tempo, che non la portò certo “in palmo di mano”, fu piuttosto tiepida, forse perché incapace di comprendere la straordinaria originalità di una donna sostanzialmente autodidatta ma naturalmente portata a misurarsi con i migliori autori della letteratura mondiale.
“Molti, scriveva da giovane rispondendo ad un ammiratore, mi credono una creatura fantastica strana ed aristocratica, altri invece mi prendono per una maestrina di una scuola comunale di campagna. Non sono nulla di tutto questo. Sono semplicemente una signorina qualunque piena di buon senso comune”.
“Signorina qualunque”, ma con giusta ambizione e piena consapevolezza della sue capacità. “Io studio e sempre molto, diceva ancora, aspiro alla celebrità, non lo nascondo, e spero di riuscirvi”.
Una donna semplice, dunque, ma forte delle sue convinzioni, mai banale e nemmeno falsamente modesta. Lo dimostrano i contenuti delle sue opere che allo stesso tempo fanno esprimere ai personaggi passioni e sentimenti antichi ma di grande modernità.
Le sue figure femminili, ad esempio, sono non solo l’esatto contrario degli stereotipi del tempo ma l’espressione di una enorme vitalità che attraversa amori impossibili e scelte familiari dolorose, l’eterno conflitto fra bene e male, i conflitti personali e sociali di un ambiente chiuso, le speranze di riscatto e l’ineluttabilità del destino.
Grazia Deledda è una figura moderna, una “donna dei nostri tempi”, “la donna che non mise limiti alle Donne”.
Concordo con chi ha affermato che la Deledda può rappresentare l’icona della lotta per l’emancipazione e per la conquista della parità dei diritti tra uomini e donne.
Dalle pagine delle sue opere traspare la sua caparbietà, la sua tenacia nel combattere preconcetti nei confronti del mondo femminile.
Perché Grazia Deledda credeva fortemente in un rapporto tra donne privo di ogni antagonismo e agonismo, un legame “sororale” che sovrasta quel concetto di femminismo generalista, dal quale prese presto le distanze. Questo rapporto di “sorellanza”, che traspare in ogni sua opera, è un femminismo profondamente personalizzato incentrato solo sul rapporto diretto da donna a donna.
Concetti moderni, questi, anche per l’epoca attuale. Grazia Deledda era convinta che la perfezione si raggiungesse solo nel rapporto di sororità, sia con le tre sorelle, sia con la nipote Mirella, ma anche con Sibilla Aleramo, con Matilde Serao, con Eleonora Duse e Maria Montessori. Tutte donne che hanno ispirato, direttamente o indirettamente, le opere di Grazia Deledda, opere spesso incentrate su un personaggio femminile.
E così hanno preso forma dalla penna di Deledda le sue eroine: Olì la madre che sceglie di morire per non disonorare il figlio in “Cenere”, Annesa che uccide il vecchio zio ne l’“Edera”, Marianna Sirca, Agnese (ne “La madre”), Maria Maddalena (protagonista di Elias Portolu).
Figure forti, descritte con grande trasparenza e con una modernità purtroppo non sempre capita, come sottolineato dagli studiosi, soprattutto dalle altre donne dell’epoca.
Ma Lei andò sempre avanti convinta che, come disse più volte, “ci sono tante cose di cui una donna saprebbe parlare meglio degli uomini”. Questo pensiero la convinse ad accettare, nel 1909, quando alle donne non era ancora concesso il diritto di voto, la candidatura alle elezioni politiche di quell’anno, unica candidatura femminile. Non fu eletta: nel collegio di Nuoro, prese appena 34 voti.
Celebriamo dunque questa illustre figura nel Consiglio regionale della Sardegna, ossia l’Organo di massima rappresentanza dei sardi: un popolo il cui carattere Grazia Deledda ha saputo descrivere in modo efficace e genuino. Conoscere questo carattere, con i suoi pregi e le sue singolari particolarità, non sempre facili da comprendere, è anche compito delle Istituzioni e dei rappresentanti che hanno l’onore e l’onere di governare l’Isola. Moltissime pagine delle Opere di Grazia Deledda, infatti, offrono senz’altro spunti utili ad adattare l’azione politica alle particolarità identitarie di questa terra e della sua gente.
Vorrei concludere questo mio breve intervento, con lo stesso saluto che Grazia Deledda rivolse al termine del suo brevissimo discorso di ringraziamento alla consegna del Premio Nobel, il 10 Dicembre del 1927.
Grazia Deledda scelse di congedarsi con la parola “Salute”, come usavano fare i pastori della Sua Barbargia, della Sua Terra, della sua Isola.
E allora… “Salute” a una donna sarda
che rimarrà sempre un’icona di modernità.